Fra servitù e servizio
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Fra servitù e servizio

Storia della leva in Italia dall'Unità alla Grande guerra

  1. 825 pagine
  2. Italian
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Fra servitù e servizio

Storia della leva in Italia dall'Unità alla Grande guerra

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La leva ha segnato la vita degli italiani. Tanto più lo ha fatto in età liberale, quando si è indissolubilmente intrecciata con fenomeni come il Risorgimento, la costruzione dello Stato e il suo rapportarsi con la Chiesa, il volontarismo, il colonialismo, le grandi migrazioni, lo sviluppo economico e urbanistico, la politicizzazione e la nazionalizzazione delle masse, la loro scolarizzazione e medicalizzazione, nonché la costruzione di nuovi modelli pedagogici e di mascolinità. Nel ricostruire norme, pratiche, discorsi e quotidianità del servizio militare fra Unità e Grande guerra questo libro indaga dunque per la prima volta la coscrizione a tutto tondo e nei suoi rapporti con analoghi istituti stranieri, facendone una chiave per ragionare sul mondo in divisa, sulle sue relazioni con la sfera civile e più in generale sulle vicende del primo cinquantennio postunitario. Perché dalla caserma alla trincea passa una parte importante della storia d'Italia.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788833135410

1. La leva dopo Napoleone: una grande questione europea

1. Restaurare la leva
Non appena terminata la parentesi rivoluzionaria e napoleonica, la coscrizione obbligatoria fu abolita in quasi tutti gli Stati europei. Vista dai sovrani restaurati, la leva rappresentava infatti uno strumento di reclutamento troppo complesso e impegnativo, presupponendo un’efficiente macchina amministrativa, burocrati affidabili e competenti, un capillare controllo del territorio e, non ultimo, l’effettiva capacità d’individuare e sanzionare i trasgressori: tutti elementi che mettevano alla prova la credibilità stessa dello Stato, e che molti governi temevano a ragione di non avere nonostante le recenti vittorie contro Napoleone.20 Più ancora, però, la coscrizione costituiva agli occhi dei regimi più conservatori una delle più pericolose eredità della Rivoluzione, dal momento che la “nazione in armi” implicava non solo una certa politicizzazione della truppa, chiamata almeno a prender coscienza della propria appartenenza alla comunità nazionale, ma anche il rischio di alimentare nei ceti medi pretese di repentine ascese sociali, analoghe a quelle realizzatesi in età napoleonica.
Nulla di strano dunque che fra i primi a cancellare la coscrizione – addirittura per via costituzionale – ci fosse Luigi XVIII di Borbone. Coi cannoni di Waterloo ancora fumanti, il nuovo re di Francia sciolse l’esercito e decretò la formazione di una legione di volontari per ogni dipartimento, mostrando come di qui in avanti la «questione della lealtà fosse destinata a rimanere un punto nodale nella costruzione dell’esercito».21 Infatti, lo stesso accadde un po’ ovunque: nell’Olanda di Guglielmo, dove sin dal gennaio 1814 si approntò un esercito di soli volontari con l’aiuto degli inglesi, come nell’impero zarista, dove il supporto popolare alla guerra svanì col ritiro della Grande Armée e la diffidenza dell’élite filozarista verso ogni mobilitazione di massa fecero sì che i bisogni dell’esercito fossero soddisfatti reclutando servi e detenuti.22
Tuttavia, se in alcuni paesi come la Spagna la paura della leva perdurò, ed essa ebbe perciò una «gestazione molto lenta e accidentata», altrove una simile rinuncia fu in realtà solo parziale e temporanea, lasciando presto spazio a tentativi di recuperarne forme depurate degli elementi riconducibili alla matrice repubblicana e più indigesti ai gruppi vicini al potere.23
Le ragioni di questa scelta, che a volte si tradusse in cambi di rotta davvero repentini, variavano da paese a paese. In contesti demograficamente limitati come il neonato Regno Unito dei Paesi Bassi incise molto la progressiva riduzione di volontari e di mercenari stranieri, conseguenza della fine dell’emergenza bellica e del diffondersi della leva nei suoi principali serbatoi di manodopera militare.24 Così, già nell’ottobre 1815 non restò che creare unità miste composte da battaglioni della Guardia nazionale e dell’esercito regolare, nella speranza che il contatto coi volontari spronasse i coscritti a raffermarsi. Poi, fallito pure questo tentativo, nel 1828 si dovettero avviare i negoziati per sciogliere i quattro reggimenti di mercenari svizzeri ancora in servizio e adottare la coscrizione obbligatoria.
La cronica carenza di volontari condizionò anche paesi più grandi, dove però sulla scelta di reintrodurre la leva influì soprattutto la consapevolezza che essa poteva contribuire allo sviluppo infrastrutturale della macchina statale, favorendo la creazione di una solida burocrazia e rendendo effettivo il controllo del territorio e delle popolazioni che lo abitavano, in particolare quelle nomadi e seminomadi. Pur declinato in una geometria variabile che vedeva «il governo centrale e i valis giocar[e] ruoli diametralmente opposti in ogni singolo caso», era proprio con lo scopo di «rafforzare il potere dell’autorità centrale sull’Anatolia orientale, e in particolare sulle tribù ribelli di etnia curda», che il sultano Mahmud II promosse nel 1834 le prime riforme al tradizionale sistema di reclutamento ottomano.25 Né perseguivano obiettivi tanto diversi i progetti di riordinamento dell’esercito avanzati sin dal XVII secolo in Russia, compreso quello voluto nel 1831 da Nicola I.26
Non meno attraente per chi regnava su vasti imperi multilingue era poi la prospettiva di usare la coscrizione per gerarchizzarne le diverse etnie e al contempo rafforzare una comune identità sovranazionale.
Il governo asburgico fu per esempio sempre molto accorto nel rimarcare il carattere «comune» delle forze armate imperiali. Ma lo fu altrettanto nel privilegiare l’elemento germanofono, assegnando in particolare i reggimenti italiani e slavi a ufficiali tedeschi di comprovata fedeltà alla dinastia.27
Allo stesso modo, nella Sublime Porta la retorica ufficiale sottolineava l’universalità degli obblighi di leva, ma norme e prassi facevano del servizio militare uno dei principali fattori di discriminazione fra i sudditi del sultano. A quella che è stata definita «la (ri)costruzione di un esercito mussulmano» erano infatti chiamati a contribuire perlopiù fedeli dell’Islam.28 Mentre si ricorreva ad armeni, ebrei e greci solo in quegli ambiti dove era difficile soddisfare le esigenze dell’esercito con uomini qualificati di credo musulmano. Così, un’attenta selezione dei coscritti consentì al governo ottomano di centrare un duplice obiettivo: da un lato, tenere lontani dalle armi gruppi etno-nazionali e religiosi politicamente inaffidabili, mascherando peraltro questa diffidenza dietro la benaccetta facciata di esoneri a pagamento e di esenzioni legate ad antichi privilegi; dall’altro, favorire una «“re-islamizzazione” dell’identità ottomana piuttosto che creare una secolarizzata cittadinanza ottomana», garantendo al contempo alle forze armate una solida spina dorsale fatta di «turchi».29
La leva svolse la medesima funzione de-etnicizzante anche nell’Impero zarista. Qui però il ruolo centrale dell’ortodossia nella costruzione dell’identità nazionale russa non si tradusse in una selezione su base confessionale. Né essa impedì che il servizio militare servisse, se non a russificare le reclute, almeno a «sradicare le abitudini e “lo spirito del villaggio” per creare un uomo e un soldato nuovo».30 Ciò già prima che la disfatta in Crimea rendesse innegabile l’arretratezza in cui versava il paese rispetto alle potenze occidentali.
Centrali nello State building degli imperi multinazionali, gli “effetti collaterali” della leva furono – assieme alla cronica carenza di volontari – il più forte argomento a favore della sua (re)introduzione anche in molti Stati nazionali e subnazionali occidentali. Lo furono in Prussia, dove proprio il ruolo della naja nel civilizzare e nazionalizzare le classi inferiori fu decisivo nell’affermazione di una coscrizione obbligatoria personale e universale. Lo furono in molti Stati della Confederazione germanica e in Danimarca, dove però contarono anche i limiti de...

Indice dei contenuti

  1. Risvolto
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Indice
  6. Ringraziamenti
  7. Elenco delle abbreviazioni
  8. Introduzione
  9. 1. La leva dopo Napoleone: una grande questione europea
  10. 2. Il servizio militare «dall’Alpi al Lilibeo»: il sistema va a regime
  11. 3. Un obbligo generale e personale
  12. 4. Fra espansione e crisi
  13. 5. Guerra e pace: dalla caserma alla trincea, via Tripoli
  14. Epilogo: la giovane «Itaglia» nella terra di nessuno
  15. Bibliografia