I composti nell'›Alessandra‹ di Licofrone
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I composti nell'›Alessandra‹ di Licofrone

Studi filologici e linguistici

  1. 221 pagine
  2. Italian
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I composti nell'›Alessandra‹ di Licofrone

Studi filologici e linguistici

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Although there is no shortage of works on the language of Lycophron's Alexandra, more circumstantial studies on various morphological, lexical, and semantic issues are still needed. The linguistic and philological studies collected here try to partially remedy this lack: the object of research is nominal compounding, a very relevant phenomenon in the Alexandra. Several compounds (hapax and primum dicta) are analyzed in their context of occurrence in order to highlight their pragmatic and literary value; however, where possible, general considerations are not waived. In this sense, this book can also serve as a propaedeutic tool for the exegesis of some passages of the Alexandra.

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Informazioni

Editore
De Gruyter
Anno
2020
ISBN
9783110704921

1 Introduzione

L’ideale epigrafe e, insieme, giustificazione del presente lavoro potrebbe essere costituita dalle parole di Wilamowitz nel capitolo della sua Hellenistische Dichtung riguardante Licofrone (d’ora in poi L.):
gezeigt ist, daß den Wortgebrauch zu verfolgen sich noch lohnen wird und daß sachlich mehr darin steckt, als bisher herausgeholt ist. Hätte ich gewollt, so konnte ich mehrfach zu den paar Versen auch gegenüber sehr belesenen Forschern sagen “da hat er wieder den Lykophron übersehen” oder auch “falsch eingeschätzt”. Man muß etwas tiefer bohren auch als seine bisherigen Erklärer. Lexikographen, Mythographen, Geographen und sogar Historiker werden noch manches finden.1
Queste parole denunciavano una mancanza cui solo in parte, in seguito, si sarebbe posto rimedio: l’Alessandra (d’ora in poi Al.) è stata infatti oggetto di attenzione particolare da parte di diversi studiosi, soprattutto nell’ultimo decennio, in cui è stato messo a frutto il contributo esegetico di Schade (1999) e Hurst – Kolde (2008); il momento più importante di questa attività erudita è il commento di Hornblower (2015), caratterizzato da una grande attenzione per i dati storici, geografici e mitografici. Tuttavia, mi sembra che molto rimanga da fare in merito allo studio della lingua e, in particolare, del lessico (vd. infra, par. 1). È dunque per far fronte al desideratum già espresso da Wilamowitz e mai veramente del tutto esaudito che ho deciso di intraprendere lo studio della lingua di L.: data la vastità della materia e considerata la varietà dei fenomeni che costellano la dizione licofronea, è stato però necessario limitare l’indagine. Ho così deciso di occuparmi dei composti nominali, dal momento che essi costituiscono non solo un fenomeno quantitativamente abbondante, ma anche un tratto caratterizzante della dizione dell’Al., come cercherò di dimostrare.
La scelta dei composti operata può sembrare arbitraria, ma, dal momento che già sono stati fatti tentativi di classificazione e di studio morfologico dei composti licofronei (vd. infra, par. 1), ho preferito un criterio selettivo, che mirasse all’analisi particolare piuttosto che alla catalogazione sistematica dei fatti: mio obiettivo precipuo non era tuttavia quello di realizzare una raccolta di adversaria critica tra loro del tutto irrelati, ma di analizzare la lingua di L. nel suo contesto, mettendone in rilievo la valenza pragmatica e cercando, laddove possibile, di trarre alcune osservazioni di carattere generale (esposte nelle Conclusioni). In più, volevo offrire uno strumento almeno propedeutico all’esegesi di alcuni luoghi dell’Al. Questo è anche il motivo per cui ho scelto di occuparmi di quei composti per i quali disponiamo di scarsi paralleli, cioè degli hapax e dei primum dicta. In particolare, ho adottato la distinzione, proposta da Ciani (1975), in hapax, hapax semanticum, hapax morphologicum, primum dictum, primum dictum semanticum, primum dictum morphologicum.
La definizione di hapax, data la sua problematicità, richiede una pur breve spiegazione. Sebbene già in antichità si usasse il termine hapax, si intendeva solitamente con esso, ad es., una parola, uno stilema o una formula che comparissero una sola volta nell’opera di un autore: in particolare, ciò è valido per lo studio dei poemi omerici, in cui contava enumerare tutte le singolarità e le deviazioni rispetto alla ‘norma’ poetica e compositiva;2 in altre parole, hapax non era solamente un concetto lessicale. Io ho invece adottato il criterio ‘lessicale’ di Ciani, secondo cui hapax è una parola che si incontra, una o più volte, in un unico autore: ciò permette, pur nei limiti di cui dirò (vd. infra, par. 5.2), di meglio comprendere la specificità linguistica dell’Al.
Lo studio dei singoli composti è articolato in due sezioni, quella degli hapax e quella dei primum dicta;3 ogni composto è accompagnato dalla citazione del contesto di occorrenza e da una traduzione (il più possibile vicina alla lettera del testo), cui fanno seguito brevi notazioni di ordine morfologico e un’analisi storico-linguistica. Talvolta ho ritenuto opportuno aggiungere considerazioni di carattere letterario o extralinguistico che permettessero di comprendere meglio un dato composto.
Il lavoro di analisi è preceduto da alcuni paragrafi introduttivi in cui si accenna, sia pur brevemente, alla storia degli studi sulla lingua di L., al problema della datazione dell’Al. (questione che, sebbene destinata a rimanere incerta, non può senz’altro essere elusa nell’ambito di una trattazione storico-linguistica) e alle complesse questioni legate alla definizione e alla classificazione dei composti. Infine, mi è parso necessario sottolineare nelle Conclusioni alcuni tratti salienti dei composti licofronei e del loro uso, pur senza la pretesa di rendere conto di ogni dettaglio, conclusione o ipotesi legati all’analisi minuta dei singoli composti.

1.1 1 Storia degli studi

Non molti sono gli studi moderni sulla lingua di L., che pure già in antichità destava l’interesse degli esegeti e offriva un buon esercizio ‘scolastico’.4 Sebbene Reichard (1788) comprendesse, nella sua edizione dell’Al., un indice di vocabula poetica, rariora e audaciora, il primo vero lavoro approfondito è quello di Konze (De dictione Lycophronis Alexandrinae aetatis poetae. Pars I. De Lycophroneae dictionis proprietate in universum ratione simul habita Homeri et tragicorum); esso, edito nel 1870, resta a tutt’oggi l’unico di ampio respiro e, già nel titolo, rivela alcuni dei suoi tratti caratteristici. L. è infatti considerato poeta di ‘età alessandrina’, secondo una dizione, allora diffusa, che dimostra forse una mancata assimilazione della dottrina di Droysen.5 Non solo: il Nostro è considerato, per lo più, un imitatore di Omero e dei tragici, secondo un atteggiamento che tende a metterne in luce i debiti verso la tradizione letteraria precedente e che, nelle trattazioni successive, è preponderante. Lo stesso Konze avrebbe dovuto pubblicare altri due volumi dagli eloquenti sottotitoli: Pars II. De Lycophrone in delectu ac formatione vocabulorum et in orationis compositione Homeri et tragicorum imitatore e Pars III. De Lycophrone in figurate dicendi genere Homeri et tragicorum imitatore. Tuttavia, allo studioso spetta il merito di aver considerato la lingua di L. nel suo contesto storico e averne attenuato i caratteri di straordinarietà in base alla considerazione che egli, nel farcire l’Al. di glosse e lessico inusitato, di morfologia e sintassi talvolta aberranti, nonché di enigmi e di allusioni dotte, «fecit […] id quod alii fecerunt, nec aliter facere potuit, si vere literarum conditionem suae aetatis depingere voluit».6 Nel trarre queste conclusioni, Konze era consapevole del ruolo della filologia e della critica (dunque anche della glossografia e dell’interesse per vocaboli rari) nella letteratura d’età ellenistica, ma si dimostrava altresì convinto assertore dell’idea di Mischung tra Greci e barbari che sarebbe stata alla base del cambiamento, o piuttosto della corruzione della lingua greca in questa stessa età: «post Alexandri Magni aetatem simul cum gente etiam linguam Graecorum a natura et indole sua non paululum deflexisse».7 Individuate dunque le cause dell’apparente stravaganza della lingua dell’Al., lo studioso conduceva un’analisi descrittiva dei fenomeni salienti della stessa, a partire dalla morfologia fino alla sintassi e allo stile. Ancora oggi l’opera di Konze è un utile punto di partenza, il cui limite consiste tuttavia nell’essere solo una parte, introduttiva e di carattere generale, di un lavoro più ampio progettato e mai portato a termine dallo studioso.
In uno studio pubblicato in Hermathena del 1886, Bury si poneva, in linea con il suo predecessore Konze, il problema delle fonti del lessico licofroneo: ancora una volta, il poeta calcidese veniva considerato prima di tutto come debitore della tradizione letteraria precedente. In particolar modo, Bury sosteneva che egli avesse saccheggiato la lingua dei tragici: ciò sarebbe evidente (cosa che ci interessa immediatamente in questa sede) proprio dai numerosi composti che costellano l’Al. Al più, Bury riconosceva la possibilità che L. avesse talvolta attinto alle stesse fonti dei poeti tragici e avesse dunque preso a prestito alcune rarità lessicali dalla lirica e dall’epica; una parte restante del vocabolario licofroneo era fatta risalire ai comici o veniva confrontata col lessico di altri autori di età ellenistica. Lo studioso traeva da questa constatazione un’indicazione di metodo: per le parole rare, nonché per gli hapax legomena si sarebbe dovuta supporre una fonte tragica ovvero, con minore probabilità, lirica o epica; il principio di emendare testi tragici in base ai poeti ‘alessandrini’ era dunque, secondo Bury, «perfectly justifiable».8 L’Al. diventava così una sorta di lessico della poesia tragica, epica e lirica; ciò, naturalmente, aveva come corollario la negazione dell’originalità di L. ed era sintomo, al tempo stesso, di un interesse solo mediato per la sua dizione.
Holzinger, nell’edizione dell’Al. da lui curata ed edita nel 1895, dedicava spazio all’uso di glosse, forme dialettali e forestierismi da parte di L.: essi non sarebbero altro, nella maggioranza dei casi, che Lesefrüchte da autori precedenti e avrebbero come scopo precipuo quello di rendere oscura la dizione del poema. Per il resto, le considerazioni dello studioso tedesco si limitavano a riassumere i tratti salienti della lingua dell’Al. che già erano stati individuati ed elencati da Konze, sebbene venisse riconosciuta a L. almeno la possibilità di aver talora innovato la lingua poetica.9
Ciaceri seguiva le orme degli studiosi già citati ma, in più, si soffermava sulla presenza del linguaggio comico nell’Al., negandola esplicitamente; la presenza di un lessico ‘basso’ sarebbe piuttosto da ricondurre all’imitazione dello stile oracolare.10 Il giudizio dello studioso italiano sulla lingua di L. è in ogni caso sintomatico, nonché riassuntivo delle posizioni già espresse da diversi suoi predecessori:
la singolarità delle voci e delle espressioni usate nella Alessandra è cosa, del resto, che trova espressione nella grande erudizione di Licofrone. Un poeta che, come lui, non ha profondità di pensiero e versificando non dà svolgimento ad ardite concezioni, è mosso a fare opera riflessa imitando e raccogliendo ciò che altri anteriormente ha concepito e prodotto; e la mancanza di originalità, e nel contenuto e nella forma, viene a trovarsi in rapporto diretto con il lavoro di erudizione.11
Non dissimili sono le conclusioni cui giunge Ziegler nel suo...

Indice dei contenuti

  1. Title Page
  2. Copyright
  3. Contents
  4. Premessa e ringraziamenti
  5. Abbreviazioni
  6. Avvertenza
  7. 1 Introduzione
  8. Hapax
  9. Primum dicta
  10. Conclusioni
  11. Person Index