Cross-news
Capitolo 1
Nuove realtà e strategie di informazione
Con la crescita della rete cambiano news e dinamiche informative, e i media tradizionali non vogliono essere lasciati indietro.
Si parlerà dell’evoluzione del rapporto fra mainstream e non mainstream, e della nascita di una nuova realtà evoluta legata al mondo online, dove anche i media tradizionali e i suoi attori imparano a muoversi e ad affinare le proprie strategie comunicative. In altri termini si parlerà di una nuova realtà comunicativa, determinata dal passaggio da una separatezza delle due modalità informative all’emergere di una nuova dinamica che le vede completarsi a vicenda.
Passato e futuro, fra media mainstream e nuovi media
Si parla spesso di lotta fra vecchio e nuovo, e di come gli scenari cambino con la nascita di nuovi paradigmi. Per chi si occupa di comunicazione, capire se gli strumenti usati per comunicare siano cambiati, e come si stiano evolvendo, rappresenta un punto nodale. E la necessità di comprendere tali cambiamenti e le differenze fra i media tradizionali e i nuovi media diventa ancora più urgente se si tiene conto delle modifiche che ha portato con sé l’avvento della rete; modifiche che possiamo definire tecniche, relazionali e culturali, ma anche di fruizione dell’informazione, e che sono ormai parte del nostro modo di relazionarci con il mondo e con gli altri.
Ecco dunque il focus di questo lavoro: una modifica, che possiamo definire radicale, del modo di informarsi.
Nel corso degli ultimi anni – ma è la contemporaneità che soprattutto mi interessa – l’uso del computer e dei dispositivi mobili ha reso internet sempre più presente e accessibile nella quotidianità delle persone, cambiandone le abitudini e portandole a utilizzare le risorse che si trovano online in modo molto massivo. Non fanno eccezione la ricerca e il reperimento delle informazioni, per niente immuni a tale cambiamento. L’approvvigionamento di news produce infatti modalità di osservazione del mondo sempre più complesse, attraverso l’utilizzo di strumenti anche molto diversi fra loro: dall’uso quasi esclusivo della tv – la cosiddetta finestra sul mondo – e della carta stampata – da anni sempre più in crisi, non solo in Italia1 – si è passati a un panorama variegato di fonti che si intrecciano e si fondono per completarsi a vicenda.
L’uso di internet ha portato a un’evoluzione delle modalità di distribuzione dell’informazione e, contestualmente, dei percorsi da compiere per ricevere le info, e costruire la propria idea del mondo e di ciò che accade attorno a noi. Dal mainstream si è passati all’informazione online, ai blog e ai social network; in altri termini, le possibilità di essere informati in modi differenti, da fonti differenti, usando media differenti sono aumentate e ci portano, o addirittura ci costringono, a seguire percorsi multipli di ricerca delle informazioni, producendo inevitabilmente anche forme nuove nel nostro panorama informativo.
Data la vastità dell’argomento vorrei precisare fin da subito l’ambito di osservazione: ho fatto necessariamente una scelta e, avendo come obiettivo il rapporto o la relazione possibile fra mainstream e social network, ho pensato che il punto di osservazione privilegiato del sistema mainstream fosse la televisione e, in particolare, le news prodotte e diffuse attraverso questo medium. Anche se è noto ai più, è utile ricordare come la televisione sia stata il sistema che assieme alla radio e ai fotoromanzi ha reso pop l’informazione, attraverso un percorso a senso unico che presupponeva uno spettatore passivo2; ha avuto uno scopo divulgativo e, in particolare all’inizio, un’importante funzione di scolarizzazione3, pur utilizzando una modalità unidirezionale e non interattiva di informazione. Da questa finestra sul mondo che non prevedeva contatti con ciò che c’era oltre, si è passati a uno scenario connotato da una forte interconnessione, dove per interconnessione si intende non solo quella fra emittente e ricevente, ma anche e soprattutto quella tra le persone e le informazioni stesse.
È proprio l’avvento del web 2.0 e dei social network, e la loro diffusione sempre più capillare, che fanno collassare i diversi livelli (boyd, 2011) fino a creare un mondo dove le informazioni non sono più di pochi – non sono più, nel bene e nel male, subite – ma vengono pubblicate, diffuse e reperite secondo schemi che prevedono una forte interconnessione, nel senso precisato sopra: il sistema non è più a senso unico, e lo spettatore (prima solo fruitore passivo) può ora interagire, rispondere, commentare e anche far arrivare il proprio pensiero direttamente alla fonte; può, insomma, guardare oltre. Non solo: oggi le persone hanno la possibilità di postare online, dove tutto è potenzialmente osservabile e pubblico, lo scambio di opinioni che prima rimaneva confinato al salotto di casa (o alla cucina), ai caffè (luoghi per eccellenza di discussione e dibattito, oggi non più letterari come in passato, ma politici, sportivi e a proposito di celebrità), o alla piazza (ancora luogo significativo nella provincia italiana ma che, curioso, torna a esserlo anche in grandi città, dove alcuni inscenano dei nuovi Pasquino per incentivare la discussione su temi grandi o piccoli che siano), portando all’ennesima potenza il superamento del sense of place (Meyrowitz, 1986).
Al di là del mantenimento delle discussioni in spazi offline che conservano la tradizione del dibattito – ma che in alcuni casi scimmiottano o contrastano quelli online – le tecnologie influenzano sempre più le relazioni sociali, e contribuiscono a crearne nuove forme. Se tale modificazione delle nostre relazioni attraverso le tecnologie dell’informazione è stata segnata in primis dall’arrivo della tv, intervenuta nella vita quotidiana delle persone, di certo i nuovi media e la loro diffusione sempre più capillare saranno in grado di produrre trasformazioni ancor più significative nelle nostre vite sociali.
C’è, quindi, una modifica dello spazio della socializzazione e dello scambio: da quei luoghi fisici intermedi fra l’ambito familiare e quello professionale – quei luoghi terzi di cui parla Jedlowski riprendendo Oldenburg – a luoghi altri, connessi in rete, dove «i cittadini hanno modo di impegnarsi in conversazioni spontanee sugli argomenti più vari» (Jedlowski, 2011, 23). È qui, e non più solo nei caffè, che sconosciuti possono interagire e condividere pensieri, contribuendo alla costruzione dell’opinione pubblica. La socievolezza è dunque oggi appannaggio anche di nuovi e particolari luoghi terzi, una sorta di caffè virtuali.
Diventa evidente, così, la contrapposizione tra le logiche del cosiddetto mainstream, dove uno parla e tanti ascoltano, e quelle del web 2.0, dove possono parlare in tanti. Di conseguenza, il panorama delle informazioni diventa sì più vario, ma anche più frastagliato: una moltitudine di dati che ogni giorno dobbiamo ricercare per formare le nostre opinioni e creare la nostra idea del mondo.
La conseguenza di tutto questo, dal punto di vista dei media, è la relativa frammentazione del modo in cui l’informazione viene prodotta, ricercata e strutturata, ossia fornita di senso dalle singole persone; spesso, quindi, il modo sempre più complesso e diversificato in cui il contenuto viene prodotto porta a ripensare l’intero processo informativo, nella sua accezione più completa. Gli strumenti oggi a disposizione per produrre e cercare informazioni sono molti, come ho già detto. Questo ci ha portati, nel corso degli ultimi anni, ad abituarci sempre più a fare uso di fonti numerose e diverse: stampa tradizionale e online, blog e social network, i quali rappresentano l’ultima frontiera della condivisione delle informazioni. Frammentazione delle notizie, pluralità di fonti e contenuti diversificati portano poi nel tempo, oltre a una diversa fruizione delle informazioni attraverso l’ibridazione di vari mezzi, a un cambiamento più ampio nell’atteggiamento di chi si informa. Come visto, il pubblico stesso cambia il suo ruolo di fronte all’evoluzione mediale: partecipa attivamente e reagisce alla pluralità di stimoli con curiosità crescente in più direzioni rispetto al passato, allo stesso tempo riservando un’attenzione minore verso i singoli temi. Si pensi per esempio ai sempre più diffusi quotidiani online: essi elencano nella prima pagina tutte le notizie del giorno, preferendo proporre foto o un breve titolo rispetto a qualcosa di più approfondito, proprio per rispondere ai bisogni di un pubblico nuovo, dotato di tempi di fruizione molto più veloci e di una soglia di concentrazione minore. Questa nuova modalità di leggere i contenuti, probabilmente più superficiale, deriva dalle dinamiche di interazione e condivisione veloce proposte dal web, ma allo stesso tempo rappresenta il modo tramite cui i nuovi pubblici riescono a non farsi sopraffare da quelle stesse dinamiche, e a fronteggiare la pluralità di stimoli.
Per comprendere tali cambiamenti di mezzi e pratiche informative degli italiani è stato costituito l’Osservatorio di cui ho già detto, sulle nuove forme di consumo dell’informazione e sulle trasformazioni dell’ecosistema mediale in Italia.
Dai media tradizionali ai nuovi metodi di consumo
Prima di addentrarci nell’osservazione e analisi del panorama informativo in Italia, è bene fare una breve digressione e parlare dei nuovi strumenti a disposizione del pubblico per procurarsi le notizie. Gli ormai classici (o vecchi) mass media per eccellenza – radio, tv e giornali – che hanno caratterizzato per decenni le modalità di recupero delle informazioni, si stanno da alcuni anni intrecciando con i nuovi media e, in particolare, con internet e con tutte le sue applicazioni sociali e comunicative. Vedremo come tale intreccio, nato da un’iniziale contrapposizione, sia sempre più stretto, e i confini degli ambiti di azione di ogni medium sempre più labili.
I mezzi di comunicazione di massa, lo sappiamo, sono espressione di una società che ha fatto del broadcasting e della standardizzazione il suo cavallo di battaglia. Abituati a ricevere le informazioni dallo schermo (per far riferimento a quel medium che ho scelto per la mia ricerca, la tv), giusto per fare un esempio, nel corso dei decenni ci siamo adattati a un modello di comunicazione a senso unico, dove emittente e ricevente non avevano possibilità di interagire e scambiarsi stimoli4. È la comunicazione da uno alla massa, ossia a un gruppo indistinto, senza tenere conto dei singoli interessi e delle varie sfumature che lo segmentano al suo interno. In realtà, si capirà presto che il pubblico è sì passivo nell’interazione, ma anche un’audience attiva, come ricorda Mauro Wolf quando dice che il pubblico «tenderà a esporsi alle informazioni congeniali alle proprie attitudini e a evitare i messaggi che sono invece difformi» (Wolf, 1985). Già a partire dagli anni trenta e quaranta del secolo scorso, analizzando la comunicazione da un punto di vista empirico-sperimentale, questi studi parlano non più di semplice trasmissione di informazione tra emittente e ricevente, bensì di relazione con un’audience ben differenziata al suo interno: il pubblico in questione, insomma, recepisce il messaggio in modo sempre diverso, in base a esposizioni e percezioni selettive.
È un’idea di comunicazione propagandistica che giunge al suo termine e lascia spazio all’era della persuasione. Comincia a delinearsi un panorama dove i pubblici non sono più un tutt’uno indistinto, ma qualcosa di complesso al suo interno. È proprio questa complessità a esplodere con l’avvento dei nuovi media, che hanno dato a ognuno la possibilità di indirizzare in maniera più selettiva la ricerca di informazioni e di esprimere il proprio parere. Non più la massa, dunque, ma un insieme incredibilmente variegato di interessi e di conseguenti modalità di consumo dell’informazione. Si modificano i ruoli delle parti coinvolte, si aggiungono intermediari e catalizzatori di contatti – gli opinion leader – e cambia la fisionomia del panorama: ci si avvicina a un modello di rete, con nodi e hub (Barabasi, 2004), oggi sempre più evidente grazie al diffuso utilizzo di internet e dei nuovi media.
Quali sono, dunque, i nuovi strumenti a disposizione delle persone per cercare e diffondere, a loro volta, contenuti? Partiamo con il blog. Si è molto scritto su questo strumento di comunicazione, ma per quanto mi è qui utile è sufficiente identificarlo come la prima vera possibilità espressiva dei singoli in rete: il diario personale online, com’era chiamato ai suoi albori, mezzo indispensabile per esprimere pareri e lasciare traccia dei propri pensieri sul web, rendendoli potenzialmente visibili. Fin dalla metà degli anni novanta, quando è nato il web log moderno ed è stato lanciato Open Diary, il successo è stato enorme: sono stati aperti migliaia di diari online nel giro di pochi mesi e, nel corso di un paio d’anni, sono nate diverse piattaforme a disposizione degli utenti.
Con il tempo, la forma e l’uso dei blog hanno subito un’evoluzione, diventando sempre più specializzati e utilizzati da professionisti e, dal 2005 in poi, da persone particolarmente rilevanti anche nell’ambito mainstream. Non a caso, nel gennaio 2005 la rivista “Fortune” esce con una lista degli otto blogger che non andrebbero ignorati. E spesso, soprattutto nel caso dei professionisti, i blog ricordano veri e propri giornali digitali che raccolgono e diffondono notizie. Questo punto mi interessa particolarmente, perché comincia a delinearsi un cambiamento anche nel campo degli opinion leader: a formare la nostra conoscenza delle cose e del mondo non sono solo i giornalisti ufficialmente riconosciuti, ma sempre più spesso persone esperte in determinati ambiti, seguite da migliaia di utenti.
Parallelamente all’evoluzione dei blog c’è stato l’avvento dei s...