100 domande sulle strategie di comunicazione in sanità
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100 domande sulle strategie di comunicazione in sanità

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100 domande sulle strategie di comunicazione in sanità

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La comunicazione in ambito sanitario, in tutte le sue forme, viene analizzata in modo semplice e chiaro in questo testo, strutturato in 100 domande, che prendono in esame: le strategie di comunicazione tra medico e paziente, con le necessarie competenze comunicative e relazionali; l'importanza di una corretta comunicazione interna ed esterna, determinante per l'efficienza delle organizzazioni sanitarie; la qualità delle relazioni tra professionisti sanitari al fine di migliorarne la comunicazione e la buona collaborazione; i vantaggi del lavorare in gruppo, di una efficace leadership e gestione dei conflitti che permette di agire con competenza, flessibilità, apertura, collaborazione e partecipazione.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788897419464
Argomento
Medicine

PARTE IV. 35 domande sulla comunicazione nei gruppi di lavoro, la leadership e la gestione dei conflitti

Introduzione

Sebbene le strutture sanitarie possano avere ben poco controllo sui fattori legati alle caratteristiche della popolazione servita e agli aspetti di politica sanitaria, molto invece può essere fatto per ottenere un impatto significativo sul sistema assistenziale in termini di organizzazione, comportamenti e comunicazione efficace.
Con l’aumentare della complessità delle conoscenze tecnologiche e sanitarie, le organizzazioni si trovano ormai da troppo tempo nel mezzo di forze contrastanti: da una parte la pluricentenaria tradizione medico-centrica, con esclusivo interesse sull’assistenza al paziente e organizzata mediante istituzioni professionali; dall’altra il modello manageriale che tenta di rispondere alla crescente pressione sociale verso maggiori responsabilità, contenimento dei costi, standardizzazione dei protocolli e responsabilizzazione sui risultati, tutte priorità estranee alla tradizione ippocratica.
Tuttavia molte organizzazioni stanno tentando di trovare una via di uscita da questo conflitto combinando le diverse capacità e competenze degli individui in gruppi di lavoro multi- e interdisciplinari in cui ogni membro contribuisce con la propria specifica competenza e attività in maniera coordinata, per raggiungere obiettivi che vanno al di là della competenza dei singoli. Questo tipo di relazioni richiedono però una maggiore attenzione alle modalità della comunicazione interpersonale e di gruppo.

66. Quali sono le caratteristiche di un “team” o “gruppo di lavoro”?

Un gruppo di lavoro è composto da un insieme di individui che hanno instaurato relazioni di integrazione, adattamento, impegno e partecipazione. È caratterizzato da:
  • obiettivi comuni;
  • una chiara missione di gruppo;
  • compiti interdipendenti;
  • competenze interdipendenti;
  • informazioni condivise;
  • impegni e responsabilità condivisi;
  • benefici e insuccessi condivisi.
Nel gruppo, quindi, l’impegno di ogni componente ha un effetto sinergico quando le diverse professionalità e i differenti ruoli interagiscono per il conseguimento di un obiettivo comune e tende a produrre migliori risultati di quelli che si otterrebbero con l’impegno dei singoli, soprattutto nei casi in cui non esistano approcci o procedure di soluzioni definite.
Per ottenere ciò, non solo sono necessarie la conoscenza e l’accettazione degli obiettivi da parte del gruppo, ma queste debbono essere sempre coniugate con la coesione che il team-leader è in grado di generare nel gruppo.
All’interno di un gruppo di lavoro, infatti, il vero bene di scambio diviene la conoscenza, ovvero l’insieme di rapporti e di capitale immateriale che ciascuno ha accumulato nel corso della propria esperienza. Infatti la comunicazione di gruppo con le dinamiche emotive che le sono proprie e che si vengono a creare rappresenta la modalità comunicativa più idonea a modificare i comportamenti e gli atteggiamenti degli individui.
È ormai giudizio comune che i risultati ottenuti dai gruppi di lavoro in sanità siano migliori di quella dei singoli laddove sia richiesta un’ampia gamma di compiti e di competenze, capacità di gestire la complessità, adattabilità e capacità di gestione operativa. Ma anche per i singoli il lavoro di gruppo rappresenta un vantaggio portando a maggiore autonomia, motivazione e soddisfazione professionale, raggiungendo obiettivi ben al di là del proprio potenziale personale e vedendo riconosciuto il proprio contributo.

67. Che cosa si intende per “gruppo di lavoro interprofessionale”?

Per “gruppo di lavoro interprofessionale” si intende un gruppo formato da membri che appartengono a diverse professioni e posizioni organizzative, ognuno dei quali porta nel gruppo le proprie competenze specialistiche (conoscenze, abilità e attitudini) integrandole con quelle degli altri mediante un processo di comunicazione, collaborazione, mediazione, condivisione del processo decisionale con l’obiettivo di ottimizzare l’assistenza al paziente o a gruppi di pazienti. Questi gruppi possono essere organizzati in varie maniere, ma in generale si parla di:
  • gruppi multidisciplinari: differenti gruppi professionali che lavorano in maniera interdipendente o parallela per raggiungere un obiettivo comune;
  • gruppi interdisciplinari: differenti gruppi professionali che lavorano attivamente insieme in un progetto comune;
  • gruppi transdisciplinari: individui che lavorano in gruppo trascendendo divisioni professionali o disciplinari in un progetto comune.
La costituzione e formazione dei gruppi può però richiedere a volte tempi lunghi, ma è proprio questa sinergia a generare una piena utilizzazione della forza-lavoro, che rende il lavoro di gruppo vantaggioso per le organizzazioni.

68. Quali sono i vantaggi del lavoro di gruppo in sanità?

Oggi più che mai la medicina può essere considerata come un tentativo di sviluppare un approccio multidimensionale derivato dalle molteplici scienze mediche diretto al singolo paziente, tenendo conto non solo delle patologie e delle emozioni, ma anche delle condizioni ambientali, sociali, culturali e religiose. Pertanto la collaborazione interprofessionale rappresenta ormai una necessità per l’efficacia degli interventi assistenziali.
Alcuni studi che hanno esaminato i benefici dei gruppi multi-professionali hanno evidenziato che nel rispondere ai bisogni del paziente questi sono meglio in grado di:
  • trattare con la complessità dei bisogni assistenziali soprattutto nelle patologie croniche;
  • essere più efficienti e coordinati nel rispondere a bisogni assistenziali multipli;
  • fornire assistenza a livelli logistici multipli (ospedale, domicilio, strutture di riabilitazione);
  • ridurre ridondanze e duplicazioni;
  • trovare soluzioni originali e creative a problemi complessi;
  • ridurre il rischio di errore.

69. Che cosa sono le norme in un gruppo e quali funzioni hanno?

L’appartenenza a un gruppo è in grado di cambiare i pensieri, i sentimenti e i comportamenti dei membri attraverso varie forme di influenza sociale. Le norme rappresentano la maniera condivisa di vedere il mondo da parte del gruppo, assicurano stabilità e prevedibilità di comportamento, determinano il modo in cui risolvere problemi, prendere decisioni, e in generale svolgere il proprio lavoro. Le norme sono un prodotto collettivo e hanno le seguenti funzioni:
  • avanzamento del gruppo: servono al gruppo per raggiungere i propri obiettivi;
  • mantenimento del gruppo: permettono al gruppo di sopravvivere come entità;
  • costruzione della realtà sociale: sostengono le opinioni dei vari membri per costruire attraverso il consenso una realtà condivisa;
  • definizione dei rapporti con l’ambiente sociale: intrecciano relazioni rispetto all’ambiente sociale.

70. In che modo le norme producono “conformità” nel gruppo?

In genere le persone seguono le norme (si conformano) non per pressione esterna ma perché agire in conformità delle norme è personalmente appagante in quanto soddisfa il proprio bisogno di sicurezza e padronanza della situazione (bisogno di essere nel “giusto”) e perché fa sentire uniti agli altri, garantendo rispetto e un’identità sociale positiva (bisogno di essere amati). Nei gruppi caratterizzati da alta coesione la pressione interna verso la conformità è molto alta.
Secondo Kelman esistono 3 tipi di conformità:
  • accettazione: si è d’accordo per ottenere una reazione favorevole da parte del gruppo;
  • identificazione: si è d’accordo perché ci si vuole sentire parte del gruppo. Tale tipo di conformità è spesso temporanea e l’individuo torna ai suoi vecchi convincimenti una volta abbandonato il gruppo;
  • internalizzazione: l’individuo cambia il proprio punto di vista e aderisce pienamente e nel profondo. Tale adesione ha un effetto permanente poiché la norma diventa parte del proprio sistema di valori.

71. Che cosa si intende per “coesione” tra i membri di un gruppo?

Il concetto di “coesione” è il punto centrale poiché rappresenta il livello di percezione del senso di appartenenza dei componenti di un gruppo che così può vivere e operare come un’unica entità. Se un gruppo di lavoro è efficace, la coesione tra i membri di un gruppo non avviene solo perché le persone che lo compongono hanno una relazione orientata a raggiungere uno scopo. Quanto più numerosi sono i vincoli che si condividono, tanto maggiore è la coesione che si viene a creare all’interno del gruppo; infatti M. Deutsch distingue:
  • interdipendenza positiva: gli individui sono legati in modo tale da creare una relazione tra il successo di uno e quello degli altri (uno vince se tutti vincono);
  • interdipendenza negativa: le persone sono legate da una correlazione negativa tra il successo di uno e quello degli altri (uno vince, gli altri perdono)
  • assenza di interdipendenza: ogni persona persegue il suo successo senza temere che altri possano ostacolarlo.
Nella coesione di un gruppo influiscono dunque il grado di comunicazione interpersonale, la possibilità di sviluppare la propria identità sociale, l’attrazione sociale e individuale, la condivisione della rappresentazione della realtà di gruppo, delle norme, e il processo di raggiungimento del consenso che conduce all’uniformità.
Un’alta coesione nel gruppo può produrre, però, anche effetti negativi. In gruppi molto coesi spesso l’identità personale viene ristretta e compressa, e coloro che tentano di migliorare o indurre cambiamenti nel modo di lavorare vengono ignorati, criticati o boicottati. Si possono verificano fenomeni di intolleranza verso i “devianti”.
Spesso può accadere che il gruppo resti intrappolato in uno stile di pensiero in cui il mantenimento della coesione e del benessere sociale rappresenta la preoccupazione dominante. I conflitti e le discussioni vengono evitati e questo porta a pessimi risultati in termini decisionali perché le decisioni sono basate su informazioni carenti e/o non vengono prese in considerazione più alternative, né valutati i rischi. Questo fenomeno è chiamato “pensiero di gruppo” o “groupthink”. Irving Janis descrive i sintomi del pensiero di gruppo:
  • sovrastima della forza del gruppo;
  • conformismo;
  • autocensura.

72. Che differenza c’è tra i concetti di influenza e di potere?

Una delle caratteristiche fondamentali delle dinamiche di gruppo è la diversità dei livelli di influenza e di potere che ogni componente esercita sugli altri.
Per “influenza” si intende la capacità di condizionare le attitudini e i comportamenti degli altri.
Il concetto di “potere” riguarda invece la capacità di attuare la propria volontà assicurandosi la condiscendenza degli altri; tale concetto va distinto da quello di “autorità”, con cui invece si intende il conferimento a una persona della possibilità di essere e fare e del diritto di aspettarsi la condiscendenza degli altri. L’autorità è sorretta quindi dalla legittimazione.
Il concetto di potere all’interno di un gruppo è legato quindi al concetto di autorità, alla figura, cioè, di chi lo esercita e alle modalità attraverso cui lo esercita. Secondo il modello di French e Raven, all’interno di qualsiasi organizzazione umana il potere può essere esercitato in diversi modi:
  • potere coercitivo: capacità di dispensare punizioni a chi non rispetta le richieste o il compito;
  • potere di ricompensa: capacità di offrire premi a chi accetta le richieste o il compito;
  • potere legittimo: diritto di un’autorità di richiedere obbedienza;
  • potere di riconoscimento (dell’esperto): capacità e abilità percepite come superiori, maggiore possibilità di accesso e controllo sulle informazioni;
  • potere di esempio (del referente): identificazione degli altri con chi detiene il potere per attrazione o rispetto.
Detenere il potere non è, però, un esercizio unilaterale. Esiste sempre una relazione tra il coinvolgimento dei subordinati e il tipo di potere esercitato. Infatti l’esercizio di un potere di tipo coercitivo produrrà prima o poi reazioni di resistenza e ribellione. Il potere esercitato da chi è in grado di assicurarsi la condiscendenza dei componenti del gruppo attraverso ricompense o incentivi, o da un’autorità riconosciuta, garantirà adesione alle proprie richieste. Ma sono le ultime due forme di esercizio del potere identificate da French e Raven, in cui il potere si associa alla capacità di influenzare il comportamento degli altri in assenza di coercizioni negative o positive, che garantiscono il massimo impegno dei subordinati.

73. Come si può definire la leadership?

Le persone che interagiscono in un gruppo iniziano con il costruire insieme il significato dei rispettivi ruoli e delle modalità di interazione reciproca (norme). Durante questo processo di solito esistono, perché già formalizzate, oppure emergono singole persone o un gruppo ristretto che indicano al gruppo la via da seguire per comprendere se stesso e gli impegni da affrontare. I membri del gruppo fanno propria questa visione e agiscono in maniera coerente. Compito di queste persone o gruppi ristretti è quello di influenzare gli altri verso il raggiungimento di obiettivi condivisi e dirigere il gruppo in modo da renderlo coeso e coerente.
La leadership si manifesta, infatti, come un processo in cui viene esercitata da alcune persone una forma di influenza caratterizzata dalla capacità di determinare un consenso volontario. La leadership è quindi un fenomeno collettivo perché si sviluppa in comunità umane, è concreta, in quanto rappresentata da persone, dipende dalle interazioni con l’ambiente circostante ed è sensibile alle circostanze contingenti.
La leadership non solo coordina e dirige il lavoro ma, attraverso un tipo di influenza non coercitiva sui membri del gruppo, fa in modo che essi raggiungano gli obiettivi prefissati mantenendo un livello di impegno alto e opportunamente direzionato e tiene gli individui uniti in senso relazionale, sviluppando in essi il sentimento di appartenenza. Essa ha quindi funzione di guida, motivazione, costruzione e consente di governare i processi di cambiamento.

74. Che differenza c’è tra un manager e un leader?

Il termine “leader” è una parola di provenienza inglese derivata dal verbo to lead, che significa guidare, indirizzare verso un obiettivo, un’azione o un’opinione. Il leader è quindi colui che crea una visione del futuro, che coinvolge le persone motivandole e ispirandole verso il raggiungimento di un fine. Il termine “manager” deriva invece dal verbo to manage, che in inglese ha il significato di dirigere, gestire, amministrare, quindi il manager...

Indice dei contenuti

  1. Frontespizio
  2. Colophon
  3. Presentazione
  4. Prefazione
  5. PARTE I. 45 domande sulle strategie di comunicazione medico-paziente
  6. PARTE II. 10 domande sulle strategie di comunicazione nelle organizzazioni sanitarie
  7. PARTE III. 10 domande sulle relazioni tra professionisti sanitari
  8. PARTE IV. 35 domande sulla comunicazione nei gruppi di lavoro, la leadership e la gestione dei conflitti
  9. Appendice
  10. Bibliografia
  11. Autori