Il commissario Richard. Tre inchieste vol. 4
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Il commissario Richard. Tre inchieste vol. 4

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Il commissario Richard. Tre inchieste vol. 4

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Informazioni sul libro

Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D'Errico è un artista "dotato di una genialità rinascimentale". E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei "mitici" gialli Mondadori). In questo libro sono raccolte tre indagini del Commissario nato dalla penna di D'Errico: Il caso Jefferson, L'ospite inatteso e Un grido nella nebbia. Introduzione di Loris Rambelli.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788893041218
Argomento
Literature
Categoria
Classics
A quella stessa ora, nei locali del «Gran Bazar di Parigi», generosamente offerti dalla C. C. L. (Chambre de Commerce Lilloise), un ometto in tuba e decorazioni esclamava mettendosi una mano sul cuore: — ... e questa manifestazione di solidarietà umana che ogni anno la nostra città vede rifiorire al bel sole di primavera...
Il comandante del corpo d'armata, magro, dai baffetti bianchi a punta, commentò a bassa voce nell'orecchio del prefetto:
— ... si vede che l'ha scritto ieri...
Infatti le prime gocce d'acqua incominciavano a staffilare i cristalli, e la monellaglia radunata sul marciapiede in attesa di veder uscire le autorità, si sbandò con un urlio che copri le parole dell'oratore.
Qualche signora che aveva inaugurata la prima toilette chiara, guardò spaurita verso l'ingresso.
La presidentessa del comitato scosse i riccioli tinti all'henné come dire: «Questa non ci voleva».
Il vescovo sorrise indulgente accarezzando con la mano grassoccia i braccioli intagliati della poltrona.
In fondo alla sala, Milton e Geneviève alzati sulle punte dei piedi per non perdere nulla della cerimonia, non si accorsero che Richard col viso corrucciato voltava loro le spalle, tutto teso ad esaminare di dietro alla vetrina un «completo per maschietto» che non era più completo, visto che mancava una cosa... una piccola cosa... un berretto di lana blu intrecciato a mano secondo la moda fiamminga di tanti anni fa...
Bisognò aspettare che i discorsi finissero, poi ci furono «le poche parole di ringraziamento a nome dei...», poi la benedizione vescovile...
Quando finalmente il commissario Richard poté avvicinare la presidentessa, la folla aveva già dato l'assalto ai banchi, mentre le dame gridavano i numeri vincenti.
— ... 86... una bellissima bambola in stoffa... 172... una dozzina di lapis...
— Scusate signora... quel completo per maschietto...
— Quale completo?
— Quello là...
— È da sorteggiare, buon uomo, non abbiate paura... qua si sorteggia tutto...
— 225... un “necessaire” da viaggio con astuccio...
— Non volevo dir questo... sentite...
Ma la grossa dama dai capelli rossi era già stata requisita da un gruppo di signorine fra le quali era sorta una contestazione a proposito di un 6 che poteva anche essere un 9...
— Ma non c'è la barra sotto? Com'è possibile?
— Scusate signora... quel completo per maschietto offerto dalla signora Fleurier...
— 154... servizio da liquori con vassoio...
Quando come Dio volle il commissario riuscì a farsi intendere, la presidentessa si strinse nelle spalle.
— Che cosa volete che ne sappiamo, buon uomo... domanderemo alla direttrice di sala...
La direttrice di sala lo indirizzò al capo-reparto che rimbalzò la richiesta alla segretaria del comitato.
— Un berrettino di lana? Ma, buon uomo, se ci fosse stato ci sarebbe ancora... chi volete che porti via la roba da una fiera di beneficenza?
Fu soprattutto quel “buon uomo” che fece andare in bestia Richard, il quale per non sentirsi più rivolgere simile appellativo uscì sbuffando dai locali del “Gran Bazar di Parigi”, seguito da Milton e da Geneviève.
Nel primo caffè che si parò loro dinnanzi, entrarono per cercar riparo dalla pioggia e il commissario ingoiò due bicchieri di birra uno sull'altro per decongestionarsi.
— Domando e dico se si può essere più stupidi di così...
— Certo che la scomparsa di quel berretto è strana...
— Strana? Dite pure che è un disastro, caro Milton...
— Avete un'idea?
— Io non ho nessuna idea, ma confermo che questo accanimento non mi dice niente di buono...
— E se fosse un maniaco? Ci sono i tagliatori di trecce...
— Eh no, caro Milton... Jefferson non era un maniaco, e il berretto gli era stato dato da qualcuno, tanto vero che nella sua stanza la padrona di casa non lo ha mai visto... questo qualcuno non può essere stato colui che lo ha ucciso... arriviamo così a tre persone... e non sappiamo se l'ignoto che ha portato via la copia dello stesso oggetto dalla pesca di beneficenza non sia una quarta persona... Ora, un maniaco passi, ma quattro sono troppi... e tutti con la stessa mania? No, no... qui stiamo facendo la figura dei...
Il commissario non disse di chi, forse per la presenza di Geneviève, ma dal modo come masticava la sigaretta era evidente che doveva avere i nervi a fior di pelle.
A tutto ciò si aggiungeva la pioggia implacabile, una vera pioggia primaverile argentea e fresca, che flagellava di sghembo il selciato, cosicché il caffè fu in breve zeppo di gente che aveva cercato un riparo. Non era più possibile, né pagare le consumazioni e andarsene, né discorrere, per il chiasso che era salito a un diapason esasperante.
Geneviève, non potendo farsi udire, agitò un fascio di biglietti rossi e gialli volendo forse esprimere il rammarico di non aver potuto neanche assistere al sorteggio dei numeri acquistati, e Milton che aveva in orrore la folla, tempestava con un cucchiaino sul piattello per chiamare il cameriere.
Nella cosiddetta sala verde, il cameriere Baptiste serviva il tè delle cinque con gesti compassati che rivelavano senz'altro la sua provenienza dall'ex casa Dubois.
Lucien Fleurier con le mani in tasca guardava di dietro i vetri di una finestra ogivale la pioggia che crepitava sulla superficie di un laghetto. Sotto la loro casipola di paglia due cigni bianchi si lisciavano col becco arancione le candide piume.
Alphonse Lacage leggeva un libro sprofondato in una poltrona di cuoio e Jean Fleurier, offrendo alla moglie una tazza fumante le chiedeva con una specie di ansia repressa nella voce: — Berrai almeno un po' di tè... cara...
Judith Fleurier rispose con un cenno impercettibile del capo, prese la tazza e dopo averne assaggiato un sorso la ripose sul vassoio.
Alta, magra, vestita di un abito grigio quasi monacale, appariva di contro alla tappezzeria di damasco verde come una santa bizantina, e la spalliera dorata della sedia che aveva lo schienale altissimo faceva nicchia dietro le spalle gracili come la cornice di una icona.
La donna guardava con due grandi occhi che un tempo dovevano essere stati molto espressivi, le gocce che ruscellavano lungo la piombatura dei vetri policromi, e non era facile dire quali pensieri passassero dietro quella fronte d'avorio che fugacemente s'oscurava, mentre una lieve increspatura appariva fra le sopracciglia.
— Tu Lacage, non prendi il tè?
— Grazie Jean...
— E tu Lucien?
Il giovanotto si staccò dalla finestra, e avanzando verso il tavolino basso esclamò: — Non abbiamo scelto una giornata adatta per esporre il nostre cartello...
Jean Fleurier si strinse nelle spalle.
— Non è pioggia che dura... e poi siamo stati tante settimane senza giardiniere...
— È un peccato per le azalee... ho visto questa mattina che hanno tutte le gemme ed è già tardi per cambiarle di vaso...
La battuta cadde nel vuoto.
Judith Fleurier si alzò per andare a sua volta alla finestra e restò immobile dietro i vetri finché l'acqua rallentò la sua furia, poi cessò di cadere.
Un sole pallido già vicino al tramonto indorò i rami dei grandi alberi stillanti ed entrò di sghembo nel salone mettendo un'aureola nei capelli biondo-cenere della donna.
In quel momento, al cancello di ferro battuto Catherine era alle prese con un grosso uomo armato di un inverosimile ombrello verde.
— Vi dico che adesso è tardi e non credo che il signor Fleurier possa ricevervi...
— Scusate... ho letto il cartello...
— Sareste voi il giardiniere?
— Io, certo... perché? Sono forse troppo vecchio?
Catherine squadrò con curiosità l'omone che aveva i calzoni rimboccati e un misero cappelluccio a fungo sul cranio calvo.
— Di dove siete?
— Di Quesnoy-sur-Deule....
— Dalla parlata non si direbbe...
— Ho lavorato molti anni fuori del circondario...
— E siete pratico di giardini? Dico di giardini signorili... non di orti...
— Perbacco... se vi dico che è il mio mestiere...
La donna si strinse nelle spalle e fece entrare il postulante, poi, raccomandandogli di non muoversi, si allontanò sul gran viale verso il castello.
Rimasto solo, l'aspirante-giardiniere si tolse il cappelluccio, si asciugò il cranio che gocciola va sudore, poi borbottò: — E pensare che anche a Charenton non ho mai capito che differenza passi fra una margherita e una dalia...
Quando ritornò all'albergo Minerva, il commissario Richard era di buon umore.
Alzò l'ombrello verde in segno di saluto ed esclamò: — Credo che senza di questo non avrei avuto il posto...
Milton che conosceva l'avversione del suo amico per i travestimenti e le barbe finte, apprezzò la lealtà di questa confessione.
— Avete visto? Ho fatto bene a consigliarvene l'acquisto prima di tentare il colpo!
— Sì, Milton, avete fatto bene, perché per quanto il signor Fleurier mi sia sembrato un tipo distratto o per meglio dire svagato, ogni tanto gli leggevo negli occhi un'ombra se non di diffidenza per lo meno di dubbio; poi il suo sguardo si posava sull'ombrello verde e questo aggeggio lo rassicurava.
— È inutile, un po' di trucco ci vuole...
— Trucco modesto... un ombrello e i pantaloni rimboccati... vero è che il mio viso nei momenti di riposo acquista un'aria di idiozia bonacciona che ingannerebbe chiunque...
— Intanto noi restiamo a Lille? — esclamò Geneviève che non sapeva nascondere la sua gioia infantile.
— Sicuro, voi restate a Lille, mentre io mi guadagnerò col sudore della fronte cinquecento franchi al mese più vitto e alloggio... l'unico rimorso è il pensiero di quel povero giardino che non so, nelle mie mani, quello che potrà diventare.
— A proposito, raccontaci le tue impressioni...
— Ah... le mie impressioni? Be' per ora ho visto ben poco... non dimenticate che la mia permanenza al castello si è ridotta a una mezz'ora, dopo di che ho chiesto il permesso di andare a prendere i miei stracci... dunque... prima di tutto ho conosciuto Catherine che è una donnetta sui cinquant'anni. Catherine esercita le mansioni di portinaia, ma lava anche i panni e dà da mangiare ai cigni... I cigni non li ho visti ma saranno certo in qualche parte.
— E il castello?
— Il castello è proprio come quelli che si vedono sulle guide turistiche, con un falso ponte levatoio, i muri di mattone, e l'edera che arriva fino a un certo punto e poi educatamente si ferma...
— E la castellana? — chiese Geneviève.
— La castellana c'è ma non si vede... Il signor Fleurier senior... sicuro, perché nel castello abita anche un Fleurier junior... il signor Fleurier senior, dicevo, è andato a chiamarla, ma pare che la signora avesse i nervi e non s'è fatta vedere.
— Cosicché avete parlato solo con gli uomini...
— Sì... il proprietario del castello, che come vi ho detto mi è sembrato un po' originale, il fratello che anche lui credo abbia tutt'altro per la testa che la coltivazione delle rose e dei tulipani... poi un certo Lacage... un tipo magro, melanconico, che deve essere un amico con mansioni di segretario o qualche cosa di simile... e finalmente mi ha riaccompagnato al cancello il cameriere Baptiste, che mi ha squadrato con alterigia, raccomandandomi di aver molta educazione e di pulirmi le scarpe anche per camminare sulla ghiaia...
— Darei chissà che cosa per vedervi in funzione col cappello di paglia e l'innaffiatoio — esclamò Milton ridendo, e la sorella del commissario fece coro battendo le mani.
— Già, quello che mi preoccupa è proprio il fatto di entrare in funzione... ho sentito parlare di azalee che bisogna cambiar di vaso, di tuberi da mettere “in dimora” e di alberi in ritardo di potatura... l'idea di arrampicarmi su di un albero vi assicuro che mi terrorizza... vero è che il signor Fleurier dopo un'occhiata alla mia pancia, ha detto: «Caso mai vi farete aiutare da Totò...».
— E chi è Totò?
— È appunto quello che vorrei sapere... è un nome che tutti citano come il Deus ex machina di ogni situazione... Appena si affacciava un dubbio, subito qualcuno esclamava: «Be' nella peggiore delle ipotesi c'è Totò...» e allora i visi contratti si rasserenavano...
— Potevate chiederne a Catherine.
— Già, ma al ritorno sono stato accompagnato da Baptiste... e con Baptiste non ho osato...
— Confessate che Baptiste vi intimorisce? — disse Milton puntando l'indice contro il commissario.
— Al diavolo voi e tutti gli abitanti del castello!
A Geneviève che era in uno stato di euforia prodotta dal trovarsi fuori casa, pareva di assistere a un gioco, tuttavia mentre il fratello parlava, continuava ad affaccendarsi per disporre gli oggetti della camera d'albergo nell'ordine voluto e c'era da giurare che se la permanenza a Lille si fosse prolungata, in quella camera avrebbe finito per trovar posto anche la gabbia col canarino.
Invece Totò fu la prima persona che si fece incontro a Richard allorché questi la mattina dopo comparve con una valigia che andava perfettamente d'accordo con l'ombrello verde.
Era un ragazzotto di campagna sui diciassette anni, svelto robusto e intelligente.
Un gran ciuffo di capelli neri gli ricadeva sulla fronte a baule e sotto l'arcata delle sopracciglia brillavano due occhi fanciulleschi.
— Buon giorno signor Coustot — esclamò...

Indice dei contenuti

  1. L'AFFARE JEFFERSON
  2. L'OSPITE INATTESO
  3. UN GRIDO NELLA NEBBIA - I. Au casse-croûte des bateliers
  4. Crediti