Dio è meritocratico
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Non è un testo di teologia, ma una provocazione, ironica e controversa. Un'analisi critica del mondo cattolico, attraverso la quale l'autore accompagna il lettore dinanzi alle contraddizioni della società globale, sempre più corrotta e sgretolata dalla modernità. Il libro ci racconta la scomparsa di una civiltà, la crisi di un modello culturale, quello cattolico, sempre meno credibile non solo a causa di un crescente indebolimento della fede, ma anche di un cedimento caustico della ragione. Secondo l'autore, il cattolico non è più in grado di apprezzare, difendere e valorizzare la cultura cristiana, poiché incapace di comprenderne le ragioni. Questo libro propone diverse interpretazioni e attente riflessioni sulle ragioni del collasso di un intero sistema, e suggerisce alcuni rimedi validi, ma solo se si ha fede.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788833372495

Capitolo 1
L’attacco interno attraverso il progressismo teologico

La sensazione dominante oggi è che si stia pensando di rifiutare la morale cattolica poiché troppo rigida, dunque inapplicabile alla realtà dei fatti. Si percepisce anche un tentativo di trasbordo verso una morale progressista “neo-luterana”, che ignora san Tommaso mentre richiama invece la dottrina di Karl Rahner, e sembra ispirarsi alle sue rivoluzioni sulle leggi naturali, sul magistero, sui dogmi, sul panteismo, sulla coscienza e sulla grazia, sui sacramenti ecc. Ultimamente, dopo la rinuncia al pontificato di Benedetto XVI (che mai lo avrebbe tollerato) si direbbe che si tenda a esser comprensivi, sorprendentemente, verso dottrine neomalthusiane e ambientaliste.
Un grande santo del secolo scorso soffriva constando che «camminano affiancati, per ragioni diverse, ma uniti contro i cristiani, figli di Dio, coloro che odiano il Signore e alcuni che affermano di essere al Suo servizio». Cosa sta succedendo? E chi meglio del Santo Padre Paolo VI, che ha vissuto la conclusione del Concilio Vaticano II, può spiegarlo?
«La Chiesa attraversa oggi un momento di inquietudine. Taluni si esercitano nell’autocritica, si direbbe persino nell’autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e complesso, che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. La Chiesa viene colpita pure da chi ne fa parte»3.
Introduzione
In un primo momento avevo deciso di usare il termine “teologia progressista”, ma mi è stato fatto notare che l’espressione è confondente, perché usarla in modo critico suona contro il progresso (così idolatrato). Non essendo io un teologo, ho subito accettato il suggerimento di utilizzare l’appellativo di “teologia modernista”. Ma è confondente, in realtà, anche questa espressione, perché sembra suonare contraria a ciò che è la moderna realtà attuale (ancor più esaltata).
Faticando a intendere l’opportunità di un progressismo-modernismo teologico, permesso all’interno della Chiesa, sono arrivato alla spiegazione che sembrerebbero esistere una corrente teologica che vorrebbe convincere che tutto ciò che ci hanno insegnato in materia di fede sia oggi inattuabile, grazie alla “evoluzione” dei tempi, della natura umana, e pertanto dei dogmi di fede. Ma poiché i dogmi e le verità di fede sono come un domino, dove tutti seguono la caduta di un solo elemento, mi viene il sospetto che l’obiettivo sia di non far stare in piedi più nulla. E il sospetto è rafforzato dalla famosa accusa laicista che afferma che per duemila anni la Chiesa ha raccontato storielle, sentenziate e avvalorate dai Concili (più che dal Verbo di Gesù) per assicurare “potere” alle proprie strutture. Vuoi vedere, mi son chiesto, che oggi qualcuno potrebbe riconoscere vera questa accusa e potremmo aspettarci le solite scuse? Ma sono andato oltre. Poiché sembra anche che il mondo globale laicista abbia minacciosamente detto “basta” e abbia deciso di non lasciar più esercitare questo “potere” alla Chiesa. Qualcuno potrebbe pensare che sia arrivato il momento di adattarlo ai tempi. Se ciò avvenisse, si dimostrerebbe che si trattava realmente di “potere” costruito in casa nei secoli e non fondato su una Verità assoluta, rivelata, immodificabile. È così che, oltre a cercar di approfondire quel tanto che basta di teologia, mi sono messo a riflettere appunto sul potere, sul suo rapporto con la religione e su come si esercita. E lì, in qualchecosina, mi trovo ad esser un po’ esperto.
“È così, quindi?”, mi sono chiesto.
No, la realtà è un po’ più complessa, ma per intenderla si dovrebbero capire un po’ meglio le misteriose ragioni della rinuncia di un grande Papa che cercava di restaurare omnia in Christo. Mi pare chiaro che per capire detta rinuncia sia necessario comprenderne la soluzione successiva, cioè cosa è avvenuto dopo. Tuttavia, per saper interpretare la soluzione successiva è anche indispensabile intendere le ragioni della rinuncia, cioè cosa è avvenuto prima. Sembra complesso, e lo è, ma la citata rinuncia, potrebbe essere stato l’ultimo tentativo della “menzogna eterna” di impedire la suddetta “restaurazione”.
Oggi alcuni saggi si domandano se il progressismo-modernismo teologico sia giustificato dai problemi nella Chiesa o sia esso stesso l’origine dei problemi. Vedremo di seguito il significato oggi di un progressismo-modernismo teologico, le sue “conquiste” e le conseguenze sulla dottrina e sulla fede. Vedremo il ruolo avuto in questo processo da parte della gnosi, vero “grande sconosciuto”, cioè la “conoscenza” che l’angelo ribelle propose ai progenitori nell’Eden, e apparentemente ignorato nemico della fede e della Chiesa di Cristo. Vedremo anche quali rischi dovremmo affrontare nel prossimo futuro. E per semplificare userò solo l’espressione “progressismo”.
Gli effetti del progressismo teologico
Vorrei citare un esempio pratico per comprendere cosa si intende per progressismo teologico. Molti anni fa (direi circa una ventina) ebbi una discussione polemica, attraverso un organo di stampa, con un teologo, manifestamente progressista, professore in un importante seminario italiano, che sosteneva pubblicamente l’esigenza di progredire teologicamente per confrontarsi con il mondo e insisteva sulla necessità di relativizzare la nostra fede cattolica, troppo dogmatica, per non compromettere l’indispensabile processo di integrazione con altri popoli e religioni nel mondo globale. Risposi anch’io pubblicamente al teologo chiedendogli due cose. La prima era di spiegare come si potesse relativizzare una fede rivelata come quella cattolica, che si fonda sulla incarnazione, morte e resurrezione di Dio per la redenzione necessaria, conseguente al peccato originale. Gli proposi di spiegare se, per relativizzarla, avremmo dovuto riconoscere che Dio si fosse incarnato parzialmente e, dunque, risorto temporaneamente. La seconda era se lui avesse già una fede così relativa da non volerla più neppure affermare per non offendere chi non l’aveva. Non ebbi risposta, ma portai gli scritti di questo teologo alla Dottrina della Fede, scoprendo che il suo pensiero, che a me povero dilettante in materia pareva così sorprendente, in realtà era un pensiero molto più condiviso e avanzato di quanto non potessi immaginare.
Pongo ora alla vostra attenzione un secondo esempio di questa mia considerazione, partendo dall’introduzione di un libretto pubblicato nel lontano 1906 che cerca di metter in discussione la liturgia della tradizione. «Il culto cattolico non viene da Gesù. Gesù non aveva liturgia, era nemico delle formule vuote, delle pratiche esteriori, voleva un culto intimo, quello del cuore, era il culto libero del Padre, che consiste nella sottomissione filiale a Dio, nell’amore, nella fede; respinge i riti esteriori, vuole una religione senza sacerdoti e senza altari e non ammette altro tempio che l’anima. La liturgia cattolica non viene quindi da Gesù, bisogna cercarne le origini nello gnosticismo e anche, in ultima analisi, nel paganesimo, a cui lo gnosticismo fece da ponte. Tutto questo splendore di cui si circondò il culto cristiano nel IV secolo è paganesimo liturgico. È questa la rinnovata obiezione del protestantesimo del XVI secolo che mosse contro la Babilonia papista, le sue superstizioni, la sua idolatria. Saremmo dunque pagani senza accorgercene?»4.
Lo scontro è tra tradizione e progresso o tra fede e mancanza di fede? Queste considerazioni confondenti vennero certo esposte con l’obiettivo, proposto ai cattolici, di “salvare la fede superando la tradizione”, in pratica insegnando ad aggiornarsi sulla realtà dei tempi senza fossilizzarsi sulla cosiddetta vecchia dottrina della tradizione, proposta dalla Chiesa per assicurarsi il potere di spiegare cosa sia giusto o sbagliato per dominare le coscienze. Per analogia possiamo capire quante altre più recenti considerazioni miranti a relativizzare i dogmi (troppo difficili da vivere) di fede sono state proposte con l’obiettivo di salvarla. Con il presupposto che ciò che è troppo difficile fare non si fa e si perde conseguentemente la fede in chi pretende si faccia. Ma la fede di un popolo non si salva o cancella per legge, bensì per incoraggiamento o dissuasione del legame fede-opere da parte della autorità morale. E il tranello è stato proprio operato qui, cominciando a separare, con ragionevoli spiegazioni, dogmi e pastorale, poi dottrina e prassi, in pratica etica vissuta da etica predicata. Separando fede e opere avviene senza alcun dubbio la perdita di credibilità per una fede non da vivere pienamente, ma solo da predicare, o ancor peggio, da culturalizzare, facendone cioè una “cultura di fede” da difendere, anziché un atto d’amore continuo.
La separazione della dottrina dalla prassi sembra fondarsi su principi modernisti, ancora non ben compresi e accettati dalla cultura e dalla fede cattolica, che verranno più volte esposti in questo libretto. Uno dei più significativi è riferito al cosiddetto “evoluzionismo”, che spiega che il mondo evolve e le leggi naturali non possono essere così rigide, pertanto è necessario adattare dogmi e pratiche religiose (liturgia per es.) ai tempi, per salvare la fede che altrimenti non sarebbe vissuta. Per decidere dovremmo però accettare prima le due premesse e poi che i dogmi e dottrina vadano adattati ai tempi con la prassi. La risposta per me più convincente è che questo è il momento di richiamarsi alla Verità rivelata e immodificabile senza osare adattarla ai costumi dei tempi, poiché i costumi dei tempi sono quelli che sono, evoluti in peggio proprio perché non si è mai vissuta questa Verità, auspicabile, non solo conciliabile con i tempi moderni, perfettamente comprensibile alle menti di tutti i tempi, perché è la parola di Dio.
Mi si spieghi cosa, nei tempi moderni, non sia attuale nei comandamenti, nelle opere di misericordia corporale o nell’etica del discorso della montagna di Gesù. Mi si spieghi anche quale vizio possa mai diventare virtù nei tempi moderni, o viceversa. Mi si spieghi come potrebbero essere reinterpretate le sette opere di misericordia spirituale o persino come potrebbero essere rispiegati i sei peccati contro lo Spirito Santo. I vizi capitali, poi, sono cambiati? Sono “evoluti”? Anche l’orgoglio, per caso? L’orgoglio evolve con i tempi, le circostanze e l’incontro con altre culture? Oppure l’orgoglio resta un vizio solo tipico dei cattolici conservatori e tradizionalisti?5
Come si possa poi poter pensare di delegare oggi l’applicazione di una prassi a chi, avendone la responsabilità, ha fallito nella predicazione della dottrina fino a ieri, resta una domanda inquietante e senza risposta. Ma non è proprio in una situazione di crollo di valori di questa intensità che questi andrebbero ricostruiti nella Verità perché il mondo ha bisogno valori forti? Mentre il mondo ha questa necessità, gli si propongono invece valori “evoluti” e deboli, fiacchi e adattati alle umane “evolute” debolezze? Non vi pare questo un tranello mirante alla distruzione dell’uomo? Il fallimento è certo, ma allora cosa c’è sotto?
Le conquiste del progressismo teologico
Ad oggi le conquiste della teologia progressista, o progressismo teologico6, sono innumerevoli, tanto da far pensare che sia inutile lottare e sia opportuno invece riconoscere la realtà dei tempi. Le vittorie, che esporremo nel capitolo successivo, riguardano soprattutto il ruolo della Chiesa, che da evangelizzatrice viene “invitata” a essere poco diversa da una Onlus; riguardano il suo ruolo che da maestra viene “invitata” a essere quasi solo consolatrice; riguardano il contenuto del suo magistero che tende a mutare nel rapporto fede-opere; riguardano il ruolo della coscienza e della grazia che vorrebbero relativizzare sacramenti quali il matrimonio, la confessione, l’eucarestia; riguardano il ruolo del potere economico sulla morale, l’autorità del Papa verso la collegialità, il celibato dei preti, la rivalutazione dell’ateismo, la ricerca di amicizia con ambienti tradizionalmente ostili alla Chiesa. Riguardano recentemente anche l’implicita accettazione di principi neomalthusiani-ambientalisti, e con questi abbiamo finito…
La vittoria maggiore del progressismo sembra però proprio essere quella di far disconoscere la gnosi, e la resa a questo tranello della gnosi sarà la fine. Rileggete il passo in Apocalisse 13:1-4: «Adorarono la bestia dicendo: Chi è simile alla bestia? E chi può combattere contro essa?». Ma ancor peggio mentire a noi stessi e agli altri. Rivedete Isaia 28:14-15 per intendere cosa sia la viltà: «Il flagello non ci toccherà giacché abbiam fatto della menzogna il nostro rifugio e ci siamo riparati nella falsità». Sono certo che ricordando quanto sopra scritto sarò tacciato di rigido integralismo conservatore dei primi anni del cristianesimo, un po’ ignorante, un po’ superstizioso, non disposto a capire la realtà e l’esigenza di riformare il Magistero, attaccato alla tradizione senza intenderla nella sua necessaria evoluzione che non può prescindere dalle spiegazioni scientifiche e tecniche. E magari per questo persino nemico del Papa che invece è sempre all’apice delle mie preghiere. Eppure io non...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione di Rev. Prof. Nicola Bux
  2. Ouverture
  3. Dediche introduttive
  4. Introduzione
  5. PRIMA PARTE Gli attacchi alla Chiesa
  6. Capitolo 1 L’attacco interno attraverso il progressismo teologico
  7. Capitolo 2 L’attacco esterno attraverso il laicismo
  8. Capitolo 3 L’attacco della complicità personale. La responsabilità soggettiva della nostra coscienza
  9. SECONDA PARTE Le prospettive confuse del mondo moderno
  10. Capitolo 1 Cosa dovrebbe fare la Chiesa oggi?
  11. Capitolo 2 Le strategie di reazione della Chiesa
  12. TERZA PARTE Le ragioni per reagire
  13. Premessa
  14. Capitolo 1 Perché reagire
  15. Capitolo 2 Come reagire
  16. Capitolo 3 Cosa fare, dunque?
  17. Conclusione
  18. Nota sulla coscienza politica del mondo cattolico
  19. Note