Esercizio di stile 1
Lessico e punteggiatura
Abbiamo detto di quanto sia importante il lessico. Fare esempi concreti non è certamente facile, perché lo stile, come abbiamo visto, è qualcosa di impalpabile, è una “firma” che non si vede, ma si percepisce. E allora quello che possiamo fare, per capire la differenza che interviene a livello di scelta lessicale, è mettere a confronto diversi testi, generati a partire da una base comune.
Ho contattato cinque autrici e ho chiesto loro di mettersi in gioco. Una di loro (Federica D’Ascani) ha scritto un passaggio di circa 500 caratteri, col suo stile, a proprio gusto. Ha passato poi il brano alle altre quattro compagne di “gioco”. A loro ho chiesto di rimanere fedeli al testo, ma di modificarlo in base al proprio stile di scrittura, cambiando parole e intervenendo sulla punteggiatura per modificare il ritmo della narrazione. Non una riscrittura, quindi, ma interventi chirurgici che vanno a modificare solo determinati elementi. Un po’ come quando parlavamo di Saussure e di quello che avviene durante il processo di realizzazione linguistica (parole). Ogni parola, facendo salvo il significato generale (stiamo semplificando il concetto saussariano, prendendo solo quanto utile al nostro discorso), può essere sostituita con un’altra. Scelta stilistica, insomma, la firma dell’autore.
Il risultato lo vediamo insieme, di seguito, partendo proprio dal testo originale, l’unico che non parte da nulla se non dall’inventiva dell’autrice. Leggiamo:
Doveva essersi trattato di un tramonto spettacolare quello che stava terminando di consumarsi all'orizzonte. Ne poteva scorgere le ultime sfumature violacee mentre incedeva lungo la navata, diretta nel sagrato affollato dai parenti in formale attesa. Desiderò sfiorare la mascella contratta di suo marito, serio in quel completo grigio di alta sartoria. Ancora ricordava la complicità dei loro sguardi, nel camerino, il giorno in cui lo avevano acquistato, uniti da una proposta giunta forse troppo presto.
(Federica D’Ascani)
Doveva essere un tramonto spettacolare, quello che stava terminando, all'orizzonte. Ne poteva scorgere le ultime sfumature violacee, mentre incedeva lungo la navata, diretta verso il sagrato, affollato dai parenti in formale attesa.
Desiderò sfiorare la mascella contratta di suo marito, serio in quel completo grigio di alta sartoria. Ricordava la complicità nei loro sguardi, nel camerino, il giorno in cui lo avevano acquistato, uniti da quella proposta, giunta forse troppo presto.
(Lily Carpenetti)
Doveva trattarsi di un tramonto spettacolare quello che stava scendendo all'orizzonte, consumando i suoi ultimi attimi. Ne aveva scorto le ultime sfumature violacee, prima di incedere lungo la navata verso il sagrato, affollato dai parenti in formale attesa. Desiderò di poter sfiorare la mascella contratta di suo marito, che appariva serio in quel completo grigio di alta sartoria… ancora ricordava la complicità dei loro sguardi nel camerino, il giorno in cui lo avevano acquistato, uniti da una proposta giunta forse troppo presto.
(Chiara Gallese)
Doveva essere stato un tramonto spettacolare, quello che stava terminando di consumarsi all'orizzonte. Ne poteva scorgere le ultime sfumature violacee, mentre attraversava la navata e si dirigeva verso il sagrato, affollato dai parenti in formale attesa. Desiderò sfiorare la mascella contratta di quello che ormai era suo marito, serio nel grigio completo di alta sartoria. Ancora ricordava la complicità dei loro sguardi, nel camerino, il giorno in cui lo avevano acquistato, uniti da una proposta giunta forse troppo presto.
(Greta Cerretti)
Doveva essere stato un tramonto meraviglioso quello che stava svanendo all'orizzonte. Mentre attraversava la navata della chiesa, lei riusciva ancora a scorgerne gli ultimi riflessi violacei, la luce morente che circondava il sagrato pieno di eleganti parenti in attesa. Provò il desiderio di accarezzare la mascella di suo marito, seria e rigida quanto lui nel completo grigio di alta sartoria. Vedere quel vestito le faceva tornare in mente il giorno in cui l'avevano acquistato, legati da una proposta forse frettolosa, e gli sguardi complici che si erano scambiati nel camerino.
(Luce Loi)
Un esercizio serve a mettere in luce qualche cosa, non a insegnare, ma a costruire a posteriori un ragionamento che altrimenti non sarebbe possibile fare con facilità. Leggendo i cinque testi possiamo certamente notare alcune cose.
Senza dubbio la principale considerazione da fare è relativa alla poca differenza che c’è tra un testo e l’altro. Tutte le quattro autrici che hanno rielaborato sono partite da un testo preciso e hanno ricevuto l’indicazione di personalizzare in un certo modo, cambiando la punteggiatura o alcune parole, senza rompere lo schema generale.
E l’esercizio ci restituisce cinque testi molto simili. Possiamo davvero riconoscere lo stile personale delle singole autrici in un elaborato così fatto? A dire il vero il tutto potrebbe essere stato scritto dalla stessa persona, magari cinque rielaborazioni in corso d’opera.
Perché questo?
In parte abbiamo già una risposta nelle pagine introduttive. Lo stile non è scegliere una parola piuttosto che un’altra. Non è la sintassi. Non è il ritmo. Non è… lo stile è TUTTO, è l’insieme di tutte le componenti che insieme vanno a formare il risultato finale. Se iniziamo a togliere alcune di queste ecco che l’autore fatica a emergere, rimane nascosto dietro lo schema di qualcun altro. Federica D’Ascani ha scelto di cosa parlare, ha scelto in che struttura fermare il tutto, ha scelto le parole e la sintassi di base. Non basta cambiare una parola o una virgola o inserire un a capo per rendere lo stile della D’Ascani lo stile di un’altra persona, a meno di radicali cambiamenti.
Se io avessi descritto una scena alle autrici, con poche indicazioni, dicendo loro di scriverla in cinquecento caratteri, senza partire da un testo base, avremmo letto cose completamente diverse, senza alcuna somiglianza. Sarebbe emerso lo stile di ognuna di loro, non una sorta di editing.
Capite quindi quanto è profondo il concetto di stile? Non può essere limitato alla scelta di una parola (non solo), non può essere una questione di punteggiatura (anche se molti maestri della narrativa personalizzano in modo estremo attraverso questa).
Lo stile parte dall’IDEA, poi diventa STRUTTURA, che viene elaborata con una certa SINTASSI, una determinata scelta delle PAROLE, un ritmo dato dalla PUNTEGGIATURA, diventa emozione nel dosaggio di DIALOGHI e DESCRIZIONI, magia quando scegli come e dove FINIRE una scena. Tutto questo, insieme, non è possibile ridurlo a uno schema. Se lo schema viene fornito (come abbiamo fatto nell’esercizio) lo stile perde qualcosa, è menomato.
Provate anche voi. Prendere il testo di Federica D’Ascani, cambiate qualche parola, spostate una virgola, inserite un punto o un a capo. E leggete il risultato finale.
Lo sentite vostro? È il vostro stile?
Qualcosa di vostro c’è, senza dubbio, ma…
Lascio a voi ulteriori considerazioni!
Esercizio di stile 2
Da un dialogo a…
Nell’esercizio precedente abbiamo visto come la realizzazione, sebbene conceda infinite possibilità, spesso prediliga la via più semplice, se costretta tra paletti molto rigidi. Di seguito analizzeremo un esercizio nato con un’idea di base differente. A ogni autore è stato fornito un dialogo a scansione diretta, molto semplice e lineare, con la richiesta di elaborarlo a proprio gusto, inserendo descrizioni, trasformando i dialoghi. Insomma, non solo l’autore doveva intervenire sullo stile, ma anche sull’interpretazione e su quella struttura narrativa che – come abbiamo detto nelle prime pagine – a tutti gli effetti fa parte dello STILE dell’autore. In questo caso non c’erano molti limiti, ma una libera manifestazione della fantasia, non più la necessità ...