Il Museo del Risorgimento
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Ferrara nel 150° dell'Unità d'Italia

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Il Museo del Risorgimento

Ferrara nel 150° dell'Unità d'Italia

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Il Museo del Risorgimento di Ferrara è sorto grazie ai generosi donativi di cimeli da parte delle famiglie dei patrioti, vi sono esposte non solo vecchie divise, medaglie, armi e bandiere, ma sono conservati preziosi documenti a cui gli storici possono attingere per le loro ricerche e che i visitatori possono ammirare. Di Luigi Davide Mantovani questa casa editrice ha già pubblicato (e sono disponibili) Ferrara nel 1902. Un anno di transizione (2020) e Garibaldini ferraresi e la guerra del Veneto nel 1866 (2020).

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788835380559
Argomento
History
Categoria
World History

IL MUSEO DEL RISORGIMENTO

FERRARA NEL 150° DELL’UNITÀ D’ITALIA

“Ieri mattina la Ved. Luigia Leati ha consegnato al Museo del Risorgimento il reliquiario di famiglia che custodiva amorosamente. La egregia signora - che può dirsi un’Adelaide Cairoli ferrarese - nel lasciare i preziosi ricordi dei figli suoi, baciò commossa il cav. Droghetti che li riceveva. Nel reliquiario, che sarà conservato religiosamente, sono i ritratti e le memorie dell’avv. Ippolito, del dott. Lorenzo e del dott. Temistocle Leati: gl’indumenti insanguinati e forati da palle austriache, che indossava il giovane Vincenzo Leati ferito sul campo, in quella gloriosa battaglia di Bezzecca ov’era anche suo fratello Bruto, e dove morirono sette volontari ferraresi e sedici ne furono fatti prigionieri, fra i quali i viventi: Ascoli Leopoldo, Callegari Riccardo, Forti Lucrezio, avv. Marianti Lorenzo”.
Questa donazione di cimeli, come riportava il n° 70 della “Gazzetta Ferrarese” del 13 Marzo 1903, di una delle più cospicue famiglie ferraresi che aveva primeggiato in patriottismo - solamente la famiglia Frassoldati poteva annoverare quasi altrettanti combattenti - testimoniava che le iniziative per le commemorazioni del cinquantenario della fucilazione, per mano austriaca, dei tre “martiri” mazziniani ferraresi Succi, Malagutti, Parmeggiani, avevano suscitato una tale onda emotiva da indurre i discendenti a separarsi dalle “care memorie” famigliari per affidarle al direttore dell’erigendo Museo del Risorgimento ferrarese, ormai alla vigilia dell’inaugurazione che sarebbe avvenuta nella data fatidica del 16 marzo. In questo giorno anniversario, infatti, si compiva - sia pure provvisoriamente - un lungo e faticoso percorso di istituzione museale della interessante e significativa partecipazione di Ferrara e del suo territorio alle vicende risorgimentali. Per Ferrara, come per numerose altre città, più o meno grandi, della nazione, l’impulso decisivo per la creazione di un Museo del Risorgimento era stato dato dalla partecipazione, nel 1884, alla Esposizione nazionale industriale e artistica di Torino, organizzata inizialmente da un gruppo di industriali e professionisti piemontesi, membri della Società promotrice dell’Industria nazionale, fondata nel 1881, che si riprometteva di traghettare Torino da capitale politica a capitale industriale d’Italia. Sostenuta, poi, dal governo e dal Municipio di Torino, l’Esposizione Generale Italiana si era svolta fra contrastanti messaggi nazionalisti e internazionalisti, etnologie locali e prodotti industriali europei in un’area adiacente al Po in cui le architetture dei padiglioni oscillavano fra eclettismo e medievalismo. A testimoniare l’identità locale e nazionale era stata organizzata al suo interno una mostra del Risorgimento italiano, il cui scopo finale era quello di costituire, con l’apporto dei cimeli e dei documenti dei partecipanti, un Museo Storico Nazionale.
La ricerca di autonomia della cultura locale ebbe però nettamente il sopravvento, gli espositori alla fine ritirarono i propri cimeli, anche perché buona parte di essi erano stati loro affidati provvisoriamente da privati, ma l’evento ebbe frutti precocissimi, poiché in pochi anni gemmarono da quella esperienza numerosi musei territoriali, anche di piccole città, come Lodi ad esempio, ma soprattutto dei centri protagonisti del Risorgimento, governati da liberali e democratici: nacquero così i musei di Brescia (1887), Bologna (1893), Modena (1893), Milano (1896), solo a volerne ricordare alcuni dei più significativi.
Ferrara aveva deciso di partecipare all’Esposizione generale creando una apposita commissione costituita dal comune e dalla Deputazione di Storia Patria, nata da poco, che aveva come presidente Anton Francesco Trotti, uno degli ostaggi dell’Austria nella crisi del 1849 quando la città era stata minacciata di cannoneggiamento se non avesse pagato una taglia gigantesca di 206.000 scudi, e membri attivi come il bibliotecario Agnelli, che raccolse documenti e oggetti, provenienti anche da collezioni private. Particolarmente attivo era stato l’avv. Adolfo Cavalieri, ebreo, banchiere, figlio e fratello di patrioti - il padre Pacifico aveva coadiuvato all’acquisto dei fucili della Guardia civica nel 1848, il fratello Enea aveva combattuto diciottenne come bersagliere volontario a Custoza, dove era stato ferito e fatto prigioniero - il quale, assessore alla pubblica istruzione, in seguito deputato nelle XVI, XVII, XVIII legislature, dal 1886 al 1895, presidente del Consiglio provinciale, aveva accompagnato cimeli e documenti a Torino 1.
Dal capoluogo piemontese egli informava, attraverso diverse corrispondenze, riportate dalla “Gazzetta Ferrarese”, sugli oggetti e sui documenti esposti, di cui pubblicava talvolta il testo stesso. Grazie a queste notizie, è possibile identificare il nucleo principale dei beni culturali del futuro Museo del Risorgimento, allora ancora in mani private, e, contemporaneamente riscontrare quelli che non ne avrebbero mai fatto parte. Infatti dei cimeli esposti erano, fra gli altri, proprietà della famiglia Costabili la bandiera dei Bersaglieri del Po, quella dei toscani offerta in segno di solidarietà ai ferraresi nel 1847, in occasione della occupazione austriaca di Ferrara, un ritratto a olio di Guglielmo Pepe, mentre la marchesa Paolina Trotti Estense Mosti Pepoli Murat aveva offerto la palla di fucile con cui era stato ucciso a Pizzo Calabro il suo avo Gioacchino Murat, con la lettera autografa di Garibaldi con la quale questi le “aveva trasmesso un così prezioso ricordo”, oggetto questo poi non pervenuto al museo 2.
Fra i documenti esposti più rilevanti vi era la raccolta di lettere (120 circa) inedite dei mazziniani prigionieri ferraresi degli austriaci della fortezza di Ferrara nel 1852-1853, fatte pervenire a Torino da Dino Pesci, loro amico e allora ricercato, che era riuscito con vari stratagemmi ad avere corrispondenza con essi e quella di Acquirino Pinza, futuro sindaco di Comacchio, genero di Gioacchino Bonnet, il salvatore di Garibaldi naufragato sulla costa comacchiese, ricca di autografi di Garibaldi e soprattutto di Mazzini, che gli aveva inviato anche un cifrario per decrittarle 3.
Nel corso delle sue corrispondenze, Cavalieri rivela anche che l’idea originaria di costituire un museo del Risorgimento ferrarese era venuta per primo a Gaetano Lodi, di famiglia patriottica e socio della Deputazione di Storia patria, il quale aveva già offerto in dono al comune di Ferrara a questo scopo ben “23 volumi di stampe governative, comunali, ecc., pubblicate in Ferrara e in Milano dal 1796 al 1815, una preziosa raccolta di proclami editi nel ’31, ’48, ’59, tre volumi della “Gazzetta Ferrarese” - in realtà Gazzetta di Ferrara, NdA - degli anni ’48 e ’49 in cui Recchi, Mayr, Anau e altri egregi patrioti avevano assunta l’iniziativa del Circolo Nazionale e alimentavano la smania dell’indipendenza e dell’unità” 4.
Mentre di questi documenti si trova, in buona parte traccia ancor oggi nel museo o nella Biblioteca Ariostea, di altri cimeli citati da Cavalieri purtroppo bisogna lamentare la perdita. È il caso di un’altra donazione dello stesso Lodi e cioè quattro quadri “che ricordano 4 illustri cittadini: il Foresti, condannato per carbonarismo allo Spielberg [...], il Recchi eletto ministro dell’Interno a Roma il 10 marzo 1848, il Neri, colonnello del genio dell’armata del primo Napoleone e poscia creato generale da Gioacchino Murat Re di Napoli, il Pisani ufficiale d’artiglieria nelle guerre di Russia intraprese dal gran Bonaparte maggiore sempre nelle armi dette presso la Repubblica di Venezia nel 1848” 5.
Nelle corrispondenze successive Cavalieri forniva ulteriori, preziose notizie e riscontrava anche le difficoltà incontrate: “Avremmo desiderato che il nostro Municipio avesse trovato modo di evocare le immagini o i fatti di quanti ferraresi concorsero all’opera liberatrice, oggi sfruttata da chi meno vi ha contribuito. Fu impossibile vincere la ritrosia di alcuni superstiti ed è molto se, in bre...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. IL MUSEO DEL RISORGIMENTO
  3. Indice
  4. Intro
  5. IL MUSEO DEL RISORGIMENTO
  6. Note
  7. Ringraziamenti