“Com’era bella la mia Fiume!”
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra. Ugo Foscolo (a Zacinto)
Nerina Germanis
Nerina è una figura familiare, parte essenziale dei ricordi legati alla mia infanzia; come mia madre veniva dalla stessa terra e aveva patito le stesse pene. La ricordo sempre distinta, cordiale ma assai riservata, a spasso per Gaeta col marito o con i figli, ed ora, ogni tanto, quando il sabato torno a trovare mamma, la incontro in paese col cane che la segue nelle solitarie passeggiate o mentre attende l’autobus che la riporterà a casa.
Nerina Germanis nasce a Fiume il 21 marzo 1926 dal papà Francesco e dalla mamma Alice Pagnoni; è la più giovane di cinque figli: Nereo, Ruggero, Argia e Iolanda.
Ricorda Nerina : “Il papà Francesco era tipografo linotipista al giornale “Vedetta d’Italia”, la mamma, casalinga; la famiglia risiedeva a Fiume nel bel rione Potok , in Via Torricelli n 3, dove si ergevano (e ancora oggi sono lì) le case I.N.C.I.S. (Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato)”. La vita familiare era scandita dai ritmi ordinati della quotidiana operosità del papà che lavorava al giornale, e della mamma che provvedeva alla cura della casa e della famiglia”.
In mezzo a questi edifici era un bel giardino di forma ovale ove, tra rare piante ben curate, giocava Nerina con le sue piccole compagne. Ancora oggi quel giardino è là, vilipeso dal tempo e dall’incuria ma, per chi vi ha vissuto l’infanzia, è luce che giova ai ricordi.
Torniamo a Nerina.
A Fiume, sino all’inizio della guerra, compie gli studi e ricorda bene i tempi della scuola elementare Manin. “L’edificio era appena costruito, con il parquet a terra e noi bambini, prima di entrare in classe, passavamo in un piccolo ripostiglio dove ci spogliavamo sostituendo le scarpe con pantofole per non rovinare il pavimento nuovo. I ragazzi erano educati e crescevano nel rispetto degli insegnanti e dei bidelli che accudivano con attenzione alla pulizia delle aule, provvedendo anche al cambio dell’inchiostro”.
Della scuola Nerina ha bei ricordi e ripensa con piacere all’ora di ginnastica, alle adunate del sabato e alla preparazione del saggio che si teneva alla fine dell’anno con una cerimonia importante cui partecipavano tutte le scuole della città.
La famiglia Germanis, con figli e parenti, sino all’inizio della guerra conduce una vita tranquilla e serena; lei, cattolica, a scuola ha compagni di differenti etnie e religioni, come gli ebrei che, purtroppo, “spariscono” dopo le leggi razziali del 1939. I primi anni di guerra, pur nelle difficoltà del vivere, non sono poi tanto terribili ma, dopo l’8 settembre del ’43, tutto cambia: i Tedeschi arrivano in città e Fiume è sottoposta a quotidiani bombardamenti perché sede di una fabbrica di siluri e per il porto. Inoltre la frontiera è là, lungo il fiume Enéo, oltre il quale ci sono le truppe jugoslave ed i partigiani di Tito (Croati) che da tempo attendono il momento opportuno per occupare la città e impossessarsi del territorio.
I Fiumani hanno paura dei Croati, sono diffidenti perché da sempre ne conoscono le mire, ne avvertono la rivalità, ne temono la crudeltà ma, quando passati i primi anni di guerra, arriva l’8 settembre, la città è impreparata e inerme: tutt’intorno gruppi di partigiani slavi che hanno conquistato le cittadine di Castua, Mattuglie, Abbazia, Volosca e Laurana e corrono voci di rappresaglie contro gli Italiani più in vista.
La storia ufficiale ci dice che nei paesi della riviera istriana nel Carnaro e nelle campagne, intere famiglie di Italiani furono sterminate e gettate nelle foibe (Castua, Kostrena ed altre località dei dintorni conoscono l’orrore dei ritrovamenti). Fiume fu difesa dal Generale Gambara che, per impedire l’occupazione della città da parte delle bande di partigiani slavi attestati sulle montagne, lungo il confine, e danni alla popolazione, s’impegnò a consegnarla alle truppe tedesche. E’ così che nel pomeriggio del 14 settembre del ’43 il Gruppo di Combattimento Volcker si introdusse in città. La mattina del ’15 settembre i partigiani di Sussak fecero saltare i tre ponti che la univano a Fiume ma il giorno seguente i Tedeschi entravano ugualmente nella città croata vincendo la resistenza dei seguaci di Tito.
Il periodo compreso tra il ’43 e il ’45 è duro: scarseggia il cibo e la città è sottoposta a continui bombardamenti e al coprifuoco. La popolazione viene strettamente controllata e i Tedeschi obbligano le persone abili – dai ragazzi di 14 anni agli anziani che non sono sotto le armi - al lavoro presso la TODT (organizzazione del lavoro tedesca).
Anche Nerina è impiegata presso i cantieri navali ed è qui che nel febbraio ’45 conosce Luciano Manzoni, occupato come disegnatore nava...