Racconti dal Dakota
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Racconti dal Dakota

Main-Travelled Roads Series

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Racconti dal Dakota

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Informazioni sul libro

In un’epoca in cui le praterie selvagge del Midwest sono incalzate dall’avanzare della civiltà e dell’industria, alcuni pionieri si spostano ancora più a ovest per creare un nuovo mondo, in Dakota.
Dopo averci fatto riscoprire un Mississippi mai raccontato, Hamlin Garland torna a parlarci dell’America profonda, un’America lontana dal fremito e dagli agi delle grandi città, dove il tempo sembra scorrere più lentamente e l’orizzonte regala paesaggi sterminati. Le sei storie che formano Racconti dal Dakota narrano della colonizzazione di una regione selvaggia nel cuore degli Stati Uniti, dove la natura è assediata dall’uomo e dove le donne possono sognare un destino diverso. In Racconti dal Dakota, troverete i racconti:
Il Moccasin Ranch
Il raccoglitore di panna
Una bella giornata
Zio Ethan Ripley
I corvi di Dio
La moglie di un buon uomo

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Informazioni

Editore
D Editore
Anno
2019
ISBN
9788894830415
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici

Il Moccasin Ranch

Una storia dal Dakota

I - Marzo

All’alba di un giorno di marzo del 1883, quando il blu della notte e il rosso del nuovo sole si mescolavano con ardore, due carri si perdevano nel paesaggio mentre si allontanavano pigramente da Boomtown, il “Gigante delle Pianure” fondato solo due anni prima. Superata anche l'ultima casa, la scena si tingeva di toni eccezionali, quasi alieni agli occhi dei nuovi arrivati. Eppure, il tutto li attraeva in modo irresistibile.
La città era ormai alle loro spalle, lasciando fuori dal campo visivo quell’enorme spiazzo senza alberi. Come molte città del Dakota, Boomtown sembrava un insieme di dadi lanciati alla rinfusa su un tavolo coperto da una tovaglia color ruggine. Le case di questi luoghi erano per lo più baracche in legno di pino di un piano. L’unico elemento capace di rallegrare un poco quell’insediamento erano le tende, che qua e là brillavano nella penombra delle finestre.
Il vento soffiava gelido da ovest. Il sole si alzò rapidamente, e il sottile velo della nebbia del mattino si dissolse, lasciando a una sconfinata distesa di cielo il compito di sovrastare una pianura quasi egualmente maestosa. C'era un fascino struggente nell'aria, un odore di terra fresca, una vastità e uno splendore che esaltava i pellegrini in un modo che nessuna parola è in grado di descrivere.
In alcuni punti, la prateria era increspata di brina, mentre nelle depressioni si formavano dei piccoli stagni d’acqua. Le oche volavano lentamente controvento, mentre le anatre giacevano qua e là su quegli estemporanei laghetti bordati dal ghiaccio. Seguivano un sentiero nero, spoglio e così pieno di brina che il loro passaggio era accompagnato dai rumorosi scricchiolii delle ruote. Il fischio del conducente arrivò lontano, spaventando le anatre nei loro luoghi di riposo notturni.
Uno dei due carri trasportava assi e travi per una casa, oltre che a qualche utensile domestico. Il conducente, un uomo sulla trentina con gli occhi azzurri e un volto asciutto, camminava accanto ai suoi cavalli. I suoi occhi erano pieni di meraviglia, ma camminava in silenzio.
Il secondo carro era stato riempito con scatole e barili di generi alimentari e di ferramenta, ed era guidato da un bel giovanotto con grandi baffi castani. Il suo nome era Bailey e sembrava che stesse indicando la strada per il suo compagno, che chiamò Burke.
Mentre il sole sorgeva, il paesaggio attorno a loro sembrava quasi che si stesse trasformando. Il livello del terreno attorno a loro si sollevò fino all'orizzonte, tanto che i due gruppi immaginarono di essere finiti sul fondo di un'enorme ciotola. Ovunque apparivano forme dai contorni mistici, grottescamente allungate, irriconoscibili. Le colline a venti, trenta miglia di distanza sembravano innalzarsi come architetture magnifiche, stupefacenti. I salici divennero olmi, la baracca di un pioniere si innalzò fino a diventare un torrione, le città – fino a quel momento invisibili – sembrarono essere sommerse nell'inondazione di luce d’oro che si riversò nella prateria.
Burke marciava a testa alta. Era come se si fosse improvvisamente svegliato in un nuovo mondo dove nulla era familiare. Di fronte a lui non c'erano alberi o cespugli. Non il segno di un aratro o di un frangizolle: tutto era selvaggio e ricco di una carica mistica e gloriosa. Ai suoi occhi, quel paesaggio sembrava un nuovo mondo che stava per nascere.
Ad ogni ora che passava, il cammino dei pellegrini era accompagnato dal movimento del sole, che presto mise in fuga le spaventose immagini del mattino sull'orizzonte, riempiendo la pianura con una luce nuova, riscaldando l'aria di marzo. Ad ogni ora che passava, i cavalli si trascinavano in avanti, fino a quando anche l'ultima capanna non scomparve a oriente. Ad ogni ora che passava, i due carri avanzavano finché anche la strada non svanì in una scia quasi impercettibile sul terreno.


* * *


E così, alla fine, arrivarono dove un tripode – tre semplici assi di legno inchiodate a formare gli spigoli di una piramide invisibile – aspettava per salutare un nuovo proprietario. Ma non era quello il porto in cui sarebbero approdati. Burke si sentiva come un marinaio dei tempi antichi al suo primo viaggio attraverso l’oceano. I suoi occhi scrutavano inquieti la pianura, e iniziò a sognare. Bailey, un pioniere con già due anni di esperienza, fischiò alle bestie stanche per farle riposare.
La voce chiara di Bailey squillò tra i lamenti dei cavalli: «Quando raggiungeremo quell'altura, potremo vedere le colline occidentali». Le colline occidentali! Burke, l'uomo dell'Illinois, era emozionato come se stesse per accarezzare una nuvola.
«Guarda, è lì che si innalzano», incalzò Bailey poco dopo.
Burke guardò oltre, verso ovest. Poco più in basso dell'orizzonte giaceva una lunga riva blu, appena più consistente di una linea di nuvole.
«Quanto siamo lontani?», chiese senza riuscire a nascondere l’emozione.
«Circa venticinque miglia. Il terreno che andremo a reclamare è proprio a metà strada». Bailey indicò la direzione con la frusta. «Ci mancano circa dodici miglia. Ora siamo in un terreno che deve essere ancora assegnato».
Burke provò un brivido di gioia mentre si guardava intorno. In lontananza, altre carrozze strisciavano come scarafaggi. Un paio di piccole case di legno, costruite di recente su un crinale vicino, sembravano brillare come una pepita d’oro illuminata dal sole. Lasciato il terreno in cui si erano fermati per riposare, le pile di legname e i tripodi si facevano sempre più numerosi. A mezzogiorno si fermarono di nuovo per mangiare insieme agli animali, seduti accanto ai carri.
Mentre si riposavano, Bailey teneva lo sguardo sulla traccia lasciata dai loro carri, sperando di vedere il loro compagno, Rivers: «Jim dovrebbe arrivare a momenti», disse per l’ennesima volta.
Burke sembrava ansioso. «Non si sarà mica perso, vero?»
Bailey rise della sua ingenuità. «Jim Rivers ha guidato pionieri in circa settantacinque terreni da reclamare, la scorsa primavera. Non credo che perderà facilmente l’orientamento».
«Ho paura che Blanche si innervosisca».
«Oh, Jim saprà prendersi cura di lei. Non si sentirà sola, tranquillo. Lui sa come intrattenere le donne. Ma queste chiacchiere non ci faranno arrivare prima. Andiamo, ripartiamo», concluse alzandosi.
Proprio mentre stavano per ripartire, un altro carro si stava avvicinando a gran velocità. La carrozza aveva delle sospensioni che facevano ondeggiare in modo vistoso l’abitacolo, con un uomo e una donna sul sedile anteriore. Dietro, un paio di giovanotti attenti sedevano con i fucili in mano, osservando la pianura che lentamente si allontanava.
«Salve», urlò cordialmente il conducente. «Come va?»
«Stiamo molto bene», replicò Bailey.
«Dovresti parlare al singolare. Iniziavo a pensare che non ci avresti raggiunti», replicò Burke scherzando mentre si avvicinava al carro. «Be’, Blanche, allora, cosa te ne pare? Siamo abbastanza lontani?»
«Non ancora», replicò sua moglie, candidamente. Blanche era una donna meravigliosa, ma sembrava stanca e affaticata in quel momento. «Mi piacerebbe cavalcare con te», aggiunse.
«Perché? Per fare cosa?», rispose Rivers con finto astio. «Perché non resti con noi per il resto del viaggio?»
«Potremo farlo presto, Blanche», disse Burke. «Per me il viaggio è più duro del tuo; devo caricare e scaricare il carro di continuo e aiutare i cavalli a spingere. Tu resta sul carro, arriverai prima di me».
Blanche si risedette, quasi si vergognasse di spiegare il motivo per il quale non voleva più viaggiare con quegli strani uomini.
«Dài, Blanche, ero nel bel mezzo di una storia», aggiunse Rivers, cercando di stemperare la tensione. «Bene, andiamo», e ordinò ai cavalli di muoversi facendo schioccare la frusta. «Vi faremo trovare la cena pronta», urlò poco dopo Rivers.
Burke aveva ancora in mente lo sguardo di sua moglie. Aveva ragione, sarebbe stato bello se fosse rimasta con lui. Erano sposati da diversi anni, ma il suo amore restava forte. Forse, perché era una persona caparbia, capace di tenerlo al suo posto, ma senza essere arrogante.
Era una donna piccola ma forte, mentre lui era un uomo semplice, forse un po’ curvo, con il volto sottile e il pomo d’Adamo ben pronunciato. Era riuscita a fargli avere una piccola proprietà, il ché era più che sufficiente a darle voce in capitolo tutte le scelte riguardanti la loro famiglia.
Aveva acconsentito a vendere la loro fattoria nell’Illinois con riluttanza, e Burke se lo ricordava bene mentre cavalcava col suo carico di mobili. Questo mise Burke in uno strano stato di agitazione; era ansioso di conoscere quale fosse la prima impressione di Blanche della loro nuova terra. Provò a mettersi nei suoi panni per un istante, e fu atterrito dal profondo senso di solitudine e dalla durezza che quella terra avrebbe potuto instillare in sua moglie. Comprese solo allora quanto il punto di vista di una donna potesse essere diverso da quello di un uomo che si stava per lanciare in una nuova avventura. Per un uomo, tutto era avventuroso e il mondo si schiudeva davanti ai suoi passi come una terra ricca di nuove scoperte; Blanche avrebbe dovuto accontentarsi di aspettarlo a casa, senza nessuna faccia amica nelle vicinanze per addolcire la routine che si prospettava essere per lunghi anni dura e penosa.
Furono costretti a scaricare i carri due volte per poter attraversare delle depressioni causate dal gelo. Iniziava a farsi buio quando raggiunsero la piccola altura da cui era possibile vedere una fioca luce rossa. Burke intuì essere il loro capanno ancora prima che Bailey esclamò, esultante: «Ci siamo!»
Il vento si era fatto gelido e umido, le anatre cigolanti si stavano radunando sulle pozze e strani rumori provenivano da onde spettrali di ruscelli nascosti. I cavalli stanchi avanzarono silenziosi sul prato, che durante il giorno si era addolcito. Vedendo brillare la luce della lanterna di fronte a quell’abbozzo di edificio, il loro spirito si ravvivò, e presero la decisione di fare quell’ultimo tratto con maggior scioltezza.
L’improvvisa apparizione di Blanche, illuminata dalla tenue luce ambrata del lume, fu una rivelazione di meravigliosa bellezza per Burke. Era in piedi ad attenderlo, sulla soglia della baracca che veniva usata come magazzino e staffetta per quell’area. Piazzata sulla prateria umida e buia, circondata da una sconfinata distesa di terra sconosciuta, quella baracca era ai loro occhi il palazzo di un radioso regno.
«La cena è pronta, Willard», urlò Blanche portandosi entrambi le mani al viso per amplificare il suo richiamo. Bastò la sua voce per dare energia al cuore dell’uomo stremato da quel viaggio estenuante.
Bailey uscì fuori con uno dei pionieri.
«Vieni a cenare, ragazzo. Ci prenderemo cura noi dei cavalli», gli ordinò cordialmente.
I pionieri accettarono volentieri l’offerta e, dopo essersi sciacquati velocemente il volto con la fredda acqua di una piccola pozza, si sedettero per gustare la cena a base di patate tritate, pancetta, uova e tè che Blanche aveva preparato. La fatica fece spazio a un tipo di gioia che solo il lavoratore stanco conosce.
La signora Burke era di ottimo umore. La novità del viaggio, la rozza baracca con i suoi trucioli ovunque, le scatole usate come sedie e i sacchi di fieno come letti risvegliavano qualcosa di primitivo in lei. D'un tratto, si accorse che la nostalgia di casa e i suoi vaghi rimpianti erano scomparsi. Il suo sorriso riempiva Burke di felicità.
Rivers e gli altri arrivarono poco dopo e, dopo cena, tutti si misero a parlare con nuova energia. I pionieri più giovani erano entusiasti per i terreni che erano riusciti a reclamare; erano orgogliosi ed esaltati dal fatto che potevano finalmente avere un luogo da chiamare “casa”. Poco gli importava in quel momento dei ceppi e delle pietre che avrebbero dovuto strappare dal terreno nei giorni a seguire.
«Ci sono volute tre generazioni della mia gente per pulire quaranta acri di terra», disse uno di loro. «Hanno consumato ogni fibra del loro essere per quella terra. Dissi a Hank che poteva tenersi la fattoria, che io me ne sarei andato a ovest per cercare una terra che non avrebbe richiesto la vita di un uomo per essere ripulita. E l'ho trovata».
Rivers era riuscito a conquistare l’amicizia della signora Burke dopo aver passato un po’ di tempo spensierato seduti assieme a tavola e averla aiutata a lavare i piatti. «Qui tutti devono saper fare tutto, anche lavare i piatti». Aveva degli occhi castani e brillanti, una voce piacevole ed era tra i più popolari avvocati e agenti fondiari di Boomtown. Non amava la vita d’ufficio, e così si era associato a Bailey per supportare la colonizzazione del west. Aveva sempre la battuta pronta, il ché lo rendeva simpatico e ben voluto da un po’ da tutti.
A volte Bailey lo prendeva in giro: «In mancanza d’altro, Rivers flirterebbe anche con una nativa settantenne. Ma questo non vuol dire che sia un poco di buono. È solo il suo modo di fare. È uno dei più grandi ruffiani che mi sia mai capitato di conoscere». Ma alcuni tra di loro non riuscivano a scherzare sull’atteggiamento dell'agente fondiario e non si fidavano del tutto.
Bailey assunse il comando: «Ora, ragazzi», disse, «andiamoci a sistemare e permettiamo alla signora Burke di prepararsi per la notte». Fece strada verso il magazzino, e gli altri uomini lo seguirono. Tutti tranne Burke, che rimase per sistemare la tenda di calicò con la quale sua moglie aveva progettato di proteggere il loro sonno.
Il volto di Blanche tradiva un certo turbamento, probabilmente dovuto alla prospettiva di dormire protetta da una barriera così fragile.
«Cara, non c’è nulla di cui preoccuparsi nel dormire in un carro», disse suo marito.
Poco dopo, Rivers fece capolino oltre la porta del magazzino. «Tutto pronto, Bailey».
Bailey stava sistemando il suo giaciglio su una panca traballante, che serviva sia da letto che da seduta, mentre gli altri uomini giacevano meglio che potevano nella dispensa.
Bailey uscì sul fronte della baracca per guardare la lanterna che aveva montato su una delle travi. Rivers lo seguì.
«Pensi di lasciarla lì tutta la notte?»
«Sì. Forse potrà aiutare qualche povero diavolo ad orientarsi nella notte».
Rivers cambiò improvvisamente tono di voce: «La signora Burke è davvero graziosa, non è vero? Come fa quello stecchino ad aver conquistato una regina come quella? Devo sposarmi, Bailey, è questa la verità».
Bailey prese la frase del suo amico con più leggerezza di quanto meritasse. Rise: «Te lo auguro, Jim, così non dovrai più sopportare la mia cucina».
Blanche non riusciva a dormire. «Non è magnifico?», sussurrò. «È tutto così strano, come essere fuori dal mondo, in qualche modo».
Burke sentì le anatre starnazzare nel Moggason, e anche lui sentì il silenzio e l'immensità della pianura fuori. «Credo che ci piacerà qui, Blanche», disse dopo un po’.


Il nuovo sole portò con sé una giornata impegnativa per la signora Burke. La colazione che aveva preparato all’alba era abbondante e gustosa, e Rivers, che la aiutò a prendere l’acqua e a preparare il fuoco, era pieno di vita ed energie. Sembrava quasi che non avesse altro da fare se non prendersi cura di lei.
La chiamò per mostrarle l’alba. «Non è meraviglioso?», disse esultante. Le oche selvatiche stavano passando in volo e si poteva sentire il richiamo delle anatre venire da ogni direzione. Indicò alcune lontane colline, richiamando la sua attenzione su un’imponente fila di gru che scendeva lungo il crinale, facendole vedere la meraviglia e la bellezza di questo nuovo mondo.
«Ti piacerà vivere qui», disse con convinzione. «Il clima è perfetto, e a breve avrai più vicini di quanti vorrai conoscere».


Dopo pranzo, Bailey e Burke lasciarono il “Moccasin Ranch” – come Bailey aveva iniziato a chiamare il magazzino e la baracca – per portare mobilio e legname da costruzione all’appezzamento dei coniugi Burke. Rivers rimase al magazzino per aspettare altri pionieri, così come la signora Burke, che accettò di restare per preparare la cena per tutti.
Durante quella lunga mattinata, Rivers fece di tutto per evitare che Blanche si sentisse sola. Era occupato con il magazzino, ma trovò il tempo di tenere vivo il fuoco, di portarle l’acqua e di raccontarle della sua vita da scapolo con Bailey. Non era stata mai servita con tanta reverenza, cosa di cui fu molto grata. Lui la incoraggiò a preparare delle torte e a cucinare una cena da Re. «Sarà come essere a un pranzo di nozze», disse lui sorridendo.
Burke e Bailey tornarono a mezzogiorno per il pranzo.
«Signora Burke, questa notte potrà dormire nel mio ranch», annunciò Bailey, con fare trionfale.
«Se riesci a finire il tetto», incalzò uno degli uomini.
«Be’, almeno sarà un posto nuovo», rispose suo marito, con un sorriso timido.
Dopo cena, si mise a sistemare come meglio poteva stoviglie e piatti e, come lo vide arrivare al suo carro, gli disse: «Bene, signor Rivers: immagino che abbia altro di cui prendersi cura».
Rivers sospirò comicamente. Sospirò, e guardando il suo partner disse: «Bailey, non capivo cosa mancasse nella nostra vita. Ora lo so: abbiamo bisogno di una donna».
Bailey sorrise: «Va a prendertene una. Non vorrai mica chiedere a un fattore barbuto e maldestro come me di farti da sposa».
«Ok, vado. Mi sposo domani», rispose Rivers con una inflessione buffa. Risero tutti, e Burke si avvicinò ai suoi cavalli: «Be’, arrivederci ragazzi. Ci vediamo presto».
Lasciato il ranch, si inoltrarono in una prateria dove il terreno non era mai stato solcato dalla ruota di un carro. Si potevano vedere i sentieri scavati dai bufali, solchi profondi che correvano da nor...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Racconti dal Dakota
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione
  5. Il Moccasin Ranch
  6. Il raccoglitore di panna
  7. Una bella giornata
  8. Zio Ethan Ripley
  9. I corvi di Dio
  10. La moglie di un brav’uomo