Il commissario Richard. Qualcuno ha bussato alla porta
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Il commissario Richard. Qualcuno ha bussato alla porta

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Il commissario Richard. Qualcuno ha bussato alla porta

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Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D'Errico è un artista "dotato di una genialità rinascimentale". E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei "mitici" gialli Mondadori). Disincantato, concreto, solo in apparenza distaccato, il "simenoniano" Richard indaga in una Parigi e in una provincia francese non di rado inospitali, popolate di figure ambigue e spiazzanti, spesso ai margini della società, individui rifiutati, disadattati, solitari. Qualcuno ha bussato alla porta, primo romanzo giallo di Ezio D'Errico, è anche la prima indagine del commissario parigino. In una sordida stanza in affitto a Montmartre viene ritrovato il cadavere del giovane Charles Boyer, un pittore di scarso successo. Nessun dubbio, si è impiccato. Ma Richard non crede alla prima versione dei fatti. Ritiene che l'uomo sia stato, invece, assassinato. Cosa si nasconde dietro questa macabra messinscena e agli altri eventi che seguiranno? Il capo della Sûreté riuscirà, grazie al suo intuito, a scoprire il segreto che si cela dietro la morte di questo artista incompreso. Con un'introduzione di Loris Rambelli.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788893040372
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici
Dopo un attimo di esitazione il giovane disse: «Sì... quando ero a Drancy sur l'Oise...»
«Abitavi in provincia?»
«Sì... con mia madre.»
«E il notaio veniva a trovare la tua famiglia per affari?»
«Sì, è il nostro legale, mia madre ha dovuto compiere delle operazioni sui titoli lasciati da mio padre, il marchese De Nivelle...»
«Finite queste operazioni, il notaio non ha avuto più occasione di venire a Drancy sur l'Oise... è vero? Allora sei venuto tu a Parigi... con la scusa di far del cinematografo... è così? Tua madre ti ha creduto... probabilmente sei figlio unico... essa non immagina che tu sia già intossicato... tu insisti presso il notaio per avere ancora il veleno del quale non puoi più far senza, l'altro, per un po' ti rifornisce, poi seccato della tua insistenza ti dà l'indirizzo del Marchange... è così?»
Il giovane non tentava neanche di protestare. Ogni tanto faceva un cenno di assenso col capo e si asciugava gli occhi col rovescio della mano, con gesto quasi infantile. Il commissario restò ancora un momento silenzioso, poi disse a bassa voce: «Va'!»
L'uomo alzò gli occhi, con una muta interrogazione nello sguardo, come chi non ha ben capito.
«Va'!» ripeté il commissario a bassa voce «va' da tua madre» poi, come a tagliar corto ai ringraziamenti che l'altro piagnucolava, aggiunse con voce burbera: «Se dici una sola parola di questo colloquio, ti spezzo in due, dovunque ti trovo.»
L'ufficiale vide una specie di larva scantonare vicino a lui togliendosi umilmente il cappello, poi lo vide trotterellare a randa dei muri e portarsi come un fantasma nella nebbia che era scesa lentamente a bloccare tutto il rione.
Zio e nipote uscirono dal vicolo e si avviarono per un dedalo di stradette in pendio, cercando di orientarsi verso rue Simon Bolivar.
Nessuno dei due parlava, anche perché la nebbia metteva fra di loro una specie di velo pesante che rendeva indecisi i gesti e difficili le parole.
Quando ebbero camminato per una buona mezz'ora, nello stesso momento si fermarono tutti e due guardandosi attorno. La nebbia li avvolgeva al punto che non riconoscevano il luogo dove si trovavano.
Erano in una strada larga ed alberata, con dei fanali gialli e delle panchine. Rari passanti frettolosi apparivano e scomparivano nella caligine, con qualche colpo di tosse, soffocato nelle sciarpe di lana. Da un interrato, insieme a un bagliore azzurrognolo affiorava al marciapiede il gracidare di una radio che trasmetteva delle comunicazioni in inglese.
La sirena di una fabbrica invisibile fischiò lamentosamente la cessazione di un turno di lavoro.
Fecero ancora qualche passo fino al primo crocevia, dove tentarono invano di decifrare il nome della strada, poi ne chiesero a un passante. Era un vecchio col naso a becco e i capelli lunghi, probabilmente un ebreo polacco che, a segni, fece capire di non intendere il francese, ma un ragazzo che in quel momento passava vicino a loro reggendo sul capo una cesta, disse: «Questa è rue Grange aux Belles... il Quai de Jemappes è là in fondo.., sempre dritti.»
Decisero allora di continuare a scendere, per passare il ponte sul canale e prendere il Métro di Lancry.
Infatti, poco dopo videro il molo, con le chiatte attraccate e i soliti sfaccendati appoggiati alla balaustra del ponte di ferro intenti a guardare la manovra dei rimorchiatori provenienti dal canale dell'Ourcq.
Per un giuoco della nebbia, la riva destra era invisibile, mentre apparivano le sommità dei palazzi crestate di comignoli, con le scritte al neon che parevano sospese nel vuoto.
Nell'ombra qualcuno gridò: «Più a destra... sotto la chiglia della Stella Lionese».
Una voce dal basso, rispose: «S'è sganciato... poggia a dritta!»
Nel riflesso di un fanale passò una barca sulla quale scintillavano le mantelline di tela cerata di due agenti; un individuo con un arpione stava diritto a prua come i fiocinatori alla pesca del capodoglio.
Il commissario Richard domandò rivolto a un gruppo di scaricatori che erano curvi sulla balaustra: «Cosa c'è?»
«Ma... dicono che c'è un cadavere in acqua... ma sarà soltanto uno straccio...» e nelle parole dell'uomo c'era quasi una punta di rammarico.
«Cos'è successo?» chiese a sua volta l'ufficiale.
«Pare che ci sia un annegato» brontolò il commissario, e si curvò anche lui a scrutare l'acqua nera, dove evoluzionavano fantasmi di barche e brillavano vaghi lumi che la nebbia circondava di un alone giallastro.
Dalle chiatte che fumacchiavano attraccate al molo, erano usciti alcuni marinari, delle donne con un bambino al seno e un altro appeso alle gonnelle; una vecchia usciva e rientrava da una specie di cucinetta, con la padella del soffritto brandita per il manico, per poter guardare senza che l'intingolo bruciasse, e nell'aria c'era un misto di odori marinareschi e casalinghi. Le automobili provenienti da Lancry incominciavano a strombettare per aprirsi il passo sul ponte dove l'assembramento era aumentato. Lo spettacolo vecchio e sempre nuovo della pesca dell'annegato, appassionava tutto quel mondo brulicante di battellieri, guardiani di chiuse, scaricatori e barcaioli che vive attorno ai canali. Barbe ispide, tanfo di alcool e di pipe, frasi di gergo pittoresche, creavano tutto intorno un ambiente caratteristico, dove soprattutto l'ufficiale di marina si sarebbe trovato a suo agio, se non ci fosse stata quell'altra cosa terribile a prendere il sopravvento e a dominare il paesaggio: la morte.
L'annegato c'era e non c'era. Chi diceva di averlo visto sotto bordo a un rimorchiatore, chi vicino alla chiusa, chi asseriva di averlo avuto in punta al remo sotto i piloni del ponte... ma la morte era dappertutto, diffusa come un presagio, nella nebbia umida che dava alle figure un aspetto indeciso e fantomatico.
Quando gli uomini di un burchiello che dava musate contro la chiusa ebbero urtato qualche cosa di solido che galleggiava a fior d'acqua, una voce rauca gridò, in tono di trionfo: «È qui!... È qui!»
Ci fu un rapido spostamento della folla che si sgranò lungo la riva, qualche voce rispose dalle imbarcazioni più lontane, si udì il tonfo di qualcuno che era saltato agilmente sulla plancia di una chiatta e le proteste del "padrone" che voleva cacciare gl'intrusi.
La barca dove si vedevano le mantelline di cerata, accostò al luogo del ritrovamento, e poco dopo il cadavere grondante era tratto a riva.
Fendendo la folla di curiosi, senza curarsi delle imprecazioni di coloro che venivano urtati al passaggio, il commissario Richard si avvicinò all'annegato e si curvò ad osservarlo. Un agente lo afferrò per un braccio e cercò di tirarlo indietro.
«Commissario Richard!» brontolò il funzionario fra i denti, senza neanche voltarsi, poi ordinò brevemente di portare il cadavere su una chiatta.
Era effettivamente il posto più vicino per poterlo sottrarre alla curiosità della folla, e poco dopo nel carabottino di prora della Sirena di Passy il commissario poteva esaminare il volto, con una certa libertà, mentre un agente sulla passerella teneva a bada i curiosi e l'altro scarabocchiava sul taccuino i nomi degli uomini che avevano compiuto l'operazione, per il solito premio stabilito dalla società di navigazione fluviale.
Frugò le tasche che erano completamente vuote, prese nota dell'unica dicitura ricamata nell'interno della giacca: “Felichon Tailleur - Rue de Université 5 - Paris”, poi, bestemmiando contro l'unica lampada a petrolio che era infissa troppo in alto e non permetteva di vedere, chiese al padrone di fare più luce.
Il padrone gridò qualche cosa in dialetto alla moglie che uscì dallo stambugio e tornò poco dopo con una lanterna, mentre il marito, a suon di scappellotti, cacciava fuori i ragazzi che si erano ficcati fin sotto le gambe della tavola.
La testa del morto, forse per aver strisciato contro le griglie della chiusa, era irriconoscibile. Brandelli di cute azzurrina slavata dall'acqua, penzolavano sulla fronte bassa, trattenuti ancora da ciocche di capelli biondastri; un occhio era tumefatto, e parte del labbro inferiore mancante. Il commissario che pareva avesse preso improvvisamente un interesse enorme a quei miseri resti, si tolse il fazzoletto di tasca, ripulì il viso dell'annegato dalla fanghiglia, e, accostando la lanterna, lo esaminò a lungo.
Quando ebbe accertato, ad onta del colore verdastro della pelle, l'esistenza di una specie di macchia più scura sotto l'occhio sinistro, brontolò: «Mi pareva di sentirlo.»
Chiese alla donna uno straccio per asciugarsi le mani, poi accese una sigaretta e volgendosi all'ufficiale di marina mormorò con la solita voce tranquilla: «Di'... Mimil... permetti? Ti presento Jacques Dufresne... Mi pare che oggi avessi esternato il desiderio di conoscerlo.»
In quel momento, un giovanotto con grossi occhiali di tartaruga, seguito da uno spilungone che portava un apparecchio fotografico, fece irruzione nel baracchino, ad onta delle proteste dell'agente di piantone.
«Permette, commissario... Gaston Darbigny... del "Police-Magazine"... lei è il commissario Richard, è vero? Ci siamo conosciuti in rue Félix Faure... ricorda?... l'affare della cameriera tagliata a pezzi... Sarà gentile anche questa volta, è vero? Permette... Uno-due!»
Un lampo accecante, seguito da un nugolo di fumo, illuminò il locale mentre si udiva lo scatto dell'obiettivo.
«Ancora un momento, commissario... il morto è preso... adesso a lei.»
«Ma no... ma no!»
«Ma sì... guardi un momento a destra... Barrault, attenzione! Uno-due!»
Nuovo lampo, nuovo scatto dell'obiettivo.
«Grazie, commissario... ci faccio due colonne... il suo amico, per favore, è della polizia?»
«Ma no, lasci perdere...»
«Bene, come vuole, metterò per titolo: “Richard il commissario onnipresente”... due colonne, le dico, due colonne... il nome dell'annegato, per piacere?»
«Non lo so... non ha documenti.»
«Commissario, per favore... almeno le iniziali... è impossibile che il commissario Richard non abbia già identificato un annegato.»
«Ebbene... lo chiami Jacques Dufresne, se le fa piacere.»
«Bene... condizione sociale? Causali della morte?»
«Ma non so... le ho detto, non so nulla.»
«Benissimo, metteremo una serie di interrogativi stuzzicanti. “Suicidio? Delitto? Amore? Vendetta politica?”»
Come Dio volle, zio e nipote riuscirono a liberarsi da quell'energumeno e ad uscire dallo stambugio, dove il fumo del magnesio aveva reso l'aria irrespirabile.
Dopo aver dato ordine a uno degli agenti di piantonare il morto e all'altro di telefonare all'"Identità" per le constatazioni di legge, il commissario Richard si decise a rispondere alla muta interrogazione che leggeva negli occhi del nipote.
«Vuoi sapere se si tratta di un suicidio o di un delitto? Potrei risponderti che, prima del responso del medico, è azzardato far pronostici, ma, vedi... sono così contento che non voglio nasconderti il mio pensiero.»
«Allora?»
«Ecco... questo è un suicidio sul tipo di quello di rue Lepic...»
E il commissario Richard, alzando il cappelluccio che la nebbia aveva ridotto come un fungo, si diede una di quelle strofinatine alla pelata, che erano per lui indizio di viva soddisfazione, poi, come preso da uno scrupolo improvviso, aggiunse: «Oh... di'... non crederai che io sia contento perché quel disgraziato è morto!»
«Va là... che non lo penso neanche per sogno» rispose sorridendo l'ufficiale.
Senza essere un poliziotto, anche lui incominciava a capire vagamente che quella morte doveva costituire per il commissario un anello importante nella catena di induzioni che da qualche giorno egli andava faticosamente costruendo, e non gli pareva vero di poter far capire allo zio che anche lui aveva afferrato, se non il motivo, per lo meno l'importanza di quella macabra pesca.
Poi un'altra idea gli balenò alla mente.
«A proposito... e il giovanotto di rue Bolivar...»
«Chi?»
«L'intossicato... perché l'hai lasciato andare?»
Il commissario guardò il nipote, con l'espressione del maestro che ascolti un'uscita madornale di colui che credeva l'allievo più intelligente della classe, poi, alzando le spalle, brontolò: «Ma cosa vuoi che me ne faccia di un rammollito come quello là... Non entra nel gruppo... capisci?»
L'ufficiale non era molto sicuro di aver capito, ma per tema di far brutta figura, strizzò furbescamente un occhio e fece: «Ah! già!»

VII. L'ispettore Rops prende una famosa «azzoppatura»

Dal primo inizio del pedinamento, l'ispettore Rops si era accorto che sarebbe stato una sfacchinata di quelle da ricordare per un pezzo.
Uno di quei servizi che, nel gergo degl'ispettori, venivano chiamati “azzoppature”, con riferimento allo stato nel quale venivano a trovarsi le estremità inferiori a sevizio ultimato.
L'ispettore Rops, l'abbiamo già detto, non era un novizio e sa...

Indice dei contenuti

  1. Finestra su Parigi
  2. VII. L'ispettore Rops prende una famosa «azzoppatura»
  3. XIII. Da Bruxelles si telegrafa...
  4. XIV. Dovrei arrestarla... ma ho la febbre!