Elastosonografia mammaria
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Elastosonografia mammaria

  1. 192 pagine
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Elastosonografia mammaria

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L'elastosonografia consente di valutare le proprietà meccaniche dei tessuti e fornisce indicazioni diagnostiche che, integrate con l'indagine ecografica, possono essere estremamente utili in ambito senologico. L'elastosonografia infatti può migliorare le potenzialità diagnostiche dell'ecografia nelle lesioni focali benigne e maligne del seno. Il volume di Richard Barr, uno dei maggiori esperti mondiali in questo campo, è estremamente completo: pone particolare enfasi sulle sue applicazioni cliniche e descrive in dettaglio le tecniche necessarie per la lettura degli elastosonogrammi. Il volume fornisce una descrizione generale di tutti gli artefatti, nonché consigli e raccomandazioni che si basano sulla pratica e sulla vasta esperienza clinica dell'autore. L'efficacia del testo è legata ai continui riferimenti ai casi clinici, che vengono ampiamente illustrati da un'ottima iconografia.

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Informazioni

Editore
Edra
Anno
2017
ISBN
9788821442056

1 Introduzione all’elastografia mammaria

Inizialmente, la valutazione ecografica della mammella era utilizzata per determinare la natura cistica o solida delle lesioni.1,2 Da allora, grazie ai criteri formulati da Stavros et al.,3 l’ecografia ha assunto un ruolo di maggiore importanza nella caratterizzazione delle lesioni mammarie. Questi criteri sono stati incorporati nel sistema di classificazione BI-RADS (Breast Imaging-Reporting And Data System)4 e possono essere impiegati per distinguere le lesioni mammarie benigne da quelle maligne.
L’elastografia è una nuova tecnica ecografica in grado di fornire informazioni aggiuntive in precedenza non disponibili. L’elastografia, o imaging dell’elasticità (EI, Elasticity Imaging) è una metodica di imaging che valuta la rigidità dei tessuti anziché la morfologia tissutale. Le immagini mostrano la differenza relativa di rigidità tra i vari tessuti. Per più di mille anni i medici hanno impiegato la palpazione manuale della mammella per la diagnosi di tumore mammario,5 comprendendo che le masse meno deformabili alla palpazione sono, con maggiore probabilità, di natura maligna. L’elastosonografia ha la potenzialità di quantificare la rigidità di una lesione, caratteristica che in precedenza veniva stimata solo soggettivamente sulla base dell’esame fisico.6,7,8 Krouskop et al. hanno determinato che, in vivo, esiste un contrasto elastografico significativo tra lesioni mammarie cancerose e non;9 ciò indica che l’elastografia rappresenta una tecnica eccellente per la caratterizzazione delle lesioni mammarie come benigne o maligne.
Sono disponibili due tipi di elastografia: l’elastografia strain (SE, Strain Elastography) e l’elastografia shear wave (SWE, Shear Wave Elastography). L’elastografia strain produce un’immagine basata sullo spostamento del tessuto provocato da una forza di compressione/rilasciamento applicata dall’esterno (mediante il movimento del trasduttore o mediante l’emissione di impulsi di forza di radiazione acustica [ARFI, Acoustic Radiation Force Impulse]) oppure generato dal paziente stesso (respirazione e/o battito cardiaco). Tale tecnica consente una valutazione qualitativa della lesione, ossia della sua rigidità relativa rispetto a quella degli altri tessuti presenti nel campo di visualizzazione. Non consente tuttavia di determinare la rigidità esatta della lesione. L’elastografia shear wave utilizza un particolare “impulso di spinta”, chiamato impulso di forza di radiazione acustica, che determina la propagazione di onde trasversali o di taglio di cui è possibile misurare la velocità. Poiché la velocità dell’onda attraverso i tessuti dipende dalla “rigidità” dei tessuti stessi, questa tecnica consente di ottenere una valutazione quantitativa della rigidità, ossia di esprimerla sotto forma di valore numerico. Grazie all’introduzione dell’elastografia, sono ora disponibili tre modalità ecografiche (
arr
Tabella 1.1).
Tabella 1.1 Confronto tra diverse modalità ecografiche
Modalità
Parametro misurato
Attributo visualizzato
B-mode
Impedenza acustica
Anatomia
Doppler
Movimento
Flusso sanguigno
Elastografia
Proprietà meccaniche
Rigidità dei tessuti
I lavori precedenti effettuati in questo campo erano complicati dal fatto che l’imaging B-mode veniva effettuato usando ecografi convenzionali, mentre l’imaging elastografico era eseguito da sistemi destinati alla ricerca. Grazie all’avvento dei sistemi a doppia visualizzazione in tempo reale, in grado di mostrare sia l’immagine B-mode convenzionale sia l’elastogramma, l’utilità di questa tecnica si è estesa nella pratica clinica. Utilizzando l’elastografia strain a doppia visualizzazione in tempo reale, Hall et al.10 dimostrarono che questa tecnica era potenzialmente utilizzabile per caratterizzare le lesioni mammarie come benigne o maligne. Notarono, inoltre, che all’esame elastografico le lesioni benigne presentavano dimensioni più piccole rispetto a quelle misurate nelle corrispondenti immagini B-mode, mentre le lesioni maligne presentavano dimensioni maggiori. Proposero quindi di utilizzare il rapporto tra la dimensione elastografica e quella in B-mode della lesione quale criterio diagnostico di benignità o malignità.
Anche se le attuali tecniche di imaging mammario, come la risonanza magnetica (RM), l’ecografia e la mammografia, presentano un’alta sensibilità nel rilevare la presenza di lesioni mammarie, la loro specificità non è altrettanto elevata.11,12 Ciò ha portato allo stretto monitoraggio o all’esecuzione di inutili biopsie di molte lesioni benigne. Disporre di una modalità di imaging dotata di un’alta specificità nel rilevare le lesioni maligne potrebbe ridurre significativamente la quantità di biopsie eseguite inutilmente.
Negli ultimi anni, si è assistito al miglioramento continuo nella qualità e nell’interpretazione delle immagini, nonché nelle tecniche di imaging. La presente opera tratta l’utilizzo dell’elastografia mammaria allo stato attuale, mettendo in evidenza la tecnica appropriata e l’interpretazione necessaria per ottenere risultati consistenti e accurati.
Introdotta inizialmente nel 2003, la tecnica dell’elastografia è da allora migliorata grazie ai progressi nei sistemi di ecografia diagnostica. Attualmente, la maggior parte degli ecografi disponibili in commercio è dotata dell’elastografia mammaria. Gli attuali sistemi elastografici forniscono immagini che, oltre a permettere la differenziazione tra tessuti benigni e maligni, consentono anche di valutare alcuni aspetti istologici attraverso la rappresentazione della distribuzione di rigidità tissutale. Questo aspetto potrebbe consentire la valutazione degli effetti terapeutici del trattamento con agenti antitumorali. L’elastografia permette di diagnosticare e valutare non solo le masse, ma anche le lesioni non tumorali.
Recentemente sono stati introdotti vari sistemi basati sull’applicazione della deformazione; essi comprendono, oltre ai sistemi che incorporano l’elastografia strain, la quale comporta un ciclo di compressioni/rilasciamenti manuali o l’applicazione di una vibrazione, anche sistemi dotati della tecnologia ARFI e SWE. Questi metodi hanno lo scopo comune di apportare capacità diagnostiche di tipo quantitativo (rigidità) nel campo dell’ecografia, ma differiscono in termini di teoria, tecnica e interpretazione. Inoltre, nella valutazione diagnostica vengono utilizzati vari criteri e una diversa terminologia come, per esempio, il rapporto tra la lunghezza della lesione misurata all’esame elastografico e la lunghezza della lesione misurata mediante imaging B-mode, il rapporto E/B (rapporto di larghezza, rapporto di lunghezza), la scala cromatica a 5 punti (elasticity score, punteggio di Tsukuba, pattern di deformazione), lo strain ratio o rapporto di deformazione (rapporto lesione/grasso [LFR, Lesion to Fat Ratio]) e le misurazioni relative alle onde di taglio (kPA o m/s), che spesso portano a confusione durante l’apprendimento delle tecniche elastografiche.
Nella presente opera, i principi dell’elastografia sono presentati in una forma facilmente comprensibile da parte degli addetti al settore. Informazioni più dettagliate sui principi dell’elastografia possono essere reperite altrove.13 Vengono discusse le tecniche richieste per ottenere immagini ottimali con i vari metodi, illustrando in modo particolare come evitare le insidie. Viene trattata l’interpretazione delle immagini ottenute utilizzando le diverse tecniche, nonché il modo in cui tali immagini si correlano l’una con l’altra. Infine è fornito un elenco delle fonti bibliografiche e di altre fonti di informazione.
L’elastografia deve essere eseguita insieme all’ecografia mammaria convenzionale. Si tratta di una tecnica di imaging aggiuntiva, come il color Doppler, per valutare le lesioni mammarie tumorali o non tumorali. Al momento l’elastografia non può essere utilizzata come tecnica di screening, sebbene rappresenti un’eccellente metodica diagnostica che consente di caratterizzare una lesione come benigna o maligna. Attualmente, la maggior parte dei sistemi ecografici dispone di funzionalità di tipo elastografico. L’uso della SE e della SWE è autorizzato dalla Food and Drug Administration (FDA) per determinare se una lesione è rigida o elastica. Sia la SE sia la SWE si sono dimostrate in grado di migliorare la caratterizzazione delle anomalie mammarie. La scelta della modalità da utilizzare dipende dalle preferenze personali ed è spesso influenzata dall’esperienza dell’operatore e dalle apparecchiature disponibili. L’esame di un’anomalia mediante SE o SWE può essere eseguito nell’arco di alcuni minuti e, nel caso in cui vengano utilizzate entrambe le tecniche e i reperti ottenuti siano compatibili, è possibile aumentare la confidenza dei risultati. L’eventuale discordanza dei risultati può indicare che la lesione è atipica e, in tal caso, può essere necessario ricorrere a una valutazione aggiuntiva al fine di caratterizzare ulteriormente la lesione.
L’elastografia può anche essere utile nella caratterizzazione di lesioni isoecogene, poiché se l’imaging B-mode non è in grado di rilevare la presenza di una lesione palpabile, spesso l’uso dell’elastografia può identificare tale lesione sulla base della sua rigidità. La presenza di una “lesione” isoecogena non è infrequente e ciò rende difficile determinare se la zona esaminata è realmente un’anomalia oppure un lobulo di grasso.
È stato suggerito che il vantaggio principale dell’elastografia potrebbe essere una migliore caratterizzazione delle lesioni di categoria 3 e 4A nella valutazione BI-RADS. L’elastografia potrebbe essere utilizzata per aumentare o ridurre di un punto il punteggio BI-RADS di queste lesioni. Con il continuo miglioramento della tecnica elastografica e la maturazione di un’esperienza clinica maggiore, sarà possibile raggiungere una migliore comprensione del modo in cui incorporare l’elastografia nel sistema di classificazione BI-RADS. Diverse organizzazioni hanno raccomandato specifiche linee guida al riguardo.14,15,16
Abbiamo utilizzato l’elastografia come strumento diagnostico per diversi anni, in tutti i nostri casi di ecografia mammaria, e come strumento di ricerca per oltre 10 anni. Nella nostra esperienza, siamo riusciti a ridurre significativamente il tasso di biopsie, migliorando al contempo la percentuale di biopsie positive. Riteniamo che l’elastografia sia utile per la caratterizzazione delle lesioni di qualsiasi categoria BI-RADS. L’artefatto “a bersaglio” (si veda il Capitolo 3) si è rivelato estremamente utile nell’aumentare il livello di confidenza con cui è possibile determinare se una lesione è una cisti benigna complicata, per la quale il follow-up a breve termine o la biopsia non sono richiesti. Tuttavia, prima di annullare una biopsia, consigliamo di verificare la tecnica utilizzata e i risultati ottenuti. La correlazione tra l’elastografia e la patologia ha permesso di introdurre un controllo aggiuntivo dell’adeguatezza delle nostre biopsie eseguite sotto guida imaging.
Esistono diversi metodi per la visualizzazione dei dati elastografici, così come sono state proposte diverse scale cromatiche. Nel presente libro sarà utilizzata la convenzione secondo cui nella SE il nero corrisponde a un tessuto rigido e il bianco a un tessuto deformabile e nella SWE il rosso corrisponde a un tessuto rigido e il blu a un tessuto deformabile. Nella SWE sarà utilizzata la scala cromatica poiché essa è in grado di rappresentare il valore quantitativo della rigidità; pertanto, qualsiasi lesione abbastanza rigida da essere codificata da un colore superiore al nostro valore di cut-off risulta facile da identificare. Nella SE, sarà utilizzata una scala di grigi poiché riteniamo che essa sia in grado di identificare le variazioni di rigidità relativa in maniera più accurata rispetto a una scala cromatica, nella quale una piccola variazione della rigidità relativa può essere rappresentata da un brusco cambiamento di colore. Riteniamo inoltre che la misurazione delle dimensioni di una lesione all’elastogramma sia più accurata quando si utilizza la scala di grigi. Nell’analisi della deformazione (strain imaging), la mappatura dei risultati secondo una scala di grigi o una scala cromatica è una funzione applicata successivamente all’elaborazione dell’immagine ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. 1 Introduzione all’elastografia mammaria
  6. 2 Principi di elastografia
  7. 3 Elastografia strain
  8. 4 Elastografia shear wave
  9. 5 Tecniche combinate di elastografia shear wave ed elastografia strain
  10. 6 Casi clinici: lesioni benigne
  11. 7 Casi clinici: lesioni maligne
  12. 8 Casi clinici di altre lesioni
  13. 9 Prospettive future e conclusioni
  14. Bibliografia