La prigioniera
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La prigioniera

Il primo libro sulla omosessualità femminile

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La prigioniera

Il primo libro sulla omosessualità femminile

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Il dramma La prigioniera ( La Prisonnière ), dello scrittore francese Édouard Bourdet, debuttò a Parigi nel 1926. Quello stesso anno la pièce venne rappresentata a Broadway, suscitando scandalo per essere la prima opera teatrale sulla omosessualità femminile ad andare in scena a New York. In Italia, nonostante gli ostacoli della censura, La prigioniera debuttò al Teatro Quirino di Roma nel settembre del 1944, con una apprezzatissima Evi Maltagliati nel ruolo di Irene e Gino Cervi nella parte di Giacomo.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788835370871

ATTO SECONDO

LA CASA DI GIACOMO
Studio-biblioteca. Porte a sinistra, a destra, nel fondo. Al centro una grande tavola. Sedie. Giacomo è sprofondato in una poltrona, tiene un album di fotografie aperto sulle ginocchia, ma lo sguardo è lontano, fisso nel vuoto. Pausa. Suoneria. Giacomo si scuote: guarda l’ora, mormora un «Andiamo» rassegnato e si alza. Giorgio, domestico, appare dal fondo.
GIORGIO – Il signore riceve?
GIACOMO – Aspetto la signora Meillaut; deve essere lei.
GIORGIO – Bene, signore. ( Esce).
GIACOMO ( chiude in un cassetto l’album delle fotografie).
GIORGIO ( ritornando), – Non è la signora Meillaut. È la signorina Montrel.
GIACOMO ( sorpreso) – La signorina Montrel?
GIORGIO – Sì, signore.
GIACOMO ( agitato) – L’avete fatta accomodare nel salotto?
GIORGIO – Sì, signore.
GIACOMO – Bene. ( Va verso la porta di destra) Ah! Se venisse la signora Meillaut, ditele... ( esita) ditele che ho telefonato che ritarderò e che mi scuso con lei. Pregatela di voler ritornare verso le quattro, se può... Sì, verso le quattro...
GIORGIO – Bene, signore! ( Esce dal fondo. Giacomo apre la porta di destra).
GIACOMO – Vuoi favorire? ( Sorpreso) Come!?... Il cameriere mi ha detto: «La signorina Montrel» e avevo creduto...
GISELLA – Avevi creduto che fosse Irene?
GIACOMO – Sì.
GISELLA – Oh, sono desolata, Giacomo!
GIACOMO – Ma no... Perché?
GISELLA – Perché devi essere assai seccato.
GIACOMO – Affatto! Sono felice di vederti, cara Gisella. Un po’ sorpreso, ma felice.
GISELLA – Sei sorpreso perché pensi che alla mia età non si va da sola in casa di un uomo, non è vero? Ma io non sono venuta sola: la signorina Marchand mi aspetta giù, in vettura.
GIACOMO – Non devi scusarti, accomodati.
GISELLA – Ho solo poche parole da dirti.
GIACOMO – Accomodati lo stesso.
GISELLA ( sedendosi) – Volevo telefonarti questa mattina per chiederti a che ora sarei potuta venire, ma il telefono è in camera di Irene, e non volevo che mi sentisse.
GIACOMO – Ah.
GISELLA – No. ( Pausa) Sono appunto venuta presto per poterti trovare in casa... ( Esita) Forse tu stimerai questo mio passo un po’ ridicolo e sciocco, ma non importa... Sono venuta per dirti che Irene è molto infelice.
GIACOMO – Irene?
GISELLA – Sì, e puoi credermi. Te lo dico, perché ne sono sicura... Già da un pezzo la trovo strana, nervosa... spesso ha gli occhi rossi... Anche la signorina Marchand l’ha notato. Infine, l’altro giorno, entrando per caso in camera sua per telefonare, io la credevo uscita, ho potuto vedere benissimo, nonostante che essa cercasse di nascondere, che stava piangendo.
GIACOMO – Ah.
GISELLA – Tu sai che deve avere un motivo grave, Irene, per piangere. Certo, non le accade spesso... Io non posso vederla soffrire... preferirei non so che cosa... Ho riflettuto a lungo, e finalmente mi sono detta che forse tu non ne sapevi nulla e che bisognava informartene. Ecco perché sono venuta. ( Pausa. Giacomo resta pensoso) Ti dispiace che sia venuta a dirti questo?
GIACOMO – Affatto, Gisella. Soltanto, ti confesso che non capisco perché tu hai creduto bene di avvertire proprio me...
GISELLA – Come?
GIACOMO – Ho molto affetto per Irene, ma non vedo che cosa...
GISELLA ( sorridendo) – Giacomo, papà mi ha parlato prima di partire.
GIACOMO ( sorpreso e contrariato) – Che cosa ti ha detto?
GISELLA – Tranquillizzati. Mi ha parlato facendosi promettere il segreto, e tu sai bene che non sarò certo io a raccontare ad un altro ciò che mi ha confidato. Del resto, so anche che nulla è deciso, che voi volete ancora riflettere e che tu non puoi impegnarti per ora, perché i tuoi affari ti procurano delle noie... So tutto questo. ( Giacomo passeggia in lungo e in largo, seccato e malcontento) Ti secca che papà mi abbia parlato?
GIACOMO – Ma no, non importa...
GISELLA – Capirai che sarebbe stato difficile non dirmi nulla. Era deciso fin dal principio che noi si sarebbe andate a Roma con lui. Bruscamente tutto è cambiato; noi siamo rimaste, e la signorina Marchand è venuta ad abitare da noi. Papà è stato costretto a darmi qualche spiegazione; del resto, non poteva pensare che io avevo già indovinato tutto.
GIACOMO – Che cosa avevi indovinato?
GISELLA – Tutto. Non era difficile. Sapevo che Irene voleva restare a Parigi e che papà, invece, non voleva sentirne parlare. Poi, venne la tua visita, la tua conversazione con papà, e la sera stessa egli disse ad Irene che poteva rimanere. Ed io con lei. Non occorreva essere Sherlock Holmes per capire il significato di tutto ciò. E se tu sapessi come fui felice, quando capii ogni cosa, non puoi immaginarlo.
GIACOMO – Veramente?
GISELLA – Sono così certa che voi siete fatti uno per l’altra... Tu non lo credi?
GIACOMO – Ma sì, cara Gisella.
GISELLA – Dunque, adesso capisci perché sono venuta?
GIACOMO – Capisco.
GISELLA – Ho fatto male?
GIACOMO – No.
GISELLA – Non è vero che tu ignoravi il dolore di Irene?
GIACOMO – Infatti.
GISELLA ( trionfante) – Ne ero certa. Lo dicevo alla signorina Marchand! «Se Giacomo ha chiesto a papà di lasciare Irene a Parigi, vuol dire che l’ama, e se l’ama, non può volere che essa sia infelice. Vuol dire che non se n’è accorto. Nulla di strano, del resto. Irene è così fiera, che certo non gli avrà mostrato la sua sofferenza. Intanto, se nessuno se ne preoccupa, ciò può durare indefinitamente, ed invece non deve durare»! ( Gli prende la mano) Non è vero, Giacomo, che non deve durare?
GIACOMO – No, cara. Soltanto, vedi.
GISELLA – No, no, non dirmi nulla! Non voglio saper nulla! Non mi riguarda. Ti ho detto quello che volevo dirti, il resto riguarda te. La sola cosa che ti chiedo, è che Irene non sappia mai che io sono venuta a trovarti. Non mi perdonerebbe. Me lo prometti?
GIACOMO – Te lo prometto.
GISELLA – Grazie. ( Si alza).
GIACOMO – Aspetta, non andartene ancora... ( Fa qualche passo, riflettendo, poi si ferma dinanzi a lei) Hai fiducia in me, Gisella?
GISELLA ( sorpresa e un po’ inquieta) – Ma certo, Giacomo.
GIACOMO – Al punto di credermi, senza chiedermi spiegazioni, anche se ciò che ti dirò potrà sembrarti sorprendente ed incomprensibile?
GISELLA ( c. s.) – Sì, che c’è?
GIACOMO – Tu credi, ed è ben naturale, che dipenda da me la felicità di Irene, non è vero?
GISELLA – Sì.
GIACOMO – Ebbene t’inganni!
GISELLA – Come?
GIACOMO – Io non posso nulla per lei... o, per lo meno, ben poco.
GISELLA – Tu!
GIACOMO – Io.
GISELLA – Non è dunque infelice per colpa tua?
GIACOMO – No.
GISELLA ( spaventata) – No?
GIACOMO – Se dipendesse da me, ti assicuro che la sua tristezza svanirebbe presto. Ed ora, ascoltami. Io, però, posso tentare di aiutarla; forse il mio tentativo non gioverà, ma è bene provare. Soltanto, io ho bisogno di te.
GISELLA – Di me?
GIACOMO – Sì. Ho bisogno di una o due informazioni precise, che tu sola puoi darmi. Se potessi rivolgermi a qualcun altro, lo farei, ma non ho nessuno. Se le mie domande ti sembreranno indiscrete, o se potrà sembrarti che io sia spinto da altre ragioni estranee all’interesse d’Irene ed alla sua felicità, non rispondermi.
GISELLA – Che vuoi sapere?
GIACOMO – Vorrei dei particolari sulla vita che essa conduce e sulle persone che frequenta.
GISELLA – Le persone che frequenta? Ma te, intanto.
GIACOMO – Me?
GISELLA – Sì.
GIACOMO – E quando, dunque, mi vede?
GISELLA – Ma... non so. Non prendete abitualmente il tè insieme nel pomeriggio?
GIACOMO – Te l’ha detto lei?
GISELLA ( seccata) – Credevo d’averlo capito... Ho potuto ingannarmi.
GIACOMO ( dopo una pausa) – E oltre me... chi frequenta?
GISELLA – Non mi parla molto di ciò che fa, lo sai.
GIACOMO – Ma uscendo, non ti dice mai dove va?
GISELLA – Allo studio, tutti i giorni, dopo colazione.
GIACOMO – Ah!... E la sera... esce talvolta?
GISELLA – La sera? Oh, quasi mai! È andata una volta o due a teatro o al concerto.
GIACOMO – Sola?
GISELLA – No, con gli Aiguines.
GIACOMO – Li ha conosciuti in Italia, questi signori?
GISELLA – Sì, a Firenze, l’anno scorso.
GIACOMO – E tu li vedi qualche volta?
GISELLA – Io? Mai.
GIACOMO – Perché?
GISELLA – Ma io non li conosco.
GIACOMO – Come non li conosci, se Irene è intima con loro?
GISELLA – Non è una buona ragione. Irene non mi ha mai proposto di farmi fare la loro conoscenza, ed io non l’ho mai chiesto.
GIACOMO – Non ti piacciono?
GISELLA – Non li conosco.
GIACOMO – E te ne parla qualche volta?
GISELLA – No, mai.
GIACOMO – E non t’è mai venuta la curiosità di farle delle domande sul conto loro?
GISELLA – Mai! So soltanto che essa è della Polonia o austriaca, non ricordo bene...
GIACOMO – Ma di lui, non sai nulla? Ciò che fa, di che cosa s’occupa?
GISELLA – Affatto.
GIACOMO – E fisicamente?
GISELLA – Alto, sbarbato, chic...
GIACOMO – Dunque lo hai visto.
GISELLA – Sì, alla porta di casa, una sera che aveva accompagnato Irene. Io rincasavo in quel momento e l’ho visto... Ma perché?
GIACOMO – Ho avuto un compagno di scuola che si chiamava Aiguines e mi chiedevo se potesse essere il medesimo.
GISELLA – Non credo. È più vecchio di te.
GIACOMO – Ah! Sarà forse un suo cugino... So che aveva molti parenti. ( Pausa) E l’hai visto quella sola volta?
GISELLA – Sì. Ho sentito la sua voce al telefono un giorno che chiedeva di Irene!
GIACOMO – Viene forse a trovarla qualche volta?
GISELLA – A casa? Mai...
GIACOMO – Sai dove abitano?
GISELLA – Via Victor Hugo, ma ho dimenticato il numero... Si può trovare nella guida telefonica... T’interessano tanto quei signori Aiguines?
GIACOMO – E come!... Perché sono amici di Irene, naturalmente. ( Pausa).
GISELLA – È questo che volevi chiedermi?
GIACOMO – Sì, grazie, Gisella. Non mi hai svelato nulla, sapevo, pressappoco, quanto mi hai detto. La nostra conversazione non sarà stata inutile, però... Siamo intesi che Irene dovrà sempre ignorarla.
GISELLA – Te lo prometto.
GIACOMO – So che posso contare su te.
GISELLA ( dopo un’esitazione) – Giacomo, prima di andarmene vorrei... farti una domanda anch’io...
GIACOMO – Ma sì, volentieri.
GISELLA – Ciò che farai per Irene... non puoi dirmelo?
GIACOMO – No, Gisella. Inoltre, ci sono poche probabilità di riuscita. Una su dieci... forse...
GISELLA – Ma se riuscirai... vorrà dire che... che vi sposerete?
GIACOMO – No.
GISELLA – Ah! ( Pausa) Tuttavia, tu l’ami. È un pezzo che io lo so. Tu l’ami da quell’estate che venisti a Montrel.
GIACOMO – Non basta.
GISELLA – Essa non ti ama?
GIACOMO – Ma...
GISELLA – Peccato!
GIACOMO – Credi?...
GISELLA ( fa segno di sì, poi, tendendogli la mano) – Arrivederci, Giacomo.
GIACOMO – Arrivederci, cara. ( Essa lo guarda tristemente, tenendo la sua nella mano di lui; poi, bruscamente, con tenerez...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LA PRIGIONIERA
  3. Indice
  4. Intro
  5. LA PRIGIONIERA
  6. ATTO PRIMO
  7. ATTO SECONDO
  8. ATTO TERZO
  9. Ringraziamenti