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Formazione dell'autocoscienza femminile
Vero e proprio romanzo di formazione, fra i migliori dell'ultimo ventennio dell'Ottocento, esso fu apprezzato dai maggiori critici del tempo, che collocarono Neera «tra le voci più autorevoli d'Italia». Vi si narra la vicenda di una maturazione esemplare attraverso la crescita di una ragazza di provincia, dove il senso sacrificato e malinconico della vita si accorda perfettamente all'ambientazione in cui essa si svolge, in cui è lo svanire della giovinezza e del sogno d'amore.
Teresa è una giovane che aiuta nei lavori domestici la madre e vive con un padre burbero e rude. La sua volontà di unirsi in matrimonio con il ragazzo di cui si innamora incontra l'ostacolo del padre che vorrebbe vederla sposata ad un benestante del luogo. Teresa è contraria e attende che l'innamorato si faccia una posizione da avvocato. Ma ben presto l'attesa viene disullusa: il giovane, ormai preso dal lavoro e dalla nuova vita cittadina, non prova più interesse per Teresa, e presto la abbandona.
Tutto sembra crollare, invece a Teresa spetta la libertà di scegliere il proprio desino. La sua forza sono l'intelligenza dei sensi e la pazienza, grazie alle quali ha modo di prendere progressivamente coscienza di sé, in un confronto continuo con il proprio contesto di vita, apparentemente ostile, che la costringe a sintonizzarsi con l'esistenza stessa, nel suo normale fluire.
Le vicende di Teresa procedono dovendo continuamente affrontare un'esistenza non certo favorevole. Ma l'autrice non si abbandona alla compassione o alla commiserazione, con il suo messaggio compie un balzo in avanti, una premessa alle idee che troveranno maggiore sviluppo nel Novecento, anche attraverso la scrittura femminile. Come fu riconosciuto da attiviste come Sibilla Aleramo ed Ersilia Majno, che apprezzarono Teresa quale documento fondamentale della presa di coscienza femminile del tempo L ' autrice: Nota ai suoi lettori e alle sue lettrici con lo pseudonimo oraziano di Neera, Anna Zuccari è una prolifica autrice italiana a cavallo fra Otto e Novecento, che ha descritto molteplici profili femminili alla ricerca di un'esistenza diversa da quella a cui l'insieme delle norme sociali e delle ideologie del tempo le avrebbe relegate. Autrice di ventidue romanzi, numerosi racconti e poesie, Neera ha collaborato anche con alcune riviste illustri dell'epoca come «Il pungolo», sul quale esordisce nel 1875 con una novella, L'illustrazione italiana e Il Marzocco. Ha pubblicato, inoltre, dieci saggi in cui ha affrontato, tra i numerosi argomenti, la complessa tematica della posizione sociale delle donne postunitarie, soprattutto quelle delle classi medie.

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Informazioni

XXII.

La terra era arida, bruciata dal sole che l’aveva percossa tutto il giorno. Le pianticelle del giardino, intristite, lasciavano cadere le foglie; i fiori, quasi tutti chiusi, reclinati sullo stelo, sembravano non aver più forza di olezzare. Solo nel cantuccio di una aiuola, un geranio notturno incominciava a schiudere il suo calice dai colori ingrati, dal profumo inebbriante.
Teresina coltivava da poco tempo questo fiore singolarissimo, ma vi portava speciale interesse; meravigliandosi e quasi compiacendosi di vederlo così brutto e così profumato, tanto modesto che non si apriva mai prima del tramonto del sole.
Veniva dalla casa, con un innaffiatoio in mano, stanca anch’essa ed esausta al pari dei suoi fiori, sentendosi pesare addosso il calore insopportabile di quella giornata di luglio. Si fermò un momento dando un’occhiata attorno, già spaurita per la fatica che l’aspettava di bagnare tutti quegli arbusti.
Prese lentamente il basso delle maniche e le rialzò; prima la sinistra, poi la destra, scoprendo il principio del braccio scarno, senza guardarlo, con una rassegnazione dolorosa.
Aveva un abito giallino, povero, che le stava male. Lo sapeva; ma non se ne curava. Odiava le vesti, la moda.
Le poche volte che si guardava nello specchio ne riceveva un’impressione sgradita e questa la irritava contro tutti gli ornamenti diventati inutili.
Tuttavia non era ancora brutta. A quel volto simpatico che i patimenti avevano dimagrito ma non deformato, mancava solo un raggio di felicità. Come tutti i tramonti avrebbe avuto bisogno, per splendere, di un cielo senza nubi.
La passione per i fiori le era venuta quell’anno, e Teresa l’aveva accolta a guisa di distrazione nel grande isolamento che la circondava.
Da sei mesi suo padre giaceva infermo su di una poltrona. Quel colosso era stato colpito da un attacco di apoplessia, che lo aveva paralizzato nelle gambe e nelle mani. Ella doveva vestirlo, svestirlo, coricarlo, dargli da mangiare precisamente come ad un bambino. Non usciva più da casa, poiché era rimasta sola — l’Ida avendo ottenuto un posto di maestra nell’Italia meridionale — e da allora, diceva qualcuno, il ricevitore aveva cominciato a crucciarsi e a perdere la salute.
Quasi tutte le sere il dottore, che era diventato amico, veniva a passare una mezz’ora insieme all’ammalato. Teresa approfittava di quella mezz’ora per uscire in giardino.
— Non ha ancora finito? — le gridò di sotto il portico la voce fresca e virile del medico.
— Ha fatto tanto caldo quest’oggi, — rispose Teresa senza levare il capo — vogliono bere.
Egli si avvicinò guardando le aiuole, disse:
— Dovrebbe piovere.
Era presso a Teresina che si affrettò ad abbassare le maniche.
— E però, forse, la pioggia non è lontana.
Guardarono per aria tutti e due. Teresa aveva appoggiato l’innaffiatoio sulla ghiaia del sentiero e se ne stava ritta, colle braccia cadenti, con una espressione stanca che le affilava il volto.
Dalle aiuole bagnate incominciava a salire l’odore di terra fresca, acuto, sensuale, rompendo la siccità dell’atmosfera; e tutto ciò che era nella terra, bruchi, vermiciattoli, esalavano la loro vitalità rianimata da quelle poche stille d’acqua.
L’aria bruciava tuttavia, ma un vapore molle l’attraversava, tratto tratto, come una carezza.
— Che buon odore, non è vero?
Ella disse di sì, distratta, sentendo penetrarle in tutti i pori un bisogno irresistibile di vivere. La sua atonia non era che apparente.
Guardava la terra che si imbeveva a poco a poco e i fiori che si allargavano, freschi, sorgendo dalle zolle.
Il dottore parlava, con quella voce maschia, che faceva fremere Teresina. Il suo pensiero era lontano, ma la solita corrente magnetica, di un magnetismo puramente fisico, la faceva stare attenta alle parole del giovane. Tenendo gli occhi abbassati, vedeva, di sghembo, i suoi lunghi baffi castagni che si agitavano lievemente, gettando un’ombra sulla bianchezza soda del mento.
Pensava: “Se fosse qui lui!” Univa l’anima dell’assente alle sensazioni materiali di quel momento.
Il dottore provava forse qualche cosa di simile; presente col corpo, aveva l’immaginazione lontana. Fissava lo sguardo come chi ha davanti una visione, e tracciava colla sua canna delle lettere incomprensibili sull’arena. Senza sapere in qual modo avesse incominciato, si trovò a parlar d’amore.
— Nei ...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. Scrittrici allo specchio. Neera e Teresa
  3. I.
  4. II.
  5. III.
  6. IV.
  7. V.
  8. VI.
  9. VII.
  10. VIII.
  11. IX.
  12. X.
  13. XI.
  14. XII.
  15. XIII.
  16. XIV.
  17. XV.
  18. XVI.
  19. XVII.
  20. XVIII.
  21. XIX.
  22. XX.
  23. XXI.
  24. XXII.