Sulla questione romana
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Lettera Enciclica "Urbi Arcano Dei Consilio"

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Lettera Enciclica "Urbi Arcano Dei Consilio"

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Ubi Arcano Dei Consilio è la prima enciclica di papa Pio XI, promulgata il 23 dicembre 1922. Questa enciclica manifesta il programma del pontificato del nuovo papa, riassunto nel suo motto «pax Christi in regno Christi», la pace di Cristo nel Regno di Cristo; contro la tendenza a ridurre la fede a questione privata, Pio XI sprona i cattolici ad adoperarsi per creare una società totalmente cristiana, nella quale Cristo regni su ogni aspetto della vita. Questo programma fu completato dalle encicliche Quas Primas (1925), con la quale istituì la festa di Cristo Re, e Miserentissimus Redemptor (1928), dedicata al culto del Sacro Cuore. Papa Pio XI (in latino: Pius PP. XI, nato Achille Ambrogio Damiano Ratti; Desio, 31 maggio 1857 – Città del Vaticano, 10 febbraio 1939) è stato il 259º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1922 alla sua morte. Dal 7 giugno 1929 fu il 1º sovrano del nuovo Stato della Città del Vaticano.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2019
ISBN
9788834119907

Sulla questione romana

LETTERA ENCICLICA

UBI ARCANO DEI CONSILIO

DEL SOMMO PONTEFICE
PIO XI
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
ED AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA:
SULLA QUESTIONE ROMANA



Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Fin dal primo momento in cui, per gli imperscrutabili disegni di Dio, Ci vedemmo elevati, sebbene indegni, a questa cattedra di verità e di carità, abbiamo vivamente desiderato di rivolgere la parola del cuore a voi tutti, Venerabili Fratelli, e a tutti i diletti vostri figli dei quali voi avete il governo e la cura immediata. A questo desiderio si ispirava la solenne benedizione che, urbi et orbi, dall’alto della Basilica Vaticana, appena eletti, impartimmo ad un’immensa moltitudine di popolo: benedizione che voi tutti, da tutte le parti del mondo, unendovi al Sacro Collegio Cardinalizio, accoglieste con manifestazione di grata letizia: il che fu per Noi, nell’accingerci ad assumere d’improvviso il gravissimo officio, il più soave conforto dopo quello che Ci proveniva dalla fiducia nell’aiuto divino. Ora « la Nostra parola viene a voi » [ 1] nell’imminenza del giorno natalizio di Nostro Signor Gesù Cristo ed all’inizio del nuovo anno, e viene come strenna festiva ed augurale, che il Padre manda a tutti i suoi figli.
Di più presto soddisfare il Nostro desiderio Ci impedirono finora molteplici ragioni. Fu dapprima la gara di filiale pietà, con la quale da tutte le parti del mondo, in lettere senza numero, Ci giungeva il saluto dei fratelli e dei figli, che davano il benvenuto e presentavano i loro primi devoti ossequi al novello Successore di S. Pietro. Si aggiungeva poi subito la prima personale esperienza di quella che S. Paolo chiamava « il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese » [ 2]. E con le cure ordinarie vennero pure le straordinarie: quelle dei gravissimi negozi, che trovammo già avviati e che dovemmo proseguire, riguardanti i Luoghi Santi e le condizioni di cristianità e chiese fra le più cospicue dell’orbe cattolico; convegni e trattative che toccavano le sorti di popoli e nazioni, dove, fedeli al ministero di conciliazione e di pace da Dio affidatoci, cercammo di far risonare la parola della carità insieme con quella della giustizia, e di procurare la dovuta considerazione a quei valori e a quegli interessi, che, per essere spirituali, non sono i meno grandi né i meno importanti, anzi lo sono più e sopra tutti gli altri; le sofferenze inenarrabili di popoli lontani, falciati dalla fame e da ogni genere di calamità, per i quali, mentre Ci affrettavamo a inviare il maggior aiuto a Noi possibile nelle Nostre presenti angustie, invocavamo insieme l’aiuto del mondo intero: e infine le competizioni e le violenze scoppiate in seno allo stesso popolo diletto, dal quale avemmo i natali ed in mezzo al quale la mano di Dio collocò la Cattedra di Pietro: competizioni e violenze che parvero mettere in forse le stesse sorti del Nostro paese e che Noi non tralasciammo con ogni mezzo di sedare.
Non mancarono tuttavia straordinari avvenimenti che Ci portarono nell’animo la nota più lieta: il XXVI Congresso Eucaristico internazionale e le solennità trecentenarie della Sacra Congregazione di Propaganda. Furono quelle inesprimibili consolazioni e gioie spirituali, che mai avremmo immaginato potessero in tanta copia riversarsi sui primi inizi del Nostro Pontificato. Vedemmo allora quasi tutti i Porporati del Sacro Collegio e potemmo anche intrattenerci a privati colloqui con centinaia di Vescovi accorsi da tutte le parti della terra, quanti, nelle condizioni ordinarie, appena avremmo veduto in parecchi anni; a migliaia e migliaia vedemmo pure e paternamente benedicemmo larghe ed insigni rappresentanze dell’immensa famiglia che Iddio Ci ha affidata, proprio come dice la sacra pagina apocalittica, « di ogni tribù, lingua, popolo e nazione » [ 3]. E con loro assistemmo a spettacoli veramente divini: vedemmo il divin Redentore sotto i veli eucaristici, quasi a riprendere il suo posto di Re degli uomini, delle città e dei popoli, venir portato in grandioso e veramente regale trionfo di fede, di adorazione e di amore, nel centro di questa Nostra Roma, in un immenso corteo, nel quale popoli e nazioni di tutte le parti del mondo erano rappresentati. Vedemmo lo Spirito di Dio ridiscendere nelle anime dei sacerdoti e dei fedeli e riaccendere in esse lo spirito di preghiera e di apostolato, come nella prima Pentecoste; e la fede vivace dei Romani di nuovo annunciarsi nell’universo mondo, con magnifica glorificazione di Dio ed edificazione delle anime. Ed intanto la Vergine santa, Madre di Dio e Madre nostra benignissima, Maria, Ella che già amorevolmente Ci aveva sorriso dai santuari di Częstochowa e di Ostrabrama, dalla taumaturgica grotta di Lourdes e dall’aerea cuspide della Nostra Milano, nonché dal piissimo santuario di Rho, degnavasi anche gradire l’omaggio del Nostro amore e della Nostra devozione, allorquando, riparati i gravissimi danni dell’incendio, restituivamo al venerabile santuario di Loreto la devota effige già prima presso di Noi preparata, da Noi benedetta ed incoronata. Fu quello uno splendidissimo trionfo di Maria, cui parteciparono in nobile gara, da Roma a Loreto, dovunque passò la sacra icona, le fedeli popolazioni, accorrendo da tutte le vicinanze, con una spontanea e luminosa affermazione di profonda religiosità, nella quale rifulsero il tenero affetto alla Santissima Vergine e il devoto attaccamento al Vicario di Gesù Cristo.
Per l’eloquenza di svariati avvenimenti, che Noi tramandiamo alla edificazione dei posteri, veniva sempre più chiarendosi alla Nostra mente quello che sembra rivendicare a sé le prime e più sollecite cure del Nostro apostolico ministero, e, per ciò stesso, quello che dovessimo dire con la prima solenne parola a voi rivolta.
Gli uomini, le classi sociali, i popoli, non hanno ancora ritrovato la vera pace do...

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