II
I disegni e dipinti di Crocefissione e Pietà
per Vittoria Colonna e i suoi amici
La relazione fra Vittoria Colonna e Michelangelo fu caratterizzata da una forte affinità spirituale e religiosa, il che non implica però necessariamente, come pure è stato sostenuto, che Michelangelo subisse passivamente il fascino del pensiero religioso della Colonna. Non glielo consentivano la sua maturità intellettuale e la consapevolezza della propria esperienza religiosa, alla quale sembrano inequivocabilmente rinviare le parole della stessa Colonna quando accenna a brani di conversazioni tenute con Michelangelo: «[…] quel Signore, del quale con tanto ardente et humil core mi parlaste al mio partir da Roma».
Più condivisibile l’ipotesi di chi ha sostenuto la relativa indipendenza di Michelangelo rispetto alla Colonna e al suo ambiente, ed ha sottolineato piuttosto che l’incontro dell’artista con entrambi sia avvenuto sul piano di un comune sentire religioso e spirituale. Spini ha ipotizzato una certa antecedenza dell’artista tanto sui circoli evangelici italiani che sull’erasmianesimo. Le ricerche più recenti che hanno delineato un profilo più articolato dell’uomo Michelangelo confermano che questa fosse un’intuizione giusta. La sua statura, sia pure non sfuggita ai contemporanei – e ne fa testimonianza ancora una volta proprio la Colonna – è stata infatti spesso appiattita dalla critica, che ha preferito esaltare l’eccezionalità delle sue opere, quasi che la creazione artistica fosse poi un valore indipendente dalla realtà storica dell’uomo che la produce.
Incondivisibile si rivela però anche l’ipotesi di chi ha sostenuto quella indipendenza di Michelangelo, ma per opposte ragioni: «Se poi Michelangelo avesse subìto l’influenza delle idee religiose ed estetiche della Colonna, non sarebbero mai nati gli affreschi della Sistina e della Paolina».
Delle opere realizzate da Michelangelo direttamente per la Colonna e ricordate anche dai biografi, ci sono rimasti due disegni, una Pietà (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum) (fig. 1) e una Crocefissione (London, British Museum) (fig. 3); una terza, la Samaritana al pozzo, ci è nota solo attraverso disegni e incisioni. Opere tutte non datate, ma collocate dalla critica generalmente fra 1538 e 1541, e al più tardi fra 1545 e 1546, sulla base della loro menzione in alcune lettere fra Michelangelo e la Colonna o su base stilistica. Si tratta di tre soggetti religiosi legati alla figura di Cristo, e segnatamente, i primi due, al ciclo della Passione. Sappiamo che la Colonna da parte sua regalò intorno al Quaranta una sua raccolta di 103 sonetti spirituali a Michelangelo.
1. Il disegno della Pietà per Vittoria Colonna
Un disegno di Pietà (fig. 1) è l’unico ricordato da Vasari nel 1550:
Ha meritato ancora Michele Agnolo che la divina Marchesa di Pescara gli scriva et opere faccia di lui cantando; et egli a lei un bellissimo disegno d’una Pietà mandò, da lei chiestoli. Onde non pensi mai penna, o per lettere scritte o per disegno, da altri meglio che da lui essere adoperata; et il simile qualsivoglia altro stile o disegnatoio.
Condivi, poco dopo, conferma che l’opera fu fatta su richiesta della Colonna e ce ne fornisce anche una più ampia e dettagliata descrizione, ma tace circa la sua natura tecnica:
[…] fece a requisizione di questa signora [Vittoria Colonna] un Cristo ignudo, quando è tolto di croce, il quale, come corpo morto abbandonato, cascherebbe à piedi della sua santissima Madre, se da due agnoletti non fosse sostenuto a braccia. Ma ella, sotto la croce stando a sedere con volto lacrimoso e dolente, alza al cielo ambe le mani a braccia aperte, con cotal detto, che nel troncon della croce scritto si legge: «Non vi si pensa, quanto sangue costa!». La croce è simile a quella che dà Bianchi, nel tempo della morìa del trecento quarantotto, era portata in processione, che fu poi posta nella chiesa di santa Croce di Firenze.
Michelangelo aveva già realizzato negli anni giovanili una Pietà in scultura (Roma, San Pietro, 1497 ca.-1500). Il committente dell’opera, il cardinale francese Jean de Bilhères-Lagraulas, aveva voluto infatti per la sua cappella mortuaria un’immagine a lui familiare, la Madonna con in grembo il Cristo morto appena deposto dalla croce, il Vesperbild, nata probabilmente dalla letteratura visionaria dei conventi femminili della Germania. Un tema devozionale o Andachtsbild usato come momento di contemplazione religiosa nelle prime ore malinconiche del calar della sera, ai vespri appunto. Forse Michelangelo sarebbe tornato poco dopo sullo stesso soggetto anche in un dipinto.
Il disegno di Pietà giunto sino a noi (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum) (fig. 1), un originale dubitato solo da Berenson e recentemente da Pöpper, presenta in primo piano il Cristo nudo, coperto soltanto da un leggero perizoma, adagiato sotto la croce fra le ampie gambe della Vergine. La figura del Cristo è sorretta lateralmente da due angioletti, senza ali, come è nella tradizione figurativa michelangiolesca, e molto simili ai genietti classici che Michelangelo disegna dai tempi della volta della Sistina in poi. Il suo corpo reca appena accennati i segni del martirio subìto (i fori lasciati dai chiodi sulle mani e sui piedi), ed è, nonostante questi, intatto e di una bellezza ancora molto classica. Esso rivela i tratti inconfondibili dell’anatomia di Michelangelo: nelle potenti fasce muscolari delle braccia, ancora gonfie per lo sforzo sostenuto nella tensione della crocefissione, nel largo torace, nel costato e nel ventre, rientrato per la sospensione all’altezza delle ultime costole, e giù fino alle gambe. Non il corpo martoriato di un uomo morto è qui raffigurato, ma lo strazio appena sopportato da un corpo vivo, non molto diverso da quello che figura anche nel disegno della Crocefissione. Un corpo che rappresenta mirabilmente il processo di umanazione del Dio fatto uomo.
La Vergine, compositivamente imponente, è solida come una matrona romana. Sul suo corpo è regolata e impostata tutta la composizione: essa si allinea lungo l’asse verticale della croce e con le braccia riprende quello orizzontale, oggi non più visibile per il taglio da cui sarebbe stato deturpato il foglio. Guarda verso il cielo con volto rassegnato e un’espressione che è insieme di preghiera e di sottomissione. Porta impressa sulla fascia che adorna il vestito, all’altezza del petto, una testa di cherubino, elemento che adornava già la fronte della Madonna del Tondo Pitti, un bassorilievo di età giovanile (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 1505 ca.), presagio e consapevolezza del futuro tragico che l’attende. Qui però, diversamente, la tragedia si è già consumata e il destino tragico previsto si è fatto realtà. Forte della sua rassegnazione e del suo dolore la Vergine alza gli occhi al cielo quasi dicesse: «È fatta la tua volontà». Dietro al suo capo, sul braccio lungo della croce, Michelangelo ha voluto apporre un verso di Dante: «Non vi si pensa quanto sangue costa» (Paradiso, XXIX), un’invettiva del sommo poeta contro i teologi, accusati di alterare il significato delle Sacre Scritture. Dante additava al cristiano, con questi versi, l’esempio di Cristo, le cui sofferenze erano state fondamentali per diffondere la parola di Dio e con esso una religiosità vissuta nel calore della fede più che nell’astrat...