Sull'ineguaglianza degli uomini
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Sull'ineguaglianza degli uomini

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Il Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini (Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes) è un testo scritto da Jean-Jacques Rousseau, pubblicato in Francia nel 1755. È anche noto col titolo più breve di Discorso sull'ineguaglianza o Origine della disuguaglianza.
Occasione della sua pubblicazione fu un concorso bandito dall'Accademia di Digione. Già nel 1750 lo stesso istituto aveva bandito un concorso sul seguente tema: "Se il progresso delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi". Per l'occasione Rousseau scrisse quello che poi sarebbe stato pubblicato (lo stesso anno) come Discorso sulle scienze e le arti, in cui rispondeva negativamente alla questione: le scienze e le arti non avevano apportato benefici all'umanità. Il contributo valse a Rousseau il primo premio e una fama notevole.
Qualche anno dopo l'Accademia propose una nuova questione: "Qual è l'origine dell'ineguaglianza tra gli uomini e se essa sia autorizzata dalla legge naturale". Rousseau compilò la sua risposta tra il 1753 e il 1754, pubblicandola poi nel 1755, col titolo, appunto, di "Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini". Nonostante non avesse ottenuto nuovamente il primo premio, anche questo Discorso ebbe comunque una notevole risonanza. Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato un filosofo, scrittore e musicista svizzero.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2019
ISBN
9788834173442
Categoria
Sociologia

PARTE SECONDA

Il primo che avendo attorniato di siepi un terreno, pensò di dire questo è mio, e che trovò persone tanto semplici per crederlo, fu il vero fondatore della civile società. Quanti delitti, guerre, omicidj, miserie ed orrori non avrebbe risparmiato al genere umano colui, il quale sradicando i pali, o riempiendo il fosso che il terreno circuiva, avesse gridato a' suoi simili: guardatevi dal prestar orecchio a questo impostore; voi siete perduti, se vi scordate che i frutti sono di tutti, e che la terra non è di alcuno; ma v'è una grande apparenza, che le cose fossero già arrivate a un punto da non poter più durare come erano; poichè questa idea di proprietà dipendendo da molte altre idee anteriori, che non hanno potuto nascere che successivamente, non si formò in un momento nello spirito umano: con-venne far molti progressi, acquistar grande industria e molti lumi, trasmetterli, aumentarli d'età in età, prima di giugnere a questo ultimo termine dello stato di natura. Riprendiamo dunque le cose più sopra, e procuriamo di unire sotto un sol punto di vista questa lenta successione di avvenimenti e di cognizioni nel loro ordine più naturale.
Il primo sentimento dell'uomo fu quello di sua esistenza; la sua prima cura, quella di sua conservazione. I prodotti della terra gli fornivano tutti i necessarj soccorsi; l'istinto lo portò a farne uso. La fame ed altri appetiti gli facevano provare a vicenda diverse maniere di esistere: ve ne fu che lo invitò a perpetuare la sua specie; e questa cieca inclinazione, sprovvista d'ogni sentimento del cuore, non produceva che un atto puramente animalesco: soddisfatto il bisogno, non si riconoscevano più i due sessi, ed il fanciullo stesso non era più della madre, tostochè poteva far di meno di essa.
Tal fu la condizione del nascente uomo; tale fu la vita di un animale ristretto nel principio alle pure sensazioni, e profittantesi appena dei doni che gli offriva la natura, lungi dal pensare a strappargliene: ma ben presto se gli presentarono delle difficoltà; gli convenne imparar a vincerle. L'altezza degli alberi che gl'impediva d'arrivare ai loro frutti, la concorrenza degli animali che cercavano di nutrirsene, la ferocità di quelli ché tendevano alla sua vita, tutto l'obbligò ad applicarsi agli esercizj del corpo; bisognò rendersi agile, presta al corso, vigoroso al combattimento. Le armi naturali, che sono i rami degli alberi e le pietre, si trovarono ben presto sotto alle sue mani. Imparò a sormontare gli ostacoli della natura, a combattere nelle occorrenze gli altri animali, a disputare la sua sussistenza agli uomini stessi, o a compensarsi di ciò che ceder bisognava al più forte.
A misura che si estendeva il genere umano, le pene si moltiplicarono cogli uomini. La differenza dei terreni, dei climi, delle stagioni, potè costrignerli a metterne nella loro maniera di vivere. Degli anni sterili, inverni crudi e lunghi, estati ardenti che tutto consumano, ricercarono da essi una novella industria. Quei lungo il mare e i fiumi inventarono le canne e l'amo, e diventarono pescatori e ichtiofagi. Quei de' boschi fecer degli archi e delle frecce, e divennero cacciatori e guerrieri: ne' paesi freddi si coprivano colle pelli degli animali che aveano uccisi. Il fulmine, un vulcano, e qualche felice azzardo lor fè conoscere il fuoco, nuova sorgente contro il rigore del verno: appresero a conservare questo elemento, poi a riprodurlo, ed in fine a cuocer le vivande che pria crude mangiavano.
Queste reiterate applicazioni degli enti diversi a lui medesimo, e gli uni agli altri, dovè naturalmente generar nello spirito dell'uomo le percezioni di certi rapporti. Quelle relazioni che noi esprimiamo colle parole di grande, piccolo, forte, debole, presto, lento, timoroso, ardito, ed altre simili idee paragonate al bisogno, e quasi senza pensarci, alla fine produssero in lui qualunque sorta di riflessione, o piuttosto una prudenza macchinale che gli indicava le precauzioni le più necessarie alla di lui sicurezza.
I nuovi lumi che risultarono da questo sviluppo, accrescerono la sua superiorità sovra gli altri animali, facendogliela conoscere. Si esercitò a tender loro delle insidie, gli ingannò in mille maniere: e, benchè molti lo sorpassassero in forza nel combattimento, o in velocità alla corsa, di quelli che potevano servirlo o nuocerlo, divenne col tempo il padrone degli uni, ed il flagello degli altri. In tal guisa il primo sguardo che portò sovra se stesso, vi produsse il primo movimento d'orgoglio; e in tal guisa non sapendo ancora appena distinguere i ranghi, e contemplandosi il primo per la sua specie, si preparava da lungi a pretendervi per il suo individuo.
Benchè i suoi simili non fossero per lui ciò ch'essi sono per noi, e che non avesse niun maggior commercio con essi che cogli altri animali, non furono però dimenticati nelle sue osservazioni. La conformità che il tempo potè fargli scorgere esser fra loro, la sua femmina e lui medesimo lo fecero giudicare di quelle che non iscorgeva; e vedendo ch'essi si conducevano come in simili circostanze avrebbe egli fatto, concluse che la loro maniera di pensare e di sentire era interamente conforme alla sua; e questa importante verità bene stabilita nel suo spirito gli fece seguire, per un presentimento così sicuro e più pronto che la dialettica, le migliori regole di condotta che per suo vantaggio e sua sicurezza gli convenisse osservare con essi.
Istruito dall'esperienza che l'amore del ben essere è il solo mobile delle umane azioni, si trovò in istato di distinguere le rare occasioni nelle quali per il comune interesse potesse esser sicuro dell'assistenza de' suoi simili, e quelle più rare ancora, nelle quali la concorrenza doveva metterlo in diffidenza di essi. Nel primo caso, egli s'univa con essi in truppa, o al più per qualche sorte di libera associazione, la quale non obbligava alcuno, e che non durava se non quanto il passeggero bisogno che l'aveva formata; nel secondo caso, ciascuno cercava di cogliere i suoi vantaggi, o a forza aperta se credeva poterlo; o coll'industria e sottigliezza se si sentiva il più debole.
Ecco come gli uomini poterono insensibilmente acquistare qualche grossolana idea de' mutui impegni, e dell'avvantaggio nell'adempirli, ma sol quanto poteva esigerlo l' interesse presente e sensibile; poichè nulla per essi era la previdenza, e lungi dall'occuparsi di un lontano avvenire, non pensavano neppure al dimani. Si trattava di prendere un cervo? ciascuno sentiva bene ch'egli doveva perciò guardar fedelmente il suo posto; ma se una lepre veniva a passare a portata d'uno di essi, non è da dubitarsi ch'ei non la seguisse senza scrupolo, e che avendo raggiunta la sua preda, egli poca pena si prendesse di far mancare la loro a' suoi compagni.
Egli è facile da comprendere, che un simile commercio non esigeva un linguaggio molte più raffinato di quello delle cornacchie, o delle scimie che s'atruppano a un dipresso del pari. Gridi inarticolati, molti gesti, ed alcuni strepiti imitativi, dovettero comporre per lungo tempo la lingua universale; al che unendosi in ciascuna contrada alcuni suoni articolari e convenzionali, de' quali, come ho di già detto, non è troppo agevole di spiegarne l'instituzione, si ebbero delle lingue particolari, ma grossolane, imperfette, e tali allo incirca che ne hanno ancora al dì d'oggi diverse selvagge nazioni. Scorro a un tratto la moltitudine de' secoli, sforzato dal tempo che passa, dall'abbondanza della cose che ho a dire, e dal progresso quasi insensibile dei principj; imperciocchè più gli avvenimenti erano lenti a succedere, più sono pronti a descriversi.
Questi primi progressi misero infine l'uomo a portata di farne de' più rapidi. Più s'illuminava lo spirito, più si perfezionava l'industria. Ben presto cessando di addormentarsi sotto il primo arbore, o di ritirarsi nelle caverne, si trovarono alcune asse di pietre dure e taglienti, che servirono a tagliar de' legni, a scavar la terra, a far delle capanne coi rami dcgli alberi, che si pensò in seguito d'intonacare con argilla e fango. Questa fu l'epoca di una prima rivoluzione, che formò lo stabilimento e la distinzione delle famiglie, e che introdusse una sorte di proprietà, da cui può ben essere che di già nascessero delle querele e dei combattimenti. Nonostante, come i più forti furono verisimilmente i primi a farsi degli alloggiamenti che si sentivano capaci di difendere, egli è da credere che i più deboli tro-vassero più espediente e più sicuro l'imitarli, che il tentar di sloggiarli: e quanto a quelli che avevan già delle capanne, ciascuno dovè poco curarsi d'appropriarsi quella del suo vicino, non tanto perché non gli apparteneva, quanto perchè gli sarebbe stata inutile, e perchè non avrebbe potuto impadronirsi, senza esporsi ad un vivo combattimento colla famiglia che l'occupava.
I primi sviluppi del cuore furon l'effetto di una novella situazione, che, riuniva in una comune abitazione i mariti e le mogli, i padri e i figliuoli; l'abitudine, di vivere insieme fè nascere i più dolci sentimenti che sian conosciuti dagli uomini, l'amor coniugale, e l'amor paterno. Ciascuna famiglia divenne una piccola società, tanto più unita, quanto che il reciproco attacco e la libertà n'erano i soli legami; e allora fu che si stabilì la prima differenza nella maniera del vivere dei due sessi, che fin qui non n'era stata che una. Le femmine divennero. più sedentarie, e si ac-costumarono a guardar la capanna e i figliuoli, frattanto che l'uomo cercando andava la comune sussistenza. Cosi i due sessi cominciarono, mediante una vita un po' più molle, a perder qualche cosa della loro ferocità e del loro vigore: ma se ciascuno separatamente diveniva men proprio a combatter le bestie selvagge, allo incontro fu più facile di unirsi assieme per resistergli in comune.
In questo novello stato, con una vita semplice e solitaria, con ristrettissimi bisogni, e con istrumenti ch'essi avevano inventati per provvedersi, gli uomini godendo un grandissimo ozio, l'impiegarono a procurarsi varie sorte di comodi sconosciuti a' loro padri: e questo fu il primo giogo che s'imposero senza avvedersene, e la prima sorgente de' mali che preparavano a' loro discendenti; imperciocchè oltre che essi continuarono così ad ammollirsi il corpo e lo spirito, questi comodi avendo per l'abitudine perduto quasi tutto il loro allettamento, ed essendo nel medesimo tempo degenerati in veri bisogni, la privazion ne divenne molto più crudele, che non n'era stata dolce la possessione, ed erano infelici nel perderli, senza esser felici nel possederli.
Qui si scorge un po' meglio come l'uso della parola si stabilì, o si perfezionò insensibilmente nel seno di ciascuna famiglia, e si può congetturare ancora come diverse cause particolari poterono estendere il linguaggio, e accelerarne i progressi rendendolo più necessario. Alcune grandi inondazioni, o tremuoti circondarono d'acque, o di precipizj qualche cantone abitato; improvvise rivoluzioni del globo staccarono e tagliarono in isole alcune porzioni del continente. Si concepisce che fra uomini così riuniti, e sforzati di viver assieme, si dovè formare un idioma comune piuttosto che fra quelli che erravano liberamente ne' boschi della terra-ferma. Così egli è possibilissimo che dopo i loro primi saggi di navigazione, alcuni isolani abbiano portato fra noi l'uso della parola; ed egli è almeno verisimilissimo che la società e le lingue abbiano avuto il loro primo nascimento nelle isole, e che vi si sieno perfezionate prima d'essere conosciute nel continente.
Tutto comincia a cambiar faccia. Gli uomini erranti fin qui ne' boschi, avendo preso un sito più fisso, si raggiungono lentamente, si riuniscono in diverse truppe, e formano in fine in ciascuna contrada una particolar nazione, unita da costumi e caratteri, non da regolamenti e da leggi, ma dal medesimo genere di vita e di alimenti, e dalla comune influenza del clima. Una continua vicinanza non può fare a meno di non generare in fine qualche legame fra le diverse famiglie. Giovani persone di differenti sessi abitano delle vicine capanne; il commercio passeggero che ricerca la natura, ne conduce ben presto un altro non meno dolce e più permanente dalla mutua frequentazione. Si prende l'uso a considerar differenti oggetti, e a farne de' paragoni; si acquistano insensibilmente idee di merito e di bellezza, le quali producono dei sentimenti di preferenza. A forza di vedersi, non si può lasciar di non vedersi ancora. Un tenero sentimento e dolce s'insinua nell'anima, e dalla menoma opposizione diventa un impetuoso furore: coll'amore si sveglia la gelosia; la discordia trionfa, e la più dolce delle passioni riceve sagrifizj di sangue umano.
A misura che le idee e i sentimenti si succedono, che lo spirito ed il cuore si esercitano, il genere umano continua ad ammansarsi, si stendono i legami, e i nodi si serrano. Si avvezzò ad unirsi dinanzi alle capanne, o attorno di un grand'albero: il canto e il ballo, veri figli dell'amore e dell'ozio, divennero il divertimento, o piuttosto l'occupazione degli uomini e delle femmine oziosi ed attruppati. Ciascuno cominciò a riguardar gli altri, e a voler esser riguardato egli stesso; ed ebbe un prezzo la pubblica stima. Quello che meglio cantava, o ballava, il più bello, il più forte, il più agile, il più eloquente, divenne il più considerato: e questo fu il primo passo verso l'ineguaglianza, e nello stesso tempo verso il vizio: da queste prime preferenze nacquero da una parte la vanità e il disprezzo; dall'altra la vergogna e l'invidia; e la fermentazione cagionata da questi nuovi lieviti produsse in fine dei composti alla felicità e all'innocenza funesti.
Appena gli uomini ebbero cominciato a mutuamente apprezzarsi, e che l'idea di considerazione fu formata nel loro spirito, ciascuno pretese di averne diritto, e non fu più possibile ad alcuno di mancarvi impunemente. Di là uscirono pure i primi doveri della civiltà fra i selvaggi; e di là ciascun torto volontario divenne un oltraggio, perchè col male che risultava dall'ingiuria, l'offeso vi vedeva il disprezzo di sua persona, sovente più insopportabile del male stesso. In tal guisa punendo ciascuno il disprezzo che gli veniva testimoniato d'una maniera proporzionata al caso ch'ei facea di se medesimo, divennero terribili le vendette, e sanguinarj e crudeli gli uomini. Ecco precisamente il grado ove erano pervenuti la più parte degli uomini selvaggi che ci sono conosciuti: ed egli è per diffetto di non aver sufficientemente distinte le idee, e rimarc...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sull'ineguaglianza degli uomini
  3. Indice
  4. ​INEGUAGLIANZA FRA GLI UOMINI
  5. PRIMA PARTE
  6. PARTE SECONDA