Maximum Illud
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Benedetto XV (Giacomo Paolo Giovanni Battista della Chiesa, Pegli di Genova, 21 novembre 1854 – Roma, 22 gennaio 1922) è stato il 258º papa della Chiesa Cattolica. Si oppose fermamente alla Prima Guerra Mondiale definendola una "inutile strage". È stato uno dei promotori di massimo rilievo del rinnovamento missionario cattolico in atto nella prima metà del Novecento. Con la Maximum illud, celebre lettera apostolica pubblicata nel 1919, diede un nuovo impulso all'implementazione delle missioni cattoliche in tutto il mondo. Prese posizione contro gli interessi coloniali delle potenze occidentali con un'inversione di marcia che contribuì a riportare la missione della Chiesa sulla via evangelica. Testo in italiano e latino.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2018
ISBN
9788893456593

MAXIMUM ILLUD (Italiano)

LETTERA APOSTOLICA
MAXIMUM ILLUD
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XV
AI PATRIARCHI, PRIMATI,
ARCIVESCOVI E VESCOVI
DEL MONDO CATTOLICO
SULL'ATTIVITÀ SVOLTA DAI MISSIONARI
NEL MONDO
*

Venerabili Fratelli,
salute e Apostolica Benedizione.
La grande e sublime missione che, sul punto di ritornare al Padre, il Nostro Signore Gesù Cristo affidò ai suoi discepoli quando disse: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), non doveva certamente terminare con la morte degli Apostoli, ma durare, per mezzo dei loro successori, sino alla fine dei tempi, cioè sino a quando fossero esistiti sulla terra degli uomini da salvare col magistero della verità. È infatti fin da quel giorno che «essi andavano e predicarono per ogni dove» (Mc 16,20), e in modo che la «loro voce si è diffusa per tutta la terra, e le loro parole sino ai confini del mondo» (Salmo 18,5). La Chiesa di Dio, memore del divino mandato, non cessò mai, attraverso il corso dei secoli, di inviare per ogni dove banditori e ministri della divina parola che annunziassero l’eterna salvezza recata al genere umano da Cristo. Persino durante il periodo dei primi tre secoli del cristianesimo, quando la furia delle persecuzioni, scatenate dall’inferno, pareva dovesse affogare nel sangue la Chiesa nascente, la voce del Vangelo fu bandita e risuonò fino agli estremi confini dell’Impero Romano. E quando poi furono concesse pubblicamente alla Chiesa la pace e la libertà, assai maggiori furono i suoi progressi compiuti con l’apostolato in tutto il mondo, per opera specialmente di uomini insigni per zelo e santità. È l’epoca in cui Gregorio l’Illuminatore conduce l’Armenia alla fede cristiana; Vittorino la Stiria; Frumenzio l’Etiopia; quando Patrizio conquista a Cristo gl’Irlandesi; Agostino gli Inglesi; Colomba e Palladio gli Scoti; Clemente Willibrord, il primo Vescovo di Utrecht, evangelizza l’Olanda, Bonifacio e Ausgario la Germania, Cirillo e Metodio gli Slavi. Allargandosi ancora la cerchia dell’apostolato, Guglielmo de Rubruquis penetra con la face del Vangelo fra i Mongoli, il beato Gregorio X manda missionari in Cina, e i figli di Francesco d’Assisi poco dopo vi stabiliscono una fiorente cristianità, abbattuta in seguito dalla tempesta della persecuzione.
Poi, scoperta l’America, una schiera di uomini apostolici, fra i quali è da ricordare principalmente Bartolomeo Las Casas, gloria e luce dell’Ordine Domenicano, si consacra alla protezione di poveri indigeni, contro l’infame tirannia degli uomini, allo scopo di liberarli dalla durissima schiavitù dei demoni. Nella stessa epoca Francesco Saverio, degno egli pure di essere paragonato agli Apostoli, dopo aver tanto sudato nelle Indie Orientali e nel Giappone per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, muore sul limitare dell’Impero Cinese, verso il quale anelava, quasi dischiudendo con la sua morte la via ad una nuova evangelizzazione di quelle sterminate regioni, dove i solerti figli di tanti Ordini religiosi e di tanti Istituti missionari avrebbero esercitato l’apostolato tra mille vicissitudini.
Infine l’Australia, l’ultimo continente scoperto, e parimenti l’Africa centrale, esplorate con audacia e costanza, ricevettero gli araldi della Fede cristiana; e nell’immenso mare Pacifico non esiste alcuna isola, per quanto sperduta, che non sia stata raggiunta dallo zelo operoso dei nostri Missionari.
Fra questi, molti, anelando alla salvezza dei propri fratelli, sull’esempio degli Apostoli giunsero ai fastigi della santità. E molti altri, coronando con il martirio il loro apostolato, suggellarono la loro Fede con il sangue.
In verità, è motivo di grande stupore constatare che, dopo tante così gravi fatiche sofferte dai nostri nel propagare la Fede, dopo tante illustri imprese ed esempi di invitta fortezza, siano ancora così numerosi coloro che giacciono nelle tenebre e nelle ombre della morte, dato che il numero degli infedeli, secondo un recente computo, arriva al miliardo.
Noi, pertanto, commiserando l’infelicità di una così rilevante moltitudine di anime, e desiderosi, per sacro dovere Apostolico, di renderle partecipi della divina Redenzione, vediamo con viva gioia e conforto che, sotto l’influsso dello Spirito di Dio, va ogni giorno aumentando in varie parti della cristianità lo zelo dei buoni nel promuovere e sviluppare le sacre Missioni fra gl’infedeli. E appunto per assecondare questo movimento e dargli vigoroso impulso in tutto il mondo, come dobbiamo e ardentemente auspichiamo, Noi, dopo avere implorato insistentemente lume ed aiuto dal Signore, inviamo a voi, Venerabili Fratelli, questa lettera, che infervori voi, il vostro clero e i popoli a voi affidati, e vi indichi in qual modo possiate giovare a questa santissima causa.
Innanzi tutto rivolgiamo la parola a coloro che, in qualità di Vescovi o di Vicari o di Prefetti Apostolici, presiedono alle sacre Missioni; da loro infatti dipende direttamente la propagazione della Fede, ed è in loro che la Chiesa tiene riposta la speranza della sua maggiore espansione. Non ignoriamo quanto sia vivo in loro lo spirito dell’apostolato. Ci sono ben note le immense difficoltà che essi hanno dovuto superare e l’ardue prove che hanno subìto, specie in questi ultimi anni, non solo per non perdere le posizioni già acquisite, ma anche per dilatare sempre più il regno di Dio. Tuttavia, ben conoscendo il loro attaccamento e la loro filiale pietà verso questa Sede Apostolica, apriamo loro con piena fiducia il Nostro cuore, come farebbe un padre coi suoi figli. Pensino dunque innanzi tutto che essi, come si dice, devono essere l’anima della loro Missione. Perciò siano specialmente col loro zelo di esemplare edificazione ai loro sacerdoti e cooperatori, esortandoli e incoraggiandoli sempre a maggior bene. Poiché tutti quelli che in qualsivoglia modo lavorano in questa vigna del Signore devono capire, sperimentare, e diremo quasi sentire che essi nel superiore hanno un vero padre, vigile, diligente, pieno di premura e di carità, che tutto e tutti abbracciando affettuosamente condivide con loro gioie e dolori, asseconda e promuove ogni buona iniziativa e, in una parola, considera come cosa sua propria tutto ciò che a loro appartiene. La sorte di una Missione dipende, si può dire, dal modo con cui è diretta: perciò può riuscire assai dannosa l’inidoneità di chi la governa. Infatti, chi si consacra all’Apostolato delle Missioni, abbandona patria, famiglia e parenti; si avventura spesso a un lungo e pericoloso viaggio, disposto e pronto a tollerare qualunque travaglio pur di guadagnare moltissime anime a Cristo. Se egli pertanto ha un superiore che lo assiste in ogni circostanza con provvida carità, non v’è dubbio che l’opera riuscirà assai frut...

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