La novella del buon vecchio e della bella fanciulla
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La novella del buon vecchio e della bella fanciulla

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La novella del buon vecchio e della bella fanciulla

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Scritto fra il 1925 e il 1926, questo racconto venne pubblicato postumo nel 1929 a cura di Eugenio Montale, in La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri scritti (Morreale, Milano 1929, pp. 17-120). Narra di un anziano uomo d'affari triestino che si innamora di una giovane popolana conducente di tram. Dapprima tenta di mascherare il desiderio erotico con giustificazioni morali, poi, arresosi all'inesorabilità della condizione anagrafica, decide di scrivere la propria "avventura". In questa edizione il testo è stato prudentemente revisionato nella interpunzione dei dialoghi.

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Informazioni

LA NOVELLA DEL BUON VECCHIO E DELLA BELLA FANCIULLA

I.
Ci fu un preludio all’avventura del buon vecchio, ma si svolse senza ch’egli quasi l’avvertisse. In un breve istante di riposo dovette ricevere nel suo ufficio una vecchia donna che gli presentava e raccomandava una fanciulla, la propria figlia. Erano state ammesse alla sua presenza in forza di un biglietto di presentazione di un suo amico. Il vecchio strappato ai suoi affari non arrivava a levarseli del tutto dalla mente e guardava intontito il biglietto sforzandosi d’intenderlo presto e presto liberarsi dalla seccatura.
La vecchia non tacque per un solo istante, ma egli non ritenne o percepì che qualche breve frase: – La giovinetta era forte, intelligente e sapeva leggere e scrivere, ma meglio leggere che scrivere.
Poi una frase che lo colpì perché strana: – Mia figlia accetta qualsiasi impiego per l’intera giornata purché le avanzi il breve tempo di cui ha bisogno per il suo bagno quotidiano.
Infine la vecchia disse la frase che portò la scena ad una rapida conclusione: alla Tramvia prendono ora delle donne al posto di conduttrici e bigliettarie.
Subito deciso, il vecchio scrisse un biglietto di raccomandazione per la Direzione della Società Tramviaria e congedò le due donne. Lasciato ai suoi affari, li interruppe ancora per un istante per pensare: – Chissà perché quella vecchia volle dirmi che sua figlia si lava ogni giorno?
Scosse la testa sorridendo con aria di superiorità. Ciò prova che i vecchi son ben vecchi quando hanno da fare.

II.
Una vettura tramviaria correva sul lungo viale di Sant’Andrea. La conduttrice, una bella fanciulla ventenne, teneva l’occhio bruno fisso sulla via larga, polverosa, piena di sole, e si compiaceva di far andare a precipizio il carrozzone cosicché agli scambi le ruote stridevano e la cassa della vettura carica di gente sobbalzava. Il viale era deserto. Tuttavia la giovinetta procedeva picchiando continuamente col piedino nervoso la leva azionante il campanello d’allarme. Lo faceva non per prudenza, ma perché essa era tanto infantile che riusciva a convertire il lavoro in un giuoco, e le piaceva di correre così e di far rumore con quella macchinetta ingegnosa. Tutti i bambini amano di gridare quando corrono. Era vestita di cenci colorati. Causa la sua grande bellezza sembrava travestita. Una giubba rossa sbiadita le lasciava libero il collo, poderoso in confronto della faccina un po’ patita, e libera l’incavatura precisa che avvia dalla spalla alla delicatezza del petto. Il gonnellino azzurro era troppo breve, forse perché nel terzo anno di guerra mancavano le stoffe. Il piedino sembrava nudo in uno scarpino di panno e il berretto azzurro le schiacciava dei riccioli neri non molto lunghi. Guardando la sola sua testa si sarebbe potuta credere un maschietto se già l’attitudine di quella sola parte non avesse tradito civetteria e vanità.
Sulla piattaforma, intorno alla bella operaia, c’era tanta gente che la manovra del freno era appena possibile. Vi si trovava anche il nostro vecchio. Egli doveva arcuarsi a qualche più violento sobbalzo della vettura per non venir gettato addosso alla conduttrice. Era vestito con grande accuratezza, ma anche con la serietà conforme alla sua età. Veramente una figurina signorile e gradevole. Ben pasciuto in mezzo a tanta gente pallida e anemica, non rappresentava per questa ancora un’offesa perché non era né troppo grasso né troppo fiorente. Dal colore dei suoi capelli e dei suoi baffetti corti gli si sarebbero dati 60 anni di età o giù di lì. Non trapelava in lui alcuno sforzo di apparire più giovane. Gli anni possono impedire l’amore ed egli da molti anni non aveva pensato a quello, ma favoriscono gli affari ed egli portava i suoi anni con superbia, e, se così si può dire, giovanilmente.
La prudenza era invece conforme alla sua età, e non si trovava bene in quel carrozzone mastodontico lanciato a tanta velocità. La sua prima parola rivolta alla fanciulla fu di ammonimento: – Signorina!
Al vezzeggiativo signorile la fanciulla rivolse a lui i begli occhi, esitante, non essendo certa ch’egli avesse voluto parlare con lei. Il buon vecchio ricavò tanto piacere da quello sguardo luminoso che ne fu attenuata la sua paura. Mutò l’ammonimento che avrebbe avuto significato di rampogna, in uno scherzo: – Non m’importa mica di essere qualche minuto prima al Tergesteo.
Sembrò sorridesse per il proprio scherzo e così poté creder la gente intorno a lui, ma invece il suo sorriso era stato rivolto a quell’occhio che gli era parso nello stesso tempo birichino e innocente. Le donne belle sembrano sempre dapprima intelligenti. Un bel colore o una bella linea sono infatti l’espressione dell’intelligenza più assoluta.
Essa non sentì le parole, ma fu rassicurata perfettamente di quel sorriso che non lasciava dubbio sulle disposizioni benevole del vecchio. Comprese ch’egli si trovava a disagio in piedi e gli fece posto perché potesse appoggiarsi accanto a lei sul parapetto. E la corsa continuò vertiginosa fino al Campo Marzio.
La fanciulla, allora, guardando il buon vecchio quasi a domandargli un consenso, sospirò: – Qui comincia la grande noia!
Il carrozzone si mise infatti a traballare lento e pesante sulle rotaie.
Quando un vero giovane s’innamora, il suo amore spesso provoca nel suo cervello delle reazioni che presto con il suo desiderio non hanno nulla da fare. Quanti giovani che potrebbero quietarsi beatamente in un letto ospitale, non gettano per aria almeno la loro casa credendo che per andare a letto con una donna occorra prima conquistare, creare o distruggere. Invece i vecchi, di cui si dice che siano meglio protetti dalle passioni, vi si abbandonano in piena consapevolezza ed entrano nel letto della colpa solo con debito riguardo ai raffreddori.
Semplice l’amore non è neppure per i vecchi. Da loro viene complicato nei motivi. Essi sanno che devono scusarsi. Il nostro vecchio si disse: – Ecco la mia prima vera avventura dopo la morte di mia moglie.
Secondo il linguaggio dei vecchi è vera un’avventura in cui c’entri anche il cuore. Si può dire che raramente un vecchio è tanto giovane da poter avere un’avventura non vera poiché è un’estensione che serve a mascherare una debolezza. Così i deboli quando danno un pugno impiegano non solo la mano, il braccio e la spalla, ma anche il petto e l’altra spalla. Il pugno per lo sforzo troppo esteso diventa debole mentre l’avventura perde in chiarezza e diventa più pericolosa.
Poi il vecchio pensò ch’era l’occhio infantile della giovinetta che l’aveva conquistato. I vecchi quando amano passano sempre per la paternità e ogni loro abbraccio è un incesto di cui ha l’acre sapore.
E il terzo pensiero importante ch’ebbe il vecchio sentendosi deliziosamente colpevole e deliziosamente giovane fu: – La gioventù ritorna.
L’egoismo del vecchio è tanto grande che il suo pensiero non resta attaccato all’oggetto del suo amore neppure per un istante senza ritornare subito a vedere sé stesso. Quando vuole una donna ricorda re Davide che dalle giovinette si aspettava la gioventù.
Il vecchio da commedia antica convinto di poter emulare la gioventù, quando pure oggi esista, dev’essere rarissimo. Il mio vecchio continuò a monologare e si disse: – Ecco una giovinetta ch’io comprerò… se è in vendita.
– Tergesteo! Non scende? – domandò la giovinetta prima di far muovere il carrozzone.
Il buon vecchio, nell’imbarazzo, guardò l’orologio: – Procederò per un altro poco, – disse.
Non v’era più tanta gente ed egli non aveva più alcun pretesto per restare tanto vicino alla giovinetta. Si rizzò e si appoggiò ad un canto donde poteva vederla con comodità. Essa dovette accorgersi di essere contemplata perché quando la manovra non la occupava lo sbirciava con curiosità.
Egli le chiese da quanto tempo si trovasse a quel lavoro tanto faticoso.
– Da un mese!
Non era tanto faticoso, essa diceva nell’atto stesso in cui doveva convertire tutto il suo corpicino in una leva per azionare il freno meccanico, ma talvolta molto noioso. Il peggio di tutto era che la retribuzione che riceveva non bastava. Il padre suo lavorava ancora, ma, dato il prezzo di tutti i viveri, era difficile di uscirne.
E, sempre intenta al lavoro, lo interpellò col suo nome di famiglia: – Se Lei volesse, a Lei sarebbe facile di trovarmi qualche cosa di meglio, – e lo guardò immediatamente per vedere sulla sua faccia l’effetto di quella preghiera.
L’improvviso intervento del proprio nome scosse un poco il buon vecchio. Il nome di un vecchio è sempre un poco antico e impone perciò degli obblighi a chi lo porta. Egli cacciò dalla propria faccia ogni traccia di tensione che poteva tradire il suo desiderio. Non si meravigliò che la giovinetta conoscesse il suo nome perché la città allora era stata abbandonata da quasi tutte le famiglie più ricche e i pochi abbienti che vi risaltavano.
Guardò altrove e disse con serietà: – Ora è un po’ difficile! Ma ci penserò! Che cosa sa fare Lei?
Essa sapeva leggere, scrivere e far conti. Di lingue non conosceva che il triestino e il friulano.
Una vecchia popolana sulla piattaforma si mise a ridere rumorosamente: – Il triestino e il friulano! Ah! Questa è buona!
La giovinetta rideva anche lei mentre il vecchio, sempre irrigidito nello sforzo di non far comprendere la sua intima eccitazione, rideva di un riso falso. La popolana cui piaceva di discorrere con un simile signore non cessò più di chiacchierare e il vecchio vi si prestò per poter simulare meglio un’indifferenza. Infine essa li lasciò soli. Subito il vecchio scattò: – A che ora è libera Lei?
– Alle nove di sera.
– Ebbene! – disse il buon vecchio. – Venga questa sera perché domani sono impedito.
E le diede il suo indirizzo ch’essa ripeté due o tre volte per non obliarlo.
I vecchi hanno furia perché la legge di natura sui limiti di età incombe su loro. Quell’appuntamento chiesto con l’aspetto del filantropo protettore e concesso con la dovuta gratitudine pur fece trasecolare dalla gioia il vecchio. Come le cose lo favorivano!
Ma i vecchi amano la chiarezza negli affari ed egli non si decideva ancora a lasciare quella piattaforma. Si domandava ansiosamente, dubitando della propria fortuna: – E basta questo? Non occorre dell’altro? E se essa credesse sul serio di essere stata invitata ad andare a prendere una raccomandazione onde ottenere un impiego?
Egli non voleva restare inutilmente eccitato fino alla sera e avrebbe voluto essere più sicuro del fatto suo. Ma come dire la parola necessaria senza compromettere il proprio avito nome neppure ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LA NOVELLA DEL BUON VECCHIO E DELLA BELLA FANCIULLA
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  4. Intro
  5. LA NOVELLA DEL BUON VECCHIO E DELLA BELLA FANCIULLA
  6. Ringraziamenti