1. Le pietre e gli uomini
La città medievale di Gubbio si erge sul versante occidentale del monte Ingino affacciandosi sulla Conca eugubina, la zona valliva di 80 km quadrati che lo fronteggia. Il territorio di pertinenza del comune si sviluppava, a partire dal XIII secolo, in due direzioni. A sud-ovest risultava decisiva la presenza di cinque corsi d’acqua: il Camignano, dalle gole del Bottaccione sul monte Foce, attraversava le ville di San Cristoforo e Santa Margherita di Monte Foce per poi tagliare la città in due costeggiando la base dell’Ingino e immettersi nel planum eugubino, divenendo un affluente del Saonda. Il fiume doveva avere, nel periodo di cui ci occupiamo, una portata maggiore di quella attuale: come vedremo meglio più avanti, a ridosso del corso d’acqua si concentravano svariate attività economiche che sfruttavano l’energia da esso prodotta utilizzando le macchine idrauliche presenti. Il torrente Cavarello, affluente del Camignano oggi interrato, costituiva invece il limite meridionale della città e lungo il suo corso si sviluppava la relativa parte della cinta muraria.
Fuori dalla città, il Saonda divideva invece il territorio sull’asse nord-ovest/sud-est, collegando fra loro l’Assino e il Chiascio, entrambi affluenti del Tevere. I percorsi di questi ultimi costituiscono le direttrici lungo cui, rispettivamente a nord e a sud, si estendeva la presenza eugubina. Appendice sud-orientale della Conca era quello che le fonti medievali chiamano planum, una striscia di terra coltivabile che attraversava numerose ville fino al castrum di Branca, in direzione di Fossato di Vico e Gualdo. Il margine sud-occidentale della Conca confinava, invece, con la ripresa delle zone collinari e montuose, che dividevano il contado da quelli di Città di Castello e Perugia e ospitavano la maggior parte dei castra eugubini in questa direzione.
L’altro asse di sviluppo puntava a nord-est verso le Marche, frutto della politica del comune avviata dai primi decenni del Duecento, in particolare dopo la sconfitta militare subita nella guerra con Perugia del 1217, che suggerì di dirigere dalla parte opposta gli sforzi espansionistici: dopo Cantiano, Scheggia e Costacciaro, la zona di pertinenza eugubina si incuneava fra i territori di Cagli, Sassoferrato e dell’abbazia di Fonte Avellana percorrendo un corridoio che arrivava a Montesecco, passando per Serra Sant’Abbondio e Pergola.
L’area geografica di cui si è fornita una sintetica descrizione coincideva per la maggior parte con la diocesi eugubina, con l’eccezione delle estremità occidentali, in particolare il castrum di Umbertide appartenente al contado perugino, e orientali, facenti capo alla diocesi di Cagli e Nocera (fig. 1). Se si eccettua il grosso del settore nord-orientale da Cantiano in poi, progressivamente perduto con l’ingresso della città nel nascente stato di Urbino, il profilo riportato potrebbe tranquillamente descrivere l’attuale territorio comunale, estendentesi per più di 500 km quadrati, cifra che posiziona ampiamente Gubbio fra i primi dieci comuni italiani in ordine di grandezza. Gli oltre 800 km quadrati del territorio medievale se costituivano una cifra di livello medio-basso inseriti nel più ampio contesto dell’Italia comunale, collocavano però la città fra i primi centri dell’area umbro-marchigiana, che solo raramente controllavano un territorio superiore ai 1.000 km quadrati.
Gli studiosi che si sono occupati della storia della città e del territorio eugubino hanno sottolineato come tanto l’impianto generale del centro storico quanto la suddivisione territoriale del contado si siano mantenuti sostanzialmente inalterati almeno fino all’Ottocento, se non oltre. Ciò è vero, ma non bisogna farsi ingannare troppo dalle apparenze: se l’ossatura degli insediamenti e, in buona parte, la toponomastica sono rimaste le stesse, non altrettanto, è ovvio, è avvenuto per quanto riguarda le modalità con cui l’ambiente è stato sfruttato, organizzato e impiegato nel corso dei secoli: per rimanere sul XIV secolo, le fonti coeve ci parlano continuamente di una città in costruzione e ricostruzione, in cui gli spazi urbani venivano riadattati a seconda delle esigenze contingenti, pur essendosi stabilita, dalla prima metà del secolo, la conformazione fondamentale della pianta urbana. Tale profondità storica è parzialmente visibile anche nel contado, in cui riorganizzazioni agrarie, dissodamenti, abbandoni e ripopolamenti hanno senz’altro avuto luogo e trasformato in maniera significativa il paesaggio.
La scarsa sistematicità delle non troppe fonti che riguardano il territorio rende più comodo occuparsene in seguito, quando si tratterà della sua gestione politica. Diverso è il caso della città, un «esempio tipico di un piccolo comune medievale», della quale si proverà a fornire una descrizione che punti a comprendere i principali cambiamenti verificatisi nel corso del XIV secolo. Sulla scia delle suggestioni derivanti da un recente convegno, si proverà a visualizzare l’allestimento «di spazi per le attività produttive e commerciali, la costru(zione) di mura di cinta, porte urbane e case, l’amplia(mento) o la pavimenta(zione) di strade, la condu(zione) di acquedotti e […] canali di scolo», senza ovviamente tralasciare l’evento urbanistico centrale della Gubbio trecentesca, la costruzione della nuova piazza comunale e dei suoi palazzi.
La seconda parte del capitolo sarà dedicata al tentativo non semplice, come sempre quando si tratta di demografia medievale, di effettuare una stima della popolazione trecentesca di Gubbio. Entrambe queste due coordinate, l’urbanistica e la demografica, fornendo una sorta di ricostruzione scenografica, per quanto possibile storicamente viva, mi sembrano indispensabili per comprendere meglio gli altri aspetti del...