La Formazione Continua nel Terziario
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La Formazione Continua nel Terziario

Nella moderna distribuzione commerciale dei settori alimentare e tessile-abbigliamento

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Nella moderna distribuzione commerciale dei settori alimentare e tessile-abbigliamento

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In un periodo storico nel quale l'alta competitività e la scarsa propensione ai consumi da parte dei clienti ha ridotto i volumi di vendita e la reddittività delle imprese, questo saggio ha l'intento di porre al centro dell'attenzione il bisogno di rivedere l'intero sistema della distribuzione commerciale, partendo dalla riqualificazione del personale. Al fine di proporre un modello di Formazione Continua in questi ambiti, l'autore ha optato per l'individuazione di una figura professionale centrale al processo di commercializzazione: il gestore del punto vendita, cerniera tra i vertici manageriali e il personale operativo. Di questa figura l'autore ha individuato ruoli, funzioni e compiti, identificando i punti di forza e le carenze. Sulla base di queste ultime, l'autore ha predisposto un dettagliato piano formativo che aiuti il gestore del punto vendita ad accrescere le proprie conoscenze, competenze e abilità.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788832573381

CAPITOLO 1. Il sistema formativo e il processo della Formazione Continua

Il sistema della formazione: significato e definizione
Quando si parla di formazione è necessario chiarire che cosa s’intenda con questo termine. Non potrebbe essere diversamente; la formazione ha diversi ambiti e aggettivazioni:
- formazione iniziale al lavoro e durante il lavoro svolto abitualmente;
- formazione a tempo pieno e alternata al lavoro;
- formazione rispondente alle esigenze produttive e formazione sociale, intesa a valorizzare i soggetti inseriti nel mercato del lavoro.
Tutte queste modalità del fare formazione, se inserite in uno specifico contesto, contribuiscono a creare un insieme di opportunità. Mentre i ritardi di valutazione delle esigenze, dei bisogni e delle modalità della formazione sono soprattutto il frutto dell’incompleta comprensione del significato di Formazione Continua.
Le azioni formative utili a preparare le persone a ruoli, funzioni e compiti futuri sono sostanzialmente diverse da quelle che servono ad adattarle a specifici compiti e a favorirne la produttività. Tant’è che nei decenni passati si è assistito a una crescita vertiginosa dell’offerta formativa basata però su “prodotti” non sempre adeguati alle esigenze. Così facendo si sono alimentate speranze e attese nelle virtù taumaturgiche e nelle capacità trasformative della formazione le quali sono state spesso seguite da momenti di scetticismo. In effetti la sensazione è stata quella di trovarsi di fronte a una formazione capace solo di rimasticare e riproporre temi già noti, senza riuscire mai a prefigurare le necessarie trasformazioni e innovazioni.
Del resto, proprio la figura e la funzione del formatore tradizionale è quanto di più opinabile si possa immaginare. Lo conferma la pochezza del confronto teorico tra studiosi, la scarsità e inconsistenza di molte ricerche sul campo e l’assenza di una teoria della prassi professionale ed etica. È dunque mancato l’insieme degli elementi normativi che caratterizzano l’esercizio della professione del formatore.
Al fine di quantificare e identificare - per differenziazione - la propria immagine, le imprese operanti nel settore formazione sono state costrette a inventarsi una terminologia che, fatto salvo il caposaldo “formazione”, desse una parvenza di spessore professionale ed etico alle loro azioni. Ecco dunque emergere le suddivisioni in:
- formazione professionale;
- formazione manageriale;
- formazione operaia;
- de-specializzazione;
- formazione al ruolo;
- formazione psicosociale;
- formazione di adattamento;
- formazione di specializzazione;
- formazione di aggiornamento;
- formazione di riqualificazione.
A questo punto, l’unico modo per fare chiarezza è ripartire dall’inizio, ovvero trovare l’accordo sul concetto unificante di “formazione”, inteso come processo di apprendimento. Quindi, potremmo dire che, fare formazione significa intervenire nella complessa dinamica che caratterizza l’apprendimento dell’adulto operante nella società e nei contesti organizzativi. Implica, dunque, che da parte sua, ci sia la conoscenza e la padronanza delle diverse variabili soggettive, di gruppo, organizzative e socioculturali. Conoscenze, dunque, che sappiano influenzare la possibilità e la capacità dell’uomo di costruire e modificare la sua mappa ambientale e la sua collocazione all’interno di essa; di fondare e arricchire i suoi sistemi di conoscenza e di analisi della realtà; di comprendere quali siano i fattori personali e culturali che lo legano a tali sistemi; di analizzare e governare le dinamiche affettive e motivazionali che caratterizzano gli stili di relazione da adottare con i colleghi, con l’organizzazione e con il mondo esterno.
La formazione deve possedere una pluralità di linguaggi, di sistemi e di segni che siano adeguati alla complessità del processo di apprendimento degli adulti. Attraverso essi, la formazione può parlare lingue diverse e quindi può arricchire le sue capacità di innovarsi e adattarsi a nuove esigenze. Anche se questo insieme di linguaggi rischia di trasformarsi - a volte - in un limite, se non si basi su una consapevole concezione formativa, ovvero se non sia ancorato a una solida professionalità.
Al fine di portare a sintesi i diversi linguaggi della formazione e permettere così un proficuo rapporto dialettico tra loro, è stato necessario identificare parametri che fossero in grado di delineare precise concezioni formative:
- la rappresentazione dell’uomo nella sua relazione con il lavoro e con l’intera organizzazione;
- la visione dell’organizzazione, del suo mondo e dei suoi compiti, in relazione ai suoi membri e all’ambiente esterno;
- la definizione delle teorie dell’apprendimento che sottendono la formazione e orientano le metodologie e le opzioni tecniche del lavoro del formatore;
- la specificazione del ruolo del formatore inteso come interprete della cultura dell’organizzazione e delle esigenze degli utenti, nonché nella sua funzione di attore di una specifica modalità di fare formazione;
- la qualificazione dell’ambiente e del set formativo;
- l’esemplificazione della dinamica psicosociale, attivata nella formazione e nel contesto organizzativo specifico.
Da questi parametri è possibile giungere alla schematizzazione delle varie concezioni formative:
- formazione per imitazione (apprendimento attraverso l’osservazione di casi pratici);
- formazione di completamento (apprendimento di ciò che - rispetto a uno standard predefinito - viene considerato mancante);
- formazione di integrazione (apprendimento che facilità l’inserimento in un gruppo o in una organizzazione);
- formazione di maturazione (apprendimento che permetta di elaborare propri modelli).
Le concezioni formative così sintetizzate resterebbero solo teoria e sarebbero - per i nostri obiettivi - di scarsa utilità se non fossero contestualizzate secondo gli approcci organizzativi adottati dalle diverse aziende; questo perché formazione e organizzazione si alimentano reciprocamente e si intrecciano tra loro. La Gestione delle Risorse Umane (tipica funzione di natura organizzativa) non può prescindere dall’attività formativa, intesa come fattore strategico dell’intera organizzazione. Ciò impone che alla formazione siano destinati investimenti coerenti, necessari per attivare processi trasformativi i quali sappiano analizzare i bisogni dell’organizzazione e qualificare funzioni e compiti del personale.
I committenti della formazione sono solo i responsabili della Funzione Organizzazione, interpreti per eccellenza della cultura d’impresa e attivatori dell’orientamento alla lettura e interpretazione della realtà interna ed esterna. Gli utenti della formazione sono invece i portatori di mancanze e di bisogni i quali, se analizzati scrupolosamente, aiuteranno a comprendere il clima interno all’azienda e il suo modo di organizzarsi, individuando le aree problematiche e i punti di debolezza del sistema, suggerendo cioè gli spazi possibili e la natura dell’intervento formativo. Infine, i formatori, depositari di una specifica professionalità, possono fornire analisi e approfondimenti che qualificheranno la domanda di formazione proveniente dalle imprese.

La Formazione Continua e il contesto legislativo e istituzionale
In Italia è ancora difficile parlare di Formazione Continua poiché, pur in presenza di esperienze numericamente consistenti e di qualità, non è possibile definire un contesto unitario in termini di storia, di responsabilità e di politiche di gestione di questo processo, senza entrare in un ginepraio determinato da concezioni ed esperienze assai diverse tra loro.
Se da un canto è naturale tenere conto delle differenze territoriali, dei livelli educativi (formazione post-obbligo, formazione superiore e altro), degli organismi pubblici e privati coinvolti, degli obiettivi strategici (formazione tecnico-specialistica o formazione manageriale), dall’altro occorre avere la consapevolezza che questi risvolti hanno creato barriere, rigidità, culture e linguaggi comprensibili solo in un ambito specifico. Infine, la distinzione tra ricerche e approfondimenti teorici ed esperienze pratiche è ancora talmente ampia da rendere del tutto assente la cultura della formazione, intesa come elaborazione consapevole delle esperienze pratiche.
Riprendendo quanto già scritto precedentemente, è possibile sostenere che in Italia con il termine formazione professionale s’intenda quell’insieme di iniziative (di solito corsi e seminari), spesso di profilo basso, inserite nei piani formativi regionali indirizzati ai giovani a bassa scolarità. Questo processo è, per fortuna, in via di attenuazione, anche grazie al diffondersi di esperienze formative di migliore qualità. Tant’è che, il nuovo processo, tende a far assumere alla formazione professionale una valenza di servizio alle imprese e ai singoli, finalizzato a garantire la specifica preparazione professionale (per il primo inserimento al lavoro) e lo sviluppo professionale (a favore di coloro che sono già in possesso di esperienze lavorative).
Nella concezione attuale, per formazione professionale iniziale s’intende quel sistema educativo che fornisce conoscenze tecnologiche-organizzative e capacità di orientamento allo sviluppo di attività lavorative, tanto per i dipendenti che per i lavoratori autonomi. Ciò significa che i piani formativi - nelle loro differenti specializzazioni - devono essere allo stesso tempo generalisti e articolati, sia in relazione ai diversi comparti produttivi e territoriali, sia in relazione ai diversi livelli professionali. Si ha così la formazione professionale di base, rivolta a chi ha conseguito l’obbligo scolastico e la formazione professionale superiore, per coloro che già hanno conseguito un titolo di scuola media, un diploma o una laurea.
In Italia, al termine “formazione professionale continua”, si attribuisce un significato piuttosto ampio, comprendendovi sia le iniziative destinate agli occupati, sia quelle predisposte per i disoccupati (con l’esclusione di coloro che sono ancora in cerca della prima occupazione). Con questa dicitura si riassumono tutte le attività volte all’elevamento culturale e professionale dei lavoratori, ovvero al miglioramento della loro qualificazione o riqualificazione (quest’ultima è indirizzata a coloro che hanno già svolto un’attività lavorativa e quindi sono già in possesso di uno specifico know how, applicabile a un preciso settore di attività).
Mentre la formazione dei non occupati e dei precari è finanziata, prevalentemente, dalle regioni e dagli organismi pubblici di rilievo nazionale e di settore, la formazione degli occupati è svolta, nella maggioranza dei casi, all’interno di ogni singola impresa - utilizzando formatori interni, affiancati da esperti esterni o, addirittura, avvalendosi solo di formatori esterni - trovando in essa l’ambito principale di negoziazione tra le parti sociali.
I fondamenti normativi del nostro sistema professionale si ritrovano nella Costituzione, la quale, all’art. 35, sancisce il dovere della Repubblica di “curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”.
Di conseguenza, le peculiarità del nostro sistema educativo sono così sintetizzabili:
- il modello italiano comprende, in un unico sistema di leggi, sia la formazione professionale iniziale che quella continua;
- l’intento del legislatore è stato quello di affidare il governo e la gestione della formazione professionale iniziale e continua (intesa come punto di unione tra formazione scolastica, mondo del lavoro e opportunità di aggiornamento e di arricchimento, per coloro che già lavorano) a un sistema flessibile e prossimo alle esigenze del territorio; su queste basi si fonda la decisione di attribuire alle regioni ampia autonomia;
- il quadro normativo su cui si fonda il modello formativo presuppone l’inserimento della pianificazione e gestione della formazione professionale in un sistema nazionale e regionale efficiente; partendo dal presupposto, che le regioni abbiano la capacità di operare in costante coordinamento tra esse;
- il modello normativo italiano definisce la sostanziale identità tra organi di governo regionali e organi di gestione, sia didattica che amministrativa; ciò induce ad affidare il ruolo centrale alle strutture pubbliche di formazione e agli enti senza fini di lucro. In Italia l’offerta formativa è dunque sostenuta da finanziamenti pubblici, i quali non sempre producono un’immagine positiva del sistema dell’offerta.
Allo stato attuale, il modello formativo definito dalle leggi - pur fondandosi su criteri di flessibilità e di articolazione dell’offerta - si presenta, per molti versi, rigido e scarsamente regolamentato. Al modello in essere corrisponde poi lo sviluppo del reale sistema formativo, il quale origina spesso percorsi divergenti rispetto al progetto originario. Inoltre l’offerta pubblica - altamente differenziata tra regione e regione - è protetta dall’assenza di concorrenza. Tutto ciò compromette la nascita e la crescita di aree professionali sulle quali progettare gli interventi formativi che andranno poi certificati e validati. Siamo quindi di fronte a un modello fortemente incentrato sulla formazione iniziale e non sulla necessità di rispondere efficacemente ai bisogni delle imprese operanti sul territorio.
All’offerta pubblica si affianca quella privata, prevalentemente indirizzata agli adulti. Il sistema formativo privato ha avuto una forte crescita negli anni Ottanta, sollecitata dalle imprese che stavano investendo sul loro cambiamento. Tuttavia, in questi ultimi 10-15 anni, l’inefficace capacità di indirizzo dell’offerta e i ritardi nell’innovazione delle metodologie e degli strumenti a sostegno alla domanda individuale e delle imprese, ha prodotto un mercato della formazione assai confuso e in perenne difficoltà, a causa anche dell’incoerente rapporto tra costi e prestazioni della formazione e tra i costi e i ricavi delle imprese.
Entrambi i sistemi - sia quello pubblico che quello privato - dimostrano oggi la loro fragilità. Anche a causa delle inefficienze delle imprese che forniscono i servizi formativi, le quali avendo - almeno in teoria - un forte potere di promozione della qualità e quantità dell’offerta, nella realtà questo potere non l’hanno, perché troppe sono le loro intrinseche debolezze e troppo scarsa è la trasparenza della loro offerta. Salvo eccezioni, le imprese italiane del settore formazione - al di là delle affermazioni di principio - mancano di una vera cultura d’impresa e di un originale modello di sviluppo dei talenti professionali e umani, che sono i soggetti primari per l’accrescimento e la qualificazione dell’offerta formativa.
Le imprese italiane, decise nel rivendicare un ruolo diretto nel campo della formazione professionale, non hanno però ancora deciso se sviluppare o meno un reale impegno innovativo basato su un adeguato finanziamento. Del resto, coloro che producono iniziative formative (regioni, imprese e società di formazione) si trovano tutte nelle stesse condizioni: non hanno ancora definito né le loro strategie, né, tantomeno, le loro metodologie, le quali hanno natura imitativa, essendo spesso legate a modelli scolastici tradizionali.
Dobbiamo poi aggiungere che il rapporto tra imprese, università, sistemi regionali e centri di ricerca pubblici è assai critico. Diremmo, anzi, che finora il sistema italiano di ricerca scientifica ha dedicato pochissima attenzione ai temi inerenti la formazione in azienda. È dunque necessario che - con l’ausilio dei vari attori nel settore formazione - si trovino risposte a questioni irrisolte e che invece devono essere tempestivamente risolte:
- identificare un modello cooperativo tra pubblico e privato che veda gli organismi pubblici concentrati sulle politiche di orientamento e sviluppo della domanda e dell’offerta formativa, piuttosto che sulla gestione diretta dei processi formativi;
- individuare un modello di ripartizione delle competenze tra autorità centrali e periferiche, che sia in grado di premiare la flessibilità dell’azione e la vicinanza al territorio;
- ricercare soluzioni che garantiscano una più solida formazione di base e una più efficace formazione professionale, condizioni queste che possono agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro;
- rintracciare strumenti che incentivino l’offerta e la domanda di Formazione Continua d’alto profilo.
In concreto, ciò significa sollecitare lo stato, le regioni, il mondo del lavoro e dell’impresa a sviluppare precisi programmi che affrontino alcune questioni chiave:
- standardizzare e l’innovare i curricula formativi;
- definire standard di qualità per i centri di formazione;
- certificare i risultati conseguiti al termine di ogni iter formativo;
- integrare sistemi di formazione interni ed esterni;
- formare dei docenti, al fine di far raggiungere loro standard professionali omogenei;
- incentivare motivazionalmente, culturalmente e redditualmente la formazione;
- creazione un sistema articolato e qualificato di ricerca, che sia coerente con le strategie di sviluppo del sistema formativo italiano.
Questi impegni permetteranno di dar forma e contenuto a una nuova capacità progettuale e di confronto tra soggetti pubblici e privati (ministeri, autorità centrali e periferiche e soggetti pubblici e privati).

La Formazione Continua nelle imprese: evoluzione e innovazione
Parlare di sistema della Formazione Continua in Italia è impresa non facile qualora con il termine sistema si intenda indicare un modello cibernetico, composto di parti tra loro organicamente collegate e che - dinnanzi a sollecitazioni precise - permetta di raggiungere obiettivi formativi. Un sistema di tale fatta dovrebbe poter scambiare con...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LA FORMAZIONE CONTINUA NEL TERZIARIO
  3. Indice
  4. Intro
  5. SINOSSI
  6. INTRODUZIONE. La moderna distribuzione e la Formazione Continua
  7. CAPITOLO 1. Il sistema formativo e il processo della Formazione Continua
  8. CAPITOLO 2. Le ipotesi e gli obiettivi della ricerca
  9. CAPITOLO 3. La progettazione della ricerca
  10. CAPITOLO 4. I risultati della ricerca
  11. CAPITOLO 5. Le figure professionali e i percorsi formativi ideali
  12. AVVERTENZA
  13. BIBLIOGRAFIA
  14. Ringraziamenti