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Harald Szeemann. L'arte di creare mostre
Informazioni sul libro
«Io non sono un critico. Sono un curatore...un poeta dello spazio.» Harald Szeemann
«L’allestimento dell’arte è la visualizzazione del piacere del rapporto con l’arte e della combinazione delle possibilità che da essa scaturiscono proprio quando la si ritiene autonoma.Allestire è amare.» Harald Szeemann
Una serie di conversazioni inedite di Harald Szeemann introducono a una attenta riflessione sul metodo di lavoro del curatore svizzero in rapporto alle principali mostre da lui realizzate, dalle collettive quali When Attitudes Became Form del 1969 alle mostre di scultura degli anni ’80, alle mostre tematiche quali Monte Verità alle personali di artisti quali Joseph Beuys e Mario Merz, alle Biennali di Venezia del 1999 e del 2001.
Szeemann è internazionalmente riconosciuto come uno dei maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, inventore della figura del curatore così come la conosciamo a tutt’oggi e di un’originale metodologia curatoriale indissolubile dal suo pensiero anticonformista e dal suo idealismo. Nel corso della sua lunga e intensa carriera ha ideato ed allestito circa duecento mostre, numerose delle quali imprescindibili per la comprensione dell’evolversi della ricerca artistica contemporanea.
Nella seconda metà del Novecento l’allestimento delle mostre è divenuto un momento privilegiato di comunicazione e di riflessione artistica e culturale. Ambra Stazzone
Critico d’arte e curatrice, insegna Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Catania
Domande frequenti
Informazioni
MUSEO DELLE OSSESSIONI
Szeemann nel progettare la mostra scrive: «Il fenomeno della “strada” è così ricco di varietà che è impossibile fare una ricognizione completa di tutti gli aspetti ad esso associati all’interno della struttura di una mostra. Ciò nonostante, per far sì che si possano vedere e sperimentare i molteplici aspetti, oltre che possibili associazioni e sviluppi, per raggiungere l’obbiettivo della mostra è stato scelto il seguente punto di partenza: Rendere possibile che il visitatore esperisca la strada come un’espressione dello schema della società in un particolare ambiente. Questo significa che la mostra si prefigge di sottolineare come la strada diventi la base delle attività interne ed esterne, come l’uso della strada e le sue forme reagiscano alla crescente complessità della società e quali conseguenze abbia per la strada la specializzazione della nostra società urbana. La complessità crescente è associata alla natura e all’entità delle attività umane: economia, traffico, aspetti formali e informali della società. […] E’ possibile per la nostra società vivere in uno stato di cambiamento continuo e qual è la funzione della strada in questo processo?»
Szeemann: «Volevo fare un film sulla strada dove ho abitato a Berna, l’unica dove si sarebbe potuto vivere dalla nascita fino alla morte perché c’era tutto, era autonoma. Avevo scritto la sceneggiatura e questo mi aveva dato l’idea di realizzare una mostra. Ma dopo mi hanno chiamato per documenta 5…e allora ho lavorato su quel tema nelle vetrine dei grandi magazzini Loeb a Berna, che aveva le più grandi vetrine della città, più di cento metri di vetrine davanti alle quali passa ogni giorno tutta la città! Durante il periodo alla direzione della Kunsthalle di Berna avevo già collaborato con il signor Loeb e gli allestimenti delle sue vetrine erano sempre un avvenimento: avevamo mostrato qualcosa per Science Fiction, per la mostra sui giovani artisti bernesi, per Tinguely, Spoerri e altri. E allora mi sono detto “Facciamo una prova per questa mostra della strada sulla strada”. C’era anche il sindaco che riceveva i cittadini …queste cose si possono fare solo in una piccola città, come ha fatto Jan Hoet con Chambres d’’amis a Gent nel 1986, con i cittadini che aprivano le loro case per far lavorare gli artisti.»
Szeemann: «La rappresentazione della sua vita era stata organizzata all’interno delle varie camere. Mostrando i mobili e gli oggetti c’era la sua presenza all’interno dello spazio. Le reliquie erano costituite dall’ambiente. All’entrata c’era la sua provenienza dall’Ungheria, poi c’era una tappa a Vienna, poi la sua stanza con i mobili e con tutte le immagini che collezionava, che non ho messo come le teneva lui ma in modo tematico: le immagini religiose sopra il letto, quelle di paesi lontani sopra la scrivania… una “macchina celibe” fatta con tanti quadri realizzati con capelli attorno ad una scatola dove c’erano tutte le sue cose preziose e anche quelle assurde…Poi un altro spazio con le immagini che collezionava. E poi c’era la sedia per la permanente, una sorta di strumento di tortura, per dire che attraverso la tortura si crea la bellezza.Dunque era tutta una cosa poetica che mi ha dato molto perché poi, per caso, il giorno dell’inaugurazione la casa è diventata la galleria di Toni Gerber, dunque io sono uscito da quell’appartamento e Gerber si è occupato di tenere aperta la mostra. Cose che capitano! Sono venuti tutti a vedere la mostra: è venuto Boltanski, Merz, Sol LeWitt, Polke, la Sieverding… un pubblico tremendo! E poi tutte le vecchie signore che erano state clienti del nonno fino alla fine della sua vita e che dicevano che lui sarebbe potuto comparire da dietro un angolo…Volevo dare un altro senso all’idea di mostra…quando si fa una mostra e un catalogo di un artista scomparso, è chiaro che lo si fa per la sopravvivenza dell’artista, ma questo era un caso diverso. Era una ricostruzione completamente diversa dell’appartamento del nonno, era trovare il punto nel quale lui sopravviveva e io riuscivo a fare una mostra.»
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- INDICE
- PREMESSA
- INTRODUZIONE
- ARTE|MOSTRA|MUSEO
- CLIMA CULTURALE
- MOSTRA=EVENTO
- LAVORO SPIRITUALE (ALL’ESTERO)
- MITOLOGIE INDIVIDUALI
- MUSEO DELLE OSSESSIONI
- POESIA NELLO SPAZIO
- INTENZIONI INTENSE
- INTERRELAZIONI
- CONTINUA [...]
- POSTFAZIONE di Giacinto Di Pietrantonio
- NOTE
- BIBLIOGRAFIA