Il supermarket di Prometeo
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Il supermarket di Prometeo

  1. 458 pagine
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Il supermarket di Prometeo

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All'alba del nuovo millennio, si gioca quotidianamente sotto i nostri occhi una partita importantissima. Il XXI secolo si sta caratterizzando sempre più come l'epoca in cui, grazie agli strumenti forniti da scienza e tecnologia, la produzione e la distribuzione di beni materiali viene progressivamente sostituita dalla produzione e dalla distribuzione di un bene collettivo e non tangibile: la conoscenza, sia essa l'ultima frontiera della ricerca piuttosto che l'intrattenimento di massa. Tutto questo in nome di una presunta democratizzazione del sapere, che però risponde ed è soggetta unicamente alle leggi del mercato imposte da un'economia capitalistica sempre più globale e invasiva. Ma c'è una contraddizione profonda fra la produzione di conoscenza, per sua natura frutto al tempo stesso della creatività individuale e del patrimonio comune dell'umanità intera attraverso un processo evolutivo non finalistico, e la crescita dell'economia, che è finalizzata alla produzione di profitto. Non è forse questo cieco meccanismo di mercificazione della conoscenza a portare la scienza in tutt'altra direzione, impedendo di fatto che essa possa contribuire a migliorare la qualità della vita di tutta l'umanità? Marcello Cini interpreta in questo libro i molteplici e contraddittori segni del presente, per gettare uno sguardo lucido e disincantato sul futuro che ci attende.

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Informazioni

Anno
2010
ISBN
9788875781743

Appendice 1

Il dibattito tra l’adozione della metafora della freccia e quella del ciclo del tempo nella scienza contemporanea non si conclude tuttavia qui. Anzi, esso divide con toni passionali la comunità dei fisici alla fine del XIX secolo sulla questione della natura del Secondo principio della termodinamica. Il problema nasce quando si scende dal livello macroscopico a quello microscopico. L’ipotesi della costituzione atomica della materia conduce infatti Maxwell prima e Boltzmann successivamente a interpretare le proprietà dei corpi macroscopici nei termini di quelle dei loro costituenti molecolari, riconducendo le prime alla dinamica delle interazioni fra i secondi. Nel caso più semplice, le proprietà di un gas ideale sono spiegate in termini degli urti delle molecole fra loro e contro le pareti del recipiente che lo contiene (teoria cinetica dei gas).
Dal nuovo punto di vista, tuttavia, la reversibilità del moto molecolare newtoniano diventa incompatibile con l’irreversibilità del Secondo principio, che esclude la possibilità d’invertire la direzione di una trasformazione spontanea (nel corso della quale l’entropia cresce) verso lo stato di equilibrio termodinamico, perché l’inversione comporterebbe una diminuzione di entropia. Per risolvere quest’incompatibilità, Boltzmann produsse in un primo tempo un teorema (teorema H) che sembrava dimostrare che la trasformazione spontanea fosse deducibile a partire dalle leggi di Newton. Il risultato fu però contestato prima da Loschmidt e poi da Zermelo, e Boltzmann fu costretto a cambiare strategia per risolvere la contraddizione fra teoria cinetica e termodinamica.
A questo fine, egli notò una differenza fondamentale fra le condizioni iniziali (posizione e velocità) del moto delle molecole che conducono, in virtù delle leggi di Newton, il gas a raggiungere l’equilibrio termodinamico e quelle che lo portano ad allontanarsi da esso. Le prime sono enormemente più numerose di queste ultime: quasi tutte le condizioni iniziali del moto delle molecole conducono, infatti, in virtù degli urti accidentali fra loro, da una distribuzione spaziale disomogenea a una omogenea, mentre pochissime sono quelle che, attraverso una serie d’incontri “fortunati” (basta pensare alla difficoltà di mandare più palle da biliardo tutte contemporaneamente in buca), portano da una distribuzione omogenea a una in cui molte molecole si addensino in una particolare regione del recipiente (il discorso per la distribuzione delle velocità è un po’ più complicato, perché la distribuzione di equilibrio non è omogenea ma gaussiana, tuttavia il risultato è analogo).
In questo modo, l’irreversibilità della trasformazione termodinamica verso lo stato di equilibrio può essere riconciliata con la reversibilità della dinamica newtoniana, in quanto la stragrande maggioranza dei cammini evolutivi possibili del sistema hanno per effetto il raggiungimento dell’equilibrio, mentre solo un numero piccolissimo di questi cammini lo portano ad allontanarsene. La probabilità di una trasformazione che conduca il sistema verso il suo stato di equilibrio diventa dunque enormemente più grande di quella inversa. Il grande contributo di Boltzmann alla fondazione della termodinamica statistica è stato quello di stabilire la connessione tra la grandezza macroscopica entropia e la grandezza statistica probabilità di uno stato, valutata contando il numero dei possibili modi di realizzarlo attraverso il moto delle molecole. Il Secondo principio perde dunque il carattere di necessità assoluta, attribuitogli fino a quel momento dalla comunità dei fisici, per acquistare lo statuto di legge statistica che regola il comportamento di un sistema formato da un numero grandissimo di costituenti elementari.
Per chi volesse capire l’argomento anche quantitativamente, basta considerare un recipiente di volume v, diviso in due scomparti uguali vR e vL, dei quali il primo contiene un gas costituito da n molecole (n è dell’ordine di 1023) e il secondo è vuoto. La densità in vR sarà dR = n/vR; e in vL sarà dL = 0. Se la parete viene rimossa, la densità in entrambi rapidamente diventerà n/v. Su scala macroscopica, il cambiamento è irreversibile. Se invece n è dell’ordine di poche molecole, può accadere che dR e dL siano differenti e comunque varino con il tempo. Magari dopo un certo tempo si possono di nuovo momentaneamente avere dR = n/ vR e dL = 0. La probabilità di quest’evento è 1/ vRN. Il cambiamento dunque può essere reversibile, ma diventa praticamente irreversibile a tutti gli effetti quando n = 1023. La dicotomia reversibile/irreversibile è diventata una questione di carattere statistico.
La freccia del tempo diventa dunque la metafora che rappresenta le trasformazioni del mondo macroscopico, lasciando la reversibilità a dominare il mondo microscopico.

Appendice 2

Con la Conferenza Solvay del 1927, si chiude la fase della formulazione della meccanica quantistica, che diventa da quel momento la teoria accettata da tutta la comunità per investigare e spiegare i fenomeni della materia a livello atomico e subatomico. Gli unici che continuano a dissentire con l’interpretazione accettata della teoria restano Schrödinger ed Einstein. Quest’ultimo inizia un dibattito con Böhr, che condurrà al cosiddetto paradosso epr (Einstein, Podolski e Rosen; 1935), del quale si continua a discutere ancora oggi.
Senza entrare in dettaglio, basta, ai fini del nostro discorso, accennare alla premessa sulla quale il paradosso epr si fonda e alla conclusione alla quale esso conduce. La prima è il cosiddetto “principio di realtà”, così formulato: «Se è possibile prevedere con certezza il valore di una grandezza fisica di un sistema senza perturbarlo in alcun modo, deve esistere un elemento della realtà fisica che corrisponde alla grandezza in questione»[944]. Sulla base di questo principio, Einstein, Podolski e Rosen mostrano che è possibile costruire un sistema di due particelle correlate fra loro – a e b – tale che si possa sempre prevedere con certezza il valore di una qualsiasi grandezza fisica di b senza misurarla, facendo soltanto una misura della stessa grandezza di a. Ci si deve allora necessariamente domandare: come fa b, sulla quale non è stata fatta alcuna misura, a fornire sempre la risposta corretta alle interrogazioni rivolte ad a, se non c’è trasmissione istantanea d’informazione da a a b, e se b non ha in sé già tutte le informazioni necessarie, che sono assai più numerose di quelle contenute nell’ampiezza dell’onda che descrive lo stato del sistema complessivo?
Einstein risponde alla domanda dicendo che la meccanica quantistica è incompleta, in quanto l’onda non contiene tutta l’informazione necessaria. Böhr risponde che è il principio di realtà che non è valido, perché non ha senso attribuire realtà a una grandezza senza misurarla. Ognuno dei due resta della propria opinione perché non è possibile risolvere la questione con un ricorso all’esperimento. La situazione però cambia negli anni Sessanta, quando John Bell propone un modo per distinguere fra le due contrastanti posizioni. Egli suggerisce infatti di effettuare anche su b una misura, ma di una grandezza diversa da quella misurata su a. In tal caso, è facile mostrare che la meccanica quantistica dà sempre previsioni probabilistiche differenti da quelle di una teoria più completa del tipo ipotizzato da Einstein.
Da allora, sono stati fatti molti esperimenti che hanno sempre confermato le previsioni della meccanica quantistica, escludendo in tal modo l’esistenza di teorie in grado di fornire informazioni più dettagliate e complete sullo stato delle due particelle. Dobbiamo allora concludere che c’è una trasmissione istantanea d’informazione tra a e b quando si fa la misura di una grandezza di a, in modo che b possa acquisire l’informazione necessaria per “comportarsi” nel modo previsto dalla correlazione esistente fra loro quando successivamente si misura la grandezza di b?
Alcuni pensano che sia così, ma la risposta non soddisfa. Cos’è che trasporta quest’informazione? Un nuovo ente fisico sconosciuto che viola il principio di relatività? È una risposta che suscita interrogativi ancor più difficili di quello che pretenderebbe di risolvere.
Personalmente, credo che l’origine del paradosso stia nell’aver introdotto fin dall’inizio nella teoria una contraddizione tra onde e corpuscoli, attraverso il formalismo canonico assiomatico accettato universalmente da 70 anni. Ci siamo abituati a convivere con le “onde di probabilità” ontologizzando un ente puramente matematico, utile per fare i calcoli, ma privo di significato fisico. Se si riuscisse a fare come si è fatto con l’etere, cioè a eliminarlo dalla teoria, molti apparenti paradossi scomparirebbero. Negli ultimi anni, ho portato avanti un programma di ricerca con l’obiettivo di riformulare la meccanica quantistica senza mai introdurre le onde di probabilità, ma soltanto probabilità. Dopotutto, se la natura probabilistica dei fenomeni microscopici è fondamentale, e non dovuta semplicemente alla nostra ignoranza com’è per la meccanica statistica classica, perché dovrebbe essere impossibile descriverli in termini probabilistici fin dal principio?
A prima vista, un programma del genere sembra destinato all’insuccesso, per una ragione molto semplice. Abbiamo visto infatti che, a causa del principio d’indeterminazione, non esiste una distribuzione di probabilità congiunta che fornisca simultaneamente la probabilità che la particella abbia un valore preciso della sua posizione e della sua velocità (o meglio, del suo impulso). Quanto più è determinato il valore di una delle due variabili, tanto più indeterminato è il valore dell’altra. È stato tuttavia dimostrato, prima da Wigner[945] nei primi anni Trenta e poi da Feynman[946] nel 1987, che si può estendere la nozione di densità di probabilità congiunta delle due variabili posizione q e impulso p in modo da tener conto del vincolo che impedisce l’esistenza simultanea di valori precisi per entrambe.
Questa “pseudoprobabilità” è ancora una funzione delle due variabili, ma è fatta in modo che la probabilità estesa a una regione nello spazio pq (spazio delle fasi) inferiore al limite h (costante di Planck) stabilito dal principio d’indeterminazione, diventa negativa. Questo è come un campanello d’allarme che segnala che il risultato ottenuto viola questo principio ed è quindi fisicamente irrealizzabile. Tutte le probabilità calcolate dalla funzione in questione, relative a eventi fisicamente permessi, risultano invece essere quantità positive, e dunque perfettamente interpretabili come tali. Lo stesso Feynman così chiarisce il significato di quest’estensione del concetto di probabilità: «Una situazione fisica nella quale la probabilità calcolata risulta negativa è impossibile, non nel senso che è zero l’eventualità del suo verificarsi, ma piuttosto nel senso che le condizioni assunte per la sua preparazione o per la sua verifica sono sperimentalmente irrealizzabili»[947].
Con questa premessa, sono riuscito a riformulare la meccanica quantistica direttamente in linguaggio probabilistico[948] utilizzando soltanto pseudoprobabilità di Wigner-Feynman p...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Prologo - La scienza moderna e il suo contesto
  3. Parte I. Dalla conoscenza della natura al dominio sulla materia vivente
  4. Parte II. Da Lucy a Dolly
  5. Parte III. Dalla conoscenza del mondo all’economia della conoscenza
  6. Epilogo - Come finirà?
  7. Appendice 1
  8. Appendice 2
  9. Appendice 3
  10. Appendice 4
  11. Bibliografia