Lo specchio magico
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Pensieri e parole di un formatore riflessivo

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Pensieri e parole di un formatore riflessivo

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Una guida innovativa per la crescita professionale del formatore
Per ogni adulto che lavora l'identità professionale è dimensione molto importante per la costruzione di una salda identità personale. Ma questa identità professionale quando può dirsi raggiunta?
Ogni adulto, di tanto in tanto, dovrebbe passare davanti allo "specchio", esercitare la pratica riflessiva e nel fare questo ripercorrere la propria storia, rinfrescare le proprie competenze e sviluppare capacità di ricezione e di attenzione nei confronti degli altri.
Quante richieste, quante dimensioni da monitorare, certo non si tratta di un processo facile, spesso si tratta di mettere in crisi se stessi, le credenze e le convinzioni che si consideravano vere, imperturbabili.
La ricerca degli autori parte da alcune domanda di senso che non possono abbandonare il professionista della formazione: che senso ha il "fare formazione" e la relazione con l'altro nella crescita e nel percorso formativo del professionista? In che modo i luoghi della formazione possono essere 'sfruttati' in positivo per il sé e per l'identità professionale? In che modo il formatore cambia e in che modo la relazione diviene per lui strumento di crescita, sprone verso la maturità?
Il formatore cresce ed apprende nell'azione, cambia e migliora nella stessa pratica formativa, nell'hic et nunc e nella riflessione che compie su di esso.
Parallelamente il formatore può raggiungere la propria maturità professionale solo se, oltre a conoscere se stesso, la definizione di sé, entra in armonia con le definizioni che gli altri creano, le immagini che gli altri riflettono.
Questo arduo, lungo, ma intrigante processo verso la professionalità richiede, da parte del formatore, una costante mediazione tra interno ed esterno.
Interno – esterno di cosa, di chi? Non si può negare che queste due dimensioni assumono nella formazione molteplici significati e dimensioni, anche se in questo lavoro abbiamo gli autori hanno cercato di approfondirne uno in particolare, quello che risulta essere basilare rispetto all'intero processo formativo: interno – esterno del sé.
Martin Buber afferma: 'colui il quale sa molto sul conto degli altri può essere dotto. Ma chi conosce se stesso è più intelligente'.
È proprio da qui che ha inizio la riflessione condotta dagli autori: la conoscenza di sé è una dimensione necessaria per riuscire a condurre se stessi, gli altri e il contesto al vero cambiamento. Una ricerca appassionata dove cinema e letteratura, filosofia e pratica zen fanno da sfondo alla ricerca di un'identità sempre mutevole e cangiante.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788898473120
Argomento
Education

1. SPECCHI, IMMAGINI, RIFLESSI E MITI


image 1

M. C. Escher, Specchio magico, 1946, litografia, 23 x 44,5

1.1. Lo specchio e la specularità

Lo specchio, come definirlo? Come inserirlo nella trama narrativa e simbolica che riguarda le azioni formative?
Quante proprietà co–esistono nel concetto di specularità?
I due dipinti 1 ci suggeriscono l’esistenza di proprietà inconciliabili o, viceversa, suggeriscono due modalità parallele per conoscere se stessi?

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Lo specchio, oggetto in apparenza banale e conosciuto nasconde suggestioni, studi e idee dello stesso diverse e spesso per noi insolite.
Cos’è lo specchio? Un oggetto che riflette, è la prima risposta che sorge in modo spontaneo. Ma da dove viene questa sua proprietà? E soprattutto, quali sono le caratteristiche che lo rendono oggetto affascinante ed in bilico tra ordinarietà e straordinarietà?
“Qualunque sia la sua forma o la sua destinazione, lo specchio è sempre un prodigio dove realtà ed illusione si sfiorano e si confondono. Il suo primo effetto fu di rivelare all’uomo la propria immagine. Rivelazione fisica e morale, che affascinò i filosofi. Socrate e Seneca raccomandavano lo specchio come strumento per conoscere se stessi. Una sola parola esprime la ‘riflessione’ che avviene nel pensiero e nello specchio.
Immagine di un’immagine, simulacro staccato dal corpo e reso visibile su uno schermo, alter ego, fantasma, ‘doppio’ del soggetto che ne condivide il destino, il riflesso e il suo oggetto sarebbero indissolubilmente uniti da legami mistici, e da sempre la loro assoluta identità è sembrata dipendere da un miracolo che nessun artista è mai riuscito ad eguagliare”. 2
Le “proprietà” simboliche dello specchio si aprono anche ad alcune riflessioni di carattere semiotico: “lo specchio dà all’uomo la possibilità unica di vedersi, di vedere il proprio volto, i propri occhi, fornendo, al medesimo tempo, il pretesto per un dialogo con se stesso. Da ciò derivano molte importanti potenzialità semiotiche: emerge il tema del doppio, incredibilmente ricco di potenzialità intrinseche; la riflessione come fenomeno fisico si ricollega alla riflessione – azione del pensiero, dell’autocoscienza. Nasce anche l’indagine riferita alla problematica dell’opposizione tra unicità dell’io e l’‘io’ che risulta simile a ‘un altro’”. 3
Lo specchio può essere studiato ed analizzato partendo da svariati punti di vista; ne è esempio la catottrica: non solo scienza delle riproduzioni esatte della realtà ma anche scienza di un surrealismo visionario. 4
Ma è interessante, ora, approfondire lo studio dello specchio dal punto di vista della relazione, ovvero partendo dal presupposto che, attraverso lo specchio, l’individuo entra in relazione con se stesso.

Pragmatica dello specchio
Gli specchi sono per noi oggetti famigliari che sappiamo usare e gestire nella quotidianità. Non possiamo dunque negare che il nostro rapporto con lo specchio sia in qualche modo vincolato da regole ed assunti più o meno impliciti che rendono possibile l’interazione catottrica.
La prima cosa da ricordare per usare bene lo specchio è il “sapere che abbiamo di fronte uno specchio”, (lo specchio non è illusione e nemmeno presenza soprannaturale). 5
Il secondo principio fondamentale è quello secondo cui “lo specchio dice la verità (…) Esso non traduce. Registra ciò che lo colpisce, così come lo colpisce; esso dice la verità in un modo disumano, come sa chi, allo specchio, perde ogni illusione sulla propria freschezza.” 6
Esso dice la verità in modo spudorato, è in uno specchio, dono di Lord Henry, che Dorian Gray si accorge di conservare lo splendore della bellezza e della giovinezza mentre il suo ritratto invecchia.
Lo specchio dice la verità, lo sapeva anche la matrigna cattiva di Biancaneve e i sette nani, quando interrogando il suo specchio magico non accetta il secondo posto tra le belle del reame.
Sotto la guida di due presupposti teorici di rilievo possiamo tracciare una panoramica sulla relazione – comunicazione speculare, con l’obiettivo di individuare una sorta di pragmatica dello specchio sulla falsa riga della pragmatica svelata da P. Watzlawick.
Anzitutto, pur non negando la singolarità della relazione speculare, letta come relazione con se stessi, non risulta comunque inesatto parlare di comunicazione in quanto “non si può dire che la comunicazione ha luogo soltanto quando è intenzionale, conscia, o efficace”. 7
In secondo luogo, come suggerisce U. Eco, “valgono per gli specchi, certe regole che, per convenzioni sociali, valgono per le interazioni conversazionali, salvo che in queste si mette in conto la menzogna come infrazione. Non è così per gli specchi.” 8
La pragmatica della comunicazione umana ci può fornire alcune regole: assiomi di interazione che non perdono assolutamente né di efficacia né di senso se applicati all’interazione che si viene a creare tra il soggetto e il riflesso che egli produce attraverso lo specchio.
Trovarsi di fronte allo specchio significa produrre un riflesso, una sorta di seconda immagine dell’io; e dal momento che non esiste uno specchio che non riflette l’individuo, attraverso lo specchio entra inevitabilmente in relazione con se stesso, comunica con se stesso.
Pur non negando l’esistenza della problematica riferita alla dimensione della profondità relazionale nella comunicazione interpersonale, tale dimensione è ancora più reale e complessa nella comunicazione speculare.
Dal momento che l’individuo è solo di fronte a sé, l’intero esistere della comunicazione è totalmente affidato al singolo; non esiste nessun altra spinta o motivazione che non sia il sé o l’immagine di sé.
Non possiamo pensare che lo specchio ci dica come siamo dal punto di vista interiore né che crei con noi una relazione.
Lo specchio ci dà, però, un’opportunità unica, ovvero quella di essere di fronte a noi stessi, di vederci; in tal modo ci fornisce l’input per creare una relazione, per dare un senso e costruire una vera introspezione.
Non possiamo parlare, nell’ambito della comunicazione speculare, di una vera e propria relazione, parleremo invece di autoriflessione o autocoscienza, traduzioni di una relazione con se stessi.
Da tutto ciò nasce un interrogativo di grande importanza che consiste nel chiedersi chi sono i due comunicanti nella comunicazione speculare che stiamo analizzando.
L’individuo e la sua immagine sono i soggetti della comunicazione.
Ma sorge allora un dubbio: ci sono, in tale situazione, le condizioni per parlare di punteggiatura della comunicazione?
Possiamo ipotizzare una risposta positiva. La soluzione sta nel vedere la punteggiatura partendo da un’angolazione diversa da quella tramandataci dalla pragmatica della comunicazione.
Punteggiatura nel senso di modalità d’approccio più che nel senso di assunzione di ruolo o modelli di scambio.
Ecco dunque che, in questa nuova prospettiva, l’individuo nel comunicare con se stesso sceglie come e cosa vedere di sé; ha una precisa modalità, anche se inconscia, di leggere la propria realtà e dunque di leggere se stesso.
Sembra superfluo, quindi, concludere che tale punteggiatura svela necessariamente la natura, e dunque il tipo di relazione, che il singolo decide di costruire.
Le ultime due caratteristiche comunicative da prendere in considerazione sono i moduli della comunicazione e la tipologia dello scambio.
Nella pragmatica della comunicazione sono stati studiati due moduli relazionali che permettono di riassumere in modo efficace le varie tipologie di rapporto intersoggettivo.
Senza dubbio la comunicazione speculare utilizza un modulo prevalentemente di tipo analogico; anche se non possiamo del tutto eliminare il modulo numerico, in quanto attraverso la riflessione interiore l’individuo parla con se stesso, e non possiamo negare che il parlare con se stessi talvolta è tanto reale e coinvolgente da diventare un ‘parlare da soli’.
Per quanto riguarda, infine, la tipologia dello scambio, P.Watzlawick parla di simmetria e complementarietà.
Lo scambio comunicativo con se stessi è senza dubbio basato sulla simmetria ovvero sull’uguaglianza. Tale uguaglianza è garantita in modo unico dall’immagine riflessa che è l’esatta copia dell’individuo.
Ci chiediamo, quindi, se sia possibile creare una comunicazione con se stessi basata sulla complementarità. Personalmente crediamo di no, a meno che non si analizzino le caratteristiche comunicative di persone affette da particolari patologie di personalità.
Se per un momento però, decidiamo di uscire dalla tematica della comunicazione e ci spostiamo ad una valutazione di senso rispetto all’immagine riflessa, le cose cambiano, e non di poco.
Ne è esempio il pensiero di sant’Agostino che, nei Soliloquia e nel De Trinitate, distingue in modo chiaro e preciso i concetti di rassomiglianza con peggioramento e di rassomiglianza con parità. Ed è proprio della rassomiglianza con peggioramento che noi facciamo più frequentemente esperienza e che in q...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LO SPECCHIO MAGICO
  3. Colophon
  4. Indice dei contenuti
  5. Presentazione
  6. Introduzione
  7. 1. SPECCHI, IMMAGINI, RIFLESSI E MITI
  8. 1.1. Lo specchio e la specularità
  9. 1.2. Narciso alla fonte: lo specchio mitologico
  10. 1.3. Il ri-conoscimento: l'arte del dare e del ricevere
  11. 2. INDEFINITO: VERSO NUOVE ANTROPOLOGIE
  12. 2.1. I sentieri dell'indeterminismo
  13. 2.2. La realtà come costruzione
  14. 2.3. Formazione costruttivista
  15. 3. IL FORMATORE: OMBRA E LUCE DELL'IO
  16. 3.1. Alla scoperta del proprio swing
  17. 3.2. Nel cuore dell'ombra o l'ombra nel cuore?
  18. 3.3. L'ombra come vera luce dell'io
  19. 3.4. Una riflessione zen
  20. 4. IL FORMATORE CRESCE NEL PROPRIO "MONDO"
  21. 4.1. Le due facce del "mondo"
  22. 4.2. Entrare in campo!
  23. 4.3. Il riflesso dell'altro: l'aula come specchio
  24. Bibliografia
  25. Gli autori