L'arte di prender marito
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"Cara e dolce mia figliuola, vorrei che tu dimenticassi tutti quanti i consigli, che ti ho dati fin qui per non ricordarti che di questo, che tutti quanti li domina dall'alto della sua importanza. E il consiglio, per quanto importante, per quanto grande, sta tutto chiuso in una sola linea: — Meglio rimaner ragazza per tutta la vita che maritarsi male. In Inghilterra, in America, un po' meno in Germania, in Russia, in Olanda molte signorine non prendono marito per libera elezione, e non perchè sian gobbe o guercie o zoppe. Esse non hanno avuto la fortuna di trovare nei sentieri della vita l'uomo del loro cuore e son rimaste ragazze. Non per questo sono infelici, ma bastano a sè stesse e dedicano la loro vita ad uno dei tanti scopi, ai quali possiamo dirigere la nostra navicella."
Paolo Mantegazza (Monza, 31 ottobre 1831 – San Terenzo, 28 agosto 1910) è stato un fisiologo, antropologo, patriota e scrittore italiano.

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Informazioni

Altri consigli del babbo a sua figlia nella scelta del marito.

Cara e dolce mia figliuola, vorrei che tu dimenticassi tutti quanti i consigli, che ti ho dati fin qui per non ricordarti che di questo, che tutti quanti li domina dall'alto della sua importanza, che tutti quanti li abbraccia come una mamma, che in un solo amplesso si stringe al cuore tutti i suoi bambini. E il consiglio, per quanto importante, per quanto grande, sta tutto chiuso in una sola linea: —Meglio rimaner ragazza per tutta la vita che maritarsi male.

Invece ai nostri tempi, si crede e si fa precisamente il contrario. Il rimaner ragazza è creduto una vergogna, e ci si marita mediocremente, se non si può bene; e male se non si può mediocremente. —O un marito o la vergogna! E naturalmente si sceglie il marito. Lo sposo è brutto o antipatico, o malaticcio o stupido. A quarant'anni non ha saputo ancora farsi una posizione. Lo dicono donnaiuolo, giuocatore, fannullone. È vecchio e acciaccoso. I suoi parenti son disonorati. Non importa!—Egli è un uomo e quindi un marito. Piuttosto che la vergogna di morire ragazza, venga il brutto, il vecchio, il libertino, il fannullone! Lungo il viaggio la soma si aggiusterà da sè.

Nulla di più sciocco, di più falso, di più immorale di questo dilemma, conseguenza alla sua volta di tutto un lungo passato di un'educazione falsa, di una falsa morale; frutto di una pianta venuta su nel terreno dei pregiudizii più rancidi, dell'ignoranza più crassa dell'umana dignità, dei suoi diritti e dei suoi doveri.

In Inghilterra, in America, un po' meno in Germania, in Russia, in Olanda molte signorine non prendono marito per libera elezione, e non perchè sian gobbe o guercie o zoppe. Esse non hanno avuto la fortuna di trovare nei sentieri della vita l'uomo del loro cuore e son rimaste ragazze. Non per questo sono infelici, ma bastano a sè stesse e dedicano la loro vita ad uno dei tanti scopi, ai quali possiamo dirigere la nostra navicella.

Il nostro paese (làsciamelo dire in tutta confidenza) a questo riguardo è uno dei più arretrati e noi serbiamo in tutta la sua vigoria l'antico pregiudizio, che vecchia ragazza sia sinonimo di paria del sesso femminile.

Questo pregiudizio si andrà perdendo poco a poco col crescer della civiltà e man mano noi educheremo le donne, perchè prima di tutto bastino a sè stesse e alla loro felicità. Io ti ho educata a questo modo, angelo mio, sperando che andrai incontro a tempi migliori dei miei.
Troverai nei romanzi e nelle poesie, che il primo amore è l'amore vero, l'unico amore, l'amore per eccellenza. Nulla di più falso. Lo stesso varrebbe dire che il primo quadro d'un pittore deve essere l'ottimo fra tutti quelli che egli farà nel corso della sua vita; che il primo discorso, il primo libro, la prima statua, la prima opera in musica saranno ciò che di meglio faranno il deputato, l'autore, lo scultore, il maestro.

Anche l'amore è un'opera, in cui cuore e ingegno e sensi devono darsi la mano concordemente per rizzare quel tempio, in cui si deve trovare la massima felicità; per intrecciare quel nido, in cui deve allevarsi e crescere una famiglia. * * * Le prime opere hanno tutte le imperfezioni dell'incertezza, dell'inesperienza, dell'ignoranza. * * * Il primo giovane piacente, che ti guarda negli occhi e cogli occhi suoi ti dice d'amarti, ti piace anche soltanto perchè ti guarda a quel modo e tu sei disposta a trovarlo bello e buono e perfetto. Egli incomincia subito e involontariamente a farsi più bello, più buono, più perfetto; per piacerti, per conquistarti, per guadagnarsi il tuo amore. E tu dal canto tuo colla poesia della giovinezza accresci ancora di tuo la sua falsa bellezza; e senza saperlo vi ingannate a vicenda. E poi quando al suo ti amo, rispondi a lui colla stessa sua parola, ti trovi legata colla solennità di una promessa, fors'anche di un giuramento. L'amor proprio allora si associa all'amore, e non c'è lima che possa intaccare la catena che ti sei legata al tuo piede. Se ti accorgessi troppo tardi di esserti ingannata, lotteresti con tutte le tue forze contro la ragione, che vorrebbe illuminarti. Saresti capace non solo di chiuder gli occhi, ma anche di accecarti per non vedere la verità. Poveretta, saresti schiava per opera delle stesse tue mani. * * * Lascia dunque che il giovane ti dica cento volte: ti amo; prima che tu gli risponda colle stesse due parole, ch'egli con ardente impazienza aspetta dal tuo labbro. Anzi fa di meglio: impediscigli col tuo contegno ch'egli dica quelle parole, e se nel calore dell'ammirazione le dicesse, non lasciargliele dire una seconda volta. In ciò le donne sono maestre e tu potresti dar lezione a me. * * * Intanto se quel giovane ti piace, continua a studiarlo e confrontalo con altri; sia che ti guardino o no. Il matrimonio deve essere una scelta e non si può scegliere senza far confronti. Più il confronto si farà fra molti, fra moltissimi; e più probabilmente la scelta sarà ottima. * * * Non esser mai impaziente per deciderti. L'impazienza è sempre segno di debolezza. * * * Tu conosci il celebre generale romano, che vinse le guerre, aspettando, aspettando sempre. E tu vincerai la massima fra le battaglie della vita, aspettando, aspettando lungamente, aspettando sempre. Io ho fatto una statistica grossolana di molti matrimonii caduti sotto i miei occhi e dividendoli fra quelli fatti da giovanette molto giovani e gli altri conclusi in età più matura; ho trovato in questa seconda categoria un numero molto maggiore di unioni felici. * * * Nei casi dubbi non consigliarti che colla tua mamma. Le amiche, anche le migliori, in fatto d'amore sono giudici pericolosi. L'invidia entra pur troppo non chiamata nei loro consigli. Se vuoi consultare le amiche, fallo accademicamente, per semplice curiosità; non già per dar peso ai loro responsi. In ogni caso poi fidati delle amiche già maritate e non delle fanciulle. In queste, invidia e inesperienza possono mettersi assieme per trarti in errore. * * * Il disaccordo fra un uomo e una donna, che si uniscono coi vincoli del matrimonio, può esser triplice. Per via dei sensi. Per via del cuore. Per via dell'intelligenza. La massima delle infelicità nasce dall'avere in una volta sola tutti questi tre disaccordi. La massima delle felicità si ha dall'alleanza di tutti e tre questi accordi. * * * La simpatia estetica, l'ammirazione della bellezza ti mettono sulla strada per avere il primo accordo. L'aver sempre le stesse opinioni nelle questioni del sentimento, il capire e il cercare le stesse idealità, ti conducono all'accordo dei cuori. L'amare gli stessi libri, gli stessi quadri, l'avere gli stessi gusti intellettuali, ti portano alla concordia dei pensieri, che è quanto dire al paradiso in terra. * * * Non credere però, mia cara, che non vi siano altri disaccordi, all'infuori di questi che ti ho classificati in tre categorie. Ve ne sono cento e mille e mille altri minori, piccoli, piccolissimi, che stanno ai primi come i colpi di spillo stanno alle pugnalate. * * * Questi disaccordi minori non sono sensibili che per le orecchie delicate; ma le donne sono tutte delicate, e tu, amor mio, sei delicatissima per natura e per educazione. E ti conosco tanto, bamboccia mia, da poterti dire, che preferiresti un disaccordo completo a un rosario di piccole e continue disarmonie. Del resto si può uccidere un uomo anche a colpi di spillo. È questione di avere la crudeltà che basti per questa operazione.

Le piccole disarmonie nascono dal guardarsi, dal parlarsi, dal gestire, in un modo piuttosto che in un altro.
Ebbene molti uomini e quasi tutte le donne, che si imbarcano sulla nave del matrimonio, sono nel caso di quel facchino, di quell'avvocato, di quel giornalista, di quel medico, che si volessero improvvisare macchinisti, senza che nessuno di essi conosca il meccanismo di una locomotiva. E c'è questo di aggravante; cioè che la locomotiva è una macchina molto più semplice di un cuore, di un organismo, di un cervello umano. * * * Quando penso a tutto questo, son tentato quasi quasi di dar ragione ai molti, che a furia di meditare sui mille pericoli e sui cento trabocchetti che circondano il matrimonio, rimangono celibi per tutta la vita. * * * Tu però, caruccia mia, sei stata educata in modo da esser felice e da far felice chi ti avrà scelta per isposa, e la tua indole è così buona, è così soave, così delicata da rimediare a qualche magagna, che potesse aver il tuo compagno. E tu lo saprai cercare, e lo saprai trovare l'uomo che ti faccia felice moglie e madre fortunata. Hai sempre amato le cose difficili, e il matrimonio è la difficilissima delle difficili cose. * * * Tu hai sempre a pensare, che il matrimonio è la somma di due esistenze, di due corpi, di due anime, e che messi l'uno accanto all'altro avrebbero a dar per risultato non solo dei figliuoli, ma la perfetta felicità di un uomo e di una donna. In certi momenti un oh o un ah fuori di tempo può essere uno schiaffo. La parola caro pronunziata in una certa maniera può essere un insulto, e un sospiro può essere una tragedia. Ah! se gli uomini conoscessero le donne e le donne conoscessero gli uomini prima di abbordare il santissimo sacramento del conjungo; quanti matrimonii di meno, ma anche quanti e quanti infelici di meno! * * * Io ho sempre raccapricciato davanti alla presunzione goffa e sfacciata, con cui uomini e donne si danno la mano per sempre, senza conoscersi a vicenda non solo; ma senza conoscere di che sia fatta la pasta umana, senza neppure conoscere l'abbici dei caratteri, senza aver letto la prima pagina del libro dell'anima. * * * La colpa è di nessuno e di tutti. Di nessuno, perchè si nasce in una società fondata su false basi, perchè si imparano cento cose inutili, e si nuota nella più tenebrosa ignoranza di ciò che è necessario al sano esercizio della vita. Quanti e quante hanno letto Dante e Shakespeare, quanti e quante suonano del Beethoven e parlano in tre o quattro lingue, e non sanno che cosa sia il carattere; quali ne sieno le origini, quali le leve per muoverlo verso il bene, per affinarlo, per attonarlo. * * * Che cosa diresti, amor mio, se morto improvvisamente il macchinista di un treno in partenza, si chiamasse il primo venuto; fosse poi un facchino o un avvocato; un giornalista o un medico e gli si dicesse: —Animo, montate in macchina e guidate il treno alla sua destinazione. * * * In questa somma incomincia a metter tu per conto tuo più che puoi di amore, di bontà, di indulgenza, di tenerezze, di accorgimenti delicati e di care divinazioni; e allora la cifra totale riuscirà una grossa somma, anche se il compagno tuo mettesse una piccola parte di quei tesori dell'anima, che sono poi gli elementi della felicità. * * * Scusami il paragone troppo grossolano e troppo aritmetico; supponi che la felicità sia rappresentata dal numero cento e a raggiunger questa cifra dovete concorrere in due. Se tu incominci a metter di parte tua settanta o ottanta, al tuo compagno non rimarrà che a dare una quota di trenta o di venti, e la somma tornerà sempre. Se puoi, dà novanta; sarà più facile trovare chi ti dia dieci. Conosco matrimonii molto felici, nei quali la donna dà novantanove, e l'uomo non dà che uno. La buona moglie non rimprovera il socio troppo avaro. La somma torna sempre e la felicità è perfetta. Guai a te, se tu pretendessi dal marito che desse non più, non meno di cinquanta. La tua esigenza lo offenderebbe e il suo tributo alle gioie domestiche scenderebbe subito a proporzioni minime. * * * Pur troppo la donna deve dar sempre più di quel che riceve. Essa è destinata dalla natura al sagrifizio, alla generosità, e sopra ogni altare incensi e tributi e adorazioni son più di femmine che di uomini. * * * Esigi poco, esigi pochissimo da tuo marito, e avrai fatto più che metà del cammino, che conduce alla pace domestica. Così facendo, tutto il di più che ti sarà concesso dall'uomo sempre egoista e sempre meno amoroso della donna, ti sembrerà un dono inaspettato, una cara sorpresa. * * * Se invece ti appoggiassi al diritto delle genti e misurassi il dare e l'avere nella felicità della famiglia colla bilancia della giustizia, ti troveresti dinanzi alle più spiacevoli sorprese, alle più amare delusioni. * * * Le fanciulle quando prendono marito conoscono l'uomo dai romanzi. È per essi o un angelo o un demonio; e siccome naturalmente lo sposo non può, non deve essere un demonio, non può e non deve essere che un angelo. Invece gli uomini, quelli che passeggiano per le vie della città e non nelle pagine dei romanzi, non sono che rare volte demonii; ma angeli non sono mai. Sono animaletti graziosi (quando son belli), che amano sè stessi prima di tutti gli altri e quindi anche prima della sposa; sono bipedi implumi ed anche intelligenti, che nella moglie cercano un aumento di agiatezza o una governante che diriga la casa, una macchinetta gentile e bella, con cui si possa perpetuare la famiglia; una compagna nelle gioie, una infermiera nelle malattie. Essi si mettono un po' di poesia sulla pelle, come mettono i guanti sulle mani e le scarpe sui piedi; ma se la levano subito, appena sono nell'intimità della loro casa. E come gettano via i guanti sulla soglia e si levan le scarpe nella camera da letto per mettersi le babbuccia, così si levan la poesia, che li infastidisce e li secca. * * * Non immaginarti mai, che un fidanzato serbi intatta la poesia di cui ti circonda, una volta che sarà divenuto marito. L'uomo è come l'usignuolo; non canta che quando fa all'amore. E almeno l'usignuolo ad ogni primavera rinnova i suoi divini gorgheggi. L'uomo è meno di lui, perchè non mette fuori i trilli della sua poesia che in una sola primavera; quella del pretendente. Talvolta anzi è così povero di poesia, che è costretto a comprarla o a prenderla in prestito. Fra gli altri ho conosciuto un poetico giovanotto, di cui ebbi occasione di leggere le lettere, che scriveva alla fidanzata. Erano letteralmente copiate dal Foscolo e dal Goethe. Meno male che la sposa non aveva mai letto nè Jacopo Ortis nè il Werther. * * * Son cose tristi e brutte queste che ti scrivo, o angelo mio, ma è meglio saperle prima che poi. Serba per te sacra e intatta la poesia che hai nell'anima e che io e la mamma abbiamo sempre coltivato in te. Con essa ornerai anche la prosa di tuo marito. Purchè in casa ci sieno dei fiori, che cosa importa sapere in qual giardino son stati colti? Frammenti di un codice di diplomazia matrimoniale. Una volta che il pretendente è divenuto fidanzato e da fidanzato marito, il problema della felicità domestica non è ancora risolto. Lo dicono tutte le centinaia e migliaia di infelici, che invocano il divorzio e invano lo aspettano da un Parlamento imbelle e da Ministeri fatti a sua immagine e somiglianza. * * * E ben raro che in un matrimonio infelice la colpa sia tutta del marito o tutta della moglie. Nel più dei casi la colpa è di tutti e due. Talvolta se la dividono in due metà così eguali, che davvero, guardandosi in faccia, potrebbero ridere e gettarsi l'un l'altro con ironia semigaia un Tu l'as voulu, Georges Dandin! Comincia dunque tu stessa, figliuola mia, a portare alla grande associazione della felicità in due, tutta la tua parte di contributo. Tu devi considerare tuo marito, come una parte di te stessa, di cui devi occuparti, come lo fai per le tue mani, per la tua faccia, pei tuoi visceri. Tu governi mani e faccia e visceri, colle regole dell'igiene e sulla guida della tua esperienza. E tu devi governare questa altra metà di te stessa, che è il tuo sposo, colle regole di una sana e sapiente diplomazia. * * * Non spaventarti di questa brutta parola. Se nel mondo politico diplomazia vuol dire l'arte d'ingannarsi a vicenda, nel mondo del matrimonio significa soltanto saper maneggiare l'altra metà di sè stessi con accorta delicatezza, con affetto costante, con profondo conoscimento del cuore umano. * * * E per mostrarti subito l'indirizzo di questa diplomazia domestica ti dirò, che deve ispirarsi tutta quanta al più santo dei precetti fondamentali del Vangelo, corretto però e migliorato: Il Vangelo dice: Amerai il prossimo come te stesso. E la moglie deve dire: Amerai tuo marito più di te stessa. A meno di aver sposato un uomo indegno di questo nome, un egoista di ghiaccio, un vizioso da bordello, un eunuco del cuore; egli ti amerà sempre e molto, pur che tu lo ami sempre e molto. Amor che a nullo amato amar perdona è un verso solo della Divina Commedia, ma è divino davvero, perchè governa quasi tutta la legislazione dell'amore, e finchè l'uomo pesterà coi suoi piedi questo pianeta, potranno mutare le leggi, le consuetudini dell'umana famiglia, ma l'amore sarà sempre il figlio dell'amore. * * * Esigi poco, pochissimo da tuo marito, ed egli ti darà molto, moltissimo. Sii con lui molto indulgente e purchè egli sia onesto e ti ami, non impennarti ad ogni sua distrazione, ad ogni suo capriccio. Gli uomini, vedi, non sono come le donne, che all'amore portano tutti i tesori del sentimento, tutti gli ardori della passione, tutto ciò che sono, che sanno, tutto ciò che valgono; per cui anche i peccati delle donne son quasi tutti mortali, perchè sacrilegi fatti ad un Dio. Gli uomini amano come mangiano, come bevono, come camminano. L'amore è in essi una funzione della vita, non tutta la vita. Molti dei loro peccati d'infedeltà, anzi quasi tutti, non sono che veniali. Mezz'ora dopo scordano il peccato e la peccatrice, e ritornano più teneri, più appassionati alla loro fida compagna. * * * Quante donne per eroica protesta, per intolleranza eccessiva hanno disfatto una famiglia, forse due famiglie; tagliando la ritirata al marito, facendo d'un suo capriccio una passione, d'una sua contravvenzione al galateo un delitto di Corte d'Assise. * * * Molte altre invece con una ceffatina, che pareva una carezza, con un rimprovero che pareva uno scherzo, hanno ricondotto in un'ora all'ovile la pecorella smarrita…. —So tutto, ma ti perdono…. So che tu mi ami sempre…. Qual è l'uomo che a queste parole non si sente arrossire fin nei capelli, che non si inginocchia dinanzi a lei e suggella il suo perdono con tenerezze più calde, con una passione rinnovellata di novelle frondi; con raddoppiato amore? * * * Se il tuo compagno non ha il coraggio di confessare la sua colpa, se si arrampica sulla frana scoscesa delle bugie, lascialo dire; ridi, sorridi e fagli supporre che gli credi; anche quando ti dice le più assurde cose di questo mondo; anche quando si rende ridicolo, come un bambino colto in fallo. Ho sempre ammirato una donna sublime, che del resto fu adorata fino alla morte da suo marito, perchè finse di credere, che ritornato a casa a tarda ora, aveva scambiato un letto per un altro. Per molti, l'apoteosi della viltà o della stupidità, per me una delle forme più alte dell'amore eroico e della sapienza domestica. * * * Io ti auguro e spero, che di questi eroismi non avrai punto bisogno, ma si deve sentirsene capaci. Aggiungo però subito, che tuo marito deve esserne degno. Al vizioso abietto, all'uomo vile e senza carattere, nessuna misericordia, nessuna pietà. Quando hai perduta la stima per il tuo marito, distaccati da lui, e se non lo puoi per legge segna col tuo dito una linea di fuoco, che ti separi da lui. Il peccato di capriccio non deve essere il tradimento quotidiano e vigliacco; la debolezza non deve esser paralisi. * * * Nel contrasto dei gusti, delle idee, dell'ordinamento della famiglia, cedi sempre nelle piccole cose per poter insistere nelle grandi. La contraddizione perpetua, anche se nella più parte dei casi è ragionevole, è una ruggine, che corrode l'amore e lo consuma. Se vuoi saper volere nelle questioni, che toccano la tua dignità o l'educazione dei tuoi figli, devi essere accondiscendente e cedevole in tutte quelle cose di poca importanza, che riguardano il vestire, la cucina, le relazioni con persone indifferenti. * * * Quando vuoi (e ne hai tanto diritto quanto lui), la tua volontà deve appoggiarsi alla ragione, non mai al puntiglio. * * * E volendo, adopera le forme più soavi del desiderio, e il condizionale più spesso dell'indicativo presente. L'uomo è così abituato a comandare, è così pieno e convinto del suo diritto di padrone, che si ribella al voglio e cede al vorrei: s'impenna al farai, e ubbidisce al non ti pare? Questa è diplomazia ed è sapienza: è politica, ma è anche virtù. Nelle più difficili intraprese, quando devi persuadere tuo marito a far cosa giusta, ma che non gli garba, devi piegare parole e cose, in modo che gli sembri di voler egli stesso ciò che tu desideri da lui. Un marito di mia conoscenza si vantava di avere una moglie, che lo assecondava in tutto e non lo contraddiceva mai, nè nelle grandi, nè nelle piccole cose. E invece era sempre lei che voleva, e, per fortuna della famiglia, voleva sempre cose giuste e buone; ma dal suo dizionario aveva cancellato il verbo volere e il verbo comandare. Erano per lei vocaboli affatto inutili e li credeva anche pericolosi. Invece le donne, che li hanno sempre sulle labbra, non riescono mai a volere e a comandare, e si rassegnano brontolando a una schiavitù, che le umilia e le disonora. L'uomo maschio è un animale feroce, ma che si ammansa colle carezze, coi baci, colle parolette soavi. Si ribella e mostra i denti a chi alza la voce o lo picchia. Anche i leoni si domano col latte più che colle busse. * * * Tu adori tua madre, e tua madre è una santa, che non è vissuta che per me e i suoi figliuoli; ma quando piglierai marito, tu devi viver sola con lui. Ti auguro, che tu possa fondare il nuovo alveare accanto all'antico, a quello dove sei nata; ma in ogni modo nè tu in casa dei tuoi suoceri, nè tuo marito in casa di tua madre. Il tuo fidanzato, nelle ore di estasi, quando tutto il cuore si affoga nel miele degli affetti più dolci e più generosi, di certo ti proporrà di non separarti dalla tua mamma. Non accettare quel dono, ch'egli sarebbe il primo a rimpiangere. Non è invano, che i proverbii e la commedia e la satira hanno se...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'arte di prender marito
  3. Indice dei contenuti
  4. Parte prima
  5. Capitolo primo
  6. Capitolo secondo
  7. Capitolo terzo
  8. Capitolo quarto
  9. Capitolo quinto
  10. Parte seconda
  11. Il manoscritto del babbo
  12. Il marito tiranno
  13. Il marito debole
  14. Il marito geloso
  15. Il marito avaro
  16. Il marito stupido
  17. Il marito libertino
  18. Il marito fannullone
  19. Il marito negoziante
  20. Il marito banchiere
  21. Il marito proprietario di terre
  22. Il marito industriale
  23. Il marito artista
  24. Il marito ingegnere
  25. Il marito medico
  26. Il marito avvocato
  27. Il marito letterato
  28. Il marito scienziato
  29. Il marito politico
  30. Il marito militare
  31. Altri consigli del babbo a sua figlia nella scelta del marito.
  32. Parte terza
  33. Conclusioni