Trattato sul Governo di Firenze
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Trattato sul Governo di Firenze

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Questo libro riporta la versione autentica del Trattato sul governo di Firenze (1497-98), scritto dal flagellatore "dei vizi e dei tiranni" Girolamo Savonarola. È uno dei testi più importanti del pensiero politico del Quattrocento: una netta condanna della prepotenza fiorentina (Cosimo il Vecchio de' Medici) e una concezione della democrazia assolutamente innovativa per quel tempo. Affinché il testo avesse la più ampia diffusione possibile, il frate ferrarese non lo scrisse in latino ma in volgare. In questa edizione è riportato tale testo intatto e originale.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788832579031
Argomento
History
Categoria
World History

TRATTATO SECONDO

Capitolo primo
Che il governo di uno, quando è cattivo, sia pessimo, massime di quello che, di cittadino, è fatto tiranno.
Come el regno di uno, quando è buono, è ottimo tra tutti li governi, così ancora è più stabile, e non così facilmente si converte in tirannide, come il regno di più: però che, quanto più si dilata el governo, tanto diventa più facile a generare discordie. Nientedimeno, come è perfetto e più stabile quando è buono, così, quando è iniusto e cattivo, è pessimo di sua natura tra tutti li cattivi governi. Prima, perché, come il male è contrario al bene, così el pessimo è contrario allo ottimo: essendo dunque il governo di uno ottimo quando è buono, seguita che sia pessimo quando è cattivo. Item, come abbiamo detto, la virtù unita è più forte che quando ella è dispersa: quando dunque regna uno tiranno, la virtù di tale cattivo governo è unita in uno; e perché son sempre più li cattivi che li buoni e ogni simile ama il suo simile, tutti li cattivi uomini cercan di unirsi a lui, massime quelli che desiderano di essere premiati e onorati, e molti ancora si uniscono per timore; e quelli uomini che in tutto non sono pravi, ma pure amano le cose terrene, o per timore, o per amore di quello che desiderano, li fanno coda; e quelli che sono buoni, ma non in tutto perfetti, per timore seguitano, e non hanno ardire di resistere; e trovandosi pochi uomini perfetti, anzi quasi niuno, tutta la virtù del governo si unisce in uno. E però, essendo quello uno cattivo e iniusto, conduce ogni male a perfezione e facilmente deprava ogni cosa buona. Ma quando sono più cattivi che regnano, uno impedisce l’altro; essendo la virtù del regno sparsa in più, non hanno tanta forza a fare quel male che desiderano quanta ha uno tiranno solo. Item, tanto uno governo è più cattivo, quanto più si parte dal ben commune, perché essendo il ben commune fine di ogni buono governo, quanto più si accosta a quello, tanto più è perfetto; e quanto più si allonga da quello, tanto è più imperfetto: perché ogni cosa acquista la sua perfezione per accostarsi al suo fine e, discostandosi da quello, diventa imperfetta. Ma certa cosa è, ch’el governo cattivo di molti si discosta manco dal bene commune, che quello di uno; perché avvenga che quelli più si usurpino el bene commune e lo dividino tra loro, cioè l’entrate e le dignitate, nientedimeno, rimanendo in più persone, in qualche modo tal bene rimane commune. Ma quando tutto el ben commune si risolve in uno, non rimane in parte alcuna commune, anzi diventa tutto particulare; e però il cattivo governo di uno, tra li altri governi, è pessimo, perché si parte più dal ben commune ed è più destruttivo di quello. Item, queste ragioni aiuta la diuturnità, perché il governo di uno di sua natura è più stabile che quello di più, e non si può (benché sia cattivo) così facilmente impedire e spegnere, come quello di più; perché li membri vanno drieto al capo, e con gran difficultà insurgono contra il capo. E nel governo del tiranno è molto difficile a fare uno capo contra di lui: però che lui sempre vigila a spegnere li uomini che poteriano fare capo, ed è sollecito a fare che li sudditi non possino fare ragunate, e sempre sta vigilante in queste cose. Ma, quando più persone governano, è più facil cosa a tôr via il loro cattivo governo, perché si può più facilmente congregare li uomini buoni con chi va bene, e mettere dissensione tra li cattivi, acciò che non si unischino insieme: il che è facile, perché ciascheduno di loro cerca il bene proprio, per el quale presto tra loro nasce discordia. E però il cattivo governo di uno, quanto a questa parte, è ancora piggiore delli altri, perché è più difficil cosa impedirlo e spegnerlo. Bisogna però notare che, avvenga che di sua natura il cattivo governo di uno sia pessimo, nientedimeno qualche volta accadono più grandi inconvenienti nel cattivo governo di più che in quello di uno, massime nel fine; perché, quando el governo di più è cattivo, incontinente è diviso in più parti, e così si comincia a dilacerare il ben commune e la pace, e finalmente, se non si rimedia, bisogna che una parte rimanga superiore e scacci l’altra. Dalla qual cosa ne seguita infiniti mali, e temporali, e corporali, e spirituali: tra’ quali el massimo è che il governo di più si risolve in uno, perché quello, che ha più favore nel popolo, diventa, di cittadino, tiranno. E avvenga che il governo di uno, quando è cattivo (come abbiamo detto) sia pessimo, nientedimeno è grande differenzia dal governo di colui che è diventato, di naturale e vero signore, tiranno, e dal governo di colui che, di cittadino, è diventato tiranno, perché da questo ne seguita molto più inconvenienti che dal primo; però che, se lui vuole regnare, li bisogna spegnere, o per morte, o per esilio, o per altri modi, li cittadini, non solamente suoi avversarii, ma tutti quelli che li sono equali o di nobiltà, o di ricchezze, o di fama; e tôrsi dinanzi dagli occhi tutti quelli che li possono dare noia: dalla qual cosa ne seguirà infiniti mali. Ma questo non accade in quello che sia stato signore naturale, perché non ha alcuno che li sia equale, e li cittadini, essendo usi ad essere subietti, non vanno macchinando cosa alcuna contra il stato suo: onde lui non vive in quelle suspizioni nelle quale vive il cittadino fatto tiranno.
E perché nelli popoli, che hanno governo di ottimati o governo civile, è facile, per le discordie delli uomini che occorrono ogni giorno e per la moltitudine delli cattivi e susurroni e maledici, fare divisione e incorrere nel governo tirannico, debbeno tali popoli con ogni studio e diligenzia provedere con fortissime legge e severe, che non si possi fare tiranno alcuno, punendo di estrema punizione non solamente chi ne ragionasse, ma etiam chi tal cosa accennasse; e in ogni altro peccato avere compassione a uomo, ma in questo non li avere compassione alcuna, eccetto che l’anima si debbe sempre aiutare: onde non si debbe minuire pena alcuna, anzi accrescerla per dare esemplo a tutti, acciò che ognuno si guardi, non dico di accennare tal cosa, ma etiam di pensarla. E chi in questo è compassionevole, o negligente a punire, pecca gravissimamente appresso a Dio, perché dà principio al tiranno, dal cui governo ne seguitano infiniti mali, come dimonsterremo di sotto; perché, quando li cattivi uomini vedeno che le punizioni sono leggieri, pigliano ardire, e a poco a poco si conduce la tirannia, come la gocciola della acqua a poco a poco cava la petra. Colui dunque, che non ha punito tal peccato gravemente, è causa di tutti li mali che seguitano della tirannia di tali cittadini; e però debbe ogni popolo, che si governa civilmente, più tosto sopportare ogni altro male e inconveniente che seguitassi dal governo civile, quando è imperfetto, che lasciare surgere uno tiranno. E perché ognuno intenda meglio quanto male seguita dal governo del tiranno, benché altra volta ne abbiamo predicato, nondimeno, a maggiore intelligenzia, lo descriverremo nel sequente capitolo, quanto alle cose principali: perché volere dire tutti li suoi mancamenti, e abusione, e gravi peccati, e quelli mali seguitano da lui, serìa impossibile, essendo infiniti.

Capitolo secondo
Della malizia e pessime condizioni del tiranno.
Tiranno è nome di uomo di mala vita, e pessimo tra tutti gli altri uomini, che per forza sopra tutti vuole regnare, massime quello che di cittadino è fatto tiranno. Perché, prima, è necessario dire che sia superbo, volendo esaltarsi sopra li suoi equali, anzi sopra li migliori di sé e quelli a’ quali più tosto meriteria di essere subietto: e però è invidioso, e sempre si contrista della gloria delli altri uomini, e massime delli cittadini della sua città; e non può patire di udire laudare altri, benché molte volte dissimuli e oda con cruciato di core; e si allegra delle ignominie del prossimo per tal modo, che vorria che ogni uomo fussi vituperato, acciò che lui solo restassi glorioso. E per le gran fantasie e tristizie e timori, che sempre lo rodono dentro, cerca delettazioni come medicine delle sue afflizioni: e però si truova rare volte, o non forse mai, tiranno che non sia lussurioso e dedito alle delettazioni della carne. E perché non si può mantenere in stato, né dare li piaceri che desidera, senza moltitudine ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. TRATTATO SUL GOVERNO DI FIRENZE
  3. Indice
  4. Intro
  5. Proemio
  6. TRATTATO SUL GOVERNO DI FIRENZE
  7. TRATTATO PRIMO
  8. TRATTATO SECONDO
  9. TRATTATO TERZIO
  10. Ringraziamenti