Il libretto rosso dei comunisti
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Il libretto rosso dei comunisti

I concetti cardine del socialismo reale spiegati dal padre del comunismo scientifico

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Il libretto rosso dei comunisti

I concetti cardine del socialismo reale spiegati dal padre del comunismo scientifico

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Già noto con il titolo "Princìpi del comunismo", "Il libretto rosso dei comunisti" di Friedrich Engels nasce nel corso del primo Congresso della Lega dei comunisti, nel giugno del 1847, e rappresenta una "professione di fede" che anticipa i contenuti del futuro Manifesto, scritto con l'amico Karl Marx e pubblicato nel 1848. Documento di rara efficacia comunicativa e stupefacente modernità, "Il libretto rosso dei comunisti" riesce ad affermare i concetti-cardine del socialismo reale spiegando in maniera assolutamente chiara la posizione dei comunisti in rapporto alla storia, alla politica e all'economia. Un testo poco conosciuto eppure indispensabile per comprendere il pensiero marxista e per contribuire a fare in modo che la dottrina di liberazione del proletariato, fatta propria da milioni di uomini, divenga finalmente realtà.

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Il libretto rosso dei
COMUNISTI
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1. Che cos’è il comunismo?
Il comunismo è la dottrina delle condizioni della liberazione1 del proletariato.
2. Che cos’è il proletariato?
Il proletariato è quella classe della società che trae il suo sostentamento solo e unicamente dalla vendita del proprio lavoro e non dal profitto di un capitale qualsiasi. Che si tratti di benessere o di guai, di vita o morte, l’intera esistenza di questa classe dipende dalla domanda di lavoro – cioè dall’alternarsi di fasi economiche buone o sfavorevoli – e dalle oscillazioni imposte al mercato da una concorrenza sfrenata. In una sola parola, il proletariato – o classe dei proletari – non è altro che la classe lavoratrice del nostro secolo.
3. Non sempre, dunque, ci sono stati dei proletari?
No. Naturalmente ci sono sempre state classi sociali povere e lavoratrici; e le classi lavoratrici sono sempre state per lo più povere. Ma non sono sempre esistiti lavoratori poveri nelle condizioni di vita appena descritte, così come la concorrenza non è sempre stata libera e sfrenata.
4. Come è nato il proletariato?
Il proletariato è nato in seguito alla rivoluzione industriale che si è verificata in Inghilterra nella seconda metà del secolo scorso e che da allora in poi si è estesa a tutti i paesi del mondo. Questa rivoluzione fu causata dall’invenzione della macchina a vapore, delle diverse macchine tessili e dal telaio meccanico, oltre che dalla messa a punto di tutta una serie d’innovazioni tecnologiche. Si trattava di macchinari molto costosi, acquistabili solo da chi già possedeva ingenti capitali, che stravolsero completamente il modo di produzione esistente, e che soppiantarono i lavoratori nei ruoli per i quali i lavoratori erano impiegati fino a quel momento. Le macchine, infatti, erano in grado di fornire merci di qualità migliore a un prezzo più basso rispetto a quanto non fossero in grado di fare i lavoratori con i loro filatoi e i loro telai artigianali. In questo modo le macchine consegnarono l’industria ai grandi capitalisti, togliendo qualunque valore alle poche cose possedute dagli operai (strumenti da lavoro, telai, eccetera) e consentendo ai capitalisti di concentrare tutto nelle loro mani, mentre ai lavoratori non rimase nulla. Fu così che venne introdotto il sistema della fabbrica nella produzione delle stoffe da vestiario. E una volta scoccata la scintilla iniziale, l’adozione delle macchine e il sistema della fabbrica si impossessarono velocemente non solo del settore tessile, ma anche di tutte le altre branche dell’industria, specialmente della stampa delle stoffe, della tipografia, dell’arte vasaria e dell’industria della lavorazione dei metalli.
A causa delle macchine, il lavoro venne diviso in maniera sempre più frammentata fra i singoli operai, e il singolo operaio, che prima dell’industrializzazione era responsabile di almeno una parte del lavoro, venne costretto ad occuparsi soltanto di una parte di quella parte. Una simile divisione del lavoro, d’altro canto, rese possibile una più rapida produzione dei prodotti e quindi un generale abbassamento dei prezzi. In compenso la divisione del lavoro ridusse l’attività di ogni singolo operaio a un movimento automatico semplicissimo, ripetuto in continuazione, con caratteristiche tali da poter essere compiuto non solo altrettanto bene, ma anche molto meglio da una macchina. In questo modo, dopo la filatura e la tessitura, tutti i rami dell’industria caddero, uno dopo l’altro, sotto il dominio della forza-vapore, delle macchine e del modo di produzione industriale. Un processo destinato a cadere in pasto ai grandi capitalisti, pronti a sottrarre ai lavoratori le ultime briciole di autonomia. A poco a poco, oltre la manifattura vera e propria, anche l’artigianato fu costretto a soccombere al modo di produzione industriale, poiché i grandi capitalisti soppiantarono i piccoli mastri d’arte impiantando grandi laboratori, forieri di riduzione dei costi oltre che di una massiccia divisione del lavoro. In virtù di tutto ciò, oggi siamo arrivati al punto che nei paesi civilizzati2 quasi tutti i settori della produzione funzionano attraverso il sistema della fabbrica, e che in quasi tutti i settori della produzione l’artigianato e la manifattura sono stati soppiantati dalla grande industria. È per questo che il ceto medio esistente finora, specialmente quello composto da piccoli maestri artigiani, è andato gradualmente in rovina, mentre le precedenti condizioni dei lavoratori si sono del tutto capovolte e si sono generate due nuove classi sociali, destinate ad assorbire tutte le altre. Queste due nuove classi sono:
1. La classe dei grandi capitalisti che, nei paesi sviluppati, gode del possesso quasi esclusivo di tutti i mezzi di sostentamento, delle materie prime e degli strumenti (macchine, fabbriche) necessari alla produzione dei mezzi di sostentamento. Questa è la classe dei borghesi o borghesia.
2. La classe di chi, non possedendo nulla, è costretto a vendere ai borghesi il proprio lavoro in cambio dei mezzi di sussistenza necessari al suo sostentamento. Questa è la classe dei proletari o proletariato.
5. A quali condizioni i proletari vendono il proprio lavoro ai borghesi?
Il lavoro è una merce come tutte le altre e, di conseguenza, il suo prezzo sarà determinato dalle stesse leggi che regolano il prezzo di qualunque tipo di merce. Tuttavia, il prezzo di una merce nell’ambito del sistema della grande industria o della libera concorrenza (il che, come vedremo, significa la stessa cosa), è in media sempre uguale ai costi di produzione della merce stessa. Dunque anche il prezzo del lavoro è uguale al costo di produzione della merce stessa. Il costo di produzione del lavoro, però, consiste esattamente nella quantità di mezzi di sostentamento necessari a mettere l’operaio nelle condizioni di rimanere abile al lavoro e impedire, perciò, l’estinzione della classe operaia. Per questa ragione l’operaio non riceverà per il suo lavoro più di quanto sia necessario a questo scopo; il prezzo del lavoro, o salario, sarà quindi uguale al minimo necessario per la conservazione della vita. Ma poiché i cicli economici sono ora peggiori, ora migliori, l’operaio riceverà ora di più, ora di meno, proprio come il fabbricante riceve ora di più, ora di meno, per la sua merce. Tuttavia, come il fabbricante nella media tra cicli economici favorevoli e cicli economici sfavorevoli non riceve mai per la sua merce di più o di meno di quanto costi produrla, così l’operaio in media non riceverà mai né di più né di meno di questo stesso minimo.
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Questa legge economica del salario sarà attuata tanto più rigorosamente quanto più la grande industria andrà estendendosi a tutti gli ambiti del lavoro.
6. Quali erano le classi lavoratrici prima della rivoluzione industriale?
Le classi lavoratrici hanno vissuto in condizioni differenti e, nelle differenti fasi di sviluppo sociale, hanno avuto posizioni differenti in rapporto alle classi possidenti e dominanti.
Nell’antichità coloro che lavoravano erano gli schiavi dei proprietari, come succede ancora in molti paesi retrogradi e perfino nella parte meridionale degli Stati Uniti.
Nel medioevo i lavoratori erano i servi della gleba della nobiltà, proprietaria delle terre, come succede anche oggi in Ungheria, Polonia e Russia. Inoltre, sempre nel medioevo e fino alla rivoluzione industriale, vi erano nelle città lavoratori impiegati come artigiani nelle botteghe di maestri d’arte di estrazione piccoloborghese e, in un secondo tempo e grazie allo sviluppo delle attività manifatturiere, sono esistiti anche operai occupati da capitalisti di una certa entità.
7. Che differenza c’è tra lo schiavo e il proletario?
Lo schiavo è venduto una volta per sempre; il proletario deve vendere se stesso giorno per giorno, ora per ora. Il singolo schiavo, proprietà di un solo padrone, ha l’esistenza – per miserabile che possa essere – già garantita, semplicemente dall’interesse del padrone nei suoi confronti. Il singolo proletario, invece, essendo di proprietà, per così dire, dell’intera classe dei borghesi, non ha l’esistenza garantita, perché il suo lavoro – la sua unica ricchezza – viene acquistato solo se qualcuno ne ha bisogno. Di conseguenza l’esistenza della classe dei borghesi è garantita soltanto dalla classe dei proletari nel suo insieme.
Lo schiavo, poi, si trova al di fuori della concorrenza, mentre il proletario si trova nel suo mezzo e ne risente tutte le oscillazioni. Lo schiavo è considerato un oggetto, non certo un membro della società borghese; il proletario è riconosciuto come persona, addirittura come membro della società borghese. Lo schiavo può quindi avere un’esistenza migliore del proletario, ma il proletario appartiene a uno stadio di sviluppo avanzato della società, e si trova egli stesso su un livello superiore a quello dello schiavo. Lo schiavo si emancipa abolendo fra tutti i rapporti di proprietà solo il rapporto della schiavitù e divenendo solo in questa maniera egli stesso proletario; il proletario si può emancipare solo abolendo la proprietà privata in genere.
8. Che differenza c’è tra il proletario e il servo della gleba?
Il servo della gleba detiene il possesso e l’uso di uno strumento di produzione, di un appezzamento di terra, in cambio di una parte del provento o di una prestazione lavorativa. Il proletario lavora con strumenti di produzione che appartengono ad altri, per conto di altri, ...

Indice dei contenuti

  1. Il libretto rosso dei comunisti
  2. Copyright
  3. Titolo
  4. INDICE
  5. INTRODUZIONE: Perché Il libretto rosso dei Comunisti?
  6. Il libretto rosso dei Comunisti
  7. Note a Il libretto rosso dei Comunisti
  8. Vita di Engels
  9. IL LIBRETTO ROSSO DEI COMUNISTI: FINE