L'uno per l'altro. Alla ricerca del volto.
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L'uno per l'altro. Alla ricerca del volto.

  1. 32 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'uno per l'altro. Alla ricerca del volto.

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Informazioni sul libro

La scoperta del volto, la ricerca del volto, il senso della gratuità. Il riconoscimento delle persone è fondamentale. È fondamentale per educarsi alla pace. È fondamentale all'interno delle famiglie. È fondamentale all'interno dei gruppi. È fondamentale all'interno della Chiesa, all'interno di un presbiterio, all'interno di un convento di monache, all'interno di una diocesi. È fondamentale perchè oggi le persone non vengono più riconosciute. La ricerca del volto dovrebbe diventare una passione per tutti quanti noi. Vivere le relazioni, rapportarsi. L'altro è un volto da scoprire, un volto da contemplare, un volto da accarezzare. Un volto rivolto: guardarsi negli occhi. Volto a volto, faccia a faccia non grinta a grinta.

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788861533486

L’uno per l’altro

Sono qui come Vescovo, come annunciatore della Parola di Dio, a dare una parola di speranza a tutti quanti voi. Perché sono testimone oculare di cose splendide che ci sono oggi, in Italia e nel mondo.
Non scoraggiatevi, perché stiamo vivendo dei tempi splendidi davvero.

Tra diluvio e arcobaleno

Oggi ci troviamo tra diluvio e arcobaleno.
I segni del diluvio sono tantissimi, ma dovremmo dare spazio anche ai segni dell’arcobaleno, che sono pure tanti.
Per i segni del diluvio basterebbe pensare alla situazione di ingiustizia planetaria che c’è sulla terra.
Voglio dirvi soltanto qualcosa di ciò che ho visto.
Quest’estate sono stato invitato in Etiopia, nel Sidamo, a predicare un corso di esercizi spirituali alle suore missionarie italiane che operano lì. E ho visto delle cose incredibili. Quanta sofferenza! Quanta povertà! Un mondo completamente diverso dal nostro. Tanto per dirvi: un medico ogni settantatremila abitanti, in Etiopia. E nel Sidamo un medico ogni centoquarantamila abitanti. Nel Sidamo (che è una zona equiparabile all’Italia meridionale, come estensione) c’è un solo ospedale, retto da mons. Gasparini, un Vescovo straordinario di 77 anni. Io non avevo mai visto i lebbrosi. Li ho visti lì, accanto ai malati di gastroenterite, accanto ai malati di tubercolosi, seguiti da un solo medico, una suora giovanissima, suor Isabel – anche molto bella –, in jeans, che correva da un punto all’altro con un camice addosso.
Ricordo un episodio particolare.
Mentre stavamo conversando, hanno condotto su di una barella, dopo quattro ore di trotterellamento lungo la foresta, una ragazza di 13-14 anni (si sposano giovanissime lì). Si trattava di un parto podalico: tirandole fuori il bambino le avevano strappato tutto l’utero. È arrivata lì dissanguata. Suor Isabel si è chiusa nella sala operatoria, e dopo un’ora e mezza è uscita tutta felice per annunciare che aveva salvato la mamma e il bambino. Nel frattempo sono arrivati altri dalla foresta. Questa suora si è messa il casco, ha preso la moto e… via.
Ho pensato a Molfetta, la mia città. Settantamila abitanti. Ho fatto un conto: un medico soltanto per Molfetta, cosa succederebbe? Incredibile!
Il giorno dopo, mi son fatto accompagnare a prendere un pacco di medicinali che mi avevano affidato a Bari per quell’ospedale e che avevo dimenticato di portare. Dopo alcune ore siamo tornati all’ospedale. Era l’una e mezzo e suor Isabel non riuscivo a trovarla. Allora una ragazza etiope ha detto: “So io dove sta”. Mi ha condotto in una cappellina, dove questa suora stava in ginocchio, seduta sui calcagni. Stava pregando. E ho capito quali sono le ragioni di certi eroismi, di certi impegni umani fortissimi: non c’è soltanto buon cuore, c’è anche buon cervello.
Ho promesso che tornando in Italia avrei parlato di tutte quelle situazioni di disagio che ho visto; avrei voluto parlare dei camion che ogni tanto arrivavano, lì nel mezzo della foresta, a caricare la gente, a fare incetta di giovani per portarli al fronte. Ho pensato tante cose in quei giorni. Poi sono venuto in Italia… e le parole mi muoiono sulle labbra.
Ora capisco i missionari che vengono dalle terre di missione, che, quando arrivano qua, molte volte non riescono a trasmettere perché è impossibile travasare tutto quello che si sente. Ti muoiono le parole sulle labbra perché tu pensi che la gente non ci creda a queste situazioni.
I segni del diluvio sono questi.
È l’ingiustizia che c’è sulla terra con la spartizione oscena delle ricchezze.
È la situazione dei terzomondiali che stiamo vivendo.
Ci troviamo in un’epoca estremamente difficile, che induce in noi tanta preoccupazione.
Però io credo sia un’epoca anche splendida perché abbiamo la possibilità, finalmente, di tirar fuori dalle nostre biblioteche il Vangelo, che ancora non abbiamo scoperto fino in fondo.
È allucinante che noi credenti, che abbiamo nelle mani la Parola del Signore che parla di non violenza tout court – “rimetti la spada nel fodero, perché chi di spada ferisce di spada perirà” –, queste cose ce le diciamo solo nelle omelie in Chiesa. Dovremmo trasmetterle ovunque, anche nella catechesi, nei nostri gruppi, nei discorsi che ci facciamo in casa. Altrimenti siamo esportatori di prudenze. Molte volte diciamo le cose che tutte le persone sagge, che hanno un sentire profondo, dicono. Ma quando il Signore dice “avete inteso: amate i vostri amici e odiate i vostri nemici, ma io vi dico invece: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi perseguitano”, a chi lo dice? Soltanto a noi credenti perché possiamo regolare i nostri rapporti personali, o lo dice a tutti perché perfino nei rapporti tra Stati questa legge sia il principio architettonico del comportamento umano? Molti dicono che questo è fondamentalismo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Introduzione
  3. L’uno per l’altro