Scrivere narrativa 2 - Il punto di vista
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Scrittura creativa - manuale (58 pagine) - Punto di Vista. Lo strumento più potente. L'arma più efficace, e più pericolosa, nelle mani di uno scrittore.

Il Punto di Vista. Croce e delizia di ogni autore, una tecnica tanto difficile da maneggiare quanto efficace nel cambiare volto a un testo. Un approfondimento fondamentale per chi vuole scrivere per un pubblico, evitando gli errori tipici del dilettante e apprendendo come gestire al meglio la componente più importante di ogni storia: i personaggi. Arricchito dagli esempi di grandi autori e dagli interventi di Marzia Musneci (Premio Tedeschi 2011) e Vincenzo Vizzini (caporedattore della Writer's Magazine Italia).

Marco Phillip Massai è nato a Columbus, Mississippi, nel 1983. Dopo gli studi in medicina si dedica alla scrittura, pubblicando racconti sul Giallo Mondadori ("Datteri, seta e polvere nera" – maggio 2012; "L'Imbrattatele di Pietrasanta" – aprile 2013; "Il diavolo e la zanzara" – febbraio 2014), su riviste specializzate (Robot, Writer's Magazine Italia) e in antologie Delos Books (serie "365 racconti"… e "Il magazzino dei mondi"). Finalista e vincitore in diversi concorsi di narrativa breve (Premio Algernon Blackwood 2011, Premio GialloLuna Mondadori 2013), scrive testi teatrali e collabora con alcuni dei più importanti concorsi italiani per racconti gialli. Per Bus Stop ha già pubblicato il racconto "La maschera di Pietrasanta", nella collana History Crime, e il primo manuale della serie Scrivere narrativa: "Show, don't tell".

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Informazioni

1. Introduzione al punto di vista narrativo

Cominciamo con un piccolo sforzo d'immaginazione. È un gioco, uno scherzo innocente, ma stiamo pronti: per introdurre il concetto di punto di vista stiamo per dissacrare uno dei pilastri della letteratura italiana.
Torniamo quindi con la memoria alle scuole superiori: ora di letteratura italiana, apriamo il libro e leggiamo dall'inizio il capitolo I de I Promessi Sposi di Manzoni. Bene, questo è quello che ci troviamo davanti:
Tornando bel bello dalla passeggiata della sera, dicevo tranquillamente il mio uffizio e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudevo il breviario tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra.
Cosa è successo? Non è certo il brano che ci saremmo aspettati! Eppure questa immagine l'abbiamo letta e commentata tutti nel nostro percorso di studio: è l'introduzione scritta da Manzoni al personaggio di Don Abbondio (e qui leggermente rivista). Nel testo "reale" la troviamo a pagina quattro, ma nel nostro gioco questo trafiletto è diventato l'unico incipit possibile per il romanzo.
Perché? Che fine abbiamo fatto fare a "Quel ramo del lago di Como" e dove sono le "due catene non interrotte di monti"? In sostanza, perché sono sparite per intero le prime tre pagine del testo? (E non pagine qualunque, ma una pietra miliare della letteratura e della lingua italiana!)
Non solo: quanto abbiamo dovuto cambiare per giustificare uno sconvolgimento di tale portata? La risposta è semplice e sconvolgente: abbiamo infatti variato un unico parametro del romanzo. Un solo fattore, che è una delle armi più potenti in mano a uno scrittore che la impugni con consapevolezza (ma, come tutte le armi, è pericolosissima se utilizzata solo seguendo l'istinto): abbiamo cambiato il punto di vista narrativo del romanzo.
Quelle quattro righe, insomma, sarebbero diventate l'incipit più celebre (e famigerato, per gli studenti!) della nostra storia se soltanto Manzoni avesse scelto di narrare I Promessi sposi da un punto di vista legato a un personaggio, in questo caso Don Abbondio, anziché optare per la famigerata focalizzazione zero con narratore eterodiegetico e onnisciente. Il concetto, in fondo, è semplice: Don Abbondio se ne sta bel bello a passeggiare in paese e mentre cammina si preoccupa solo dei suoi salmi e della carta che gli preme sul pollice, fregandosene dell'esistenza del lago, del ponte che attraversa l'Adda, delle montagne e dei soprusi perpetrati dagli spagnoli a Lecco nel 1600… quindi narrando in prima persona dal suo punto di vista non avrebbe più alcun senso descrivere quel lago, quei monti o quel ponte, e perderebbero di ogni significato (diventando anzi errori, come vedremo più avanti) i vari excursus storici sparsi per il testo! Variando punto di vista (che d'ora in avanti abbrevieremo in: "PdV") abbiamo, insomma, completamente stravolto l'inquadratura del romanzo, e non soltanto per quanto riguarda l'incipit, ma per tutto il modo di presentare al lettore la nostra storia. Pur mantenendo lo stesso stile narrativo, (idem per il linguaggio utilizzato e per la costruzione delle frasi, come anche per la trama, per i personaggi e per l'intreccio) a noi lettori i due romanzi non sembrerebbero neppure lontani parenti.
Eterodiegetico e onnisciente a focalizzazione zero, dicevamo. Tutti ricordiamo cosa significhi, grazie ai ripetuti martellamenti scolastici: un narratore esterno alla storia e non coinvolto nella trama (eterodiegetico), che conosce alla perfezione le situazioni presenti e passate della narrazione e la psicologia e i pensieri di tutti i personaggi (onnisciente), e che mette il lettore in una posizione in grado di dominare tutta la narrazione e di conoscere i pensieri e le azioni di tutti i personaggi coinvolti (focalizzazione zero). Bene. Spacciandoci per Manzoni abbiamo provato a contrapporre alla focalizzazione zero un brano in prima persona, con focalizzazione interna; abbiamo, cioè, agganciato il lettore al PdV di un personaggio in particolare, e d'ora in avanti Don Abbondio sarà occhi e orecchie per il lettore. Benissimo. Ma siamo certi di poter sostenere un intero romanzo (e I Promessi Sposi non è certo un romanzo breve…) utilizzando una simile tecnica?
Estendendo la questione a tutti i nostri scritti, siamo in grado di scegliere con consapevolezza quale narratore e quale focalizzazione utilizzare nei nostri testi?
In questo capitolo daremo una risposta a quest'ultima domanda, sviscerando uno degli strumenti più potenti, ma anche il più complicato da apprendere e padroneggiare, dell'intero universo narrativo. Dopotutto, abbiamo definito il PdV come il modo di presentare al lettore la nostra storia, e non è certo una scelta da poco.

2. Comprendere il punto di vista

Dopo aver imbrattato I Promessi sposi, introduciamo un secondo gioco d'immaginazione, utilizzato spesso da Franco Forte durante i suoi corsi di scrittura creativa, per capire meglio cosa diavolo sia il punto di vista narrativo. Scusate il paragone altisonante (stavolta davvero troppo), ma credo renda benissimo l'idea:
Immaginiamo per un attimo di essere Dio. Dio creatore di tutto e tutti, onnisciente, onnipotente e onnipresente. (L'avevo detto che stavolta avremmo esagerato).
Dal Libro della Genesi:
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse – Sia la luce! – E la luce fu.
Fatta la luce separiamo la sera dalla mattina, creiamo il firmamento, l'oceano e la terra, poi facciamo nascere i primi germogli, gli alberi da frutto e i primi esseri viventi. Per ora fermiamoci qui.
Sia ben chiaro: abbiamo creato tutto noi, siamo onniscienti e onnipresenti, di conseguenza del nostro creato sappiamo tutto. Fin qui è facile, no? Ora plasmiamo l'uomo. All'uomo diamo un raziocinio, una forma fisica e il libero arbitrio, poi lo lanciamo nel mondo che abbiamo modellato per lui. Ora l'uomo dovrà andare per la sua strada, evolversi e affrontare il creato che lo circonda. Badate bene, l'uomo dovrà muoversi in autonomia: mentre noi sappiamo tutto, l'uomo non sa niente del creato, se non quanto viene ad apprendere in base alle sue esperienze dirette, che dovrà farsi bastare per comprendere il mondo che lo circonda. In questo suo percorso, l'uomo compirà scoperte eccezionali ma anche errori grossolani, da cui dovrà imparare per continuare a crescere, e tutto questo senza l'intervento divino, senza che siamo noi, Dio, a spiegargli o raccontargli come gira il mondo: ormai l'uomo fa parte del creato, per quanto ne sia solo una briciola, e deve cavarsela da sé.
Benissimo. Scendiamo dalle nuvole e torniamo alla narrativa, e facciamolo rileggendo le ultime due pagine in una chiave diversa: semplicemente sostituiamo alla parola Dio la parola autore. Il creato diventa il nostro romanzo e l'uomo non è altri che i nostri personaggi.
Noi siamo l'autore, e creiamo un romanzo in cui si muovono i nostri personaggi, che noi stessi abbiamo plasmato con un loro raziocinio, un loro carattere, degli obiettivi e i mezzi e le difficoltà che incontrano per raggiungerli. L'analogia è perfetta, fino a questo punto. Ma fare lo scrittore, in questo caso, è più complicato che fare il Dio. Già, perché nel nostro creato interviene un fattore che non dipende direttamente né da noi, né dai nostri personaggi: il lettore. Il romanzo e i personaggi che lo popolano devono muoversi sotto lo sguardo del lettore, e noi dobbiamo collocare anche lui nel nostro creato. Dobbiamo dargli una visuale, un punto di vista da cui seguirà la storia che abbiamo imbastito per lui. E questa sarà una scelta, come abbiamo visto scherzando sui Promessi sposi, che orienterà completamente l'inquadratura del nostro testo, in una direzione o nell'altra. Se scegliamo di posizionare il lettore al nostro fianco nell'alto dei cieli, egli vedrà tutto, conoscerà tutte le leggi e tutti gli accadimenti del nostro creato, leggendoli da una posizione sopraelevata e privilegiata rispetto ai personaggi, un po' come se Dio avesse uno spettatore accanto a sé. Questo è il PdV del narratore onnisciente, cioè quello che sa tutto e che si rivolge al lettore spiegandogli tutto, e rendendo così la storia dei personaggi sulla terra ben poco interessante, visto che può già conoscere quanto accade ben al di là della consapevolezza stessa dei personaggi. Ma, attenzione, in questo modo stiamo raccontando (Show, don't tell!) il nostro mondo al lettore, non lo stiamo narrando! Possiamo allora scegliere di gettare il lettore nella mischia e, anziché tenerlo seduto vicino a noi, posizionarlo accanto a uno dei personaggi. In questo modo il lettore sarà ancorato sulla terra, allo stesso livello dei nostri personaggi, e vivrà tutti gli eventi della storia insieme a loro senza poter conoscere o vedere nulla di più di quello che vedranno e conosceranno i personaggi. In questo modo la storia lo catturerà più facilmente, perché il lettore potrà apprendere un po' alla volta i dettagli del mistero da noi creato e crescerà a poco a poco, insieme ai personaggi che lo guidano in questa scoperta, immedesimato e coinvolto con loro. Questo è un PdV narrativo. Ma possiamo ancora spingerci oltre: possiamo letteralmente infilare il lettore dentro la testa di uno dei personaggi, anziché accanto a lui, narrando in prima persona e concedendo così al lettore di conoscere il mondo solo attraverso i cinque sensi e i pensieri di quello specifico personaggio, creando un attaccamento e un'affezione ancora più intensa, ma limitando al massimo le inquadrature possibili per le nostre scene, con tutti i pro e i contro del caso.
Cominciamo a capire l'importanza fondamentale della scelta del PdV, scelta che riguarda non tanto noi o i nostri personaggi, quanto il lettore. Non è un dettaglio, ma un cardine fondamentale di qualsiasi testo ci accingiamo a scrivere, in grado da solo di distruggerlo completamente o di determinarne il successo. Possibile immaginare una Divina Commedia scritta da un PdV esterno? Passaggi come questo:
sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
(versi 140-142 del IV canto dell'Inferno)
Perderebbero tutta la loro potenza. Non solo: il PdV scelto da Dante, con narrazione in prima persona dell'autore-protagonista, ci permette di seguire tutto il viaggio del poeta, dall'inizio nella Selva Oscura fino all'Inferno, dal Purgatorio al Paradiso. Narrando dal PdV di Virgilio, per esempio, il lettore non avrebbe auto accesso né alla Selva, né al Paradiso. Scegliendo Beatrice avremmo invece potuto leggere solamente la terza cantica. Come per I Promessi Sposi (e come è valido per qualsiasi testo!), la scelta del PdV influenza tutta la struttura di un testo. Cambiamo esempio e pensiamo a Conan Doyle e alla sua scelta di mostrarci Holmes sempre e soltanto attraverso il PdV di Watson. Non siamo dentro Holmes, che pure è l'indiscusso protagonista, e non abbiamo accesso ai suoi pensieri né a tutte le informazioni che racimola durante le indagini. Ed è proprio questo il segreto del successo di Conan Doyle: Doyle vuole intrigarci, vuole mantenere un velo di mistero su Holmes, e cosa fa? Ci permette di conoscerlo solo tramite gli occhi adoranti di Watso...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Scuola di scrittura Scrivere narrativa
  3. Scrivere narrativa 2 - Il punto di vista
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Il libro
  7. L'autore
  8. 1. Introduzione al punto di vista narrativo
  9. 2. Comprendere il punto di vista
  10. 3. Wikipedia del punto di vista
  11. 4. Autore, voce narrante e punto di vista
  12. 5. FAQ sul punto di vista
  13. 6. Errori di punto di vista
  14. 7. Esercizi: riconosciamo gli errori di PdV
  15. 8. Esercizi: cambiamo PdV!
  16. In questa collana
  17. Tutti gli ebook Bus Stop