Il circolo Pickwick
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Il circolo Pickwick

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"Il Circolo Pickwick" fu il primo romanzo dello scrittore inglese Charles Dickens. Viene considerato uno dei capolavori della letteratura britannica. L'opera vuole essere un resoconto dei viaggi che il signor Samuel Pickwick, fondatore del Circolo Pickwick, compie nel maggio 1827 assieme agli amici Nathaniel Winkle, Augustus Snodgrass e Tracy Tupman, attraverso l'Inghilterra del primo Ottocento con l'intenzione di descriverne gli abitanti, fra situazioni paradossali e personaggi bizzarri. Charles John Huffam Dickens (7 febbraio 1812 – Higham, 9 giugno 1870), è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico. Traduzione a cura di Federigo Verdinois (1844-1927), giornalista, scrittore e traduttore italiano.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2015
ISBN
9788899617424

II. Il primo giorno di viaggio e le avventure della prima sera con le relative conseguenze

Quel servo fedele di ogni lavoro, che è il sole, s’era appunto levato ed avea incominciato a spandere la sua luce sul tredicesimo giorno di maggio milleottocentoventisette, quando il signor Samuele Pickwick sorse come un altro sole dai suoi riposi; e spalancata che ebbe la finestra di camera sua, gettò uno sguardo collettivo sul mondo sottoposto. La via Goswell gli stava ai piedi, la via Goswell si stendeva alla sua destra, la via Goswell si sviluppava verso sinistra per quanto l’occhio portava, e di faccia a lui si apriva appunto e si dilungava la via Goswell. “Tali sono” pensò il signor Pickwick “gli angusti criteri di quei filosofi i quali tenendosi paghi all’esame delle cose direttamente tangibili, non guardano alle verità che vi si nascondono. Allo stesso modo, io potrei esser soddisfatto di contemplare per sempre questa via, senza fare alcuno sforzo per penetrare nelle misteriose regioni che da ogni lato la circondano.” E così, dato sfogo a questa bella riflessione, il signor Pickwick procedette alla duplice operazione di metter la propria persona nei suoi vestiti e i suoi vestiti nella valigia. Ben di rado i grandi uomini sono molto scrupolosi nella cura della persona; sicchè il radersi, il vestirsi e il sorbire del caffè fu fatto in men che non si dica; e di lì ad un’ora, il signor Pickwick, con la valigia in una mano, il cannocchiale nella tasca del soprabito, il libro degli appunti nel taschino della sottoveste a ricevere tutte quelle scoperte che fossero degne di particolare menzione, era arrivato alla piazza delle vetture di San Martino il Grande.
– Ehi, cocchiere! – chiamò il signor Pickwick.
– Eccoci qua, signore, – rispose uno strano esemplare della razza umana, in giacca e grembiule di tela, e con al collo una piastra di rame numerata, che lo facea parere classificato in una collezione di rarità. Era il fattorino di piazza. – Eccoci qua, signore. Ehi, a te, prima carrozzella!
Il primo cocchiere della riga fu subito scovato dalla bettola dove se ne stava fumando la sua prima pipa, e il signor Pickwick e la relativa valigia furono caricati nel veicolo.
– Golden Cross, – disse il signor Pickwick.
– Corsa d’uno scellino, Tommy, – gridò il cocchiere di malumore per informazione speciale dell’amico fattorino, mentre la vettura partiva.
– Che età può avere cotesto cavallo? – domandò il signor Pickwick, strofinandosi il naso con lo scellino che teneva pronto per pagar la corsa.
– Quarantadue anni, – rispose il fiaccheraio, sbirciando di traverso il suo passeggiero.
– Come! – esclamò il signor Pickwick correndo subito con la mano al suo libro degli appunti. Il cocchiere ripetette la sua affermazione. Il signor Pickwick lo guardò fiso, ma la faccia di quell’uomo rimase impassibile, sicchè la singolare informazione fu subito registrata.
– E quanto tempo alla volta lo tenete attaccato? – domandò il signor Pickwick, cercando sempre di accrescere il tesoro delle sue cognizioni.
– Tre o quattro settimane, – rispose il cocchiere,
– Settimane! – esclamò stupefatto il signor Pickwick; e da capo tirò fuori il libro degli appunti.
– Quando sta a casa sua a Pentonville, alla stalla, – disse il cocchiere con la massima calma, – ma a casa lo si porta di rado, a motivo della debolezza.
– Della debolezza! – ripetette il signor Pickwick sempre più perplesso.
– Non c’è caso! quando lo si stacca, cade di sicuro. Ma quando è sotto, lo tengo su stretto e con la briglia corta, di cadere non se ne parla; poi di ruote come queste non se ne trovano, che vanno sole, appena le si toccano; sicchè, capite, quando il cavallo si muove gli corrono dietro, e la bestia ha da andare avanti per forza.
Il signor Pickwick registrò parola per parola questa comunicazione, con l’idea di darne parte al Circolo come un singolare esempio della vitalità dei cavalli in circostanze tutt’altro che favorevoli. Aveva appena terminato di scrivere quando arrivò a Golden Cross. Il cocchiere balzò dalla cassetta, mentre il signor Pickwick scendeva dalla vettura. I signori Tupman, Snodgrass e Winkle, i quali erano lì ad aspettare l’arrivo del loro illustre condottiero, gli si strinsero intorno per fargli festa.
– Ecco per voi, – disse il signor Pickwick porgendo lo scellino al cocchiere.
Ma quale fu lo stupore dell’insigne uomo, quando quell’essere indefinibile, gettando a terra la moneta, dichiarò in termini figurati ch’egli voleva soltanto avere il piacere di vedersela un po’ con lui, e di scontare a pugni il suo scellino.
– Siete matto, – disse il signor Snodgrass
– O ubbriaco, – disse il signor Winkle.
– O l’uno e l’altro, – disse il signor Tupman.
– Andiamo via, fatevi avanti, – gridava il cocchiere allargando le gambe e tirando in aria vari pugni preparatori, – fatevi avanti tutti e quattro.
– Bravo, bravo! – gridarono una mezza dozzina di fiaccherai. – Piglia, Sam, piglia! – e fecero cerchio intorno alla brigata.
– Che c’è, Sam? – domandò un signore vestito di nero.
– Che c’è, che c’è! e perchè ha voluto il mio numero, eh?
– Io non v’ho domandato il vostro numero, – disse l’attonito signor Pickwick.
– E perchè ve lo siete pigliato allora?
– Ma io non l’ho pigliato niente affatto!
– Potreste mai credere, – proseguì il fiaccheraio, appellandosi alla folla, – potreste mai credere che uno di cotesti spioni se ne vada attorno nella vettura di un galantuomo, e non solo se ne pigli e se ne scriva il numero, ma scriva poi per giunta tutte le parole che gli escono di bocca? – (Un lampo rischiarò la mente del signor Pickwick; si trattava del libro degli appunti).
– Come! questo ha fatto? – domandò un altro cocchiere.
– Altro se l’ha fatto! e poi dopo avermi provocato perchè gli dessi addosso, fa trovare quei tre testimoni per provarlo. Ma gliela faccio vedere io, avesse anche a costarmi sei mesi di gattabuia. Orsù, a noi! – e il vetturino, fuori di sè, con uno sprezzo eroico pei suoi effetti privati, scaraventò il cappello a terra, fece saltare in aria gli occhiali del signor Pickwick, e seguitò l’attacco con un colpo sul naso del signor Pickwick, e poi con un altro colpo in petto al signor Pickwick, e con un terzo nell’occhio del signor Snodgrass, e con un quarto, per amor di varietà, nel panciotto del signor Tupman, e poi saltò in mezzo alla strada, e poi di nuovo con un balzo tornò sul marciapiedi, e finalmente s’afferrò al signor Winkle in maniera da fargli uscir lo spirito dai polmoni – e tutto questo in una mezza dozzina di minuti secondi.
– Non c’è nemmeno una guardia? – disse il signor Snodgrass.
– Sotto la pompa, sotto la pompa, – suggerì un pasticciere, – metteteli sotto la pompa.
– Me la pagherete cara, – gridò quasi soffocato il signor Pickwick.
– Spie, spie! – gridò la folla.
– Avanti, fatevi avanti! – sbraitava il cocchiere, che non avea smesso intanto di tirar pugni in aria.
La folla aveva fino a questo punto assistito passivamente alla scena; ma non appena fu sparsa la voce che i Pickwickiani erano delle spie, s’incominciò a ventilare con molto calore l’opportunità di tradurre in atto la proposta del violento pasticciere; e non si può dire a quali atti di personale aggressione si sarebbe trasceso, se alla disputa non avesse inaspettatamente messo termine l’intromissione di un nuovo venuto.
– Che diamine succede qui? – domandò un giovane lungo e secco, vestito di verde, sbucando all’improvviso dall’ufficio delle vetture.
– Spie, spie! – urlò di nuovo la folla.
– Non è vero! – gridò il signor Pickwick in un tono che avrebbe subito convinto qualunque spassionato ascoltatore.
– Non è vero, eh? proprio non è vero? – domandò il giovane, parlando al signor Pickwick ed aprendosi una via fra la folla col processo infallibile degli spintoni e delle gomitate.
Quell’uomo insigne in brevi ed affrettate parole espose lo stato reale delle cose.
– Venite via, dunque, – disse quegli dal vestito verde, traendosi dietro a forza il signor Pickwick, e senza smettere di parlare. – Qui, a voi, numero 924, questa è la corsa, prendete, levatevi dai piedi. Persona rispettabile. Lo conosco io. Non facciamo sciocchezze. Di qua, signore, di qua. Dove sono i vostri amici? Vedo, vedo, non è che un equivoco – poco male – cose che accadono a tutti – nelle famiglie più regolate – a tutto c’è rimedio meno che alla morte – bisogna farsi animo. Citatelo, per bacco. Pigli questa e se la fumi, se gli va. Canaglia.
E spifferando una coroncina interminabile di simili sentenze a singhiozzi, il giovane introdusse il signor Pickwick e i compagni suoi nel salotto dei viaggiatori.
– Cameriere! – gridò poi, dando una fiera strappata al cordone del campanello, – dei bicchieri per tutti; ponce caldo, forte, bene inzuccherato, e in abbondanza. Avete male all’occhio, signore? Cameriere! una bistecca cruda per l’occhio del signore. Eccellenti le bistecche per le contusioni. Anche il freddo del fanale è ottimo, ma un po’ incomodo. Strana posizione quella di stare nella pubblica via per mezz’ora con un occhio attaccato alla colonna di un lampione. Ah, ah! davvero non ci si può pensare senza ridere. Ah, ah!
E il giovane, senza ripigliar fiato, ingollò d’un tratto un mezzo litro di ponce scottante, e si sdraiò in una seggiola con tanto abbandono e tanta disinvoltura come se niente di strano fosse accaduto.
Mentre i suoi compagni andavano esprimendo la loro gratitudine alla nuova conoscenza, il signor Pickwick ebbe agio di esaminarne il costume e l’aspetto.
Non era che di mezzana statura, ma la magrezza della persona e la lunghezza delle gambe lo facevano parere molto più alto di quel che in effetto non era. L’abito verde era stato già una giubba elegante al tempo dei vestiti a coda di rondine, ma disgraziatamente aveva dovuto servire ad un uomo molto più piccolo del nostro sconosciuto, visto che le maniche maculate e sbiadite gli giungevano appena ai polsi. Era gelosamente abbottonato fin sotto al mento, a rischio di creparsi da un momento all’altro nella schiena. Un vecchio fazzoletto, senza alcun indizio di solino, gli circondava il collo. Un par di calzoni tra il nero e il rossastro mostravano qua e là di quelle magagne che rivelano il lungo e fedele servizio, ed erano per via delle staffe bene stirati sopra un paio di scarpe rattoppate, come per nascondere le calze non affatto pulite, le quali nondimeno erano visibilissime. I capelli lunghi e neri sfuggivano in ciocche ribelli di sotto ad un cappellaccio posto di sghembo. Tra l’orlo dei guanti e le rivolte delle maniche si aveva di tratto in tratto una rapida visione di polsi nudi. Aveva il viso magro e sparuto; ma un’aria ineffabile di allegra impudenza e di perfetta sicurezza emanava da tutto lui.
Tale era l’uomo, al quale guardava il signor Pickwick di dietro gli occhiali (che per buona sorte avea potuto ricuperare), e al quale volle rendere in termini scelti, quando già gli amici suoi s’erano profusi in espressioni di gratitudine, le sue più calde grazie pel soccorso recente che aveva loro prestato.
– Niente, niente, – disse il giovane tagliando corto. – Basta così. Canaglia quel cocchiere. Che pugni, perbacco! Fossi stato nei panni del vostro amico verde! l’avrei stritolato; altro se l’avrei! ed anche il pasticciere. Una sola schiacciata, un boccone.
Questo discorso molto coerente fu interrotto dalla comparsa del vetturino di Rochester, il quale veniva ad annunziare che Il Commodoro era pronto a partire.
– Commodoro! – esclamò il giovane sconosciuto balzando in piedi. – La carrozza mia. Posto già preso. Imperiale. Pensino lor signori a pagare il ponce. Dovrei barattare un pezzo da cinque. Non c’è prudenza che basti. Tanto d’occhi. Monete false a staia. Non mi ci pigliano, non è affare che va, eh?
E crollò la testa con aria di persona accorta.
Ora il caso volle che il signor Pickwick e i tre suoi compagni avessero appunto pensato a Rochester come prima fermata; sicchè avendo accennata questa avventurata coincidenza al loro novello amico, si accordarono di occupare il posto dietro la diligenza, dove si poteva star tutti insieme.
– A noi, su! – disse il giovane sconosciuto, aiutando il signor Pickwick a montar sull’imperiale con tanta fretta e violenza, da danneggiare materialmente la gravità di quell’uomo insigne.
– C’è bagaglio? – domandò il vetturino.
– Chi, io? Nient’altro che un fagotto. Tutto l’altro bagaglio spedito per mare. Cassoni legati e inchiodati, alti come case. Pesano un buscherio, – rispose il giovane, cercando di cacciarsi in tasca un suo fagotto che presentava molti indizi sospetti di non contenere che una camicia e un fazzoletto.
– La testa, la testa, badate alla testa! – gridò il loquace viaggiatore, mentre la diligenza passava sotto l’arco del cortile. – Un orrore; non si celia mica. L’altro giorno per la più corta. Cinque bambini e una madre. Un pezzo di donna, capite. Mangiando biscottini, non badò all’arco. Crak! Che è, che non è? I bambini si guardano intorno. Spiccato il netto il capo della mamma. Col biscottino in mano e senza più bocca per mangiarlo. Un capo di famiglia a terra. Orribile, spaventevole. Guardate a Whitchall, signore? Bel palazzo, piccola finestra. Anche lì un altro capo spiccato dal busto, eh? E nemmeno lui era stato attento. Eh, non vi pare?
– Pensavo, – disse il signor Pickwick, – alla strana mutabilità delle cose umane.
– Ah, vedo, vedo! Oggi sul portone, domani alla finestra. Filosofo?
– Un semplice osservatore della natura umana, mio caro signore.
– Io pure; come lo sono molti quando hanno poco da fare e meno da guadagnare. Poeta, signore?
– Il mio amico Snodgrass ha una pronunciata disposizione alla poesia, – rispose il signor Pickwick.
– Come me, come me. Poema epico; diecimila versi; rivoluzione di luglio; composto sopra luogo. Marte di giorno, Apollo di notte. Il fucile e la lira, uno sparo e un accordo.
– Vi trovaste a quella scena gloriosa? – domandò il signor Snodgrass.
– Se mi ci trovai! altro che! Un colpo di moschetto e un’idea. Corro nella cantina, la scrivo, di nuovo al fuoco, pin pan! un’altra idea, da capo la cantina, calamaio e penna, fuori, fendenti e stragi, bell’epoca, caro signore, bell’epoca quella lì. Cacciatore? – volgendosi di botto al signor Winkle.
– Un poco, – rispose questi.
– Bell’esercizio, signore, bell’esercizio. Cani, eh?
– Proprio in questo momento, no.
– Ah! dovreste tener dei cani. Bell’animale, intelligente, sagace. Ne avevo uno io. Un cane di punta. Un istinto da sbalordire. Un giorno vado a caccia. Entro in una difesa. Fischio. Il cane non si muove. Rifischio: Ponto! Niente. Ponto ha messo radici. Lo chiamo ancora: Ponto, Ponto! Tutto inutile. Cane pietrificato, fisso davanti una scritta. Alzo gli occhi, leggo: “Il guardacaccia ha ordine di tirare a qualunque cane si troverà in questa difesa.” Ponto non voleva passare. Bestia sorprendente. Inapprezzabile, unica.
– Davvero che il caso è straordinario, – disse il signor Pickwick. – Permettete che ne pigli appunto?
– Fate, fate, servitevi. Cento altri aneddoti dello stesso animale. Bella ragazza, signore! – proseguì il forestiero volgendosi al signor Tupman, il quale andava lanciando certe sue occhiate tutt’altro che pickwickiane ad una giovanetta che passava da un lato della via.
– Bellissima, – rispose il signor Tupman.
– Le Inglesi non valgono le Spagnuole: nobili creature, capelli d’ebano, pupille di fuoco, forme scultorie; creature dolci, irresistibili!
– Siete stato in Ispagna, signore? domandò il signor Tracy Tupman.
– Dei secoli, dei secoli.
– Molte conquiste, signore? – domandò il signor Tupman.
– Conquiste? a migliaia. Don Bolaro Fizzgig. Grande di Spagna. Figlia unica, donna Cristina, creatura splendida. Innamorata cotta di me, padre geloso, ragazza ostinata, bell’Inglese. Come si fa? Disperazione di donna Cristina. Acido prussico. Piglio una pompa aspirante, che ho nel mio bagaglio. Detto fatto, l’operazione riesce. Il vecchio don Bolaro, in estasi. Consente alle nozze, congiunge le mani, torrenti di lagrime. Una storia romanticissima.
– E la signora trovasi ora in Inghilterra? – domandò il signor Tupman, sul quale la descrizione di quelle grazie aveva prodotto una profonda impressione.
– Morta, signore, morta! – esclamò in un gemito il giovane viaggiatore, applicandosi all’occhio diritto l’avanzo di un vecchio fazzoletto di battista. – Non si riebbe più dalla operazione. Costituzione minata. Vittima.
– E suo padre? – domandò il poetico Snodgrass.
– Rimorso e miseria, – rispose il giovane. – Sparizione improvvisa. Che è, che non è, tutti ne parlano, si cerca dappertutto, niente. Di botto la fontana pubblica nella piazza non dà più acqua. Passano delle settimane. Altra fermata. Si mandano degli operai a pulir la vasca, si vuota. Trovano mio suocero nel condotto maestro, col capo in giù, e una piena confessione nello stivale destro. Lo tirano fuori, e dalla fontana zampilla meglio che mai.
– Permettete che pigli nota di questo piccolo romanzo? – disse il signor Snodgrass, vivamente commosso.
– Servitevi, signore, servitevi. Altri cinquanta, se vi piace. Una strana vita la mia, curiosa anzi che no, niente di straordinario, ma singolare, molto singolare.
Su questo tono seguitò a discorrere il loquace viaggiatore, interrompendosi solo per ingurgitare un bicchiere di birra, a guisa di parentesi, alle varie poste di cavalli; sicchè quando furono giunti al ponte di Rochester, i libri di appunti così del signor Pickwick come del signor Snodgrass erano completamente riempiti di una scelta delle sue avventure.
– Magnifiche rovine! – esclamò il signor Augusto Snodgrass con quella foga poetica ch’era tutta sua, quando ebbero davanti il vecchio castello.
– Che studio per un antiquario! – furono le precise parole che il signor Pickwick, adattandosi all’occhio il suo telescopio, si fece sfuggire dalle labbra.
– Ah! un bel posto, – soggiunse lo sconosciuto. – Splendido edifizio, mura accigliate, archi cadenti, biechi nascondigli, scale crollanti. Vecchia cattedrale anche, odore terrigno, i gradini consumati dai piedi dei pellegrini, porticine sassoni, confessionali, come il botteghino di un teatro. Curiosi cotesti frati, papi e tesorieri, e altro vecchio ciarpame, facce rosse e nasi smozzicati; ne dissotterrano tutti i giorni. Dei giachi di pelle anche, degli archibugi, sarcofaghi, bel posto, antiche leggende, storie curiosissime, magnifico!
E lo sconosciuto continuò il suo monologo fino a che la diligenza non si fermò, ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il circolo Pickwick
  3. Indice
  4. I. Pickwickiani
  5. II. Il primo giorno di viaggio e le avventure della prima sera con le relative conseguenze
  6. III. Una nuova conoscenza – Storia del commediante – Una ingrata interruzione ed uno spiacevole incontro
  7. IV. Rivista e bivacco – Nuovi amici, ed un invito in campagna
  8. V. Il quale, fra le altre cose, mostra nella sua brevità come il signor Pickwick prese a guidare e il signor Winkle a cavalcare, e come se la cavarono.
  9. VI. Una partita a carte antiquata – I versi del prete – La storia del ritorno del forzato
  10. VII. In che modo il signor Winkle, invece di tirare al piccione e di uccidere la cornacchia, tirò alla cornacchia e ferì il piccione. Come Dingley Dell se la vide con Muggleton e come Muggleton mangiò a spese di Dingley Dell; con altre materie istruttive ed interessanti.
  11. VIII. Dove si dimostra che il corso del vero amore non rassomiglia punto ad una ferrovia.
  12. IX. Scoperta ed inseguimento
  13. X. Nel quale si chiarisce ogni sorta di dubbio, posto che ne fossero sorti, sul disinteresse e l’integrità del carattere del signor Jingle.
  14. XI. Il quale espone un altro viaggio e una scoperta archeologica; enuncia il proposito del signor Pickwick di assistere ad una elezione, e contiene un manoscritto del vecchio ecclesiastico.
  15. XII. Dove si riferisce un’importantissima azione da parte del signor Pickwick; epoca non meno ricordevole nella sua vita che in questa storia.
  16. XIII. Notizia sopra Eatanswill, e condizione dei partiti. Elezione d un membro rappresentante in Parlamento di quell’antico, leale e patriottico borgo.
  17. XIV. Contenente una breve descrizione della compagnia riunita al Paone, ed il racconto del corriere.
  18. XV. Nel quale si dà un fedelissimo ritratto di due persone di qualità, ed una accurata descrizione di un pubblico asciolvere in casa loro e sulle loro terre; il quale asciolvere mena al riconoscimento di un’antica conoscenza ed al principio del capitolo appresso.
  19. XVI. Avventura troppo lunga per essere brevemente narrata.
  20. XVII. Dove si mostra che un attacco di reumatismo può, in alcuni casi, agire come uno stimolante sul genio inventivo.
  21. XVIII. Che serve di breve illustrazione a questi due punti: primo, la potenza degli isterismi, e secondo la forza delle circostanze.
  22. XIX. Dalla bell’alba non si vede il buon giorno.
  23. XX Dove si vede come Dodson e Fogg fossero uomini di affari e i loro scrivani uomini di piacere; e come un tenero abboccamento avesse luogo tra il signor Weller e il suo smarrito genitore; e dove si vede inoltre che spiriti eletti si riunissero alla Pica e il Ceppo, e che stupendo capitolo sarà il seguente.
  24. XXI. Nel quale il vecchio si caccia nel suo tema favorito e narra una storia a proposito di uno strano cliente.
  25. XXII. Il signor Pickwick muove alla volta di Ipswich e s’ingolfa in un’avventura romantica con una signora di mezza età in cartuccine gialle.
  26. XXIII Nel quale il signor Samuele Weller incomincia a dedicare le sue energie alla contropartita col signor Job Trotter.
  27. XXIV Nel quale il signor Pietro Magnus diventa geloso e la signora di mezza età apprensiva; il che fa capitare i Pickwickiani nelle mani della giustizia.
  28. XXV. Il quale fa vedere, fra molte cose piacevoli, quanta maestà ed imparzialità sfoggiasse il signor Nupkins, e come il signor Weller ricambiasse vigorosamente la botta del signor Job Trotter. Con un’altra cosa che si troverà a suo luogo.
  29. XXVI. Che contiene una breve relazione dei progressi dell’azione Bardell in Pickwick.
  30. XXVII. Samuele Weller fa un pellegrinaggio a Dorking, e vede la sua matrigna
  31. XXVIII. Che è un giocondo capitolo natalizio, contenente la narrazione di uno sposalizio e altri divertimenti, i quali, benchè nel loro genere siano usi eccellenti quanto il matrimonio, non sono così religiosamente osservati in questi tempi di corruzione.
  32. XXIX. Storia dei folletti che si pigliarono un sagrestano.
  33. XXX. In che maniera i Pickwickiani facessero e coltivassero la conoscenza di due bravi giovani appartenenti ad una delle professioni liberali; come si contenessero sul ghiaccio e come giungesse al termine la loro visita.
  34. XXXI. Che tratta di cose legali e di vari luminari del foro.
  35. XXXII. Descrive, molto più largamente che non abbia mai fatto il giornale di Corte, un trattenimento di scapoli dato dal signor Bob Sawyer nei suoi appartamenti al Borough.
  36. XXXIII. Il signor Weller seniore manifesta alcune idee critiche intorno alla composizione letteraria, e con l’assistenza del figliuolo Samuele, paga una piccola rata sul credito del reverendo dal naso rosso.
  37. XXXIV. Dedicato totalmente ad una piena e fedele relazione del memorabile dibattimento Bardell contro Pickwick.
  38. XXXV. Nel quale il signor Pickwick pensa bene di andarsene a Bath e ci va in effetto.
  39. XXXVI. Del quale son caratteri principali una versione autentica della leggenda del principe Bladud ed una straordinaria calamità che capitò al signor Winkle.
  40. XXXVII. Onorevolmente giustifica l’assenza del signor Weller, descrivendo una soireé alla quale egli intervenne invitato. Riferisce inoltre come il signor Pickwick gli affidasse un mandato particolare di somma delicatezza ed importanza,
  41. XXXVIII. In qual modo il signor Winkle, uscendo dalla padella, se ne scese dolcemente e comodamente nella brace.
  42. XXXIX. Il signor Samuele Weller, incaricato di un messaggio d’amore, lo esegue; con qual successo si vedrà nel presente.
  43. XL. Il quale fa entrare il signor Pickwick in una nuova scena, forse non affatto priva d’interesse, del gran dramma della vita.
  44. XLI. Quel che accadde al signor Pickwick nella prigione; che sorta di debitori conobbe, e come passò la notte.
  45. XLII. Che serve ad illustrare, come il precedente, il vecchio adagio che l’avversità ci procura degli strani compagni di letto, e contiene inoltre l’annunzio straordinario e sorprendente fatto dal signor Pickwick al signor Samuele Weller.
  46. XLIII. Dove si vede come il signor Samuele Weller si cacciasse fra i triboli.
  47. XLIV. Tratta di varii incidenti seguiti nella prigione e della misteriosa condotta del signor Winkle; e fa vedere come il povero prigioniero della Cancelleria fosse finalmente rilasciato libero.
  48. XLV. Il quale descrive un commovente colloquio tra il signor Samuele Weller ed una parte della famiglia. Il signor Pickwick fa un giro del piccolo mondo da lui abitato, e risolve di mescolarvisi il meno possibile per l’avvenire.
  49. XLVI. Dove si riferisce un tratto commovente di delicatezza dei signori Dodson e Fogg, non privo di un certo senso di piacevolezza.
  50. XLVII. Che tratta specialmente di affari e del vantaggio temporale di Dodson e Fogg. Il signor Winkle riappare in circostanze straordinarie; e si vede come nel signor Pickwick potesse più la benevolenza che la cocciutaggine.
  51. XLVIII. Riferisce in qual modo il signor Pickwick, con l’aiuto di Samuele Weller, tentasse di addolcire il cuore del signor Beniamino Allen e di ammollire la rabbia del signor Roberto Sawyer.
  52. XLIX. Contenente la storia dello zio del commesso viaggiatore.
  53. L. In qual modo il signor Pickwick ebbe a compiere il suo mandato e come gli sopravvenisse il rinforzo di un inatteso alleato.
  54. LI. Nel quale il signor Pickwick s’imbatte in una vecchia conoscenza; circostanza fortunata, cui deve principalmente il lettore le interessantissime cose qui scritte riguardanti due grandi e potenti uomini pubblici.
  55. LII. Che contiene un serio mutamento nella famiglia Weller e la precoce caduta del nasorosato signor Stiggins.
  56. LIII. Partenza definitiva del signor Jingle con Job Trotter. Gran giornata di affari a Gray’s Inn. Si battono due colpi alla porta del signor Perker.
  57. LIV. Contenente alcuni particolari relativi alla doppia bussata, ed altre materie, fra le quali certe interessanti notizie intorno al signor Snodgrass e ad una signorina, che non sono di poca importanza per questa storia.
  58. LV. Il signor Salomone Pell, assistito da un eletto comitato di vetturini, aggiusta gli affari del signor Weller seniore.
  59. LVI. Ha luogo un importante colloquio tra il signor Pickwick e Samuele Weller, al quale il signor Weller padre assiste. Arriva inatteso un vecchio signore con un soprabito color tabacco.
  60. LVII. Nel quale si scioglie finalmente il Circolo Pickwick ed ogni cosa si conchiude con soddisfazione di tutti.
  61. Ringraziamenti