Poesie 1850-1900
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Poesie 1850-1900

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La poesia di Giosuè Carducci appartiene ormai alla Grande Poesia, la poesia che è diventata immortale e che avrà sempre un posto d'onore nella letteratura di ogni tempo. Carducci costruisce una poesia di ampio respiro, con toni spesso impetuosi e drammatici, utilizzando spesso una lingua aulica, ma senza eccedere nella sua marcatura. Imbevuto e immerso nella cultura risorgimentale che chiedeva un forte impegno morale per ritornare alla forza interiore che aveva animato la prima metà del 1800, Carducci ricorda con nostalgia quei tempi e riprendendo gli ideali del romanticismo invita all'amore per la libertà, la fede forte negli ideali, la contemplazione, a volte commossa, della natura. Carducci peraltro, manifesta anche una vicinanza con gli ideali positivistici: fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso. Controverso fu anche il rapporto con la religione cattolica: molto credente ma poco incline a considerare positivamente l'operato dei sacerdoti. Pur non essendo contro Dio e il divino, scrisse un Inno a Satana che gli procurò molte polemiche e critiche. Resta da dire che la poesia di Carducci è forte e vibrante e vale la pena riportare la motivazione con la quale gli fu consegnato, nel 1906, il Premio Nobel per la Letteratura: "non solo in considerazione della ricerca critica e del grande insegnamento profuso, soprattuto il tributo va alla sua energia creativa, la freschezza di stile e la forza lirica con la quale caratterizza le sue poesie".

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788899214579
Argomento
Literature
Categoria
Poetry

JUVENILIA

(1850-1860)

I.
PROLOGO

Ah per te [{1}] Orazio prèdica al vento!
Del patrio carcere non sei contento,
La chiave abomini grata a i pudichi,
Agogni a l’aere de’ luoghi aprichi.
E dove, o misero, dove n’andrai.
Dove un ricovero trovar potrai,
O de’ miei giovini lustri diletto,
O mio carissimo tenue libretto?
Non sai fastidio ch’ha de le rime
Questa de gli arcadi prole sublime?
Né de’ romantici ti vuol la fiera
Che siede a i salici libera schiera.
Tu, se tra’ lirici pur tenti il volo,
Poco, o mio tenero, t’ergi dal suolo;
Ed oggi innalzasi per nova via
Fin da’ suoi numeri l’economia,
Né omai piú reggono piedi né ale
Dietro la lirica universale.
Oggi ciclopica s’è fatta l’arte;
E Bronte e Sterope su per le carte
Con vene tumide, con occhi accesi
E con gli erculei muscoli tesi
A prova picchiano: Venere guata,
E gli rimescola la limonata:
Mentre il monocolo pastore etnese,
Succiando il femore d’un itacese,
Con urli orribili divelle un pino
E a le nereidi fa il mazzolino.
Deh, quanti, o misero, d’ispirazioni
Litri raccogliere puoi ne’ polmoni,
Quanti chilometri de l’infinito
Puoi tu percorrere con passo ardito,
Quanti ravvolgerti chili d’affetto
Giú ne lo stomaco puoi tu, libretto,
Da uscire a gloria tra le persone,
Senza pericolo d’indigestione?
Te con le tenui miche d’Orazio
Crebbe la pallida musa del Lazio,
A te quell’aere parve bastante
Che respirarono l’Ariosto e Dante:
Chiede il novissimo stadio altre bighe:
Libro, rincàsati, cansa le brighe.
Vedi? minacciano Cariddi e Scilla:
Ti preme Davide con la Sibilla.
D’amor tu chiacchieri, e questo va:
Ma non santifichi la voluttà,
Non metti a Venere lo scapolare,
Non fai gli adulteri sermoneggiare:
Onde, o me misero!, flebili e tristi
Già t’interdissero gli atei salmisti,
E il buon Petronio predicatore [{2}]
Che a sé convertami pregò il signore.
Vinca ei di Taide le ritrosie
Con un trar mistico d’avemarie,
E de la cantica nel pio latino
Le infiori i dialoghi de l’Aretino.
Al limpidissimo suon de l’argento
Dietro un davidico cento per cento
Alfio [{3}] gli sdruccioli deduca, e macro
Consoli il prossimo d’un inno sacro.
Per me invan prèdica ballonza e canta
Ebra l’Arcadia pur d’acqua santa,
Il sacro quindici refulse in vano
Per me: son reprobo piú di Claudiano,
E de’ Timotei e de’ Basilii
Provai già i moniti e i supercilii.
Ma quel Timoteo che a gli anni andati
In chiesa l’organo sonava a i frati,
E di serafica broda satollo
Al pan de gli angeli rizzava il collo,
Cantando monache e Filomene
Pien di libidine tetra le vene;
E quel Basilio biondo e ventenne
Che al sacro fulmine tingea le penne
Ne l’aromatico miel del Loiola,
Al sacro fulmine de la parola
Che da l’iberiche fiamme già mosse
E ne gli eretici sterpi percosse;
Oggi levatisi di ginocchione
Anche rinnegano la dea Ragione,
...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. Premio Nobel a Giosuè Carducci
  3. JUVENILIA
  4. LEVIA GRAVIA
  5. A SATANA
  6. GIAMBI ED EPODI
  7. INTERMEZZO [ ]
  8. RIME NUOVE