Marijuana e salute mentale
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Marijuana e salute mentale

Effetti e problematiche nei pazienti psichiatrici

  1. 256 pagine
  2. Italian
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Marijuana e salute mentale

Effetti e problematiche nei pazienti psichiatrici

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La marijuana influisce sulla salute mentale in diversi modi. Il volume è incentrato soprattutto sugli aspetti di maggiore rilevanza per lo psichiatra e per altri professionisti della salute mentale e propone ai lettori una panoramica completa, sebbene succinta, di questo argomento, per il quale è spesso difficile reperire informazioni imparziali. Il testo risponde alle domande che i professionisti sanitari potrebbero porsi in merito agli effetti della marijuana sulla salute e sulle malattie mentali, basandosi sulle evidenze rese disponibili fino ad oggi dalla ricerca. Dopo una breve introduzione gli autori descrivono nel dettaglio gli effetti della marijuana per quanto riguarda l'intossicazione, le funzioni neurocognitive e la motivazione, nonché la dipendenza e forniscono tutte le informazioni relative alle indicazioni, alle formulazioni, all'efficacia e agli effetti avversi della marijuana per uso medico. Nei capitoli successivi presentano le relazioni tra marijuana e specifiche malattie mentali: illustrano le relazioni tra l'uso della marijuana e i disturbi da uso di sostanze, i disturbi dell'umore, i disturbi d'ansia, i disturbi psicotici e altri disturbi comportamentali. L'ultima parte del testo è invece dedicata al trattamento e alla prevenzione.

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Informazioni

Editore
Edra
Anno
2017
ISBN
9788821444456

CAPITOLO 1

Introduzione alla marijuana e alla salute mentale

Michael T. Compton, M.D., M.P.H.
Vignetta clinica.
L’uso di marijuana e la salute mentale di Anton
Anton Price è uno studente universitario di 20 anni che da tempo è in cura da uno psichiatra, il dottor Shawn Wrenn. Il dottor Wrenn segue Anton da 8 anni (di solito con sedute ogni 3 mesi, o più frequenti nei periodi di declino del rendimento scolastico) a causa di un lieve disturbo di deficit di attenzione e iperattività e di episodi occasionali di lieve depressione. Anton studia filosofia, ha costruito un ottimo rapporto con due dei suoi professori e intende conseguire la laurea per diventare anch’egli un professore. A parte qualche episodio occasionale di lieve depressione, con sintomi di anedonia, scarsa motivazione, difficoltà a dormire e inappetenza, Anton è alquanto socievole e ha molti amici. Durante le superiori e i primi 2 anni di università, il suo rendimento scolastico è stato variabile e, nonostante sia stato costantemente promosso, non sempre è riuscito a conseguire risultati all’altezza delle aspettative dei suoi genitori, degli insegnanti e dei docenti universitari. Il dottor Wrenn ha prescritto ad Anton degli psicostimolanti da utilizzare solo saltuariamente, in concomitanza con i cali del rendimento scolastico conseguenti ai problemi attentivi, che incidono soprattutto sugli esami. La maggior parte del lavoro del dottor Wrenn con Anton si è incentrata sulla gestione del tempo e dello stress e sulle strategie da adottare per completare lo studio a casa e sostenere gli esami. Anche se Anton e il dottor Wrenn hanno sempre avuto una relazione terapeutica apparentemente aperta e un buon rapporto interpersonale, solo recentemente Anton ha ammesso di fare uso costante di “erba” per il suo benessere mentale. Di fronte a questa ammissione, il dottor Wrenn ha espresso immediatamente la sua preoccupazione nei confronti dei potenziali effetti della marijuana sulla salute mentale e sul rendimento scolastico del ragazzo. Tuttavia, Anton crede fortemente che la purple haze che egli fuma migliori la sua salute mentale, anziché comprometterla. Nello specifico, se da un lato il dottor Wrenn sostiene che l’uso della marijuana potrebbe peggiorare la demotivazione e il rendimento scolastico di Anton e condurre a sintomi da dipendenza e a problemi di salute mentale potenzialmente gravi, Anton crede che l’uso della sostanza abbia effetti benefici sull’appetito e sul sonno e che lo aiuti a costruire e a mantenere buone amicizie. Entrambi ritengono che la marijuana influisca sulla salute mentale, ma hanno opinioni contrastanti in merito al modo in cui la sostanza esplica i suoi effetti.

Una breve panoramica: piante, composti e sistema endocannabinoide

Una pianta come poche altre

Questo libro parla di una pianta, anche se non dice praticamente nulla sulla pianta in sé. Al contrario, si concentra sugli effetti derivanti dall’assunzione (tipicamente attraverso il fumo) dei composti elaborati unicamente da questa pianta e sui loro potenziali effetti avversi sulla salute mentale per alcuni individui che la utilizzano. Anche se la pianta in sé (Cannabis sativa, con le varietà sativa e indica) non è l’argomento principale trattato in questo testo, vale la pena di notare che rappresenta una delle erbe più controverse del mondo: è altamente desiderata da molti, ma ricercata e distrutta da altri. Fa parte di un gruppo selezionato di piante il cui desiderio da parte dell’uomo e la sua essenzialità per l’uomo stesso ne hanno garantito la sopravvivenza e la proliferazione. In altre parole, come esposto da Michael Pollan (2002) in The Botany of Desire, questa pianta particolare, la cui coltivazione si è magistralmente diffusa all’interno delle case, ha escogitato un approccio particolarmente ingegnoso per assicurare la propria sopravvivenza, producendo sostanze chimiche che hanno il potere di alterare il modo in cui l’uomo sperimenta il mondo.
Nella maggior parte dei Paesi, la marijuana è diventata illegale in seguito all’adozione, da parte dell’ONU, della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (ONU, 1962). In base alla Drug Enforcement Administration (DEA) statunitense, la marijuana è l’unica principale sostanza di abuso coltivata entro i confini degli Stati Uniti e il programma di soppressione/eradicazione della coltura domestica della cannabis elaborato dalla DEA è stato responsabile, nel solo 2004, dell’eradicazione di 3.904.213 piante coltivate all’esterno e di 396.620 piante coltivate in casa, per un totale di 4.300.833 piante di marijuana (Drug Enforcement Administration, 2015). Questo sforzo massivo si scontra con le idee altrettanto risolute che animano il fronte opposto della battaglia: quelle dei sostenitori della legalizzazione di tutte le piante e della marijuana in particolare.

Δ9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo

La marijuana utilizzata occasionalmente da molti americani, settimanalmente se non addirittura quotidianamente, contiene più di 400 composti, tra cui circa 80 cannabinoidi noti, di cui il principale è il Δ9-tetraidrocannabinolo (THC; Borgelt et al., 2013). A causa della diversità dei cannabinoidi presenti nella marijuana, i risultati degli studi su questa pianta non possono essere facilmente estrapolati al THC, così come i risultati delle ricerche condotte specificamente sul THC hanno una rilevanza solo parziale nei confronti dell’uso della marijuana (D’Souza e Ranganathan, 2015). Un altro importante cannabinoide è il cannabidiolo (CBD) che, a differenza del THC, non è responsabile di sintomi di euforia o di intossicazione (Martin-Santos et al., 2012).
Le varietà di Cannabis sativa sono tra loro differenti, così come ogni “spinello” è diverso dal successivo. Inoltre, la composizione in cannabinoidi delle varietà di marijuana a più ampia diffusione è cambiata enormemente negli ultimi anni e nelle diverse regioni geografiche. Nell’era della coltura ingegnerizzata, il contenuto di THC e CBD (nonché il loro rapporto) nelle varietà di Cannabis sativa viene altamente calibrato e i prodotti vengono commercializzati sulla base di questo contenuto e degli effetti presunti a esso associati.

Sistema endocannabinoide

Recentemente, i ricercatori hanno iniziato a intraprendere un lungo percorso al fine di comprendere il sistema cannabinoide endogeno e il suo ruolo in varie funzioni fisiche e mentali. I due principali lipidi endocannabinoidi a funzione neuromodulatoria sono l’anandamide e il 2-arachidonoilglicerolo, che agiscono sui recettori per i cannabinoidi accoppiati a proteine G. Nello specifico, i recettori per i cannabinoidi di tipo 1 (CB1) sono concentrati prevalentemente a livello dei gangli della base, del cervelletto, dell’ippocampo, della corteccia associativa, del midollo spinale e dei nervi periferici, mentre i recettori CB2 si trovano principalmente nel sistema immunitario (il che può spiegare in parte gli effetti dei cannabinoidi sul dolore e sull’infiammazione) (Hill, 2015).
In termini generali, il sistema endocannabinoide svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella maturazione dell’encefalo (per esempio, attraverso la neurogenesi, l’allungamento degli assoni, la differenziazione e la migrazione neurale, la formazione della glia, lo sfoltimento delle sinapsi), soprattutto durante l’adolescenza e le prime fasi dell’età adulta (Maccarrone et al., 2014). Ciò spiega la particolare preoccupazione in merito all’uso della marijuana in età adolescenziale, di cui si parlerà nel paragrafo seguente e nei prossimi capitoli.
La stimolazione del recettore CB1 ha effetti inibitori sul rilascio dei neurotrasmettitori, che è pertanto regolato dal sistema endocannabinoide. Questo sistema è coinvolto nel controllo dell’appetito, della memoria e di altri domini dell’attività cognitiva, nonché dell’umore, del dolore, del sonno, dell’infiammazione e di altre funzioni fisiche e mentali. Mentre i cannabinoidi endogeni hanno una durata d’azione estremamente breve, l’esposizione ai cannabinoidi esogeni (per esempio, al THC contenuto nel fumo di marijuana) determina un’attivazione non fisiologica degli specifici recettori, di durata molto più prolungata.

Percezione odierna della marijuana negli Stati Uniti

Ambivalenza e controversia

La società americana sta vivendo una situazione di ambivalenza circa gli effetti benefici e quelli deleteri associati all’uso della marijuana. Molti americani considerano la marijuana alla stregua delle altre sostanze di abuso, ritenendola non molto diversa dalla cocaina, dagli oppiacei e da altri stupefacenti. Diverse persone la ritengono una droga essenzialmente benigna, con meno effetti di dipendenza e meno pericolosa dell’alcol. Un altro grande gruppo di americani reputa l’uso di quest’erba un approccio naturale per acuire i sensi, migliorare la salute mentale complessiva, promuovere la soddisfazione nella vita, approfondire i legami con la propria spiritualità o con gli amici o trattare problemi medici o psichiatrici. Le opinioni in merito al consumo di marijuana sono varie e coprono uno spettro molto ampio e non sono limitate alle categorie approssimative sopra accennate. Piuttosto vari sono anche gli atteggiamenti nei confronti del panorama in evoluzione relativo alla decriminalizzazione (riduzione o eliminazione delle pene per reato) e alla legalizzazione (eliminazione delle pene per reato e istituzione di un sistema di tassazione e di regolazione della produzione, della lavorazione e della distribuzione) della marijuana per uso sia medico sia ricreativo. Le opinioni stanno cambiando anche tra i singoli individui e tra gruppi di individui; per esempio, negli ultimi anni, tra i giovani si è ridotto il rischio percepito associato al consumo di marijuana, con conseguente aumento dei tassi di utilizzo in questa fascia di età. Attualmente, non esiste alcun consenso generale, né è prevedibile che un tale consenso possa essere conseguito negli immediati anni a venire. Parallelamente ai cambiamenti di opinione, negli ultimi decenni anche la stessa pianta della marijuana ha subito delle alterazioni per effetto della coltivazione selettiva e di semplici modificazioni genetiche, che hanno portato alla creazione di varietà contenenti livelli molto più elevati di THC rispetto a quelli presenti nell’erba della cultura hippie degli anni Sessanta.
Un altro aspetto di ambivalenza presente negli Stati Uniti è l’evidente mancanza di uniformità tra la legge federale e le norme in continua evoluzione nei diversi Stati. Da un lato, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e la DEA classificano la marijuana nella Lista I, in base al Controlled Substances Act, ossia nella classe di sostanze che attualmente non posseggono alcun utilizzo medico accettato e presentano un alto rischio di abuso. D’altro lato, molti Stati hanno approvato (o approveranno nei prossimi anni) una normativa che ammette la legalizzazione dei programmi di uso medico della marijuana. Questi programmi consentono la fornitura e la vendita della sostanza dietro raccomandazione medica (attività che violano la legge federale). Di fatto, in alcune aree, sono facilmente disponibili delle apposite carte a uso personale che consentono al paziente di acquistare la marijuana per uso medico (medical marijuana cards), sono presenti forse più negozi di marijuana che coffee-shop e si sta assistendo allo sviluppo di un intero nuovo settore. Accanto a questa mancanza di consenso, tra gli Stati che hanno approvato una normativa che ammette alcune forme di legalizzazione, è presente una notevole mancanza di uniformità o addirittura una totale assenza di regole e di norme che disciplinano i programmi di uso medico della marijuana, la guida sotto l’effetto di sostanze, l’etichettatura e l’accuratezza delle etichette (Vandrey et al., 2015) poste sulla sostanza, la pubblicizzazione dei prodotti commestibili e altri aspetti relativi all’uso della marijuana.
I professionisti sanitari hanno avuto voce, sebbene in misura limitata, in merito a questa continua situazione di ambivalenza e controversia. Per esempio, come osservato da D’Souza e Ranganathan (2015)
se l’iniziativa degli Stati di legalizzare la marijuana per uso medico fosse semplicemente un tentativo velato per arrivare all’approvazione della marijuana per uso ricreativo, la comunità medica dovrebbe essere tenuta al di fuori del processo e la marijuana dovrebbe essere depenalizzata. Al contrario, se l’obiettivo è rendere disponibile la marijuana per scopi medici, non si capisce perché il processo di approvazione dovrebbe essere diverso da quello utilizzato per gli altri farmaci. (pag. 2432)
Il fermento dei gruppi pro-marijuana è stato notevole, ma con poche voci di moderazione o equilibrate. Nel frattempo, la ricerca sull’uso della marijuana sostenuta a livello federale si è concentrata prevalentemente sugli effetti deleteri della sostanza, ignorandone ampiamente i potenziali effetti terapeutici o di promozione della salute.
La situazione odierna di ambivalenza e controversia è difficile da separare dalla lunga storia statunitense di continuo cambiamento degli atteggiamenti nei confronti della marijuana: un passato caratterizzato da lotte a favore e contro l’uso della sostanza. Negli ultimi decenni, la War on Drugs si è incentrata essenzialmente sul possesso di marijuana ed è stata oggetto di pesanti critiche, in quanto considerata non solo un fallimento della politica, ma anche una forma di ingiustizia e oppressione sociale. Questo aspetto viene descritto in dettaglio da Michelle Alexander (2012) nel suo libro meticolosamente documentato The New Jim Crow, in cui l’autrice sostiene che, come accaduto nell’era delle leggi di Jim Crow e, prima ancora nell’epoca della schiavitù, la War on Drugs fu concepita per sostenere una casta razziale, prendendo di mira i neri e utilizzando il sistema della giustizia penale come mezzo contemporaneo per il controllo razziale. Sono molti coloro che, a sostegno della decriminalizzazione della marijuana per uso ricreativo (e persino della sua legalizzazione), portano avanti, quale argomentazione, il danno sociale provocato presumibilmente dalla War on Drugs.

Tendenze recenti nell’uso della marijuana

I tassi di utilizzo della marijuana sono in aumento, come dimostrano i dati statistici emersi da diversi sondaggi epidemiologici, inclusi i risultati più recenti del National Survey on Drug Use and Health (Center for Behavioral Health Statistics and Quality, 2015). Nel 2014, una percentuale pari a circa il 7,4% degli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni risultava consumatore di marijuana, per un totale di circa 1,8 milioni di adolescenti statunitensi. Tra i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni, una percentuale stimata del 19,6% faceva uso della sostanza. Per quanto riguarda gli adulti con più di 26 anni, circa il 6,6% era consumatore di marijuana, per un totale di circa 13,5 milioni di individui in questo gruppo di età.
Come sarà ripreso più volte in questo libro, la preoccupazione prevalente in merito all’uso di marijuana è il fatto che i suoi effetti avversi sulla salute mentale sono particolarmente evidenti nei giovani consumatori o in caso di abuso consistente. I dati resi disponibili dalla ricerca mostrano in maniera convincente che i consumatori regolari o quanti fanno uso della sostanza fin da un’età precoce (ossia, nell’adolescenza) presentano un maggior rischio di esiti avversi, tra cui un minore livello educativo, disoccupazione, utilizzo di sostanze illecite più pericolose e sintomi di natura psichiatrica (Fergusson et al., 2015). Allo stesso tempo, è necessario sapere che esiste una percentuale considerevole di consumatori di marijuana adulti occasionali o anche abituali (che tuttavia non ne abusano) che non manifesta alcuna conseguenza avversa associata all’uso della sostanza.
Oltre alle preoccupazioni in merito all’uso negli adolescenti e al consumo massiccio di marijuana, l’impiego di questa droga è verosimilmente dannoso anche tra i pazienti affetti da determinati disturbi psichiatrici (per esempio, disturbi dell’umore, ansia, disturbi psicotici). Questo aspetto è di particolare interesse per i professionisti della salute mentale, considerati gli alti tassi di comorbilità tra i disturbi da uso di sostanze e disturbi psichiatrici. Sebbene la ricerca disponibile indichi che questa comorbilità produca effetti dannosi, la società in generale non ha ancora accolto questa conclusione. Per esempio, in alcuni Stati, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è considerato condizione adatta per prendere parte ai programmi di uso medico di marijuana, sebbene il consumo della sostanza sembri essere associato a una maggiore (e non minore) gravità dei sintomi di PTSD, a un aumento del comportamento violento e a un maggiore utilizzo di alcol e di altre sostanze da parte dei pazienti che sono affetti dal disturbo (Wilkinson et al., 2015).

Che cosa dovrebbero sapere i professionisti della salute mentale e altri professionisti sanitari

I professionis...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. 1. Introduzione alla marijuana e alla salute mentale
  6. 2. Effetti della marijuana sulla mente
  7. 3. Politica sulla marijuana per uso medico e per uso ricreativo
  8. 4. Marijuana per uso medico
  9. 5. Uso di marijuana e comorbilità
  10. 6. Uso di marijuana e psicosi
  11. 7. Cannabinoidi sintetici
  12. 8. Trattamento della dipendenza da marijuana
  13. 9. Prevenzione dell’uso problematico di marijuana