Elogio della materia
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Elogio della materia

Per una storia ideologica della medicina

  1. 156 pagine
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Elogio della materia

Per una storia ideologica della medicina

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Materia è un nome nato per esprimere una realtà percepita come esistente in naturao addirittura identificata con la natura medesima, il nome viene da tempi remoti ed ègiunto fino a noi, appartenente al senso comune e via via problematizzato dal saperescientifico.Vive dunque da secoli, incorporato nel linguaggio corrente, caricato di significatinon sempre omogenei, divaricato in valori e disvalori. È nato così un altro nome, materialismo, espressivo dell'ideologia emergente dalla "materia" come attitudinementale e comportamentale dell'uomo comune, o come scelta teoretica ed etica diquesto o quel filosofo, o come "filosofia spontanea" di questo o quel fisico, chimico, biologo, medico. Vive anch'esso da secoli, talvolta apprezzato, spesso contrastatoe svilito. Il vilipendio è provato dal fatto che esso pesa sovente come un gravamedispregiativo sulla persona alla quale si applica: "Sei un materialista!". Questo librointende riscattarlo da tale indebita squalifica, recuperandolo a ruolo cognitivo e a un orientamento di vita che non sono da disprezzare e che, quantunque trascurati, nonsono affatto secondari nella storia della medicina.

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Informazioni

Editore
Edra
Anno
2016
ISBN
9788821441608

IN EPOCA MODERNA

Il Theophrastus redivivus riesce a vedere una propria versione a stampa solo dopo oltre un secolo dalla sua prima comparsa. Il testo stampato esce dai torchi dell’editore Rey, ad Amsterdam, nel 1775. Stampatore, luogo e data di edizione sono i medesimi del libro De l’homme, opera dal titolo e dal contenuto cartesiani scritta da un medico che i posteri conosceranno non come protagonista della storia della medicina, ma come uomo politico, osannato o vituperato, annoverato tra i principali artefici della Rivoluzione francese, Marat.
La coincidenza si presta a rimarcare emblematicamente un percorso di pensiero, lungo più di un secolo, nel quale, dopo i roghi di libri e di uomini, dopo le sequele di Riforma e Controriforma, dopo il tramonto delle grandiose utopie del Sacro Romano Impero e del Papato universale, l’edificio culturale dell’antico regime mette in evidenza le sue tante crepe.
La politica europea si è aperta a Nuovi Mondi e ha visto sorgere gli Stati Nazionali. L’economia continentale ha conosciuto trasformazioni – mercantile, dei prezzi, delle risorse agricole – di grande portata sociale. La società ha registrato un cospicuo salto demografico (dopo la contrazione dovuta alla peste di metà Trecento) e una articolazione al proprio interno in apparenza simile, ma in realtà molto diversa da quella medievale: alla triplice categoria dei bellatores, oratores, laboratores sono subentrati i tre ordini della nobiltà, del clero e del Terzo Stato. Ha iniziato a configurarsi socialmente la classe borghese.
Filosofia e religione, scienza e fede continuano a essere di volta in volta (come sempre saranno) ambiti culturali d’incontro, aree di confronto, terreni di scontro, campi di battaglia. Nel Settecento, peraltro, le guerre di religione non sono più quelle “crociate”, o quelle cinquecentesche, combattute a mano armata, col ferro e col fuoco. Le armi del contendere sono divenute quelle agitate verbalmente dai pulpiti e dalle cattedre, nei circoli e nelle accademie, oppure quelle che agguerriscono la prosa dei tanti libri a stampa circolanti in Europa.
Il panorama complessivo della cultura settecentesca, comunque, pur se ancora acceso qua e là dalle fiamme della fede religiosa, è tuttavia prevalentemente “illuminato” dai lumi della ragione. La ragione è la fiaccola della scienza; e la medicina, che dal canto suo ambisce a diventare una scienza (non più solo pratica ed empiria), è un campo d’esercizio professionale ubi tres medici, duo sunt athei.

Esordio delle neuroscienze

Dal primo Settecento in poi la materia, passiva e dotata di mera estensione secondo la concezione cartesiana, è diventata attiva e dotata via via di tutte le proprietà che le possono essere attribuite in quanto dimostrate sperimentalmente. È questa la nuova fisiologia delle proprietà che soppianta l’ormai obsoleta “fisiologia delle facoltà” di ascendenza galenica.
Nell’ambito dei fenomeni fisici sono proprietà della materia l’attrazione e la gravitazione dimostrate da Newton. Nell’ambito dei fenomeni fisiologici sono tali due proprietà dimostrate dal medico elvetico Albrecht Haller (1708-1777). Nel Settecento maturo, scientificamente infiammato da furor mathematicus, è ambizione di non pochi ricercatori quella di “fare come Newton”. Con le sue sperimentazioni di “anatomia animata” (dissezioni e stimolazioni di polipi e rane), Haller dimostra che la materia possiede due proprietà – “irritabilità” e “sensibilità” – che aprono la strada a ulteriori ricerche e acquisizioni nel campo neurofisiologico.
Newton aveva dato il nome di vis insita alla forza d’inerzia. Haller, negli Elementa physiologiae corporis humani pubblicati a Gottinga a partire dal 1757, dà lo stesso nome all’irritabilità dei muscoli e chiama vis nervosa la sensibilità posseduta dai nervi. Pur essendo un convinto newtoniano nel metodo, egli è tuttavia fedele a Cartesio, di cui traspone il dualismo metafisico di “sostanza estesa” e “sostanza pensante” nella dualità fisiologica della carnalità muscolare, materiale, e della sensibilità nervosa in certo qual modo apparentabile alla immateriale psichicità.
Nella formulazione halleriana, la sensibilità è attivata dagli stimoli applicati ai nervi, mentre l’irritabilità è attivata sia dagli stimoli mediati dai nervi medesimi, sia dagli stimoli esercitati direttamente sui muscoli, reagenti in modo “automatico” (al pari dello stimolo esercitato dalla massa del sangue sul muscolo cardiaco che infatti si contrae automaticamente). È per questo che, secondo Haller, i polipi, privi di sistema nervoso e dotati del solo apparato muscolare, se stimolati sono “irritabili” e quindi capaci di movimenti contrattili “automatici”.
Un programma di ricerca consecutivo e in parte alternativo a quello halleriano è abbozzato dal medico sassone Johann August Unzer (1717-1799) che nei Primi principi di una filosofia della natura caratteristica dell’organismo animale (Halle 1771) enuncia il concetto per cui le impressioni esterne, fornite dall’impatto degli oggetti con i sensi del soggetto, raggiungono talune il cervello, traducendosi in contenuti di coscienza e in azioni volontarie, mentre altre non lo raggiungono e si arrestano a un livello inferiore (che potrebbe essere detto sub-cosciente e in-volontario) traducendosi in azioni “automatiche”.
In pratica, il movimento automatico è concepito come un’attività che, pur restando estranea alla sfera psichica, cioè alla coscienza e alla volontà, è tuttavia intrinseca alla sfera nervosa, cioè ai nervi e al nevrasse. Nel programma unzeriano, l’attività cognitivo-volitiva e quella sensitivo-motoria si esplicano attraverso due circuiti nervosi di diversa lunghezza, formati l’uno da un arco lungo, chiuso a livello alto, cerebro-psichico, e l’altro da un arco breve, chiuso a livello basso, neuro-midollare. È l’abbozzo della teoria del cosiddetto “arco riflesso”.1
A questo punto, la storia delle neuroscienze si imbatte nell’opera del medico moravo Georg Prochaska (1740-1820), che nelle Dissertazioni sulle funzioni del sistema nervoso (Praga 1784) elabora lo schema di Unzer esprimendo il concetto che i fenomeni neurologici e i fenomeni psicologici sono fra loro omogenei: funzioni nervose e funzioni psichiche sono affini, la differenza fra le une e le altre non è di qualità, ma di livello, di grado.
L’arco riflesso allaccia fra loro sensibilità e motilità a livello del luogo anatomico che, dice Prochaska, “si chiama, con un termine oramai adottato dalla più parte dei fisiologi, sensorium commune”: è un luogo coesteso al midollo allungato e spinale, dove appunto avviene l’allacciamento fra le terminazioni dei nervi afferenti e le radici dei nervi efferenti. Il punto nodale è che tale schema per ora ipotetico può essere estremizzato fino alla congettura che un analogo “consenso” esiste anche a livello più elevato, cerebrale, determinando, a partire dal patrimonio delle sensazioni incorporate, le facoltà superiori, fisiologizzando in tal modo la psiche e spingendosi addirittura a materializzare l’anima.
Prochaska si cautela in proposito scrivendo che “le congetture in base alle quali eminenti scienziati tentano di determinare tali facoltà [volontà e coscienza] sono estremamente aleatorie” e che “il regno della fisiologia è oscuro su questo punto non meno che in passato”. Ma, come si vedrà più avanti, c’è già chi reagisce a tale circospezione prudenziale con il concepire, se non ancora con l’enunciare, punti di vista neurofisiologici intinti di materialismo e più consoni a recepire nuovi apporti da parte della ricerca scientifica.2

Il corpo e l’anima, il fisico e il morale

Ad Albrecht Haller, quando questi è già un quarantenne docente nell’Università di Gottinga, ma non ancora lo scienziato eminente tra i fondatori della fisiologia moderna, dedica un’opera a un suo ex-compagno di studi, come lui formatosi a Leida, alla scuola di Boerhaave: è il medico e filosofo bretone Julien Offroy de La Mettrie (1709-1751).
L’opera dedicata è L’homme machine, pubblicata anonima in Olanda nel 1747. Il dedicatario vi compare elogiato quale “svizzero illustre”, “figlio di Apollo”, “Fracastoro moderno”: un po’ troppo per non leggervi una punta di voluta ironia. Il testo è sotto accusa perché restringe la medicina nella gabbia delle sue basi fisiche e chimiche, contaminate da nozioni e asserzioni inosservanti dei dogmi tradizionali.
Ancor più pesante è l’accusa rivolta all’autore per un suo libro precedente, pubblicato anch’esso anonimo con il titolo Histoire naturelle de l’âme (Parigi 1745): la “naturalizzazione dell’anima” fa di esso un testo sacrilego, imputato di materialismo e ateismo. Per sfuggire al carcere, comminatogli dal potere politico dietro “indice” del potere ecclesiastico, La Mettrie è costretto ad abbandonare la Francia e a riparare a Berlino, alla corte di Federico II di Prussia, le roi philosophe che protegge i savants (tra i quali Voltaire).
La Mettrie ha scritto che “l’anima non è altro che un termine vago di cui non possediamo alcuna idea”, definendola come “quella parte [corporea] che pensa in noi”.3 Egli ironizza sul fatto che un medico e fisiologo ricco di esperienza e di scienza come Haller nutra “idee religiose e filosofiche perfettamente ortodosse”,4 cioè ossequiose dei dogmi teologici, come se avesse gli “occhi coperti da una benda sacra”.5
Unendo fra loro teoretica ed etica, ha asserito che soltanto “chi vive da buon cittadino può scrivere da filosofo. Ma scrivere da filosofo significa insegnare il materialismo! Ebbene, che male c’è?”. Non è forse il materialismo “l’evidente risultato di tutte le osservazioni ed esperienze compiute dai più grandi filosofi e medici?”. Il discorso di La Mettrie è incalzante nell’indicare chi è il cattivo cittadino: “Sono i teologi gli spiriti turbolenti che per servire un dio di pace fanno la guerra agli uomini. […] Non vi è alcuna relazione necessaria fra il credere in un solo dio e il non credere in nessuno […]. La virtù può possedere nell’ateo radici più profonde”.6
Le tesi del medico materialista e ateo sono, a metà Settecento, già rintocchi della campana rivoluzionaria. La Mettrie vede in Voltaire (1694-1778), ospitato anch’egli alla corte di Berlino, un compagno di strada che, pur se rifiuta le brevet d’athée, scaglia contro la Chiesa l’anatema écrasez l’Infâme e appare come un maître à penser messaggero di virtù da imitare.
Questo è l’esempio che dovrebbe essere imitato da Haller, scienziato innovatore ma conformista d’antico regime, per reagire a quelli che La Mettrie chiama “sonni alla svizzera” e per sviluppare in modo non sonnacchioso gli impulsi dell’insegnamento ricevuto negli anni giovanili dal comune maestro di pensiero e di vita, al quale La Mettrie stesso ha dedicato Vie de Boerhaave e un’attenzione al di lui “sistema” non inferiore a quella successivamente riservata al Système d’Epicure.
Una decina d’anni dopo l’uscita rumorosa dei due libri di La Mettrie su “l’uomo macchina” e “la storia naturale dell’anima”, esce il trattato De l’esprit (Parigi 1758), di cui è autore un ricco fermiere nobilitato e acculturato, Claude Adrien Helvétius (1715-1771). L’opera, pur volendo serbare in qualche modo l’autonomia dello “spirito”, tuttavia offre il fianco all’interpretazione che quest’ultimo sia riducibile a mera “sensibilità fisica” della materia. Ne consegue che il trattato non si sottrae all’accusa di materialismo e ateismo, estesa come per contagio agli estensori ed editori della Encyclopédie, Denis Diderot (1713-1784) e Jean Baptiste d’Alembert (1717-1783).
Diderot, prima e durante l’avventura editoriale “enciclopedica” (iniziata a partire dal 1750), aveva affidato i propri “pensieri filosofici” a un libro pubblicato anonimo nel 1746 che era stato condannato al fuoco dal Parlamento di Parigi, il quale successivamente aveva fatto arrestare e condannare al carcere l’autore accusato di empietà. Ciononostante, i pensieri incriminati erano stati ripresi da Diderot nel libro Sur l’interpretation de la nature, pubblicato nel 1753 e dedicato “ai giovani che si accingono allo studio della filosofia naturale”. Il dirsi “naturalista”, anziché professarsi apertamente “materialista”, era un espediente usato da non pochi pensatori per evitare i fulmini inquisitori.
Helvétius ha operato il tentativo di mantenere separato lo spirito dal corpo, pur cercando di assimilare all’organizzazione fisico-fisiologica di quest’ultimo ciò che resta dell’anima. Il tentativo non è condiviso, perché giudicato inaccettabilmente compromissorio, da un altro philosophe, ricco e nobil signore come lui, il barone Henri Thiry d’Holbach (1723-1789). È anch’egli un ex-studente di Leida, che ama ospitare nella propria residenza – la casa di Saint Roch a Parigi o il castello al Granval – un folto gruppo di intellettuali, di varia tendenza ma in prevalenza materialisti e atei, tra i quali l’...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Sommario
  5. Premessa
  6. INTRODUZIONE
  7. IN EPOCA ELLENICA
  8. IN ETÀ ELLENISTICA E ROMANA
  9. DAL MEDIOEVO ALL’ANTICO REGIME
  10. IN EPOCA MODERNA
  11. IN ETÀ CONTEMPORANEA
  12. CONCLUSIONE