La Rivoluzione d'Ottobre e la tattica dei comunisti russi
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Scritto per la «Pravda» nel dicembre del 1924, La Rivoluzione d'Ottobre e la tattica del comunisti russi venne in seguito pubblicato come prefazione di Sulla via dell'Ottobre, una raccolta di articoli e discorsi composti dallo stesso Stalin nel 1917. Si tratta di un testo storicamente molto importante. Qui, infatti, per la prima volta, Stalin enuncia esplicitamente la teoria del «socialismo in un solo paese».

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II Due particolarità della Rivoluzione d’Ottobre, ossia l’Ottobre e la teoria della rivoluzione permanente di Trockij

Esistono due particolarità della Rivoluzione d’Ottobre, che è indispensabile chiarire innanzi tutto, per comprendere il senso intrinseco e la portata storica di questa rivoluzione.
Quali sono queste particolarità?
La prima sta nel fatto che la dittatura del proletariato è nata, da noi, come un potere sorto sulla base dell’alleanza del proletariato e delle masse lavoratrici contadine, essendo queste ultime dirette dal proletariato. La seconda sta nel fatto che la dittatura del proletariato si è affermata come risultato della vittoria del socialismo in un solo paese, capitalisticamente poco sviluppato, il capitalismo continuando a esistere negli altri paesi, capitalisticamente più sviluppati. Ciò non significa, naturalmente, che la Rivoluzione d’Ottobre non abbia avuto altre particolarità. Ma ora quelle che più contano, per noi, sono precisamente queste due particolarità, non soltanto perché esprimono nettamente l’essenza della Rivoluzione d’Ottobre, ma anche perché rivelano luminosamente la natura opportunistica della teoria della «rivoluzione permanente».
Esaminiamo brevemente queste particolarità.
Il problema delle masse lavoratrici della piccola borghesia, urbana e rurale, il problema di far passare queste masse dalla parte del proletariato è il più importante problema della rivoluzione proletaria. A chi darà il suo appoggio, nella lotta per il potere, la popolazione lavoratrice delle città e delle campagne: alla borghesia o al proletariato? Di chi sarà essa la riserva: della borghesia o del proletariato? Da ciò dipendono la sorte della rivoluzione e la solidità della dittatura del proletariato. Le rivoluzioni del 1848 e del 1871 in Francia furono sconfitte soprattutto perché le riserve contadine si schierarono dalla parte della borghesia. La Rivoluzione d’Ottobre ha vinto perché ha saputo strappare alla borghesia le sue riserve contadine, perché ha saputo conquistarle al proletariato, e il proletariato è stato in questa rivoluzione la sola forza capace di dirigere le masse di milioni e milioni di lavoratori della città e delle campagne.
Chi non ha compreso ciò non comprenderà mai né il carattere della Rivoluzione d’Ottobre, né la natura della dittatura del proletariato, né le particolarità della politica interna del nostro potere proletario.
La dittatura del proletariato non è una semplice gerarchia di governo, «abilmente selezionata» dalla mano sollecita di un «esperto stratega» e che «s’appoggia giudiziosamente» su questi o quegli strati della popolazione. La dittatura del proletariato è l’alleanza di classe del proletariato con le masse lavoratrici contadine per l’abbattimento del capitale, per la vittoria definitiva del socialismo, a condizione che la forza dirigente di questa alleanza sia il proletariato.
Non si tratta dunque, in questo caso, di sottovalutare «un pochino» o di sopravvalutare «un pochino» le possibilità rivoluzionarie del movimento contadino, come amano esprimersi adesso certi difensori diplomatici della «rivoluzione permanente». Si tratta della natura del nuovo Stato proletario, sorto dalla Rivoluzione d’Ottobre. Si tratta del carattere del potere proletario, delle basi della dittatura stessa del proletariato.
La dittatura del proletariato, – dice Lenin, – è la forma particolare dell’alleanza di classe tra il proletariato, avanguardia dei lavoratori, e i numerosi strati non proletari di lavoratori (piccola borghesia, piccoli proprietari, contadini, intellettuali, ecc.), o la maggioranza di essi, alleanza diretta contro il capitale, alleanza che ha per scopo il rovesciamento completo del capitale, lo schiacciamento completo della resistenza della borghesia e dei suoi tentativi di restaurazione, alleanza che ha per scopo l’instaurazione e il consolidamento definitivi del socialismo (Prefazione all’edizione del discorso «Come s’inganna il popolo con le parole d’ordine di libertà e d’eguaglianza», 1919).
E ancora:
La dittatura del proletariato, se si traduce quest’espressione latina, scientifica, storico-filosofica, in un linguaggio più semplice, ecco che cosa significa: solo una classe determinata, e precisamente gli operai delle città e, in generale, gli operai di fabbrica e di officina, gli operai industriali, sono in grado di dirigere tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta per abbattere il giogo del capitale, di dirigerli nel corso del suo abbattimento, nella lotta per mantenere e consolidare la vittoria, nella creazione di un nuovo regime sociale, di un regime socialista, in tutta la lotta per la soppressione completa delle classi (La grande iniziativa, 1919).
Tale è la teoria della dittatura del proletariato, come fu formulata da Lenin. Una delle particolarità della Rivoluzione d’Ottobre consiste nel fatto che questa rivoluzione è un’applicazione classica della teoria leninista della dittatura del proletariato.
Certi compagni ritengono che questa teoria è una teoria puramente «russa», che riguarda unicamente la realtà russa. Ciò è falso. Ciò è assolutamente falso. Parlando delle masse lavoratrici delle classi non proletarie, guidate dal proletariato, Lenin si riferisce non soltanto ai contadini russi, ma anche ai lavoratori delle regioni periferiche dell’Unione Sovietica, che recentemente erano ancora colonie della Russia. Lenin non si stancava di ripetere che, senza un’alleanza con queste masse di altre nazionalità, il proletariato della Russia non avrebbe potuto vincere. Nei suoi articoli sulla questione nazionale e nei discorsi ai congressi dell’Internazionale comunista Lenin ha ripetuto più di una volta che il trionfo della rivoluzione mondiale è impossibile senza l’alleanza rivoluzionaria, senza il blocco rivoluzionario del proletariato dei paesi progrediti con i popoli oppressi delle colonie asservite. Ma che cosa sono le colonie, se non queste stesse masse lavoratrici oppresse e, innanzi tutto, masse lavoratrici contadine? Chi non sa che il problema della liberazione delle colonie è, in sostanza, il problema della liberazione delle masse lavoratrici delle classi non proletarie dal giogo e dallo sfruttamento del capitale finanziario?
Ma da questo deriva che la teoria leninista della dittatura del proletariato non è una teoria puramente «russa», ma una teoria obbligatoria per tutti i paesi. Il bolscevismo non è soltanto un fenomeno russo. «Il bolscevismo – dice Lenin – è un modello di tattica valido per tutti» (La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, 1919).
Tali sono i tratti caratteristici della prima particolarità della Rivoluzione d’Ottobre.
Come si presenta la teoria della «rivoluzione permanente» di Trockij, se ci si pone dal punto di vista di questa particolarità della Rivoluzione d’Ottobre?
Non ci soffermeremo sulla posizione di Trockij nel 19054, quando egli dimenticava «semplicemente» i contadini in quanto forza rivoluzionaria, lanciando la parola d’ordine «Via lo zar, governo operaio», cioè la parola d’ordine di una rivoluzione senza i contadini. Perfino Radek5, questo difensore diplomatico della «rivoluzione permanente», è costretto oggi a riconoscere che la «rivoluzione permanente», nel 1905, significava un «salto nel vuoto», fuori della realtà. Oggi, a quanto pare, tutti riconoscono che di questo «salto nel vuoto» non è più il caso di occuparsi.
Non ci soffermeremo nemmeno sulla posizione di Trockij nel periodo della guerra, ad esempio nel 1915, quando nel suo articolo La lotta per il potere, considerando che «viviamo nell’epoca dell’imperialismo», che l’imperialismo «oppone non la nazione borghese al vecchio regime, ma il proletariato alla nazione borghese», giungeva alla conclusione che la funzione rivoluzionaria dei contadini deve diminuire e che la parola d’ordine della confisca della terra non ha più l’importanza che aveva prima. È noto che Lenin, analizzando quell’articolo di Trockij, lo accusava di «negare» la «funzione dei contadini», dicendo che «Trockij di fatto aiuta i politicanti operai liberali della Russia per cui “negazione” della funzione dei contadini vuol dire rifiuto di sollevare i contadini per la rivoluzione» (Due linee della rivoluzione, 1915).
Passiamo piuttosto ai più recenti lavori di Trockij su questo problema, ai lavori del periodo in cui la dittatura del proletariato era già riuscita a consolidarsi e in cui Trockij aveva la possibilità di verificare praticamente la sua teoria della «rivoluzione permanente» e di correggere i propri errori. Prendiamo la Prefazione di Trockij al libro 1905, scritta nel 1922. Ecco che cosa dice Trockij, in questa Prefazione, circa la «rivoluzione permanente»:
Proprio nel periodo compreso tra il 9 gennaio e lo sciopero dell’ottobre 1905, vennero sorgendo nell’autore quelle concezioni sul carattere dello sviluppo rivoluzionario della Russia che ricevettero il nome di teoria della «rivoluzione permanente». Questo nome astruso esprimeva l’idea che la rivoluzione russa, dinnanzi alla quale stanno, immediatamente, obiettivi borghesi, non può tuttavia arrestarsi ad essi. La rivoluzione non potrà adempiere i suoi compiti borghesi immediati altrimenti che portando il proletariato al potere. E quest’ultimo, impadronitosi del potere, non potrà restare nei limiti borghesi della rivoluzione. Al contrario, e precisamente per assicurare la propria vittoria, l’avanguardia proletaria dovrà fin dai primi giorni del suo potere, colpire profondamente non soltanto la proprietà feudale, ma anche quella borghese. Essa verrà perciò a collisioni e conflitti non soltanto con tutti i gruppi della borghesia che l’avranno sostenuta nei primi tempi della sua lotta rivoluzionaria, ma anche con le grandi masse contadine, col concorso delle quali sarà giunta al potere. Le contraddizioni nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, sull’arena della rivoluzione mondiale del proletariato (Il corsivo è mio. J. St.).
Così parla Trockij della sua «rivoluzione permanente». Basta confrontare questo passo con le ricordate citazioni delle opere di Lenin circa la dittatura del proletariato, per comprendere quale abisso separa la teoria leninista della dittatura del proletariato dalla teoria di Trockij della «rivoluzione permanente».
Lenin parla dell’alleanza del proletariato con gli strati dei contadini lavoratori, come della base della dittatura del proletariato. Trockij, invece, parla di «collisioni e conflitti dell’avanguardia proletaria» con le «grandi masse contadine».
Lenin parla della direzione da parte del proletariato delle masse lavoratrici e sfruttate. Trockij, invece, parla di «contraddizioni nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina».
Secondo Lenin, la rivoluzione attinge le sue forze soprattutto tra gli operai e i contadini della Russia stessa. Trockij, invece, dice che le forze necessarie si possono attingere soltanto «sull’arena della rivoluzione mondiale del proletariato».
Ma cosa fare se la rivoluzione universale sarà costretta a giungere con ritardo? Rimarrà qualche briciola di speranza per la nostra rivoluzione? Trockij non ce ne lascia nessuna, perché «le contraddizioni nella situazione del governo operaio... potranno trovare la loro soluzione soltanto... sull’arena della rivoluzione mondiale del proletariato». Secondo questo piano, non rimane alla nostra rivoluzione che una prospettiva: vegetare nelle proprie contraddizioni e marcire in attesa della rivoluzione mondiale.
Che cos’è la dittatura del proletariato secondo Lenin?
La dittatura del proletariato è un potere che poggia sull’alleanza del proletariato con le masse lavoratrici contadine per «il rovesciamento completo del capitale», per «l’instaurazione definitiva e il consolidamento del socialismo».
Che cos’è la dittatura del proletariato secondo Trockij?
La dittatura del proletariato è un potere che entra «in collisione e in conflitto» con le «grandi masse contadine» e cerca la soluzione delle «contraddizioni» soltanto «sull’arena della rivoluzione mondiale del proletariato».
Che cosa distingue questa «teoria della rivoluzione permanente» dalla nota teoria menscevica che nega l’idea della dittatura del proletariato?
Nulla, in sostanza.
Non vi può essere dubbio. La «rivoluzione permanente» non è una semplice sottovalutazione delle possibilità rivoluzionarie del movimento contadino. La «rivoluzione permanente» è una sottovalutazione tale del movimento contadino, che porta alla negazione della teoria leninista della dittatura del proletariato.
La «rivoluzione permanente» di Trockij è una varietà del menscevismo.
Così si presenta la prima particolarità della Rivoluzione d’Ottobre. Quali sono i tratti caratteristici della seconda parti...

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  1. Collana
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. La Rivoluzione d’Ottobre e la tattica dei comunisti russi
  5. II Due particolarità della Rivoluzione d’Ottobre, ossia l’Ottobre e la teoria della rivoluzione permanente di Trockij
  6. III Di alcune particolarità della tattica dei bolscevichi nel periodo di preparazione dell’Ottobre
  7. IV La Rivoluzione d’Ottobre. Inizio e premessa della rivoluzione mondiale
  8. Indice
  9. Red Star e-book