CAPITOLO 1
NOZIONI GENERALI SULLA DERMOPIGMENTAZIONE
BREVE STORIA DEL TATUAGGIO
Il tatuaggio è un metodo per decorare il corpo che risale a migliaia di anni fa: sono stati ritrovati aghi primitivi fatti di osso, scodelle con pigmenti e disegni cutanei su mummie un po’ in tutto il mondo. Disegni pigmentati sono stati documentati su mummie egiziane di 4000 anni fa, ma reperti analoghi si osservano su mummie neolitiche di 5000 anni in Siberia, Groenlandia, Perù e varie parti dell’Europa.
I tatuaggi ornamentali venivano eseguiti principalmente in due modi. Il primo, diffuso soprattutto presso le popolazioni di pelle scura, consisteva nel provocare delle incisioni cutanee e introdurre delle polveri di carbone o di argilla, generando così delle cicatrici rilevate o ipertrofiche; il secondo metodo, preferito nelle pelli chiare, sfruttava degli aghi di osso e successivamente di metallo che portavano in profondità china, fuliggine e altre polveri colorate.
In Italia Ötzi, la celebre mummia del Similaun risalente al 3300-3100 a.C., ritrovata al confine con l’Austria e conservata nel Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, è probabilmente il primo esempio di tatuaggio documentato. Sul suo corpo si trovano ben 61 tatuaggi, che consistono in semplici punti, linee e crocette, eseguiti effettuando delle piccole incisioni sulla pelle e ricoprendole con carbone vegetale.
Greci e Romani non consideravano questa pratica particolarmente nobile, anzi la usavano per identificare gli schiavi e i criminali. Soltanto a partire dall’era cristiana cominciarono a diffondersi tra gli adepti disegni a sfondo religioso (croci, pesci, agnelli, ecc.). Vennero poi proibiti sotto Costantino e si rileva un’altra traccia di condanna in un pronunciamento datato 787 di Papa Adriano I. Malgrado ciò, nel periodo delle Crociate, attorno all’anno 1000, gli stessi monaci tatuavano i crociati che si apprestavano ad andare in guerra.
Nel XVIII secolo i contatti con il Nuovo Mondo riaccesero l’interesse per questa pratica; il termine “tattoo” entrò nel vocabolario inglese grazie ai racconti del Capitano Cook che descrisse accuratamente l’usanza degli abitanti di Tahiti di colorarsi il corpo. Sembra che l’origine del termine stia proprio nella parola tahitiana tatau, colpire, indicando con ciò l’atto che i polinesiani effettuavano con una specie di martelletto di legno e di spazzola con denti aghiformi di osso per iniettare il pigmento. Altri invece pensano alle parole ta e atouas che significano disegno dello spirito. Analogo forte impulso diedero nel XIX secolo le relazioni commerciali con l’oriente e il Giappone in particolare, dove il tatuaggio era considerato un’espressione artistica. Forse il primo esempio di tatuaggio inteso come trucco permanente estetico lo troviamo nel teatro cinese: gli attori che per molti mesi dovevano lavorare alla stessa parte venivano tatuati con polveri minerali mescolate a grassi animali o con polveri vegetali (riso, vermiglio) o pigmenti animali (cocciniglia, nero di seppia, ecc.). Ogni colore e maquillage aveva un differente significato e permetteva di riconoscere subito il personaggio. La macchina elettrica per il tatuaggio fu inventata nel 1891 e portò a una diffusione più rapida in tutto il mondo. Nel frattempo questa pratica si era sempre più selezionata nel suo significato simbolico: da un lato, nelle classi abbienti e aristocratiche, era un segno di distinzione sociale o abbellimento estetico, dall’altro restava confinata invece alle categorie più basse (ad es., marinai) o degradate (carcerati, tossicomani), quale simbolo di gruppo o di appartenenza malavitosa (famosi i grandi tatuaggi degli yakuza giapponesi). Negli ultimi anni questa tecnica ha avuto uno sviluppo velocissimo, divenendo un vero e proprio fenomeno socio-culturale e assumendo le caratteristiche di accessorio ornamentale e modaiolo.
L’EVOLUZIONE DELLE TECNICHE DI DERMOPIGMENTAZIONE
Contributo di Antonella Sala
Durante il Congresso nazionale di Les Nouvelles Esthetique del 1990, organizzato da Nennella Santelli, venne presentata per la prima volta in Italia la tecnica di maquillage permanent dalla biologa francese Carol Franck.
Questa tecnica prevedeva l’utilizzo di un bastoncino munito di ago a una punta o a tre punte, con il quale si potevano creare arcate sopracciliari o contorni labbra picchiettando su ogni punto della pelle cinque volte con l’ago, in modo che il pigmento venisse spinto sottocute. I risultati estetici erano una sopracciglia piena, ma dal sapore teatrale, carnevalesco e il contorno labbra era solo una linea che lo definiva.
Il mio interesse si accese, tanto che alcuni mesi dopo decisi di frequentare il corso di maquillage permanent della durata di un giorno, che consisteva nel fare alcune ore di pratica su bucce di banana e pompelmo, cercando di ottenere una linea il più possibile regolare. Dalla banana passammo subito, audacemente e imprudentemente, alla prova pratica su una modella. Da quel momento inizio a utilizzare la tecnica di maquillage permanent, sperimentando e facendo esperienza sulle clienti (clienti?? erano le mie cavie!!) del mio Centro Estetico. Subito infatti mi resi conto delle innumerevoli problematiche e difficoltà, con risultati non soddisfacenti (problemi con i colori, limitatezza della tecnica…).
Dopo un anno circa l’azienda di Carol Franck propose una prima apparecchiatura che dava la battuta dello stesso ago che si utilizzava manualmente. Era un piccolo passo avanti perché si potevano disegnare i primi peli per le sopracciglia, mentre per le labbra nulla cambiava. Il lavoro era più veloce e preciso, ma ancora lontano dai risultati che vediamo oggi.
La richiesta di interventi è altissima in quegli anni e le aziende scoprono un nuovo business. Ho la fortuna di incontrare la Dott.ssa Mariagrazia Lonardi, titolare con il marito Vincenzo Buson della Ditta Cover Up, azienda che produceva apparecchiature per dermopigmentazione, e sottopongo loro i miei dubbi e mostro i risultati dei miei lavori. Provo la loro apparecchiatura ed è stato come passare da un trapano a un rasoio elettrico, tanta era la velocità e la leggerezza del manipolo. Mi propongono una collaborazione, durata poi quindici anni, per la docenza dei loro corsi. Il rapporto fu di condivisione e di amicizia e ...