Discorso sul Metodo
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Il Discorso sul metodo è la prima opera pubblicata da René Descartes (italianizzato in Cartesio) in forma anonima e in francese nel 1637 a Leida congiuntamente a tre saggi scientifici La diottrica, Le meteore, La geometria, dei quali costituisce la prefazione.
Il discorso è quindi da considerarsi come «un tutt'uno con i saggi».
Il titolo originale prova questo intento di unitarietà dell'opera: "Discours de la méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la verité dans les sciences Plus la Dioptrique, les Meteores, et la Geometrie qui sont des essais de cete Methode" (Discorso sul metodo per un retto uso della propria ragione e per la ricerca della verità nelle scienze più la diottrica, le meteore e la geometria che sono saggi di questo metodo.)
L'argomento dell'opera è indicato dallo stesso Cartesio: «Se questo discorso sembra troppo lungo per essere letto tutto in una volta, lo si potrà dividere in sei parti. E si troveranno, nella prima, diverse considerazioni sulle scienze. Nella seconda, le principali regole del metodo che l'autore ha cercato. Nella terza, qualche regola della morale ch'egli ha tratto da questo metodo. Nella quarta, gli argomenti con i quali prova l'esistenza di Dio e dell'anima dell'uomo, che sono i fondamenti della sua metafisica. Nella quinta, la serie delle questioni di fisica che ha esaminato, in particolare la spiegazione del movimento del cuore e di qualche altra difficoltà della medicina e, ancora, la differenza tra l'anima nostra e quella dei bruti. Nell'ultima, le cose ch'egli crede siano richieste per andare avanti nello studio della natura più di quanto si è fatto, e i motivi che lo hanno indotto a scrivere.» "Ego cogito, ergo sum, sive existo."
"Io penso, dunque sono, ossia esisto."
(René Descartes, Discours de la Méthode, IV.) Renato Cartesio (La Haye en Touraine, 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650), è stato un filosofo e matematico francese, ritenuto fondatore della matematica e della filosofia moderna.
Cartesio estese la concezione razionalistica di una conoscenza ispirata alla precisione e certezza delle scienze matematiche a ogni aspetto del sapere, dando vita a quello che oggi è conosciuto con il nome di razionalismo continentale, una posizione filosofica dominante in Europa tra il XVII e il XVIII secolo. Introduzione e commento di Adolfo Levi.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2020
ISBN
9788835392439

Parte quinta


Ordine delle quistioni di fisica

Sarei molto lieto di continuare e di far qui vedere tutta la catena delle altre verità che ho dedotte da queste prime [1] . Ma poichè, a tale scopo, bisognerebbe che ora parlassi di molte questioni controverse tra i dotti, coi quali non desidero di venire in urto [2], credo che sarà meglio che me ne astenga e che dica solamente in generale quali sono, per lasciar giudicare ai più saggi se sarebbe utile che il pubblico ne fosse più particolarmente informato. Sono sempre rimasto fermo nella risoluzione presa di non supporre nessun altro principio [3], salvo quello di cui mi sono servito per dimostrare l’esistenza di Dio e dell’anima, e di non accettare per vera nessuna cosa che non mi sembrasse più chiara e più certa di quel che mi fossero sembrate prima le dimostrazioni dei geometri. E tuttavia, oso dire che non soltanto ho trovato modo di soddisfarmi in poco tempo su tutte le principali difficoltà che si ha l’abitudine di trattare nella filosofia [4], ma anche di notare certe leggi [5], che Dio ha così stabilite nella natura, e di cui ha impresso tali nozioni nelle nostre anime, che, dopo avere sufficientemente riflettuto su di esse, non potremmo dubitare che siano esattamente osservate in tutto ciò che esiste o si fa nel mondo. Poi, considerando la concatenazione di queste leggi, mi sembra d’avere scoperto molte verità più utili e più importanti di tutto quel che avevo imparato prima, o anche sperato d’imparare.
Ma siccome ho cercato di spiegarne le principali in un trattato [6], che alcune considerazioni m’impediscono di pubblicare [7], non saprei meglio farle conoscere che dicendo qui sommariamente ciò che esso contiene. Ebbi l’intenzione di comprendervi tutto ciò che credevo di sapere, prima di scriverlo, su la natura delle cose materiali. Ma proprio come i pittori, che non potendo rappresentare egualmente bene in un quadro piano tutte le diverse facce d’un corpo solido, ne scelgono una delle principali, che sola mettono in luce, e ombreggiando le altre, non le fanno apparire se non nella misura in cui si possono vedere guardando la prima: così, temendo di non poter mettere nel mio discorso tutto quel che avevo nel pensiero, cominciai a esporvi soltanto molto ampiamente quel che pensavo della luce; poi, a proposito di essa, aggiungervi qualcosa del sole e delle stelle fisse, poichè essa ne deriva quasi interamente [8]; dei cieli, perchè la trasmettono; dei pianeti, delle comete e della terra perchè la fanno riflettere, e in particolare di tutti i corpi che sono sulla terra, perchè sono o colorati, o trasparenti, o luminosi; e infine dell’uomo, perchè ne è lo spettatore [9]. Anzi, per lasciare un po’ nell’ombra tutte queste cose, e poter dire più liberamente quel che ne pensavo, senza essere obbligato nè a seguire nè a confutare le opinioni accettate tra i dotti, risolsi di lasciare tutto questo mondo alle loro dispute, e di parlare soltanto di quello che succederebbe in un mondo nuovo, se Dio ora creasse in qualche posto, negli spazi imaginari, abbastanza materia per comporlo, e agitasse diversamente e senz’ordine le diverse parti di questa materia, in modo tale da comporre un caos tanto confuso quanto i poeti possono imaginarlo, e, dopo, non facesse altro che prestare il suo concorso ordinario alla natura, lasciandola agire secondo le leggi da Lui stabilite [10]. Così, in primo luogo, descrissi questa materia e cercai di rappresentarla così, che non vi è, mi sembra, niente al mondo di più chiaro nè di più intelligibile, salvo ciò che è stato detto poco fa di Dio e dell’anima; perchè, anzi, supposi persino espressamente, che non ci fosse in essa alcuna di quelle forme o qualità di cui si disputa nelle scuole, nè, in generale, alcuna cosa, la cui conoscenza non fosse così naturale alle nostre anime da non potersi neppur fingere d’ignorarla [11].
Di più, feci vedere quali erano le leggi della natura; e, fondando le mie ragioni sull’unico principio delle perfezioni infinite di Dio, [12] cercai di dimostrare tutte quelle di cui si fosse potuto avere qualche dubbio, e di far vedere che quelle leggi sono tali che se anche Dio avesse creato molti mondi, non ve ne potrebbe esser alcuno, in cui non fossero osservate. Dopo questo, mostrai come la maggior parte della materia di quel caos doveva, in conseguenza di queste leggi, disporsi e ordinarsi in un modo tale che la rendesse simile ai nostri cieli: come, per altro, alcune delle sue parti dovevano comporre una terra, altre dei pianeti e delle comete, e altre ancora un sole e delle stelle fisse. E qui, diffondendomi sull’argomento della luce, spiegai molto ampiamente qual’era [13] la luce che si doveva trovare nel sole e nelle stelle, e come di là essa traversasse in un istante [14] gli immensi spazi dei cieli, e si riflettesse dai pianeti e dalle comete verso la terra. Vi aggiunsi anche molte cose su la sostanza, la posizione, i movimenti e tutte le diverse qualità di quei cieli e di quegli astri: di modo che pensavo di averne detto abbastanza per far conoscere che non si osserva alcuna cosa nei cieli e negli astri di questo mondo, che non debba, o almeno non possa apparire del tutto simile in quelli del mondo che descrivevo. Da qui venni a parlare in particolare della terra: come, sebbene avessi espressamente supposto che Dio non avesse messo nessun peso [15] nella materia di cui essa era composta, tutte le sue parti non cessassero di tendere esattamente verso il suo centro; come, essendovi acqua e aria sulla sua superficie, la disposizione dei cieli e degli astri, specialmente della luna, dovesse causarvi un flusso e riflusso, simile, in tutti i suoi particolari, a quello che si osserva nei nostri mari, e inoltre un certo corso, tanto dell’acqua quanto dell’aria, da levante a ponente, quale si osserva anche tra i tropici; come le montagne, i mari, le sorgenti e i fiumi potessero naturalmente formarvisi, e i metalli trovarsi nelle miniere, e le piante crescervi nelle campagne, e in generale tutti i corpi che si dicono misti e composti [16] generarvisi. E tra l’altro, poichè dopo gli astri conosco al mondo solo il fuoco che produca luce, mi studiai di fare intendere molto chiaramente tutto quel che appartiene alla sua natura, come si forma, come si nutre; come talvolta ha soltanto calore senza luce [17] e talvolta soltanto luce senza calore [18]; come può introdurre diversi colori in diversi corpi, e diverse altre qualità; come ne fonde alcuni e ne indurisce altri; come può consumarli quasi tutti o convertirli in cenere e fumo; e infine, come da questa cenere, con la sola forza della sua azione, forma il vetro; e siccome questa trasformazione della cenere in vetro mi sembrava più meravigliosa di ogni altra che s’operi nella natura, presi un particolare piacere nel descriverla.
Tuttavia non volevo inferire da tutto ciò, che questo mondo [19] sia stato creato nel modo che proponevo: perchè è molto più verosimile che, fin dall’inizio, Dio l’abbia reso tale quale doveva essere. Ma è certo, ed è un’opinione comunemente accettata tra i teologi, che l’azione con cui ora lo conserva, è proprio la stessa con cui l’ha creato: di modo che se non gli avesse dato, in principio, altra forma che quella del caos, purchè, stabilite le leggi della natura, le avesse prestato il suo concorso per farla agire come suole, si può credere, senza far torto al miracolo della creazione, che, con ciò solo, tutte le cose puramente materiali avrebbero potuto, col tempo, rendersi tali quali noi ora le vediamo. E la loro natura si può concepire molto più facilmente, quando si veggono nascere a poco a poco in questo modo, che quando si considerano belle e fatte [20].
Dalla descrizione dei corpi inanimati e delle piante, passai a quella degli uomini. Ma, siccome non ne avevo ancora abbastanza conoscenza per parlarne nello stesso stile del resto, cioè dimostrando gli effetti per mezzo delle cause, e facendo vedere da quali semi e in qual modo la natura li deve produrre [21], mi contentai di supporre che Dio formasse il corpo d’un uomo interamente simile ad uno dei nostri, tanto nella figura esteriore delle sue membra quanto nella conformazione interna dei suoi organi, senza comporlo d’altra materia che di quella che avevo descritta, e senza mettere in esso, in principio, alcuna anima razionale o alcuna altra cosa che gli servisse da anima vegetativa [22] o sensitiva, limitandosi ad eccitare nel suo cuore uno di quei fuochi senza luce, che avevo già spiegato, e che non concepivo di natura diversa da quello che riscalda il fieno, quando è stato chiuso prima che fosse secco, o che fa bollire i vini nuovi, quando si lasciano fermentare nella vinaccia. Infatti, esaminando le funzioni che potevano in conseguenza di ciò essere in questo corpo, vi trovavo esattamente tutte quelle che possono essere in noi senza che noi vi pensiamo, senza, per conseguenza, che la nostra anima – cioè quella parte distinta dal corpo, la cui natura, si è detto sopra, consiste soltanto nel pensiero – vi contribuisca: esse sono tutte uguali; in ciò si può dire che gli animali senza ragione ci rassomigliano [23]: tuttavia io non potei perciò trovarne alcuna di quelle che, dipendendo dal pensiero, sono le sole che ci appartengano in quanto uomini, mentre ve le trovavo tutte in seguito, avendo supposto che Dio creasse un’anima razionale e la congiungesse a quel corpo in un certo modo che descrivevo.
Ma perchè si possa vedere in quale modo vi trattavo quell’argomento, voglio mettere qui la spiegazione del movimento del cuore e delle arterie, il quale, essendo il primo e il più generale che si osservi negli animali, permetterà di giudicare facilmente ciò che si deve pensare di tutti gli altri. E perchè si abbia minor difficoltà a intendere quello che ne dirò, vorrei che coloro i quali non sono versati nell’anatomia si prendessero la briga, prima di leggere questo, di far tagliar davanti a sè il cuore di qualche grosso animale che abbia polmoni perchè in tutti è abbastanza simile a quello dell’uomo, e si facessero mostrare le due camere o cavità che vi sono. [24] In primo luogo, quella che è nel suo lato destro, alla quale corrispondono due tubi molto larghi: cioè la vena cava, [25] che è il principale ricettacolo del sangue, e come il tronco dell’albero, di cui tutte le altre vene del corpo sono i rami, e la vena arteriosa [26], malamente chiamata così, perchè è un’arteria che, prendendo origine dal cuore, si divide, dopo esserne uscita, in parecchi rami che vanno a spandersi dappertutto nei polmoni. Poi, quella che è nel suo lato sinistro, alla quale corrispondono nello stesso modo due tubi, altrettanto o più larghi dei precedenti: cioè l’arteria venosa, [27] che del pari è stata malamente chiamata così, perchè non è altro che una vena, la quale viene dai polmoni, dove è divisa in molti rami, intrecciati con quelli della vena arteriosa e quelli di quel condotto che si chiama il fischietto, [28] per dove entra l’aria della respirazione; e la grande arteria [29] che, uscendo dal cuore, invia i suoi rami per tutto il corpo. Vorrei anche che fossero loro mostrate con cura le undici pellicole che, come altrettante porticine, aprono e chiudono le quattro aperture che sono in quelle due cavità: cioè tre all’entrata della vena cava, dove sono disposte in tal modo, ch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Discorso sul Metodo
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione
  5. Introduzione
  6. FORMAZIONE, SVILUPPI E POSIZIONE STORICA DEL PENSIERO DEL DESCARTES. SIGNIFICATO E VALORE DI ESSO
  7. Cenni bibliografici
  8. OPERE DEL DESCARTES
  9. STUDI SUL DESCARTES
  10. DISCORSO DEL METODO PER BENE DIRIGERE LA PROPRIA RA-GIONE E CERCARE LA VERITÀ NELLE SCIENZE
  11. Parte prima
  12. Parte seconda
  13. Parte terza
  14. Parte quarta
  15. Parte quinta
  16. Parte sesta