In quella notte d'aprile... L'Operazione Herring
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In quella notte d'aprile... L'Operazione Herring

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In quella notte d'aprile... L'Operazione Herring

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Informazioni sul libro

Questo libro raccoglie sette rarissimi interventi dello storico Paolo Sturla Avogadri, scritti in momenti diversi e in varie circostanze ma tutti riguardanti l'eroica "Operazione Herring", svoltasi dalla notte del 20 al 23 aprile 1945, nella quale il Corpo dei Paracadutisti diede il suo determinante contributo alla "guerra di liberazione". In copertina una preziosa opera del "3 Premi Oscar" Carlo Rambaldi.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788835863397
Argomento
Storia

L’OPERAZIONE HERRING

LA CENTURIA “NEMBO” NEL MANTOVANO

La Centuria “Nembo”, ovvero la “ Compagnia autonoma distaccamento Nembo”, era composta di quattro plotoni di tre squadre ciascuno (per un totale di 12), al comando del Ten. Guerrino Ceiner; la forza era costituita da 116 paracadutisti (5 ufficiali, 16 sottufficiali e 95 fra graduati e militari di truppa).
Il compito, analogamente a quello dello Squadrone “F”, era di arrecare il massimo disturbo ed effettuare ogni tipo di sabotaggio alle colonne tedesche in transito sulla SS 12 (Modena-Mirandola-Poggio Rusco) e sulla Provinciale 496 (Ferrara-Bondeno-Pilastri-Poggio Rusco). In sintesi: impedire con ogni mezzo, al nemico in ritirata, l’attraversamento del Po sulla cui riva opposta avrebbe potuto assestarsi e ricostituire capisaldi di resistenza.
Il Comando dell’8 a Armata aveva previsto quattro zone di lancio:
- la 25, nei pressi di corte “Roversella”, fra Pilastri (FE) e Sermide (MN);
- la 26, presso la corte “Dosso dell’Inferno”, fra Dragoncello e Carbonara Po (MN);
- la 27, nei dintorni di Quarantoli, a nord di Mirandola (MO);
- la 28, nella periferia ovest di Mirandola (MO).
Noi in questa succinta relazione ci occuperemo esclusivamente delle azioni di combattimento avvenute nella provincia mantovana, quindi relative alle zone di lancio 25 e 26.
Pur se nella maggioranza dei casi, similmente a quanto accaduto allo Squadrone “F”, le squadre vennero lanciate fuori dalle zone prefissate (soltanto quelle del Ten. Ceiner atterrarono nel posto giusto), tuttavia i risultati conseguiti (funestati purtroppo dalla perdita di ben 19 paracadutisti) possono considerarsi lusinghieri, anche in considerazione del fatto che, essendo in molti casi ormai inutilizzabili le armi in dotazione per l’esaurimento delle munizioni, venivano usate quelle catturate al nemico.
Alcune squadre, pur se il loro compito specifico era ormai espletato, continuavano, senza soluzione di continuità, il rastrellamento dei nemici sbandati, l’individuazione dei cecchini e la neutralizzazione e cattura dei residui nuclei di resistenza.
E questo è il risultato complessivo dell’epopea della Nembo nel Mantovano:
- Paracadutisti lanciati: 107; caduti 19 (1 ufficiale e 18 graduati e truppa, dei quali 4 dati inizialmente per dispersi); feriti 6;
- Nemici: caduti 63 circa; feriti 60 circa; prigionieri 1131; numerosi gli automezzi e i carriaggi distrutti; ingente il bottino in armi e materiali.
Al rientro alla base di Fiesole (FI) il Comandante dell’8 a Armata, Gen. Richard Mac Creery, fece pervenire al Ten. Ceiner, unitamente ai più vivi rallegramenti, il seguente lusinghiero ed eloquente messaggio: “ Vadano le mie più calorose congratulazioni a tutti i volontari del reggimento “Nembo” che presero parte alle recenti vittoriose operazioni. Sono pieno di ammirazione per la maniera risoluta con la quale i volontari si lanciarono avanti per adempiere il loro rischioso compito. I risultati da voi raggiunti causando al nemico perdite rilevanti, hanno aggiunto allori alla ben nota fama del reggimento “Nembo”.
Tutti gli ufficiali e i soldati dell’8 a armata sono orgogliosi di avervi con loro. Bravi!” Gen. d’Armata Mac Creery
Ed ecco in sintesi l’attività delle singole squadre, in relazione alle località.

DRAGONCELLO (POGGIO RUSCO)
La notte del 20 aprile 1945 un bimotore Douglas “Dakota” C-47 con le squadre 10 e 12 del IV plotone della Centuria “Nembo”, comandate rispettivamente dal Serg. Magg. Libero Iop e dal S. Ten. Franco Bagna (comandante del plotone), per un totale di 18 paracadutisti, era diretto alla zona lancio n. 26, al confine fra le province di Ferrara e Mantova, più esattamente fra Pilastri di Bondeno e Poggio Rusco.
Giunto però sulla verticale di San Martino in Spino (MO) il velivolo incontrò un nutrito fuoco di contraerea, misto a bengala sparati per l’individuazione; i piloti americani, timorosi per la propria incolumità e per il buon esito dell’operazione, ma anche impazienti di liberarsi dei paracadutisti, aumentarono la velocità e diminuirono la quota, lanciandoli nei campi di Dragoncello, frazione di Poggio Rusco, distante almeno 5 km. da Dosso dell’Inferno che doveva essere l’epicentro designato dell’azione.
Al “via!” del S.Ten. Bagna, i primi due a lanciarsi furono Renato Migheli e Giovanni Timossi (12 sq.) che, una volta a terra, si trovarono soli (per loro fortuna, come si vedrà in seguito).
Gli altri 16, nonostante il buio, riuscirono a ricompattarsi decidendo di restare uniti, anche perché alcuni dei loro aerorifornitori (contenenti munizioni ed esplosivi) erano andati perduti.
Nella notte cercarono forzatamente ricovero in una cascina che credevano fosse il fondo “Ballerina”: era invece il “Casellone” (ribattezzato poi “Ca’ Bruciata”) abitato dalla famiglia di Clito Martinelli che ne ospitava una di sfollati di Poggio Rusco, quella del Dott. Antonio Artioli.
I due giorni precedenti il tragico epilogo passarono nell’incertezza e timore di essere scoperti; le donne tuttavia preparavano il cibo che veniva portato su, nel granaio dove i 16 paracadutisti stavano nascosti durante il giorno. Questi, però, per rendersi utili, facevano qualche “puntata” nella stalla per accudire il bestiame, ma sempre nella massima allerta perché non venisse scoperta la loro presenza.
Il S.Ten. Bagna era sempre molto cortese, prometteva regali, divertimento e gran baldoria non appena fossero arrivati gli americani che, ormai, dovevano essere nei pressi. In mezzo ai suoi uomini non mancavano i simpaticoni, come il Cap.le Enea Cucchi che scherzava spesso, facendo ridere le ragazze e le giovani spose che aveva sempre attorno.
Al riguardo riferisce, infatti Osanna Pecorari di San Martino in Spino, allora sfollata: “… c’era uno poi delle parti di Modena, un certo Cucchi, uno spilungone che ci parlava sempre in dialetto e ci donava in continuazione cioccolato e sigarette, insomma uno che dava molta confidenza…”.
Ogni tanto scoppiava qualche ilarità, come quando le ragazze prendevano in giro Angelo Di Bernardo per la sua bassa statura, rispetto agli altri che erano piuttosto ben piantati; lo chiamavano per dileggio “Balilla” e lui si arrabbiava terribilmente…
Nel pomeriggio di domenica 22 entrò nella casa, chiedendo ospitalità per la notte un maresciallo tedesco con due commilitoni; due di loro, accompagnati dal Martinelli salirono al piano superiore dove immediatamente vennero catturati e immobilizzati dai paracadutisti. Dopo un po’ il terzo, rimasto inutilmente ad aspettare nel cortile il ritorno dei compagni, si allontanò forse per raggiungere il reparto al Passo dei Rossi. Probabilmente aveva subodorato qualcosa perché - riferiva un testimone - ogni tanto si voltava indietro a guardare, dubbioso.
L’indomani mattina, era ancora buio quando quattro militari tedeschi entrarono minacciosamente nella casa chiedendo di mangiare: i Martinelli, madre e figlio, prepararono la colazione in cucina e da questo momento gli eventi cominciarono a precipitare in maniera confusa, poiché le versioni sull’accaduto sono ancora numerose e contrastanti.
Certo è che in quella cucina avvenne una fulminea sparatoria nel corso della quale persero la vita Clito Martinelli (sua madre si salvò gettandosi sotto il tavolo), il Sottotenente Bagna e tre militari tedeschi; il quarto, colpito alla gola, urlava a perdifiato e fu finito con una pugnalata.
Alle prime luci la casa cominciò ad essere bersaglio di colpi d’artiglieria, mentre le pattuglie tedesche, protette dai fumogeni, la circondavano. Si scatenò quindi una furiosa battaglia: alcuni assalitori erano anche saliti sul fienile e sparavano al solaio dove erano asserragliati i paracadutisti con le due famiglie dei civili. Una granata scoperchiò il tetto della casa e il Tenente delle SS che comandava il reparto si accorse della presenza di molti civili che urlavano per lo spavento e concesse loro di uscire.
Ma al gruppo si unì anche il Serg. Magg. Iop e, mentre il paracadutista Di Bernardo usciva da una finestra dandosi alla fuga nei campi, l’anziano Tullo Artioli, invalido della I Guerra mondiale e claudicante, scambiato p...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. IN QUELLA NOTTE D’APRILE… L’OPERAZIONE HERRING
  3. Indice
  4. Intro
  5. IN QUELLA NOTTE D’APRILE... L’OPERAZIONE HERRING
  6. NOTE
  7. BIBLIOGRAFIA
  8. DAI RICORDI DI UN PARACADUTISTA
  9. 20 APRILE 1945: L’OPERAZIONE HERRING
  10. L’OPERAZIONE HERRING
  11. “CON LA MORTE A PARO A PARO”…
  12. L’OPERAZIONE HERRING
  13. UN GRATO RICORDO DEL PRESIDENTE GIORGIO ANSELMI
  14. Ringraziamenti