Girls will be girls
eBook - ePub

Girls will be girls

Travestirsi, interpretare ruoli e cambiare le regole

  1. 308 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Girls will be girls

Travestirsi, interpretare ruoli e cambiare le regole

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Il genere è un costume attillato che la società ci mette addosso non appena nasciamo, è un copione che interpretiamo, spesso senza accorgercene. Ma cosa accadrebbe se fossimo noi a immaginare nuovi ruoli e a riscrivere il copione? A metà tra saggio e autobiografia, con un tono brillante e ironico, il libro affronta temi cruciali come i ruoli familiari, l'educazione, la sessualità, il rapporto con il corpo, la cultura, il mondo del lavoro, la pornografia, l'intersessualità, il linguaggio. Lungo il filo conduttore delle sue esilaranti esperienze personali, e usando elementi di psicologia, sociologia e filosofia, Emer O'Toole mette in discussione i rigidi stereotipi femminili e il binarismo di genere. Un saggio illuminante e dissacrante che mette in mostra il re nudo, ci svela meccanismi nascosti e ci ispira nuovi modi di interpretare noi stesse.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Girls will be girls di Emer O'Toole, Beatrice Gnassi, Beatrice Gnassi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Social Sciences e Feminism & Feminist Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791280559012

CAPITOLO 1

PROVARE LA PARTE

Tutto il mondo è un palcoscenico,
e tutti gli uomini e le donne solamente degli attori.
Essi hanno le loro uscite e le loro entrate,
e un uomo nella sua vita recita molte parti.
Shakespeare (Jacques in Come vi piace)

Mi piace essere una ragazza

Sono una diva di nove anni e la mia scuola di recitazione del sabato sta mettendo in scena come ogni anno lo spettacolo di fine corso, nel salone della scuola Nostra Santa Madre di Misericordia. È un evento molto eccitante: una notte in cui si fa la storia e i sogni s’infrangono. Le prove sono state intense e nelle pance dei più precoci mocciosi di Galway svolazzano farfalle sotto anfetamina. Dietro le quinte c’è un miscuglio inebriante di crema autoabbronzante, lacca, calze smagliate, fondotinta in stick vagamente arancione comprato al negozio tutto a un euro e circa un centinaio di giganteschi ego in piccoli involucri umani.
Quest’anno sono stata scelta per cantare in coppia con un ragazzo di nome Paul (che NON mi piace, lasciatemi stare, NON è il mio fidanzato e DEVO sedermi sulle sue ginocchia perché quella è la COREOGRAFIA). Siamo Hansel e Gretel e guardiamo le ragazze più grandi che fanno il loro numero del coro, mentre aspettiamo dietro le quinte con addosso quelli che dovrebbero essere pantaloni tipici della Baviera e un costume da piccola mungitrice (ma che in realtà sono bretelle e pantaloni della scuola ficcati nei calzini del papà di Paul per lui e un vestito a fiori a caso per me).
È strano, perché non mi ricordo molto della can-zone di Hansel e Gretel (a parte il fatto che ritenevo decisamente non necessario dovermi sedere sulle ginocchia di Paul), ma mi è rimasto sempre in mente il pezzo che ci fu prima: circa venti ragazzine in varie sfumature di rosa che sfoggiavano perle finte, decorazioni (ex centrini), teste piene di boccoli e facce coperte di trucco. Cantavano e ballavano sulle note di I Enjoy Being a Girl, tratta dal musical Flower Drum Song di Rodgers e Hammerstein, del 1958.
Sono una ragazza e per me è fantastico!
Sono orgogliosa del mio corpo formoso,
del mio passo dolce e femminile
con i fianchi che ondeggiano.
Le piccole aspiranti attrici (bè, quelle che di fronte al pubblico in attesa riuscivano a ricordarsi di fare qualcosa, oltre a stare impalate sotto la luce dei riflettori come conigli terrorizzati) volteggiavano e facevano le smorfiose per fare il verso alle donne adulte: dimenando i fianchi, mettendo il broncio, mandando baci e mettendosi in posa per fischi immaginari.
Adoro indossare qualcosa di frivolo
quando un ragazzo viene a prendermi.
Esco con il mio Joe o John o Billy,
come una puledra pronta per la corsa!
Nel pubblico, le mamme e i papà cercavano di fotografare le loro figlie nei momenti in cui sembravano stare al passo con le altre bambine. Alcuni genitori hanno dovuto essere fisicamente bloccati per impedire che corressero sul palco a salvare le piccole Róisín o Maeve, che una volta riemerse dallo shock delle luci avevano cominciato a singhiozzare. La maggior parte del pubblico comunque sorrideva alla stupidità dello spettacolo, a queste puledre che, ben lontane dall’essere pronte per la corsa, interpretavano le caricature falsamente provocanti di una femminilità fuori moda. Era una canzone degli anni Cinquanta dopo tutto e, perfino nella (non esattamente cosmopolita) Irlanda occidentale degli anni Novanta, avevamo del tutto superato questi cliché sull’“essere una ragazza”, giusto?
Tuttavia, non sono sicura che a nove anni ne cogliessi l’ironia. L’infanzia, per molti versi, è come una prova generale per l’età adulta e non credo di aver capito allora che l’immagine di femminilità della canzone fosse diversa da quella che avrei dovuto cercare d’interpretare un giorno. I messaggi che mi arrivavano dal mondo sembravano suggerire che l’orgoglio di essere una ragazza stava nell’essere carina e dolce. Nelle guerre tra ragazze e ragazzi, nelle quali piccoli esseri umani risoluti s’impegnano con tanto entusiasmo, mi sembrava di non avere molte munizioni. I ragazzi erano più grandi, più forti e, nelle mie analisi occasionali dell’incomprensibile mondo degli adulti, pareva che i maschi fossero quelli che più spesso comandavano.
Se fossi stata orgogliosa di essere una ragazza, di cosa esattamente avrei dovuto esserlo? Se mi piaceva essere una ragazza (ed ero abbastanza sicura che mi piacesse, cioè non avrei fatto a cambio o cose del genere), per quale ragione avrebbe dovuto piacermi? Credo di aver sempre pensato, forse perché ho due fratelli a cui sono molto legata, che ragazzi e ragazze sono uguali dentro. Di certo non pensavo che i ragazzi fossero più intelligenti o le ragazze più emotive. Sapevo di essere veloce quanto mio fratello maggiore nel fare le addizioni e sapevo che i ragazzi, coraggiosi in pubblico come ci si aspettava da loro, a casa erano altrettanto piagnucoloni.
Se dentro eravamo più o meno uguali, l’orgoglio di essere una ragazza doveva essere collegato a qualcosa di esteriore. Posto che non eravamo più forti dei ragazzi o più brave negli sport (sebbene fossi decisamente più capace nell’arrampicarmi sugli alberi, uno sport che purtroppo non aveva un grande riconoscimento ufficiale), doveva essere legato alle cose che le ragazze fanno in modo diverso: come si vestono, come appaiono. L’orgoglio di essere una ragazza significava essere orgogliosa di tutta questa roba “da femmine”.
Quando ho una nuova acconciatura,
con le mie ciglia tutte arricciate,
fluttuo nell’aria come le nuvole,
mi piace essere una ragazza!
Durante la crescita, il mio aspetto sembrava avere più importanza di quello dei miei fratelli. Prendiamo la Prima Comunione, quando avevamo circa sei o sette anni. I miei fratelli indossavano dei pantaloni carini e i gilè, certo, ma avevano abiti bianchi per l’occasione, con la crinolina sotto che oscillava come un paralume, illuminato da perline luccicanti? Avevano corone o fiocchi sui capelli? Indossavano guanti bianchi? O piccole borsette di seta dove nascondere le banconote ficcate nelle loro mani sante (ma già avide) da zie e zii?
Mi ricordo quanto mi aveva fatto sentire speciale tutto questo sfarzo. Ricordo che mi guardavo allo specchio e mi sembrava di essere una principessa-angelo (alla quale sfortunatamente mancavano i due denti davanti, facendola sembrare in verità il negativo fotografico di Bugs Bunny, più che una principessa-angelo). Per farla breve, mi ricordo di aver imparato che agghindarmi mi faceva sentire speciale.
Quando gli uomini dicono che sono carina e spiritosa
e che i miei denti sono come perle,
sono per me parole dolci come miele,
mi piace essere una ragazza!
E, a quanto pare, era per lo più per cose esteriori che anche le altre persone mi ritenevano speciale. Quando camminavo per mano con mia mamma e si avvicinavano suoi amici o conoscenti (ho una di quelle mamme che conoscono tutti), sapevo sempre come sarebbe andata la conversazione.
«È tua figlia?».
«Sì».
«È bellissima!».
«Eh sì».
«Non ti somiglia affatto».
«No».
E mentre mia mamma reagiva con gentilezza agli insulti mascherati da complimenti, io sorridevo allo sconosciuto che mi elogiava, senza prestare in verità molta attenzione (era probabilmente la milionesima persona con cui mia madre si era fermata a parlare negli ultimi dieci minuti. Talvolta se ne aggiungevano altre. Era come se tutti gli abitanti di Galway stessero cospirando, sì cospirando, per farmi fare tardi alla lezione di danza).
Questa roba ti entra dentro. Per molto tempo non l’ho capito ma i continui commenti degli adulti in merito al mio aspetto fisico si erano insinuati dentro di me. Mi hanno insegnato ad apprezzare me stessa come gli altri sembravano apprezzarmi: sulla base del mio essere carina e femminile. E, crescendo, quelle parole erano dolci come il miele. Non solo: ho cominciato a bramare queste attenzioni, ad aver bisogno di complimenti sul mio aspetto per sentirmi bene con me stessa e a comportarmi in modo da riceverli, con gesti che ovviamente avevano a che fare con vestiti, trucco, dieta e cura di sé.
Mi sono ricordata questo aspetto della mia infanzia dopo un fatto del tutto irrilevante. Avevo poco più di vent’anni ed ero nel bagno delle donne di una sala da tè sulle montagne di Wicklow. Mi stavo sistemando il trucco, cercando di rendere il mento più beige o le ciglia più separate, quando sono entrate una bambina di circa cinque anni e una donna elegante (che chiamerò “la zia”), a quanto pare la zia doveva ritoccarsi il trucco e la bambina fare pipì. Dopo che la piccola aveva diligentemente finito di pisciare ed era stata sollevata per lavarsi le mani, la zia le ha slegato la piccola coda ai capelli per rifarla, tirando fuori alcuni riccioli neri dalla chioma, per incorniciarle il visetto. Poi la zia ha tirato fuori un profumo e glielo ha spruzzato sui polsi e sul collo. Le ha sistemato il vestito, ha sorriso ai suoi grandi occhi rotondi e le ha detto: «Ecco, ora sì che sei bellissima!».
C’era così tanto amore in quei gesti. E la bambina era così felice che questa adulta elegante, che come era ovvio lei adorava, l’avesse fatta bella e le dicesse che era bella. Quando sono uscite dal bagno però, mentre continuavo a impegnarmi su una ciglia piegata in modo inaccettabile, ho pensato: “Come capirà che il suo aspetto non è ciò che conta?”. All’improvviso mi sono ricordata di tutti gli adulti che avevano sorriso ai miei occhi rivolti verso l’alto, che mi avevano detto che ero meravigliosa; ho guardato la mia faccia allo specchio (una faccia che, in quel momento della mia vita, sentivo di dover truccare meticolosamente ogni singola mattina prima di uscire di casa) e, nell’affettuosità di tutti quei complimenti, ho visto che il danno era fatto.
Non sto affermando che dire a una bambina che è bella sia di per sé nocivo. Ma quando i complimenti sull’aspetto fisico sono l’interazione standard degli adulti con i piccoli esseri di genere femminile, c’è un’alta probabilità di arrecare loro un danno. Quando i rituali di bellezza sono il modo principale con cui le donne mostrano alle bambine il loro affetto, queste cominciano ad associare ovviamente l’amore che meritano con il loro aspetto. È da allora che ho cominciato a notare come gli adulti trattano le bambine. Ho cominciato a fare caso a come io tratto le bambine.
Ho una figlioccia ed è veramente, veramente bellissima. Quando la guardo, vorrei gridare “mio Dio, è COSÌ BELLA!”, e voglio parlare di quanto è adorabile il suo vestito da principessa e di quanto è carina con le sue nuove scarpette. Ma non è una bambola. Ha cinque anni e se ne fotte delle scarpe. Eppure, ogni donna adulta che incontra sembra pensare che le scarpe siano la cosa più importante di cui parlare con lei. È in un’età in cui tutto è nuovo, tutto è interessante, ma queste creature del regno delle donne, che hanno una conoscenza senza confini dei misteri della vita in confronto a lei, continuano a parlare di scarpe. Avete presente quelle cose che tengono caldi i piedi? Quanto devo sembrare noiosa? E quanto è triste che stia perdendo l’occasione d’insegnarle cosa è importante, riguardo a se stessa, alle donne e al mondo?
Così ora (anche se continuo a dirle che è bellissima!), provo a interagire con la mia figlioccia più o meno nello stesso modo in cui interagisco con suo fratello: mostro interesse per i giochi che fa, le pongo domande e le dico quanto è intelligente e simpatica. Tuttavia, cerco di evitare complimenti sulla sua abilità nel colorare dentro i bordi, perché quando c’ho provato in passato, suo fratello ha affermato senza mezzi termini che ero una bugiarda. Malgrado questa preziosa lezione di sincerità, ora cerco di mostrare ammirazione per la mia divertente, brillante e speciale figlioccia, facendole complimenti per le cose che fa, non per quello che indossa.
Adesso però ho un altro problema: cosa le regalo per Natale?
Salto di gioia quando un ragazzo mi manda dei fiori,
vado matta per i vestiti di pizzo,
parlo al telefono per ore
con un chilo e mezzo di crema sulla faccia!
Si sa che le donne saltano di gioia per i fiori ma dove hanno imparato questi esercizi ginnici? Pensandoci bene, questi salti di gioia per dei fiori non sono affatto strani: per tutta la vita abbiamo scartato con entusiasmo regali collegati al nostro genere.
Ecco la scena: è la vigilia di Natale e sei in un negozio di giocattoli invaso dal panico, per trovare qualcosa per le tue bambine e i tuoi bambini. Intorno a te, i genitori stanno perdendo la testa, implorando l’assistenza clienti, “per favore, oh per favore”, di trovare un altro Furbie, solo uno, quello che si nasconde nel buio ed emette un piagnucolio elettronico impaurito in fondo al magazzino. Le casse emettono un debole bip in controtempo, come quello dei monitor per il battito cardiaco che preannunciano la morte. Ti gira la testa perché, del tutto contro la tua volontà, hai passato ogni sera delle ultime due settimane a feste di Natale a cui non potevi dire di no. Riconosci a fatica la sensazione di fredda sobrietà che striscia come una lumaca sulla tua pelle. Sei all’inferno.
La tentazione di prendere il regalo generico per bambine numero 347, dalla sezione per le femmine, e il regalo generico per bambini numero 217, dalla sezione per i maschi, e scappare è enorme. Quello per bambine è rosa e ha a che fare con le faccende domestiche o i prodotti di bellezza. Quello per i bambini è blu e ha a che fare con veicoli a motore o violenza gratuita. Consideri per un attimo uno SpongeBob gigante che parla, ma hai già portato giocattoli di SpongeBob, del tutto insopportabili, gli ultimi tre compleanni e Natali di fila, e rischi davvero di essere licenziata come madrina, se provi ancora questo trucchetto. Barcolli con la nausea tra gli scaffali blu e quelli rosa, ma avresti solo voglia di vomitare dentro al passeggino per le bambole, sistemato proprio in una posizione invitante. Ripensi al passato. Da bambina, cosa ti regalavano per Natale?
Come se stessi annegando, tutta la tua vita di regali ti passa in un attimo davanti agli occhi: bambole con i capelli magici e il trucco; finti neonati che pisciano; pony luccicanti coi fiori disegnati; un’assurda testa con le spalle ma senza corpo a grandezza naturale, dai ca...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. INTRODUZIONE LUCI, MOTORE, AZIONE
  6. CAPITOLO 1 PROVARE LA PARTE
  7. CAPITOLO 2 L’INTERPRETAZIONE
  8. CAPITOLO 3 GIOCARE A TRAVESTIRSI
  9. CAPITOLO 4 METTERE IN SCENA FRAMMENTI DI REALTÀ
  10. CAPITOLO 5 SENZA COSTUME
  11. CAPITOLO 6 CORPI IN MOSTRA
  12. CAPITOLO 7 UNA FORESTA DI PELI
  13. CAPITOLO 8 IL COPIONE
  14. CAPITOLO 9 ATTI SESSUALI
  15. CAPITOLO 10 INTERPRETARE UN RUOLO
  16. CAPITOLO 11 CONOSCI IL TUO PUBBLICO
  17. CAPITOLO 12 LA REPLICA
  18. CONCLUSIONE INCHINO FINALE
  19. RINGRAZIAMENTI
  20. NOTE
  21. I LIBRI DE LE PLURALI