SOMMARIO. 1. L’efficacia erga omnes del contratto collettivo tra inattuazione dell’art. 39 Cost. e rimedi giurisprudenziali. 2. L’inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale. 3. L’estensione dell’efficacia soggettiva ad opera della giurisprudenza e del legislatore. 4. Le funzioni del contratto collettivo: la funzione normativa tradizionale. 5. Nuove funzioni del contratto collettivo: la funzione qualificatoria . 6. Differenze tra autonomia individuale e autonomia collettiva quanto alla funzione qualificatoria . 7. Qualificazione del contratto di lavoro e nuovi modelli contrattuali dopo il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. 8. Il contratto di lavoro a progetto come tertium genus tra autonomia e subordinazione . 9. Qualificazione e certificazione del contratto di lavoro dopo il D.Lgs. 276/2003.
1. L’efficacia erga omnes del contratto collettivo tra inattuazione dell’art. 39 Cost. e rimedi giurisprudenziali.
Il tema della qualificazione dei contratti di lavoro è collegato ai grandi problemi della rappresentanza, del titolo alla contrattazione collettiva, la validità erga omnes degli accordi di lavoro, i contenuti stessi del contratto di lavoro.
Se un problema di qualificazione si pone è, infatti, perché a fronte di attività lavorativa prestata a favore di altri, l’inquadramento di questa nel lavoro autonomo o subordinato implica rilevanti conseguenze in tema di tutela e quindi di uguaglianza sostanziale fra le parti del rapporto di lavoro e tra i lavoratori medesimi, perché non è pensabile, che, a fronte di mansioni che presentino uniformità di contenuto e modalità di attuazione, possano esserci trattamenti normativi ed economici deteriori per alcuni lavoratori a vangaggio di altri. Tale funzione riequilibriatrice è svolta da contratto collettivo, che, affinché ne sia garantita l’effettività, deve porsi e risolvere il problema dell’inderogabilità delle sue disposizioni da parte di contratti individuali di lavoro e dell’efficacia delle sue clausole anche nei confronti dei lavoratori e datori di lavoro non iscritti alle contrapposte organizzazioni rappresentative.
Solo attraverso l’analisi degli elementi e del concetto stesso di contratto collettivo, come oggi inteso, sarà, pertanto, possibile risolvere l’interrogativo di fondo circa la funzione qualificatoria che, ad avviso di certa dottrina [1] , potrebbe svolgere lo stesso contratto collettivo.
È bene, allora, premettere alcune nozioni circa la funzione normativa e obbligatoria [2] del contratto collettivo. Esso è definibile [3] come il contratto stipulato dai contrapposti sindacati (nazionali o confederali) dei datori di lavoro e dei lavoratori (rispettivamente contratto collettivo nazionale o accordo interconfederale), ovvero dal singolo datore di lavoro coi rappresentanti dei lavoratori (contratto collettivo aziendale) al fine di predeterminare la disciplina dei rapporti individuali di lavoro (cosiddetto contenuto normativo) e di instaurare rapporti obbligatori in capo alle stesse parti stipulanti (cosiddetto contenuto obbligatorio).
Come si ricava dalla definizione sopra riportata, il contratto collettivo esercita una duplice funzione [4], una di carattere normativo e l’altra di carattere obbligatorio.
La funzione normativa è certamente la più rilevante e consiste nel determinare il contenuto dei contratti individuali di lavoro al fine di evitare che i singoli lavoratori, per la loro posizione di inferiorità economico - sociale, siano indotti ad accettare condizioni contrattuali sostanzialmente imposte dalla controparte.
Tale funzione caratterizza fin dalle origini il contratto collettivo [5]. Quest’ultimo nasce sostanzialmente per l’esigenza di stabilire minimi di trattamento economico e normativo, che devono essere rispettati da parte dei contratti individuali di lavoro [6].
La funzione normativa del contratto collettivo, è sostanzialmente intesa a dare uniformità di contenuto ai contratti individuali di lavoro al fine di ristabilire una situazione di uguaglianza sostanziale fra le parti del rapporto stesso. Tale funzione è peraltro realizzabile in presenza di due presupposti [7].
Il primo è l’ inderogabilità delle disposizioni del contratto collettivo da parte del contratto individuale di lavoro: ciò comporta che le clausole del contratto collettivo si sostituiscano automaticamente alle clausole difformi peggiorative del contratto individuale, il quale in tal modo è soggetto alla funzione integratrice del primo.
Il secondo è l’ efficacia delle clausole del contratto collettivo anche nei confronti dei lavoratori e datori di lavoro non iscritti alle associazioni stipulanti: diversamente questi ultimi potrebbero stipulare condizioni di lavoro inferiori a quelle fissate dal contratto collettivo, con la conseguenza di ristabilire quella situazione di concorrenza fra i lavoratori che il contratto collettivo vuole eliminare.
Sul tema torneremo nel prossimo paragrafo, mentre quanto alla funzione obbligatoria, essa si identifica nel fatto che il contratto collettivo non è inteso solo a predeterminare la disciplina dei rapporti individuali di lavoro, ma può anche regolare i rapporti fra i soggetti collettivi [8], siano essi le stesse parti stipulanti il contratto o le loro organizzazioni interne minori [9].
La distinzione proposta fra parte normativa e parte obbligatoria del contratto collettivo ha un rilievo pratico assai importante [10]. Infatti, assai diversi sono gli effetti giuridici [11] che scaturiscono dai due tipi di clausole [12].
Le clausole normative, in quanto intese a stabilire minimi di trattamento economico - normativo per i contratti individuali di lavoro, pongono il problema della spiegazione giuridica delle questioni concernenti l’inderogabilità in pejus del contratto collettivo nei confronti del contratto individuale ovverossia il rapporto fra autonomia individuale ed autonomia collettiva e l’ efficacia soggettiva del contratto collettivo, cioè l’ambito di applicabilità dello stesso.
Le clausole obbligatorie richiedono di approfondire la tematica delle conseguenze giuridiche dell’inadempimento degli impegni reciprocamente presi dalle parti stipulanti, costituendo un argomento che però esula dagli aspetti che si è deciso d’affrontare nella tesi.
L’analisi degli argomenti attinenti le clausole normative, ovvero l’ inderogabilità del contratto collettivo nei confronti del contratto individuale e quello del suo ambito soggettivo di efficacia sono, invece, diversamente risolvibili a seconda dei tipi di contratti collettivi storicamente succedutisi nel nostro ordinamento [13]: il contratto collettivo corporativo; il contratto collettivo previsto dall’art. 39 Cost.; il contratto collettivo recepito nei decreti legislativi ai sensi della legge n. 741 del 1959 [14]; ed, infine, il contratto collettivo di diritto comune [15], cioè regolato dalla disciplina del contratto in generale (art. 1321 c.c.).
La migliore dottrina [16], invero, a proposito dei contratti collettivi di diritto comune attualmente in uso - in seguito alla mancata attuazione di quelli con validità erga omnes secondo il meccanismo individuato dall’art. 39 Cost. - e per sostenere una loro posizione, diversa per contenuti ed effetti, rispetto ai contratti individuali di cui agli artt. 1321 c.c. e ss., si pone il problema se all’organizzazione sindacale possa, per la soddisfazione di un interesse collettivo, essere attribuita un’ autonomia collettiva, superiore alla generale autonomia privata individuale che già s’esprime nella contrattazione di diritto comune.
Si osserva al riguardo che, se è vero che l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana non ha modificato direttamente lo status dei contratti collettivi di diritto comune [17], è anche vero che le “ attese”, rimaste deluse, di una legge attuativa dei principi costituzionali impedirono di rendersi conto immediatamente di ciò che, invece, era evidente, e cioè che l’art. 39 Cost. “ nominava” il contratto collettivo e, già così, per la sua esplicita previsione costituzionale, ne faceva un contratto di “ diritto speciale” [18].
Constatazione quest’ultima che seppure non è, né sarebbe stata, sufficiente da sola a risolvere i problemi dell’inderogabilità e della efficacia generalizzata dei contratti collettivi, era, ed è, sufficiente, però, a far ritenere che l’art. 39 Cost., por prevedendo esplicitamente soltanto il contratto collettivo con efficacia erga omnes stipulato dalle rappresentanze unitarie dei sindacati registrati, presuppone [19], indipendentemente dalla sua attuazione, che non solo possano assumere rilevanza, sul piano giuridico formale, ed essere soddisfatti interessi del tipo di quelli tutelati con la contrattazione collettiva e che sono stati descritti come interessi collettivi, ma anche che “ all’ organizzazione sindacale possa, per la soddisfazione di quell’ interesse, essere attribuita un’ autonomia collettiva, specie del genere autonomia privata individuale, ma da questa diversa per contenuti ed effetti” [20].
2. L’inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale.
Come si è acutamente rilevato [21], un’aspirazione, al tempo stesso tradizionale e fondamentale, del sindacato dei lavoratori che stipula il contratto collettivo è quella di evitare che un lavoratore possa accettare - spinto dalla concorrenza necessitata e, cioè, dal bisogno di lavorare per vivere - condizioni inferiori di quelle previste dalla disciplina sindacale.
È questo il tema dell’ inderogabilità del contratto collettivo da parte del contratto individuale e di cui occorre o...