Acque d'autunno
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Acque d'autunno

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Acque d'autunno

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Informazioni sul libro

«Il re W?i (?) di Ch? (?) avendo sentito di lui, inviò dei messaggeri con doni invitandolo a Ch? affinché ricoprisse l'incarico di Primo ministro. Zhu?ngz? rise e rispose loro: "... Andatevene non mi corrompete... Preferisco la gioia della mia libera volontà"» (Sh?jì (??, Documenti storici), LXIII) La prima versione italiana dell’opera dell’antico fondatore del taoismo. Zhu?ngz? (??T, ??S, Zhu?ngz?P, Chuang-tzuW; in lingua giapponese S?shi; in lingua coreana ??, in McCune-Reischauer: Changja, nella R.R.: Jangja; in lingua vietnamita Trang t?; 369 a.C. circa – 286 a.C. circa) è stato un filosofo e mistico cinese. Successivamente considerato tra i fondatori del Daoismo, per metonimia si indica con il suo nome anche il testo filosofico a lui attribuito. Traduzione a cura di Mario Novaro.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2020
ISBN
9788835845560

ACQUE D'AUTUNNO

L'uccello Pong e la Quaglia

Nel nudo e sterile settentrione è un uccello che si chiama Pong; il suo dorso pare il monte Tai, le sue ali nuvole che pendano dal cielo. In un turbine sale a gran ruote per cento mila miglia fin dove terminano aria e nuvole, e sul suo dorso è solo il blu-nero del cielo. Allora volge il suo volo al sud verso l'oceano.
Dalla sponda di un padule una quaglia rise di lui e disse: «O dove vuoi andare? Io frullo su e fatto appena qualche metro torno giù fra i cespugli nella macchia: e questa è la perfezione del volo. Ma quella creatura dove vuole andare?»

Grandi parole del matto di Ciù

Kien Vu chiamò Lien Sciù e disse: «Ho udito Tsie Yù dire parole grandi ma senza riscontro. Proferite che erano, erano perdute. Ne ebbi spavento; erano come la via lattea senza principio nè fine. Erano sciolte, lontane da ogni condizione umana».
«Quali parole?» chiese Lien Sciù.
«Diceva che lontano sui monti di Ku Scià abitano degli spiriti felici. Hanno il corpo liscio come ghiaccio, bianco come neve; sono fini e delicati come vergini; non vivono di grano, mangiano il vento e bevono la rugiada, montano sulle nuvole e sul vento; cavalcano i draghi volanti e vagabondano felici di là dal mondo. Che il loro spirito è così concentrato che possono salvare le creature dal contagio e dalle malattie, e portare a sicura maturità i raccolti. Mi sembrano parole da matto e io non ci credo».
Disse Lien Sciù: «È così. A un cieco non si fa vedere un bel quadro nè a un sordo si fa sentire la musica. Ma non vi sono solo i ciechi e i sordi del corpo, vi sono i ciechi e i sordi dell'intelletto, e le tue parole ti mostrano tale.
L'influenza d'un uomo come quello pervade tutto il creato. Se una miserabile generazione lo chiamasse per uscire dal suo disordine, come vorrebbe egli affaticarsi a condurre l'ordine in un regno?
Un uomo come quello non può esser tocco dal mondo. Le più grandi piene alte come il cielo non lo potrebbero annegare nè lo brucerebbero i più gran calori quando fondessero i metalli e le pietre, e la terra e i monti ardessero. Dalla sua polvere e cenere si potrebbero ancora formare Yao e Sciùn (i più grandi re). Come vorrebbe egli occuparsi delle cose del mondo?»

Visita ai quattro perfetti

Yao regnava su tutti i popoli della terra e ottimo era il suo governo. Andò a fare visita ai quattro Perfetti sui lontano monti di Ku Scià e quando tornò di colà, al sud del fiume Fen, il regno più non apparve all'occhio suo sprofondato nell'oblio.

L'albero inutile

Hui ze disse a Ciuang ze: «Io ho un albero grande. Lo chiamano Ailanto. Il suo tronco è così nodoso e storto che il falegname non vi può battere il filo; così nodosi e involti i suoi rami che non v'è modo di adoperarvi squadra o compasso. È sulla strada ma nessun legnaiolo lo guarda. Così le tue parole, signor mio, sono grandi e inutili e nessuno le raccoglie».
Rispose Ciuang ze: «Hai mai visto una martora che curva spia e aspetta la preda? Di qua di là, su giù per i rami salta finchè cápita in una trappola o crepa in un laccio. C'è poi anche il bufalo. È grosso come una nuvola che pende in cielo. È grosso davvero, ma non è buono a chiappare i topi.
Ora tu hai un albero grande e ti lagni che non è buono a nulla, – perchè non lo pianti in una landa deserta, in un vasto campo nudo? Potresti in ozio girovagarvi attorno o sotto i suoi rami dormire beato. Nè scure nè ascia gli accorcerebbe l'esistenza, e nessuno potrebbe nuocergli. Che c'è da affliggersi se qualcosa non è buona a nulla?».

La zampogna del cielo

Maestro Ki di Nan-cuo sedeva, curvo sul suo tavolino. Guardò il cielo, respirò profondamente e parve assente, come avesse perduto il mondo.
Yen Ciang ze Yù, che attendeva a lui e gli stava dinanzi, disse: «Che è questo? Si può così ridurre il corpo come legno secco e il cuore come cenere spenta? Maestro, oggi siete un altro da quello ch'io sono uso vedervi curvo sul tavolino.»
Disse maestro Ki: «La tua domanda è a proposito. Ho oggi sepolto me stesso. Puoi capire? Tu hai forse udito la zampogna dell'uomo, ma non hai udito quella della Terra; tu hai forse udito la zampogna della Terra, ma non hai udito quella del Cielo.»
«Spiega, ti prego» disse ze Yù.
Maestro Ki seguitò: «Il respiro della gran Terra si chiama Vento. Ora tace; ma quando spira tutti i fori risuonano – non udisti mai questo suo fremito? Per gli erti pendii boscosi le cavità e i buchi dei grandi alberi sono come narici, bocche, orecchi; sono coppe, mortai, pozze, canali. Soffia il vento e odi ondeggiare di acque, sibilo di freccia, rigido comando, respiro, grido, aspre parole, lamento, triste voce che fischia. Le prime note sono squillanti, seguono toni più cupi, in accordo. Dolci venti hanno lievi risposte, forti venti robuste. Quando la furia della tempesta è passata ogni foro tace; – non vedesti mai questo curvarsi e tremare di rami e di foglie?»
Ze Yù disse: «Zampogna della Terra sono dunque i suoi mille e mille fori, zampogna dell'Uomo il bambù; dimmi, ti prego, com'è la zampogna del Cielo?»
Maestro Ki disse: «Il vento soffia per mille fori e quando cessa sono zitti. Vento e fori si destano da sè: – non ci sarebbe un altro che fa che si destano e posano?»

Viluppi nel buio

Nel sonno l'anima è agitata da sogni; nella veglia affetti in contrasto occupano il cuore: incertezze, opacità, doppiezza, timori, ansietà senza fine. Come freccia che lascia l'arco l'animo giudica del giusto e dell'ingiusto, o si ostina in qualcosa come per un patto giurato, risoluto a sopraffare. Irresistibile come il perire dell'autunno e dell'inverno è il decadere dello spirito, o come lo scorrere dell'acqua che non torna indietro. Alla fine un arresto della mente come irretita da corde, o quale un vecchio canale rasciutto, e la morte è vicina, nè v'è ritorno di luce e vigore.
Piacere e disgusto, tristezza e contentezza, prudenza e rimorso, incostanza e fermezza, ardore e svogliatezza, come suoni da canne vuote o come funghi dall'umidità sorgono giorno e notte e si avvicendano, e noi non sappiamo di dove vengono. Ferma! Ferma! Non possiamo sperare di trovare a un tratto quello da cui dipendono? Senza di esso non c'è l'Io; senza l'Io non c'è nulla che possa comprenderli. Ci è dunque ben vicino per quanto non possiamo conoscere il suo modo di azione. Parrebbe debba esserci un vero Signore quantunque non possiamo vederne alcun segno. Che egli possa agire così io lo credo ma non vediamo la sua forma. Egli ha affetti ma non ha forma.
Dal momento che noi abbiamo ricevuto una determinata forma corporale essa permane con le sue funzioni fino al suo termine. Nel continuo attrito con le cose segue il suo corso fino al suo termine come un cavallo al galoppo che nessuno può fermare; – non è triste? Affaticarsi di continuo quanto è lunga la vita senza vederne alcun frutto, stancarsi e logorarsi nè conoscere una mèta – non siamo da compiangere? Parlano di immortalità; ma cosa giova? Quando il corpo è disciolto lo stesso sarà dell'anima; – non siamo altamente da compiangere? È la vita umana davvero così inviluppata nel buio? O solo io sono nel buio? E v'è altri che non sono nel buio?

Il perno del Tao

Il Tao viene offuscato se si considera la esistenza soltanto a spicchi; le parole sono offuscate dalla retorica. Così abbiamo i contrasti fra le scuole dei filosofi (Letterati e Mohisti), che gli uni affermano ciò che gli altri negano, e viceversa. Meglio di questo vicendevole affermare e negare è seguire la luce propria della mente.
Ogni cosa può venir considerata sia dal punto di vista dell'Io che dal Non-io. Se io guardo le cose dal punto di vista del Non-Io non le posso vedere; le conosco solo in quanto me le rappresento. Così dicono che il Non-io viene dall'Io e l'Io dipende dal Non-io; e questa è la teoria della reciproca dipendenza dell'Io e Non-io. Sia pure. Ne viene che ciò che ora è vita poi è morte; ciò che è ora possibile è poi impossibile; ciò che possibile ora poi impossibile. La affermazione e la negazione, la negazione e la affermazione sono via via giustificate. Perciò il savio non segue questo metodo, ma vede le cose nella propria luce del Cielo (del Tao, dell'eterno) e quindi forma il suo giudizio. L'Io è lo stesso che il Non-io, e il Non-io lo stesso che l'Io. Dei due opposti punti di vista ognuno ha la sua ragione e il suo torto. C'è ora in verità questa opposizione? C'è fino a che non hanno trovato il loro punto di equilibrio in quello che è detto il perno del Tao. Qui è il centro del cerchio donde si può senza fine rispondere ai diversi punti di vista: senza fine alla affermazione, senza fine alla negazione. È perciò che io ho detto: «Non c'è miglior via che la propria luce della mente».

Al mattino tre

Un sentiero si fa col passarvi; una cosa è chiamata col suo nome per la applicazione di questo nome. Perchè è così? È così perchè è così. Perchè non è così? Non è così perchè non è così. Le cose hanno di necessità la loro natura e le loro possibilità. Nessuna ne è priva. Così essendo, un gambo di grano e un pilastro, un lebbroso e (una bellezza quale) Si Sci, grandezza e volgarità, accordo e disaccordo nella luce del Tao tutti possono venire a unità.
Quando uno affatica la sua mente e ostinato non vede l'accordo, si ha quello ch'è detto «Al mattino tre». Cosa significa questo «Al mattino tre?» Un guardiano di scimmie nel dare loro le ghiande disse: «Al mattino ve ne darò tre (misure) e alla sera quattro». Tutte le scimmie andarono in collera. Ed egli disse: «Bene. Dunque al mattino quattro e alla sera tre». Tutte le scimmie furono contente. In sostanza era lo stesso, ma l'una proposizione le aveva adirate e l'altra fatte liete. Perciò il savio lascia valere il sì e il no e riposa nell'accordo che opera il Cielo: tutti e due possono valere.

Ai confini dell'inconoscibile

Fuori dei confini del mondo va il pensiero del savio ma non discute; dentro quei confini scorre il suo pensiero ma non giudica. Nella «Primavera e Autunno» (Annali di Confucio) che abbraccia la storia dei primi re, il savio giudica, ma non prova. Nel diviso c'è l'indivisibile. Nelle dimostrazioni l'indimostrabile. E cioè? Il savio ha la sua interna convinzione, gli uomini comunemente cercano gli uni agli altri di dimostrare la loro. Perciò si dice: «Dove è la prova manca la intuizione».
Il gran Tao non vuole spiegazione. La gran prova non vuol parole. Grande amore non è amorevole. Gran disinteresse non è palese. Gran coraggio non è temerario.
Il Tao spiegato non è il Tao. Le parole che voglion dimostrare non raggiungono lo scopo. Amore professato nulla compie. Disinteresse che si vanta puro non è genuino. Coraggio che si fa temerario è senza effetto.
La conoscenza che si ferma ai confini dell’inconoscibile è la piu alta. Chi conosce la prova che non vuol parole, la Via che non può essere calpestata?
Chi la può conoscere possiede ciò ch'è detto il Tesoro del cielo. Vi si aggiunge e non è colmo; vi si attinge e non si vuota; nè si sa donde sia provvisto. Ciò è detto «La luce nascosta».
Perciò negli antichi tempi Yao chiese chiese Sciùn e disse: «Vorrei schiacciare i principi di Zung, Kwei e Siao. Seduto sul mio trono non posso fare che m’escano di mente.» – «Quei tre principi» replicò Sciùn «vivono quasi fosse tra pruni e sterpi: come non puoi fare che t’escano di mente? Negli antichi tempi dieci soli sorgevano insieme, e ogni cosa era illuminata – quanto maggiormente la virtù dovrebbe essere da più dei soli!».

Sulle nuvole

Nia Kuo chiese a Wang I: «Sai tu in che cosa tutte le creature sono d'accordo?»
Wang I rispose: «Come potrei saperlo? Se un uomo dorme in un luogo umido, gli viene la lombaggine e mezzo il suo corpo deperisce; ma accade così a un'anguilla? Se dimora su un albero trema dalla paura e dall'ansia; ma accade così ad una scimmia? Di queste creature quale conosce il giusto luogo dove abitare? L'uomo si nutre di carne, i cervi di erba, il millepiedi è ghiotto di bachi, alle civette e ai corvi piacciono i topi. Quale di queste creature ha il giusto palato? Il babbuino si appaia con la scimmia; il capriolo con la cervia; l'anguilla sta con gli altri pesci. (Belle donne quali) Mao Tsiang e Li Ki dilettano gli occhi degli uomini; ma i pesci quando le vedono si tuffano; gli uccelli quando le vedono volano via, e scappano via i caprioli quando le vedono. Quale di queste creature conosce la giusta bellezza? Quanto a me i principi dell'amore e della giustizia, le vie della affermazione e della negazione sono inestricabilmente confusi; – come potrei io distinguerli?»
Nia Kuo disse: «Poi che tu non conosci ciò che giova e ciò che nuoce, anche al Perfetto manca questa conoscenza?»
Wang I rispose: «Il Perfetto è un essere spirituale. Se l'oceano bollisse, non sentirebbe calore; se (i gran fiumi) Ho e Han gelassero, non sentirebbe freddo; se il tuono spaccasse i monti e il vento scuotesse l'oceano, non ne avrebbe spavento. Essendo tale, egli monta sulle nuvole dell'aria, cavalca sul sole e la luna, e va girovagando di là del mondo. Nè morte nè vita hanno potere su lui: quanto meno potrebbe toccarlo il pensiero di ciò che giova o nuoce!»

Vita e sogno

Ku Tsiao ze disse a Ciang Wu ze: «Ho udito il Maestro che diceva: – il savio non si occupa delle cose del mondo. Non cerca l'utile nè sfugge il danno; non chiede; non si cura di mettersi su via battuta; parla senza parlare; parlando non parla; vaga lontano da polvere e fango. – Queste, diceva il Maestro, sono come flusso di parole senza sponde; – per me sono la descrizione della Via del Mistero. Voi, cosa ne pensate?»
Ciang Wu ze rispose: «Sono parole che avrebbero confuso lo stesso Imperatore della Terra gialla; come potrebbe intenderle Confucio? Ma tu sei troppo spiccio. Tu vedi l'uovo e già cerchi il piccione; e tu odimi alla meglio.
Chi si pone allato al sole e alla luna e si reca in braccio tutto lo spazio e tutto il tempo? Il savio tiene chiuse le labbra, lascia gli oscuri grovigli, e pacato venera. Il comune degli uomini si affaccenda e s'affanna. Il savio pare stupido e ignorante. Raduna a unità i millenni. Le miriadi di cose seguono il loro corso ed egli le vede nell'uno.
Come posso sapere che l'amore della vita non è una illusione? Che l'aborrimento della morte non è come quando un bambino ha smarrita la via e non sa ch'egli va diritto a casa? Li Ki era figlia della guardia di confine di Ai. Quando il principe di Tsia la prese ella pianse fin che il suo grembo fu inzuppato di lacrime. Ma quando giunse al palazzo del re e visse con lui nelle ricchezze, ebbe rimorso del suo pianto. Come posso sapere se i morti non hanno rimorso del loro passato attaccamento alla vita?
Chi sogna bere si sveglia al mattino in pianto e lutto; chi sogna pianto e lutto parte il mattino alla caccia. Nel sogno non sa di sognare. Cerca nel sogno di interpretare il sogno. Si sveglia e s'accorge che era un sogno. E così viene la grande Sveglia e sappiamo allora di questo gran sogno. Gli scemi intanto si credono svegli e credono sapere se sono ora principi o servi. Confucio e tu, tutti e due sognate. Io dico che voi sognate, io pure sogno. Paiono parole strane; ma una di queste mattine una di queste sere incontreremo un savio che le saprà spiegare: una di queste mattine una di queste sere: quando diecimila generazioni saranno passate.»

Appello all'infinito

Poniamo che io discuta con te; se tu la vinci su me e non io su te, hai tu davvero ragione? e io davvero torto? O se io la vinco su te e non tu su me, ho io davvero ragione e tu davvero torto? o abbiamo tutti e due ragione o tutti e due torto? Ha l'uno di noi ragione e l'altro torto? O abbiamo tutti e due ragione o tutti e due torto? Io e tu non possiamo saperlo. In questa incertezza chi dobbiamo chiamare giudice? Se prendiamo uno che è d'accordo con te, starà con te, come potrà giudicare? Se prendiamo uno che è d'accordo con me, come potrà giudicare? E se prendiamo uno che con tutti e due noi è d'accordo o da tutti e due dissente, come potrà giudicare?
Poi che nè tu nè io nè altri può giudicare, non dovremmo dipendere da altro? Una dipendenza che non è dipendenza.
Dimentica il tempo! Dimentica i dissidi! Ricorri all'infinito e qui prendi dimora!

La penombra e l'ombra

La Penombra chiamò l'Ombra e disse: «Dianzi tu camminavi e ora ti sei fermata; dianzi sedevi e ora ti sei alzata: – mi dici il perchè?» Rispose l'Ombra: «Per i miei movimenti, io dipendo da altri e questi pure dipende da altri. Io dipe...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Acque d'autunno
  3. Indice dei contenuti
  4. PREFAZIONE
  5. NOTA
  6. ACQUE D'AUTUNNO