1. La mitogonia
O votive puer, renovandi temporis etas […]
Pax oritur tecum, quia, te nascente, creamur.
O fanciullo desiderato, età di un tempo destinato a rinnovarsi […]
La pace nasce con te, perché con te noi stessi siamo generati.
Si può iniziare un libro su Federico II senza citare i versi che Pietro da Eboli dedicò alla sua nascita? Naturalmente sì, è ovvio. Ma come si fa a non cadere nella tentazione? L’hanno fatto Ernst Kantorowicz e Wolfgang Stürner: l’uno, in qualche modo, si pone all’origine del rinnovamento del mito moderno dello Svevo; l’altro è colui che, più di recente, ha ampiamente e attentamente indagato in chiave scientifica tutti i momenti della sua biografia.
È quasi spontaneo, insomma, fare riferimento a chi, di fatto, ha dato inizio alla raffigurazione meta-fisica di Federico II, nel momento stesso in cui nasceva la persona fisica. E nel fare ciò siamo già trasportati, involontariamente, nella dimensione extra-storica del personaggio; siamo spinti a osservare il mito di Federico nel momento in cui è rappresentata la sua genesi, a indagare le sue strutture archetipiche, la sua – mi sia consentito questo termine – mitogonia. Ma è proprio vero che mito e storia sono inconciliabili? Certamente sì, se il mito è fine a se stesso, trasposizione folclorica e fantastica, che vive di vita propria e si autoalimenta, trascendendo ogni principio di realtà e di verificabilità
Ma il mito e la storia sono anche due espressioni contigue della stessa realtà: l’uno condiziona l’altra, e viceversa; l’uno ci fa comprendere meglio l’altra, e viceversa. E se è vero che – per dirla con Cosimo Damiano Fonseca – col «caleidoscopico armamentario» che copre Federico II «il mito ha finito con l’ingessare la storia», il compito dello studioso «non è quello di rompere la corteccia del mito, quanto, invece, di valutarne esemplarmente e criticamente le sue proporzioni per assumerlo nello stesso discorso storico al fine di comprendere e valutare il riflesso della memoria dell’imperatore svevo»
Insomma, la rappresentazione mitica – quella sottilmente ispirata da fini politici o economici, e quella più ingenuamente, ma non meno pericolosamente, veicolata dalla cultura di massa – non può e non deve sostituire la conoscenza storica: scienza e fantasia obbediscono a leggi diverse e l’una non può invadere il campo dell’altra. E se la conoscenza dei paradigmi mitici arricchisce quella della storia, i due ambiti devono essere tenuti distinti e indagati con metodi e strumenti diversi.
È in questo contesto che il mito acquista alta dignità, ma solo se studiato come fenomeno storico, nelle sue evoluzioni, nelle sue trasformazioni, nelle sue attualizzazioni. E chi si dedica allo studio del passato si assume non solo il compito di ricostruirlo con gli strumenti della scienza, ma anche il dovere di difenderlo dalle aggressioni – purtroppo continue e su più fronti – di chi se ne vuole impossessare, per manipolarne impropriamente – e quindi illegittimamente – la conservazione e la memoria.
Dunque, accanto alla figura storica di Federico si è venuta sistematicamente a collocare la figura mitizzata, che ha trovato la propria genesi nella prima, ma poi si è evoluta, prendendo, talvolta, una strada del tutto autonoma. E se è vero che è la figura storica – quella in carne e ossa – che ci ha lasciato documenti e monumenti, è pur vero che è la figura mitizzata – forse non meno “reale” dell’altra – che ha maggiormente contribuito a conferire un fascino imperituro al personaggio. E il mito, assai ingombrante, originato dalla storia, ha iniziato immediatamente a invaderne il campo. Intorno a Federico, infatti, cominciarono immediatamente – addirittura ancora prima della sua nascita – a concentrarsi così grandi attese, e a stratificarsi tante e tali leggende da impedire quasi completamente di delinearne i tratti effettivi.
1. La nascita
Federico nacque a Jesi, il 26 dicembre 1194, cioè il giorno di s. Stefano. Questa informazione è fornita da due delle principali fonti storiografiche per l’età dello Svevo: cioè da Riccardo di San Germano: «imperatrix in Hesii civitate Marchie filium peperit nomine Fredericum, mense decembris in festo sancti Stephani» «l’imperatrice, a Iesi, città della Marca, partorì un figlio di nome Federico, nel mese di dicembre, nella festa di santo Stefano»; e dal Breve Chronicon de rebus Siculis: «[Constantia] peperit ibi [in civitate Esy] filium suum in die festivitatis sancti Stephani» «[Costanza] partorì lì [nella città di Iesi] suo figlio nel giorno della festa di santo Stefano». L’informazione è fornita nella maniera secca e asettica tipica della tradizione annalistica. Nulla, se ci limitassimo a leggere solo questi testi, ci farebbe immaginare il clima che circondò quell’evento.
La nascita di Federico, infatti, dovette essere immediatamente salutata dai contemporanei come un evento eccezionale. Dopo nove anni di matrimonio infecondo, Enrico VI, imperatore della dinastia sveva, e Costanza d’Altavilla, erede dei sovrani normanni dell’Italia meridionale, generarono il loro primo e unico figlio, quel Federico che l’intera ecumene cristiana avrebbe riconosciuto come il Cesare profetizzato dai vaticini, l’imperatore che sarebbe venuto a compiere i tempi colui che, secondo quanto predetto dalla Sibilla Tiburtina, avrebbe riunito l’Oriente e l’Occidente oppure come l’Anticristo, la bestia demoniaca apportatrice di terribili calamità apocalittiche
Costanza aveva sposato Enrico, molto più giovane di lei, quando era piuttosto avanti negli anni, e aveva partorito quando ormai, essendo quarantenne, era comunemente considerata anziana Questo contribuì a far diffondere la voce che il suo tardivo matrimonio le fosse stato imposto con la forza, addirittura dopo che era stata strappata alla vita claustrale Anche Dante accolse questa notizia nel III canto del Paradiso, laddove (vv. 113-114) parlò di Costanza dicendo che «sorella fu, e così le fu tolta / di capo l’ombra de le sacre bende». Come vedremo nel capitolo successivo, ciò era il riverbero naturale che accresceva l’eccezionalità di un evento già straordinario.
La memoria di una nascita, in quell’epoca, non era necessariamente cosa rilevante, o lo era molto meno rispetto alle imprese compiute o alla morte Chi era appena nato doveva ancora dimostrare il suo valore, e con le sue azioni doveva meritare di essere ricordato. Capita di sovente che non si conosca con precisione la data di nascita neppur...