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Gli standard urbanistici in Italia dal 1968 a oggi

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Gli standard urbanistici in Italia dal 1968 a oggi

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Il decreto sugli standard è una delle norme fondamentali dell'urbanistica italiana. La sua emanazione, il 2 aprile del 1968, risponde all'intento di regolare la quantità minima di spazio urbano da destinare a servizi e attrezzature collettive: scuole, dotazioni sportive e per il gioco, parchi e giardini, centri civici e istituzionali, religiosi e culturali, presidî sanitari, aree a parcheggio. Si tratta di una norma che, nella sua semplicità, ha avuto implicazioni importanti nelle trasformazioni delle città italiane negli ultimi cinquant'anni, contribuendo a definire le relazioni tra territorio e diritti di cittadinanza, attraverso la costruzione di una riserva di suoli pubblici e la regolazione degli spazi preposti a garantire un'offerta adeguata di attrezzature per l'istruzione, la cultura, la salute, la socialità e la sicurezza. Il volume nasce dalla riflessione e dalla discussione promosse su questi temi tra il 2017 e il 2019 da un gruppo composto da ricercatori di differenti atenei (Laboratorio Standard), con un numero consistente di altri studiosi, professionisti e amministratori pubblici, nell'intento di mettere a valore e fare evolvere entro un quadro condiviso sentieri di ricerca teorica e operativa. Abbiamo scelto una postura orientata a osservare gli standard a partire dal loro lascito spaziale, un consistente deposito di città pubblica, di cui garantire cura, accessibilità, fruizione. Questo patrimonio, materiale e simbolico, è a nostro modo di vedere una delle leve da cui partire per aspirare a una rinnovata stagione di politiche per la rigenerazione dei contesti urbani contemporanei e per il welfare locale. Il volume si chiude con un testo propositivo (un Manifesto articolato in sette punti), il cui obiettivo è individuare alcune delle traiettorie possibili verso l'aggiornamento della norma e la sua applicabilità, oggi.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788855222464

Parte seconda

Nei territori: atlanti e racconti

Osservatori

I. Dotazioni per residenti e turisti come strumento per valorizzare risorse territoriali

di Mariella Annese

In passato, nel Comune di Polignano a Mare (ora parte della Città metropolitana di Bari), l’applicazione del decreto interministeriale 1444/68 è stata segnata da un generale disinteresse per la costruzione di un patrimonio di beni comuni su cui progressivamente fondare il progetto di una città collettiva. L’esperienza urbanistica ha mostrato la scarsa propensione del soggetto pubblico a territorializzare il modello di città democratica, implicitamente proposto dal decreto tramite la previsione di un equilibrato assetto di spazi e attrezzature collettive. Oggi, sono tuttavia proprio gli spazi destinati a standard, ma ancora non realizzati, a rivelare un rinnovato potenziale per ripensare la dimensione pubblica urbana attraverso i temi del turismo e del paesaggio.
In maniera analoga ad altri centri costieri, Polignano a Mare è attualmente interessato da dinamiche post-metropolitane (Balducci, Fedeli, Curci 2017) a cui possono ricondursi flussi e modalità di fruizione turistica inediti e allargati, che hanno inciso sui modi di usare e di abitare gli spazi pubblici della città. Se, da un lato, la tradizionale piazza storica si conferma come il luogo per eccellenza in cui la comunità continua a stare in pubblico, l’affermarsi di stili di vita più sani, unitamente a una rinnovata sensibilità verso i temi ambientali, invitano a osservare le aree a standard entro una diversa prospettiva.
La stretta relazione tra pratiche d’uso connesse al tempo libero, paesaggi e interventi di valorizzazione turistica suggerisce perciò di tentare, a partire dal caso singolare di Polignano a Mare, una riconcettualizzazione dello standard in termini di dotazione complessa, articolata nei suoi materiali e rivolta a popolazioni sia stabili che temporanee. In questo territorio, a fronte dei numerosi tentativi compiuti per adeguare gli strumenti di pianificazione alle disposizioni in materia di standard, oggi sono soprattutto altre politiche, non solo di natura urbanistica, a offrire l’occasione per introdurre innovazioni sul tema. Parallelamente, l’accento sulla prospettiva paesaggistica e transcalare, posto dai più recenti strumenti della pianificazione locale e regionale, rimette in gioco gli spazi destinati a servizi e attrezzature collettive all’interno di processi di rigenerazione urbana tesi a superare la contrapposizione tra le domande legate al turismo e quelle espresse dai residenti.

1. Lo standard come adeguamento (parziale) alla norma senza un progetto di città pubblica.

La storia della pianificazione urbanistica di Polignano a Mare bene rappresenta la condizione della maggior parte dei comuni pugliesi, segnati da una tardiva formazione dei piani regolatori comunali e da un altrettanto tardivo adeguamento al sopraggiungere di nuove norme regionali1.
Il primo Piano regolatore viene approvato nel 1960 e solo nel 1979 è oggetto di una variante generale, il cui obiettivo è allineare, con dieci anni di ritardo, lo strumento urbanistico ai contenuti del decreto interministeriale del 1968. In maniera semplicistica la variante risolve la carenza di attrezzature concentrando gli standard urbani e di quartiere necessari alla città esistente nelle aree destinate agli standard di livello territoriale, equiparando le due tipologie. La normativa del piano non entra nel merito dell’articolazione funzionale e del dimensionamento delle specifiche attrezzature, né ne chiarisce le modalità di realizzazione. Genericamente stabilisce che i servizi di pubblica utilità possano essere realizzati sia dall’amministrazione che dai privati. Di fatto, tali previsioni non verranno attuate e le aree ritorneranno in pieno possesso dei proprietari allo scadere dei vincoli preordinati all’esproprio. Soltanto per gli ambiti di espansione si procede all’applicazione della norma nazionale: gli standard dei nuovi quartieri residenziali e produttivo-turistici saranno gli unici a contribuire alla dotazione di servizi di scala locale, anche per la città esistente. Non essendo tuttavia commisurati al numero degli abitanti effettivamente insediati a Polignano, non risulteranno comunque sufficienti a garantire il soddisfacimento delle prescrizioni complessivamente previste dal decreto nazionale.
Se si passa dagli aspetti quantitativi a quelli qualitativi, la situazione appare non meno critica. All’interno e sui margini della città esistente, il Piano del 1979 elude l’attribuzione di una dimensione progettuale al sistema dei servizi e delle attrezzature. Limitandosi a riconoscere usi in atto, le dotazioni di interesse collettivo sono individuate in corrispondenza dei lotti già utilizzati come tali, e in altre aree vocate ad assumere una funzione pubblica perché poco idonee all’edificazione privata. In queste ultime rientrano il solco erosivo e gli ambiti golenali della Lama Monachile e la zona costiera in prossimità dello Scoglio dell’Eremita, soltanto più tardi riconosciute come emergenze paesaggistiche da preservare e valorizzare2 (fig. 1). Altri servizi di livello territoriale sono previsti (senza però una chiara destinazione) in prossimità della nuova periferia produttiva e delle future espansioni residenziali3.
Figura 1. Polignano a Mare. Le zone di interesse collettivo sulla costa sud dell’edificato: il campo sportivo, l’area a parcheggio e il depuratore comunale. Fonte: dati cartografici © 2019 Google.
Figura 1. Polignano a Mare. Le zone di interesse collettivo sulla costa sud dell’edificato: il campo sportivo, l’area a parcheggio e il depuratore comunale. Fonte: dati cartografici © 2019 Google.
L’assenza nello strumento urbanistico di un progetto per la città pubblica appare particolarmente evidente proprio nelle espansioni preposte a soddisfare la domanda turistica che in quegli anni investe le coste della Puglia. Per le aree già trasformate dal fenomeno delle seconde case il Piano conferma la destinazione residenziale e un’edificazione a bassa densità, senza però verificare né tantomeno pianificare il fabbisogno di servizi e infrastrutture viarie. Per i nuovi comparti turistico-alberghieri incuneati nel paesaggio agricolo costiero è prevista la realizzazione, oltre che di strutture ricettive e campeggi, di zone di interesse collettivo e parcheggi. Il dimensionamento di tali zone è fissato indipendentemente dalle volumetrie turistiche realizzabili, stabilendone il possibile trattamento sia come standard assoggettati a esproprio o realizzati dai privati e poi ceduti al demanio pubblico, sia come ambiti per attrezzature culturali, sociali, assistenziali, amministrative e pubblici servizi ma di proprietà privata.
Successivamente all’emanazione della legge regionale 56/1980 (Tutela e uso del territorio), solo nel 1995 prende avvio l’elaborazione di una nuova variante al piano regolatore comunale. Obiettivo specifico del Piano, approvato nel 2005, è la localizzazione delle aree necessarie al soddisfacimento degli standard relativi alla popolazione attuale e a quella da insediare nelle future espansioni4. Nonostante l’evidente sottodimensionamento delle attrezzature di interesse collettivo, la nuova variante conferma le indicazioni contenute nello strumento vigente, riclassificando tutto il costruito (a eccezione della città storica) come zone di completamento. Per queste zone, futuri piani particolareggiati di recupero assumeranno il compito di prevedere il ridisegno della struttura viaria e dell’intero fronte mare. Nessuna indicazione viene data in merito al reperimento delle aree a standard, così ridotte del 50%. Il compito di servire capillarmente il territorio colmando le carenze pregresse è in sostanza, e ancora una volta, attribuito alle nuove espansioni. Continua a mancare un progetto esplicito e unitario per le attrezzature di interesse collettivo, la cui realizzazione viene principalmente demandata all’iniziativa dei privati, a valle di piani attuativi in cui le aree a standard risulteranno una contro-forma, del tutto residuale, delle trasformazioni edilizie.
Se debole è l’attenzione per il progetto della città collettiva, la variante del 2005 offre però un elemento di rilievo: l’individuazione di una fascia costiera a nord e a sud dell’abitato, classificata come zona di interesse generale di livello territoriale da destinare a parco urbano. Attraverso questa fascia, e in sinergia con la tutela delle aree agricole, l’intento è di rafforzare le condizioni di salvaguardia imposte sulla costa sin dal 1985 con la legge Galasso5. Lo stimolo è a un futuro aggiornamento dello strumento comunale e allo spostamento integrale delle previsioni di insediamenti turistici, che comunque il Piano del 2005 ribadisce. La vocazione turistica del territorio resta infatti la chiave dello sviluppo urbano e, per le zone costiere, si conferma la tendenza allo sfruttamento speculativo e al ricorso a modelli insediativi residenziali ormai obsoleti (alberghi sul mare e residenze stagionali). Questo sebbene i tempi e la cultura siano ormai maturi per scelte più coraggiose e consapevoli di tutela delle risorse paesaggistiche, anche nell’ottica di integrare gli spazi del turismo con quelli dell’abitare stabile. Il piano rappresenta così un’occasione mancata, laddove avrebbe potuto anticipare attraverso una programmazione più attenta e lungimirante i fenomeni che di lì a poco investiranno il centro di Polignano.
Le analisi elaborate nell’ambito nella recente variante al piano generale comunale approvata nel 20196 consentono di verificare la coerenza tra le previsioni contenute nei piani attuativi (residenziali e produttivo-turistici generati dalla variante del 2005)7 e quanto poi effettivamente realizzato, dando spazio a ulteriori considerazioni sulle modalità di attrezzamento del territorio. Le dotazioni sino a oggi attuate prevalentemente coincidono con superfici destinate indifferentemente alla viabilità locale e a spazi aperti. Questi ultimi, valutati al netto di strade e parcheggi, risultano però di scarso valore per l’uso pubblico, trattandosi generalmente di aree residuali della trasformazione edilizia, abbandonate e in attesa di intervento (fig. 2). Le altre funzioni in cui si articolano i 18 metri quadrati stabiliti dal decreto interministeriale sono del tutto assenti, mostrando come l’edilizia privata abbia prevalso su ogni altra funzione di complemento.
Figura 2. Polignano a Mare. Le aree a standard nelle espansioni contemporanee: l’assenza di un disegno d’insieme e di un progetto di suolo. Fonte: elaborazione dati fotografici © 2019 Streetview.
Figura 2. Polignano a Mare. Le aree a standard nelle espansioni contemporanee: l’assenza di un disegno d’insieme e di un progetto di suolo. Fonte: elaborazione dati fotografici © 2019 Streetview.

2. Nuove prospettive per lo standard: ripensare le dotazioni osservando le pratiche d’uso e riuso del territorio.

Letto dalla prospettiva dello standard, il lascito dell’attuazione degli strumenti di piano porta a ricondurre l’impoverimento funzionale di Polignano a interventi che hanno ridotto i servizi a quelli essenziali (amministrativi comunali, per l’istruzione dell’obbligo, religiosi), banalizzato il disegno dello spazio pubblico e posto scarsa attenzione alle attrezzature culturali. A fronte di questa condizione, l’osservazione delle pratiche che attualmente interessano il territorio spinge, d’altro canto, a riconoscere come alcuni luoghi siano comunque riusciti a sopperire all’incompleto attrezzamento della città, configurandosi come spazi pubblici in aggiunta a quelli più tradizionalmente intesi. Oltre alle piazze del centro storico, e grazie a processi e politiche anche esterni alla pianificazione urbanistica, tali luoghi oggi si offrono ai nuovi modi di stare in pubblico di comunità allargate e mutevoli (residenti, visitatori temporanei e turisti), sollecitando a ripensare gli standard in termini di dotazioni più ampie e flessibili, non solo come spazi fisici ma anche come contenitori e attivatori di usi a tempo.
Molte sono le azioni e le progettualità recentemente promosse da politiche comunali e sovralocali a sostegno dello sviluppo e della diversificazione dell’offerta turistica e delle attività economiche locali, il cui esito è stato quello di contribuire alla costruzione delle condizioni affinché tali spazi – nelle loro diverse forme (dalla piazza alla scogliera) – si prestassero ad assolvere a nuove funzioni di servizio8. Forzando le norme di sicurezza idrogeologica a cui è sottoposto, l’alveo della Lama Monachile, oltre che spiaggia pubblica, è diventato all’occasione cavea per concerti musicali o contesto paesaggistico di competizioni sportive internazionali. Una storica cala di pescatori, dopo interventi di recupero e riqualificazione ambientale della banchina di ormeggio9, ha assunto alternativamente i caratteri di piazza d’acqua durante la programmazione metropolitana di concerti jazz o di parterre per la pratica dello yoga all’aperto. Le aree di parcheggio pubblico in prossimità della costa sud si trasformano, temporaneamente a seconda delle necessità, in luna park o spazio fieristico, accingendosi a diventare luoghi strategici per l’osservazione delle specie protette che nidificano sullo Scoglio dell’Eremita10 (fig. 3). Ampliando lo sguardo al di fuori dell’area urbana, altre operazioni appaiono ugualmente rilevanti. Mentre il miglioramento dell’accessibilità ad alcune spiagge ha portato a riconoscere l’importanza del tema della reversibilità degli interventi finalizzati all’uso pubblico di aree connotate da una forte sensibilità ambientale e paesaggistica11 (fig. 4), la realizzazione verso nord di un breve segmento di pista ciclabile litoranea offre supporto spaziale a stili di vita orientati al benessere.
Figura 3. Polignano a Mare. La scogliera prospicente Lama Monachile temporaneamente trasformata in spalto per una competizione sportiva; la banchina di Cala Paguro utilizzata per svolgere attività di yoga. Fonte: Dean Treml/Red Bull Content Pool (2017), Associazione italiana Iyengar Yoga (2016).
Figura 3. Polignano a Mare. La scoglier...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Presentazione. Standard urbanistici in Italia: tra diritto alla città ed esigenze di rinnovamento. di Maurizio Tira
  6. Introduzione. Tornare a riflettere sugli standard, oggi. di Laboratorio Standard
  7. Parte prima. Temi e prospettive
  8. Parte seconda. Nei territori: atlanti e racconti
  9. Parte terza. Sfondi e questioni
  10. Parte quarta. Manifesto
  11. Riferimenti bibliografici
  12. Gli autori