Lettere dalla Riviera
(agosto-ottobre 1896)
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27 agosto [18]96
Santa Margherita Ligure ore 2 ¾
Creatura soltanto mia
Eccomi in questo paese di cui non posso dirti proprio nulla, perché non l’ho visto. Ha però un largo orizzonte che mi attrae. Mi vi sono fermata per recarmi a Porto Fino, dove si va di qui in mezz’ora con vettura-diligenza. Zoagli! Che disinganno atroce! Come, anni addietro, Deiva. Figurati: vi giungo sfinita dal mal di mare, come se avessi fatto il viaggio da Roma in barca; perché la carrozza aveva lentissimi i freni, e c’era un rullio come a bordo, quando è tempesta. Il mio stomaco ballava la tarantella, e senza l’aiuto dell’acqua antisterica! Basta, scendo a Zoagli; domando un alloggio qualunque; nessuno affitta, e neanche apre l’uscio a’ forestieri. Dunque, affamata, assetata, col sole sul capo, domando l’ospitalità al capo stazione: ottimo uomo, che mi può offrire solo una sedia all’ombra e un bicchier d’acqua. Accetto, riconoscente, le due cose, e resto lì fino all’1 ½! Egli mi dice di provare Porto Fino; secondo lui e l’ufficiale telegrafico, è uno de’ siti più incantevoli, economici, graziosi del mondo. E va bene. Proviamo. Ma debbo posare alcune ore a S.ta Margherita, se non voglio ammalarmi. Prima di coricarmi ho voluto scrivermi [sic]. Tu dirigi la prossima tua, che voglio subito, a Porto Fino (S.ta Margherita Ligure per Porto Fino).
Vi sarò domani. E fammi mandar colà addirittura la posta. Come stai? Come ti senti, amor mio? Io non sapevo, credilo, d’amarti a questo punto. È grave. Il mare della mia Riviera neppur mi piace più se non lo contemplo vicino a te. Non godo nulla; ma mi preparo a godere per quando verrai fra le mie braccia. Oh, il mio dolce, caldo, morbido, odoroso seggiolino! Come sei rimasto al ministero? E casa mia va bene? I miei bambini amati? Raccomanda a Rosina d’averne ogni cura; e fammi il conto di quelle 50 lire di cui non ricordo nulla. Vieni sul mio cuore perché ti ci prema forte da soffocarti. Non reggo dalla stanchezza e dal travaglio di stomaco. Bacioni lunghi. Lina tutta tua
[prosegue a righe incrociate]
Ho dormito due ore, svegliandomi tre volte per guardare l’orologio, nella pa[ura] di lasciar partire la posta. Proprio troppo questo bene a Bubi. Ora esco a veder il paese e a fissar quando, domattina, posso partire per Porto Fino. Vi sono quattro partenze. Ti raccomando i pipini amati miei…
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Sera del 27 [agosto 1896 - S.ta Margherita]
Ho fatto una passeggiata a piedi lungo mare, verso Porto Fino, dopo aver impostato la lettera per te. Son luoghi mirabili, d’un colore stupendo, c’è, anzi, una tale tavolozza da far impazzire un pittore. Vedrai. Ma io non gusto nulla di tanta bellezza, perché ormai non so più vivere senza di te. Mi sento male. Vedi di dar presto que’ saggi di disegno, e poi vienitene via, a far quattro bagni e un quadro; piuttosto tornerai a Roma dopo la metà di settembre, all’epoca di farvi la prova. Domani continuerò la lettera, dandoti maggiori ragguagli di come si può vivere a Porto Fino. Per ora buona notte. Vado a letto. Sono le 7 appena; ma sono stanchissima e non mi sento bene.
28 agosto. Amor mio solo. Soffro. Stanotte ho avuto degli incubi. Dio sa che cosa hai fatto tutta la notte tu. Peggio per te se hai de’ rimproveri da farti. Pensa che tutto si sconta, anche quando si crede che passi inosservato. Dio scrive tutto… Sono stata a Porto Fino, in diligenza. Che paese! È una maraviglia. Quando tu sarai qui, mi pregherai che ci veniamo per sempre. Ho trovato in una botteguccia di qui delle fotografie. Sono tanti quadri che nessuno fa: soltanto inglesi e tedeschi, che vivono qui, essendosi invaghiti del luogo, ma che mandano via le loro opere all’estero. Per cui non v’è timore di concorrenza.
Una delle fotografie è della casina minuscola di marinaio che ho fissato per noi. 20 lire il mese, con un lembo di paradiso davanti. Poi c’è in casa un orticello arrampicato sul monte, d’onde si ha tutto un quadretto che tu potrai copiare all’ombra d’un gran fico. La strada che mena da S.ta Margherita a Porto Fino l’ho fatta stamane alle 6 ½ in diligenza, poi a piedi: 5 chilom. – ma tutta piana e deliziosa, d’un pittoresco nuovo, addirittura nuovo [sic]. Il pesce, a 1,25 il chilo. Il vino (un asprigno stuzzicante, piacevolissimo per la sua sincerità,) a 60 il litro. Ma si sa quel che si beve.
Ho detto che aspettavo mio marito, e ho firmato sul registro C.ssa Lara Pierantoni. Ti rincresce? Questo perché alla posta, quando verrai, non vi sieno meraviglie, se ricevi tu qualche lettera. La nostra padrona di casa è una donna di marinaro, qui con un’unica figlia. Il marito sta in America: per cui pace quanta ne vogliamo; e bellezza di siti da incantare. Vieni subito; così voglio; e pensa che sono la moglina tua. Consegna quel che devi consegnare, vieni a farti alcuni bagni. Ho trovato un sitino libero dove farli senza spendere un soldo. Domani o dopo li incomincio io. Ieri il mare era orribile; d’un glauco sinistro, a pecorelle che apparivano e sparivano incessantemente; e una striscia d’un turchino nero all’orizzonte. Oggi è celeste, quieto, buono.
[prosegue a righe incrociate]
Ma io soffro di non averti meco. Pensa a casa, ai bimbi; raccomanda a quella donna senza cervello ogni cosa, e scrivimi tutto. Scrivimi quando vieni. Io verrò a riceverti alla stazione di S.ta Margherita. Intanto dirigi C.ssa Lara Porto Fino (S.ta Margherita Ligure).
Ti bacio mille e mille e mille volte poi ancora. Lina tua
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28 agosto [1896]. Ore 4 ½. S.ta Margherita
Mi vesto per andar a fare una visita ad Elvira Ghezzi. Ci vado a piedi, perché di qui a Rapallo c’è appena un’oretta, forse meno; ed è una maravigliosa strada. Tu ne vedessi le fotografie! A proposito: conserva con amore e per ricordo quelle 4 che ti ho mandate. So che hai date via tante fotografie a quell’uomo al quale io voleva vendere i libri. Peccato! Perché dar via le nostre con tanti ricordi? Tu particolarmente, non ne possedevi – io lo so, perché so tutto ciò che avevi; dunque devi aver sacrificato qualcosa che ti avevo dato io. Me ne rincresce. Non far pettegolezzi con quell’uomo, che, d’altronde, lo ha detto ingenuamente. Di questo ti prego. Vediamo se mi ubbidisci. Ma non dar via nulla. A proposito di fotografie: fai, davanti a te mettere dentro il baule grande, da Rosina, quelle che prendono tanta polvere su la credenza. Mi passò di mente il farlo io. Comprati una maglia da bagno, perché per quanto si faccia il bagno in una spiaggia senza baracche, pure il costume ci vuole. A più tardi. Mille baci su la bocchina che adoro e che sospiro d’avere su le mie labbra. Lina tua. Dirai a Rosina che lavi e stiri (con l’amido, s’intende,) la mia veste da camera giallina, e me la spedisca subito, insieme all’abito giallo che, a quest’ora la Lucrezia avrà fatto, a Porto Fino. (L’indirizzo lo farai tu,) S.ta Margherita Ligure per Porto Fino. Qui, non ci sono né pulci né zanzare; è un piacere. Ore 10 pom. Angiolo mio, torno ora da Rapallo. Ho fatta col cavallo di S. Francesco la strada su su. Essa, però, è molto meno bella di quella di Porto Fino, benché abbia pure alcune vedute deliziose. Ma non c’è che quella di Vico Equense, Sorrento, ecc. che possa paragonarsi alla via da S.ta Margherita a Porto Fino. Elvira mi ha fatto feste come avrebbe fatte addirittura a una sorella. Aveva in casa carne dura, polenta e uova; io insistevo per mangiar queste due ultime cose, ma lei ha voluto offrirmi un pranzo e ha mandato all’albergo principale a prendere minestra, che non ho voluto toccare, delle scaloppine di vitella e due (!) polli. Dopo ha voluto a forza prendere una carrozza per riaccompagnarmi a S.ta Margherita. S’intende che debbo restituirle la gentilezza e l’ho invitata a colazione per domenica, essendoci festa a S.ta Margherita. Intanto mi sarò sistemata domani a Porto Fino; ma di lì tornerò qui per stare con Elvira domenica. Domani mi farò un articolo, perché la mia padrona di casa mi ha promesso di farmi trovare tutto pronto. È un’umile casa ma tanto tanto pulita! Bisognerebbe che Rosina imparasse a tenere i letti così! Io non ho più ombra di mal di capo. Mi duole però… il cuore, a causa tua:
“O amore di terra lontana
Per voi tutto il cuore mi duol”,
come dice Gianfrè [sic] Rudel alla sua dama, la contessa di Tripoli. E ho un terribile, formidabile appetito; bisogna che mi faccia dei ragionamenti di...