Hölderlin e Nietsche
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I due fondamentali saggi biografici del critico letterario e germanista Arturo Farinelli qua pubblicati sono dedicati a "Hölderlin" e "Nietzsche", entrambi apparsi nel 1935 nel suo ben noto volume antologico Attraverso la poesia e la vita. Saggi e Discorsi: un capolavoro di esplorazione nel mondo dell'arte letteraria.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788835897453

NIETZSCHE

Dai «Discorsi bresciani», Padova, 1926. Sulla «Nietzsches Tragik» svolsi un discorso a Frankfurt a/M., nel 1933, inedito.

Al grande sognatore Hölderlin, eroica vittima di un altissimo ideale, può pure ricondursi Nietzsche. Grande dissomiglianza al primo aspetto: tenero ed etereo Hölderlin, massiccio e duro, uomo di solida ossatura, disposto a perpetuamente martellare Nietzsche; osannante il poeta dell’«Hyperion» alle sue divinità celesti; stretto alla sua terra il nuovo Messia del superuomo, pur volendo sollevare alla luce, al cielo e alle stelle; solitari e come trasfigurati entrambi nel culto del genio, nella ebbrezza del sogno possente; ma remoto veramente da ogni clamore delle turbe Hölderlin, corrente senza un brivido, senza un lamento, al sacrificio, incapace di ribellione, tutto soavità e dolcezza; e trascinato invece da un demone che non si placa Nietzsche, stoffa di ribelle, pronto a frangere gli idoli incensati, forte, altero, armato di ogni disprezzo, e travolgente il suo grande amore nel mare dell’amarezza e dell’acredine. Nel vangelo che bandiscono, così discordi, colpisce la fratellanza spirituale. Crescono, si evolvono sulla loro dura terra, in contrasto coi loro tempi, anomalie del destino, perduti tra squallori. Sono fuori del comune, enigmi viventi, incomprensibili alla folla; esorbitano dall’umanità, in tanto bisogno di stringersi agli uomini, sospirosi di affetto, di intima corrispondenza. E fu per loro un apostolato la vita; e li scosse e accese l’altissima rivelazione; e passarono, inesauribili nelle loro profferte di redenzione; ma alfine franti, soccombenti, con la corona del martirio.
Sappiamo il vivo affezionarsi di Nietzsche per Hólderlin, in ogni tempo, anche quando spronava alla durezza e grossolanità, e immaginava di ridere degli ultraplatonici e della rovina stessa di Hölderlin e del Leopardi. Non poteva smentirsi l’esempio del maestro ed educatore, che lo riconduceva al culto degli eroi, alla patria smarrita degli Elleni. E sono frequentissime le risonanze dell'«Hyperion» nelle grandi fantasmagorie e rapsodie nietzschiane, tendenti all’educazione progressiva delle stirpi elette.
Empedocle ridiscende tra gli uomini nelle sembianze più austere di Zarathustra; illumina, solleva, getta alle turbe i frutti vani della sua sapienza, per tornare, deluso profeta, alle solitudini e agli abissi.
Solitario sempre Nietzsche, anche quando più lo accende il furore sacro della missione che s’impone. E l’opera sua intera ci appare come un soliloquio incessante, una confessione unica, concitata e fremente, dell’anima sua. Si è posto al centro dell’universo e, nei labirinti di questo universo, vede sé stesso unicamente. A plasmare sé stesso nei vari stadi di una immaginata perfezione è intesa tutta la sua vita. La tragedia è già attiva all’esordire. Sentirsi del dominio degli eletti, guida trascelta delle genti nuove, arso dal fuoco di una sacra missione, e sdegnoso di accedere al gregge umano, che vuol pure scortare, incapace di comprenderlo, pur proponendosi di irrobustirne la coscienza, rapito, non dal turbine delle vicende degli umili, ma dai vortici della sua passione propria, e dominato dalla visione esclusiva dell’immagine sua, sempre ingigantita. Non dovrà isterilirsi la grande predicazione? Non sprecherà ogni sua virtù il redivivo Messia? Troneggia; si fa Dio; ma è solo; i devoti scompaiono; la Chiesa è ridotta a deserto.
Pochi ebbero come lui il senso vivo della vita stessa, e una volontà tenacissima di afferrarla, sana, rigogliosa, possente, ardente, intera, questa vita. Non ci sorprendono i suoi atteggiamenti di Titano e di Prometeo. Egli voleva plasmarsi uomo, spiccare come individuo, avere la sua personalità, essere lui, divinità sulla sua terra. Pone quindi nel suo cuore, nella sua coscienza, tutti gli educandati dell’umanità che vagheggia. I problemi che propone e che via via risolve, con gran foga, sono le esigenze categoriche tiranniche, inviolabili, del suo spirito, l’imperativo di sé stesso, che grida d’ora in ora, di esperienza in esperienza. Prometeo avvinto alla fonte di Narciso, mosso a perpetuamente pascersi del riverbero della sua immagine. Ma è pur mirabile come si scruta, come si sorveglia, con quale serietà delibera il lavoro da compiere, l’esaltazione da imporsi, lo sgombro delle larve vane un tempo abbracciate. Non ha confidenti; sdegna ogni autorità; si condurrà lui solo per i solchi della vita; ed il suo dovere sarà inflessibile. L’ardenza nietzschiana ci riconduce all’ardenza di Lutero. Veramente, pare che egli viva, pensi, si esalti, soffra e si consumi fra le fiamme. La sua personalità non ha limiti. E vi sembrerà miracolo questa bruschezza di agire, l’imperativo di una fede che esplode, i guizzi, i lampi, le folgori di questo spirito, accanto a questa virtù di sorveglianza e di disciplina rigida di sé medesimo. Osserva e giudica, con rapidità fulminea, ma limpido e sereno, fra lo scoppio delle tempeste interiori.
Ed è di una sensibilità inaudita, particolarmente disposto alla percezione del dolore e di ogni sofferenza e martirio, ritenuti da lui ricchezza e intensità di vita, stimolo ad ascendere. Non sale e non domina l’eroe, sempre corazzato di dolore? Ponete tra le genti sociali questo indocile, che vuole essere istinto, natura, la sua natura, e ride delle leggi e delle norme che reggono, delle tradizioni che si rispettano, e l’obbligherete a insorgere e alla continua ribellione. Chi meno atto di Nietzsche a coprire una cattedra di filologia ed a sobbarcarsi al lavoro paziente di analizzare testi e ponderare varianti? Eppure, a questo ufficio resiste qualche anno; ed ha al suo fianco uno storico di grande larghezza, il Burckhardt. Gli giova, per addentrarsi nel mondo dei suoi classici favoriti, per adunare attorno a sé la schiera degli eroi, poeti, artisti e filosofi della sua Grecia, e misurare il distacco dalla vita loro alla vita corrente. Da questo mondo ellenico, che sviscera, mai non si diparte. Ricordate la tenacità dell’ideale ellenico in Hölderlin; ma il tenero poeta amava smarrirsi e obliarsi entro la terra d’esilio; Nietzsche vuol trascinarlo, palpitante, fremente della vita più rigogliosa e superba, entro la sfera sua; e sogna un rifarsi e un rigenerarsi al sole della cultura e della grande arte antica.
Si toglierà ai ceppi del suo addottrinamento, sterile quanto le esperienze di Faust, passato al varco delle quattro facoltà; respirerà vita più ampia, tutta sua; e sognerà una patria spirituale ancora lontana, le grandi altezze, gli amplissimi orizzonti. Ma avrà già saldo e tenace il suo ideale di una umanità di scelta, superiore, eroica, la sola degna di sviluppo e di dominio, del genio opposto al filisteo. L’ideale degli «Adelsmenschen», che batteva alla fronte del pastore Rosmer ibseniano, e che, pur nei deliri delle opere estreme, Nietzsche non si stancherà di affermare. L’«Ecce Homo» è già implicito nella «Nascita della tragedia». Bisogna che le civiltà fioriscano, disfioriscano e producano opere eccelse ed opere fiacche, a seconda del pulsare del cuore di questo grande entusiasta ribelle. La storia, che si svolge nei secoli, è la sua vita, l’immersione continua nell’anima sua. Goethe confessò ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. HÖLDERLIN E NIETZSCHE
  3. Indice
  4. Intro
  5. HÖLDERLIN
  6. NIETZSCHE
  7. Ringraziamenti