L'Arte dei Rumori
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L'Arte dei Rumori

Manifesto Futurista

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L'Arte dei Rumori

Manifesto Futurista

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L'arte dei rumori è un Manifesto Futurista scritto da Luigi Russolo in una lettera del 1913 al compositore Francesco Balilla Pratella. Vi si sostiene che l'orecchio umano si è abituato alla velocità, all'energia e al rumore del paesaggio sonoro industriale urbano e che questa nuova tavolozza sonora richiede un diverso approccio alla strumentazione e composizione musicale. Russolo propone una serie di conclusioni su come l'elettronica e le altre tecnologie consentiranno ai musicisti futuristi di «sostituire alla limitata varietà di timbri che l'orchestra possiede oggi la varietà infinita di timbri dei rumori, riprodotti con meccanismi appropriati». (Wikipedia)

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788832574715
Argomento
Letteratura

1. L’ARTE DEI RUMORI. MANIFESTO FUTURISTA

Caro Balilla Pratella, grande musicista futurista,
a Roma, nel Teatro Costanzi affollatissimo, mentre coi miei amici futuristi Marinetti, Boccioni, Balla ascoltavo l’esecuzione orchestrale della tua travolgente MUSICA FUTURISTA, mi apparve alla mente una nuova arte: l’Arte dei Rumori, logica conseguenza delle tue meravigliose innovazioni.
La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesimo secolo, coll’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini. Per molti secoli la vita si svolse in silenzio, o, per lo più, in sordina. I rumori più forti che interrompevano questo silenzio non erano né intensi, né prolungati, né variati. Poiché, se trascuriamo gli eccezionali movimenti tellurici, gli uragani, le tempeste, le valanghe e le cascate, la natura è silenziosa.
In questa scarsità di rumori, i primi suoni che l’uomo poté trarre da una canna forata o da una corda tesa, stupirono come cose nuove e mirabili. Il suono fu dai popoli primitivi attribuito agli dei, considerato come sacro e riservato ai sacerdoti, che se ne servirono per arricchire di mistero i loro riti. Nacque così la concezione del suono come cosa a sé, diversa e indipendente dalla vita, e ne risultò la musica, mondo fantastico sovrapposto al reale, mondo inviolabile e sacro. Si comprende facilmente come una simile concezione della musica dovesse necessariamente rallentarne il progresso, a paragone delle altre arti. I Greci stessi, con la loro teoria musicale matematicamente sistemata da Pitagora, e in base alla quale era ammesso soltanto l’uso di pochi intervalli consonanti, hanno molto limitato il campo della musica, rendendo così impossibile l’armonia, che ignoravano.
Il Medio Evo, con gli sviluppi e le modificazioni del sistema greco del tetracordo, col canto gregoriano e coi canti popolari, arricchì l’arte musicale, ma continuò a considerare il suono nel suo svolgersi nel tempo, concezione ristretta che durò per parecchi secoli e che ritroviamo ancora nelle più complicate polifonie dei contrappuntisti fiamminghi. Non esisteva l’accordo; lo sviluppo delle parti diverse non era subordinato all’accordo che queste parti potevano produrre nel loro insieme; la concezione, infine, di queste parti era orizzontale, non verticale. Il desiderio, la ricerca e il gusto per l’unione simultanea dei diversi suoni, cioè per l’accordo (suono complesso) si manifestarono gradatamente, passando dall’accordo perfetto assonnate e con poche dissonanze di passaggio, alle complicate e persistenti dissonanze che caratterizzano la musica contemporanea.
L’arte musicale ricercò ed ottenne dapprima la purezza e la dolcezza del suono, indi amalgamò suoni diversi, preoccupandosi però di accarezzare l’orecchio con soavi armonie. Oggi l’arte musicale complicandosi sempre più, ricerca gli amalgami di suoni più dissonanti, più strani e più aspri per l’orecchio. Ci avviciniamo così sempre più al suono-rumore.
Questa evoluzione della musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine, che collaborano dovunque coll’uomo. Non soltanto nelle atmosfere fragorose delle grandi città, ma anche nelle campagne, che furono fino a ieri normalmente silenziose, la macchina ha oggi creato tante varietà e concorrenza di rumori, che il suono puro, nella sua esiguità e monotonia, non suscita più emozione.
Per eccitare ed esaltare la nostra sensibilità, la musica andò sviluppandosi verso la più complessa polifonia e verso la maggior varietà di timbri o coloriti strumentali, ricercando le più complicate successioni di accordi dissonanti e preparando vagamente la creazione del RUMORE MUSICALE. Questa evoluzione verso il «suono rumore» non era possibile prima d’ora. L’orecchio di un uomo del settecento non avrebbe potuto sopportare l’intensità disarmonica di certi accordi prodotti dalle nostre orchestre (triplicate nel numero degli esecutori rispetto a quelle di allora). Il nostro orecchio invece se ne compiace, poiché è già educato dalla vita moderna, così prodiga di rumori svariati. Il nostro orecchio però non se ne accontenta, e reclama sempre più ampie emozioni acustiche.
D’altra parte, il suono musicale è troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti, differenti nel timbro del suono: strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri.
Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei suoni-rumori.
Ognuno riconoscerà d’altronde che ogni suono porta con sé un viluppo di sensazioni già note e sciupate, che predispongono l’ascoltatore alla noia, malgrado gli sforzi di tutti i musicisti novatori. Noi futuristi abbiamo tutti profondamente amato e gustato le armonie dei grandi maestri. Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto più nel combinare idealmente bei rumori di tram, di motori a scoppio, di carrozze e di folle vocianti, che nel riudire, per esempio, l’«Eroica» o la «Pastorale».
Non possiamo vedere quell’enorme apparato di forze che rappresenta un’orchestra moderna senza provare la più profonda delusione davanti ai suoi meschini risultati acustici. Conoscete voi spettacolo più ridicolo di venti uomini che s’accaniscono a raddoppiare il miagolio di un violino? Tutto ciò farà naturalmente strillare i musicomani e risveglierà forse l’atmosfera assonnata delle sale di concerti. Entriamo insieme, da futuristi, in uno di questi ospedali di suoni anemici. Ecco: la prima battuta vi reca subito all’orecchio la noia del già udito e vi fa pregustare la noia della battuta che seguirà. Centelliniamo così, di battuta in battuta, due o tre qualità di noie schiette aspettando sempre la sensazione straordinaria che non viene mai. Intanto si opera una miscela ripugnante formata dalla monotonia delle sensazioni e dalla cretinesca commozione religiosa degli ascoltatori buddisticamente ebbri di ripetere per la millesima volta la loro estasi più o meno snobistica ed imparata. Via! Usciamo, poiché non potremmo a lungo frenare in noi il desiderio di creare finalmente una nuova realtà musicale, con un’ampia distribuzione di ceffoni sonori, saltando a piè pari violini, pianoforti, contrabbassi ed organi gemebondi. Usciamo!
Non si potrà obiettare che il rumore sia soltanto forte e sgradevole all’orecchio. Mi sembra inutile enumerare tutti i rumori tenui e delicati, che dànno sensazioni acustiche piacevoli.
Per convincersi poi della varietà sorprendente dei rumori, basta pensare al rombo del tuono, ai sibili del vento, allo scrosciare di una cascata, al gorgogliare d’un ruscello, ai fruscii delle foglie, al trotto di un cavallo che s’allontana, ai sussulti traballanti d’un carro sul selciato e alla respirazione ampia, solenne e bianca di una città notturna, a tutti i rumori che fanno le belve e gli animali domestici e a tutti quelli che può fare la bocca dell’uomo senza parlare o cantare.
Attraversiamo una grande capitale moderna, con le orecchie più attente che gli occhi, e godremo nel distinguere i risucchi d’acqua, d’aria, o di gas nei tubi metallici, il borbottio dei motori che fiatano e pulsano con una indiscutibile animalità, il palpitare delle valvole, l’andirivieni degli stantuffi, gli stridori delle seghe meccaniche, i balzi del tram sulle rotaie, lo schioccar delle fruste, il garrire delle tende e delle bandiere. Ci divertiremo ad orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusio e lo scalpiccio delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferriere, delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche e delle ferrovie sotterranee.
Né bisogna dimenticare i rumori nuovissimi della guerra moderna. Recentemente il poeta Marinetti, in una sua lettera dalle trincee di Adrianopoli, mi descriveva con mirabili parole in libertà l’orchestra di una grande battaglia:
Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare spazio con un accordo ZANG-TUMB-TUUUMB ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infinito Nel centro di quei ZANG-TUMB-TUUUMB spiaccicati ampiezza 50 chilometri quadrati balzare scoppi tagli pugni batterie a tiro rapido Violenza ferocia regolarità questo basso grave scandere gli strani folli agitatissimi acuti della battaglia Furia affanno orecchie occhi narici aperti! attenti! forza! che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzarrie salti altezza 200 metri della fucileria Giù giù in fondo all’orchestra stagni diguazzare buoi buffali pungoli carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti iiiiiii scalpiccii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac (lento) Sciumi Maritza o Karvavena ZANG-TUMB-TUUUMB toctoctoctoc (rapidissimo) croooc-craaac (lento) grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti ottone pan di qua pack di là BUUUM cing ciak (presto) ciaciacia-cia-ciaak su giù là là intorno in alto attenzione sulla testa ciaak bello! Vampe vampe vampe vampe vampe vampe ribalta dei forti laggiù dietro quel fumo Sciukri Pascià comunica telefonicamente con 27 forti in turco in tedesco allò! Ibrahim!! Rudolf! allò! allò, attori ruoli echi suggeritori scenari di fumo foreste applausi odore di fieno fango sterco non sento più i miei piedi gelati odore di salnitro odore di marcio Timpani flauti clarini dovunque basso alto uccelli cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza verde mandre don-dan-don-din-bèèè Orchestrai pazzi bastonano i professori d’orchestra questi bastonatissimi suonare suonare Grandi fragori non cancellare precisare ritagliandoli rumori più piccoli minutissimi rottami di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri quadrati Fiumi Maritza Tungia sdraiati Monti Ròdopi ritti alture palchi loggione 2000 shrapnels sbracciarsi esplodere fazzoletti bianchissimi pieni d’oro srrrrrrrrrr-TUMB-TUMB 2000 granate protese strappare con schianti capigliature nerissime ZANG-srrrrrr-TUMB-ZANG-TUMB-TUUMB l’orchestra dei rumori di guerra gonfiarsi sotto una nota di silenzio tenuta nell’alto cielo pallone sferico dorato che sorveglia i tiri”.
Noi vogliamo intonare e regolare armonicamente e ritmicamente questi svariatissimi rumori. Intonare i rumori non vuol dire togliere ad essi tutti i movimenti e le vibrazioni irregolari di tempo e d’intensità, ma bensì dare un grado o tono, alla più forte e predominante di queste vibrazioni. Il rumore infatti si differenzia dal suono solo in quanto le vibrazioni che lo producono sono confuse ed irregolari, sia nel tempo che nella intensità. Ogni rumore ha un tono, talora anche un accordo che predomina nell’insieme delle sue vibrazioni irregolari . Ora, da questo caratteristico tono predominante deriva la possibilità pratica di intonarlo, di dare cioè ad un dato rumore non un solo tono ma una certa varietà di toni, senza perdere la sua caratteristica, voglio dire il timbro che lo distingue. Così alcuni rumori ottenuti con un movimento rotativo possono offrire un’intera scala cromatica ascendente o discendente, se si aumenta o diminuisce la velocità del movimento.
Ogni manifestazione della nostra vita è accompagnata dal rumore. Il rumore è quindi famigliare al nostro orecchio, ed ha il potere di richiamarci immediatamente alla vita stessa. Mentre il suono, estraneo alla vita, sempre musicale, cosa a sé, elemento occasionale non necessario, è divenuto ormai per il nostro orecchio quello che all’occhio è un viso troppo noto, il rumore invece, giungendoci confuso e irregolare dalla confusione irregolare della vita, non si rivela mai interamente a noi e ci serba innumerevoli sorprese. Siamo certi dunque che scegliendo, coordinando e dominando tutti i rumori, noi arricchiremo gli uomini di una nuova voluttà insospettata. Benché la caratteristica del rumore sia di richiamarci brutalmente alla vita, l’Arte dei rumori non deve limitarsi ad una riproduzione imitativa. Essa attingerà la sua maggiore facoltà di emozione nel godimento acustico in sé stesso, che l’ispirazione dell’artista saprà trarre dai rumori combinati.
Ecco le 6 famiglie di rumori dell’orchestra futurista che attueremo presto, meccanicamente:

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In questo elenco abbiamo racchiuso i più caratteristici fra i rumori fondamentali; gli altri non sono che le associazioni e le combinazioni di questi.
I movimenti ritmici di un rumore sono infiniti. Esiste sempre, come per il tono, un ritmo predominante, ma attorno a questo altri numerosi ritmi secondari sono pure sensibili.
CONCLUSIONI:
1. – I musicisti futuristi devono allargare ed arricchire sempre più il campo dei suoni. Ciò risponde a un bisogno della nostra sensibilità. Notiamo infatti nei compositori geniali d’oggi una tendenza verso le più complicate dissonanze. Essi, allontanandosi sempre più dal suono puro, giungono quasi al suono-rumore. Questo bisogno e questa tendenza non potranno essere soddisfatti che coll’aggiunta e la sostituzione dei rumori ai suoni.
2. – I musicisti futuristi devono sostituire alla limitata varietà dei timbri degl’istrumenti che l’orchestra possiede oggi l’infinita varietà dei timbri dei rumori, riprodotti con appositi meccanismi.
3. – Bisogna che la sensibilità del musicista, liberandosi dal ritmo facile e tradizionale, trovi nei rumori il modo di ampliarsi e rinnovarsi, dato che ogni rumore offre l’unione dei ritmi più diversi oltre a quello predominante.
4. – Ogni rumore avendo nelle sue vibrazioni irregolari un tono generale predominante, si otterrà facilmente nella costruzione degli strumenti che lo imitano una varietà sufficientemente estesa di toni, semitoni e quarti di toni. Questa varietà di to...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L’ARTE DEI RUMORI
  3. Indice
  4. Intro
  5. MOVIMENTO FUTURISTA
  6. L’ARTE DEI RUMORI
  7. 1. L’ARTE DEI RUMORI. MANIFESTO FUTURISTA
  8. 2. POLEMICHE, BATTAGLIE E PRIME ESECUZIONI D’INTONARUMORI
  9. 3. PRINCIPI FISICI E POSSIBILITÀ PRATICHE
  10. 4. I RUMORI BELLA NATURA E DELLA VITA (TIMBRI E RITMI)
  11. 5. I RUMORI DELLA GUERRA
  12. 6. I RUMORI DEL LINGUAGGIO. (LE CONSONANTI)
  13. 7. LA CONQUISTA DELL’ENARMONISMO
  14. 8. GRAFIA ENARMONICA
  15. 9. GLI INTONARUMORI
  16. 10. L’ORCHESTRA D’INTONARUMORI
  17. 11. L’ARTE DEI RUMORI NUOVA VOLUTTÀ ACUSTICA
  18. Ringraziamenti