Non temere, amore mio
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Non temere, amore mio

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Informazioni sul libro

Il racconto delle vicende familiari e personali di uno stimatissimo medico. Di una famiglia normale e serena fino al momento in cui l'arrivo all'alba dei carabinieri con un ordine di custodia cautelare cambia le carte in tavola. È descritta la permanenza nel carcere di Poggioreale e i lunghissimi e penosissimi anni di un processo che hanno minato la salute di un uomo fino ad allora dalla vita familiare e sociale ricchissima. Il racconto biografico si intreccia con gli avvenimenti nazionali e internazionali di quel periodo storico che ha dato origine al decadimento culturale, sociale e politico di cui siamo ora testimoni.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788849868968
Categoria
Sociologia

L’inizio dell’avventura

Quel 19 aprile del 1971 la giornata si presentava gloriosa, un sole splendente illuminava e riscaldava le strade, le piazze, le dolci colline che circondano Verona e questa era una bella fortuna, perché l’abito da sposa che era stato scelto era decisamente leggero, con la parte superiore tutta di organza trasparente impreziosita da piccoli fiori ricamati che lasciavano intravedere le spalle.
Il colore dell’abito era di uno stupendo rosa pallido ed era stato scelto proprio quello perché chi lo doveva indossare sapeva che non avrebbe potuto legittimamente indossare un vestito bianco dato che avrebbe rispecchiato una purezza che non corrispondeva alla verità.
L’abito era bellissimo ed era stato il regalo della zia Lina che non aveva potuto cucirlo lei stessa come aveva fatto invece per l’abito della Prima Comunione, anche quello un vero capolavoro di eleganza forse poco adatto a una bambina irruenta come era Clara, tant’è che con esso finì a mollo nel lago di Garda da dove venne ripescata fradicia e senza una scarpa.
Contrariamente a quanto accade, abbastanza di frequente, la sposa si era presentata alle 12 in punto nella chiesa di San Giovanni in Valle dove era prevista la cerimonia nuziale ed era giunta accompagnata dal fratello maggiore Sergio che sostituiva, nel ruolo di accompagnatore della sposa, il padre che era venuto a mancare pochi mesi prima.
Sergio rappresentava per Clara un punto di riferimento perché lui era sempre riuscito a trovare le parole giuste per metterla in guardia dalle insidie del mondo, senza mai drammatizzare ma mettendola davanti alle sue responsabilità nel momento in cui usciva dal limbo protetto dell’infanzia e si avviava nel cammino affascinante ma irto di ostacoli della vita.
Nel portare la sorella all’altare Sergio sentiva di avere su di sé un doppio carico emotivo, quello di sostituto del padre che non c’era più e quello di fratello maggiore che vedeva andare in porto un progetto da lui favorito, mentre un precedente impegno sentimentale della sorella era stato da lui fortemente osteggiato e a ragione.
La chiesa di San Giovanni in Valle, che è già un’opera d’arte in sé, era stupendamente addobbata per l’occasione e Clara si era avviata verso l’altare un po’ incerta, letteralmente aggrappata al braccio del fratello temendo di inciampare a causa di quel vestito lungo a cui non era abituata. Mentre procedeva con fare incerto poteva scorgere davanti all’altare Giorgio che l’attendeva sorridente con quella fossetta sulla guancia che tanto le piaceva, elegantissimo, con una gardenia infilata nell’occhiello della giacca.
Sembrava quasi di essere in un sogno, il sacerdote che celebrava la messa era un amico di famiglia venuto appositamente da Roma e, mentre officiava il rito, c’era un organo che diffondeva nell’aria la musica di un tempo andato che riempiva l’aria di un’armonia dolce che toccava l’anima e la portava fuori dal tempo e dalle miserie umane, fintanto che non giunse per Clara il momento di leggere la sua promessa di matrimonio davanti a Dio e davanti al suo piccolo mondo.
A quel punto l’incanto si spezzò e ci furono attimi di panico dal momento che l’emozione sembrava averla paralizzata e con tutta la buona volontà non riusciva a emettere un suono, tant’è che tra gli astanti qualcuno cominciò a chiedersi cosa preveda il manuale nel caso in cui l’attesa formula non venisse effettivamente pronunciata.
Come Dio volle, dopo minuti interminabili in cui la commozione aveva preso il sopravvento, Clara riuscì a pronunciare la fatidica frase: «Io, Clara, prendo te Giorgio come mio legittimo sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita».
Con un sospiro di sollievo di tutti gli astanti, la cerimonia poté procedere fino alla sua conclusione, compresa la parte che prevedeva le firme che suggellavano anche il patto civile assunto tra gli sposi.
Poi ci fu il pranzo rituale al cui menù tutti avevano contribuito con vari suggerimenti, soprattutto il signor Carlo che aveva una competenza particolare dato che gestiva da anni e con successo il ristorante Le Tre Corone, che era il più rinomato della città.
Nel corso del pranzo non mancò il ricordo di chi non poteva essere presente, papà Bruno, che non c’era più e questo aveva riaperto la ferita di mamma Irma che non poteva trattenere le lacrime che sgorgavano copiose, al pensiero che l’uomo con cui aveva trascorso l’intera vita non era più accanto a lei, in quel momento così importante, e non lo sarebbe stato mai più. Tutti le si affannavano attorno nel tentativo di consolarla, ma la ferita era troppo recente e il dolore troppo grande per poter essere lenito dalle parole, cosa che solo il tempo e il pensiero dei nipotini avrebbero potuto fare un domani.
Al momento del saluto dei convitati non c’era stato il tradizionale lancio del bouquet della sposa che sarebbe andato in sorte a chi lo avesse afferrato insieme all’augurio di subentrare sulla via del matrimonio entro i mesi successivi. Clara aveva deciso che il suo bouquet di fiori era destinato al padre in modo da renderlo, in qualche modo, partecipe di quel momento tanto importante della sua vita e così, prima di partire per il viaggio di nozze, aveva fatto tappa al cimitero per depositare i fiori sulla sua tomba. Solo in quel modo sentiva che la sua giornata speciale sarebbe stata completa.
Bruno aveva avuto solo il tempo di conoscere per pochi giorni il futuro genero l’estate precedente e con lui si era intrattenuto a parlare “da uom a uomo” con reciproco apprezzamento e alla fine del dialogo gli aveva affidato ufficialmente il destino di quell’unica figlia femmina a cui era profondamente legato.
Cambiato l’abito da sposa e indossata la lunga gonna jeans color marmotta, che Ives Saint Laurent aveva creato per la nuova stagione, messe le valigie in quella bella Giulietta sprint color melanzana che era stato il regalo dello zio di Giorgio, si erano avviati frastornati verso la prima tappa del viaggio di nozze, meta Firenze, hotel Villa La Massa. Quella era stata l’unica richiesta di Giorgio mentre il resto del viaggio era stato organizzato da Clara che aveva usufruito dei biglietti scontati del 90% previsti per i membri di equipaggio dell’Alitalia.
Giorgio, che in vita sua aveva fatto un unico viaggio aereo per andare a Bruxelles per partecipare a un congresso medico, si vide catapultato a Tokio attraverso la rotta polare, che in quel periodo era stata da poco inaugurata, e poi a Hong Kong, Bangkok e Bombay, che poi era il tragitto che faceva Clara quando le capitava di essere in servizio su quella rotta. Una full immersion in un mondo sconosciuto e affascinante che dava l’avvio alla loro vita insieme in una maniera decisamente inusuale e foriera di quella che sarebbe stata la loro vita insieme.
Mentre viaggiavano felici e sorridenti in quella giornata speciale, a un certo punto si accorsero che c’era qualcosa che non andava per il verso giusto dato che i segnali stradali indicavano che erano diretti verso Milano… Succede quando l’entusiasmo ti prende la mano e invece di stare attenti alla strada da percorrere si guarda negli occhi l’amata che quel giorno è diventata tua moglie e così è facile imboccare la direzione sbagliata. Cambiata rapidamente rotta, e incuranti del tempo perso, sempre felici e in preda all’entusiasmo per quell’avventura che era appena iniziata, erano arrivati a destinazione, una stupenda villa alle porte di Firenze che si affaccia sull’Arno. Nessuno dei due era abituato a frequentare alberghi di lusso per cui il luogo un po’ li intimidiva ma si fecero coraggio e con fare disinvolto si avviarono alla reception e da lì rapidamente in camera per cambiarsi, dato che ormai era giunta l’ora di cena e il tempo a disposizione per rinfrescarsi dal viaggio era veramente poco.
Finita la cena, che sicuramente doveva essere degna delle aspettative, ma a cui nessuno dei due sembrava particolarmente interessato, si ritirarono nella stanza a loro riservata come prima notte di nozze. Non era la prima volta che avevano condiviso la camera da letto, quello era successo l’anno precedente, dopo mesi di corteggiamento e quando il fatto si era verificato, nell’atmosfera magica di Positano, Giorgio si trovò a declamare nell’entusiasmo del momento «In the fifty five before Christ Julius Caesar crossed the channel and invaded Britain». Lui si era calato nelle vesti di Giulio Cesare che aveva compiuto l’impresa storica e gloriosa della conquista della Britannia.
L’incontro tra loro era avvenuto al Policlinico Umberto Primo, sede dell’Università di Medicina e Chirurgia La Sapienza di Roma, dove Clara frequentava il quarto anno. Per prepararsi all’esame di clinica medica era indispensabile assistere alle visite in corsia e per questo era stata affidata alle cure di un giovane medico che faceva l’assistente volontario in V Clinica medica. Un giovane professore che sembrava avere una grande passione per la medicina, in genere, e per il suo incarico con gli studenti in particolare.
La visita in corsia si svolgeva con un rituale ben consolidato, il primario arrivava presto al mattino seguito dagli aiuti, dai medici volontari e dagli studenti e tutto il corteo composito dava inizio alla visita. All’epoca le corsie erano costituite da grandi camerate in cui erano presenti numerosi letti e i degenti presentavano le patologie più disparate, per cui ogni medico volontario aveva l’incarico di prendersi cura di un determinato numero di pazienti su cui doveva riferire al primario. Spettava poi al primario, dopo aver discusso con gli aiuti, dare le direttive su come procedere sia negli eventuali esami di laboratorio da effettuare, che nella terapia da instaurare o da cambiare. Il fatto bizzarro era che il primario non interloquiva direttamente con i giovani medici volontari che erano quelli che effettivamente seguivano gli ammalati in corsia, ma si rivolgeva unicamente agli aiuti i quali a loro volta ricevevano le ultime notizie da chi effettivamente stava sul campo tutto il giorno.
All’epoca i primari erano definiti come baroni in tono polemico per mettere in risalto la gestione aristocratica dell’ospedale, bisognava però ammettere che le lezioni dei baroni erano dei capolavori di chiarezza e di conoscenza dell’arte medica e chi desiderava imparare, e mettere a frutto il tempo, cercava di fare tesoro di quanto veniva spiegato a lezione, per poi completare la preparazione sui libri.
Nel periodo turbolento del ’68, in cui le contestazioni studentesche erano all’ordine del giorno, accadde che una volta la visita in corsia fosse interrotta da un gruppo di scalmanati che urlavano non si sa bene cosa e in mezzo a loro c’era anche una giovane donna con il viso coperto di acne, che urlava come un’ossessa, a cui Clara smorzò rapidamente i bollenti spiriti dicendo: «Scusa, ma tu invece di fare tutto questo casino perché non ti fai curare quell’acne?». La frase buttata lì con noncuranza aveva colpito nel segno e la giovane in questione si era azzittita, seduta stante.
Gli studenti seguivano in religioso silenzio la visita in corsia prendendo appunti; al termine del giro dei degenti il giovane medico, a cui erano stati affidati gli esaminandi, effettuava una sorta di test per valutare quanto era stato compreso e soprattutto anticipava le domande che avrebbero potuto essere chieste all’esame.
Invariabilmente, giunti al momento delle domande, queste novanta volte su cento erano rivolte a quella strana studentessa che sembrava molto interessata agli argomenti ma che, periodicamente, spariva e riappariva senza spiegazione alcuna. La ragione della sua intermittenza nel seguire la visita in corsia e le lezioni era legata al fatto che lavorava come assistente di volo dell’Alitalia e dunque era presente solo quando non era in servizio, ma questo Giorgio non lo sapeva e quindi quella studentessa che ogni tanto spariva lo aveva particolarmente incuriosito. Un giorno, dopo l’ennesima domanda rivolta a Clara, alla fine della visita si sentì rispondere in maniera decisamente piccata: «Mi scusi, ma se io sapessi tutto quello che lei mi chiede certo non avrei bisogno di stare qua e di frequentare la corsia».
Era iniziata così la loro storia.
Finita la visita in corsia, si passava alla cerimonia del caffè al bar tutti insieme con i vari commenti sul problema che quel giorno era sembrato particolarmente complicato e poi ognuno andava per la propria strada.
Un giorno, dopo il caffè, Giorgio si era intrattenuto a parlare con Clara di un caso particolarmente interessante che era capitato in mattinata e, alla fine del discorso, le aveva chiesto sorridendo se poteva invitarla a cena quella sera, se non che Clara aveva risposto che per quella sera era già impegnata e pertanto non le era possibile accettare l’invito. Passò parecchio tempo prima che Giorgio affrontasse nuovamente il tema dell’invito a cena, dato che il suo amor proprio ne aveva molto risentito a causa di quel primo rifiuto. La seconda volta le cose erano andate meglio e così fu concordato di uscire a cena insieme la sera seguente.
All’appuntamento Giorgio si era presentato con la sua macchina tirata a lucido, avendo già prenotato uno dei ristoranti più noti e costosi della città. Clara gli era corsa incontro sorridente con un cappotto nero lungo e con i capelli lunghi sciolti e non raccolti dietro la nuca, come sempre li teneva quando andava in corsia. Nel vederla nella nuova versione il cuore di Giorgio aveva avuto una accelerazione improvvisa e si era sentito sprigionare dentro una tale carica di entusiasmo da renderlo elettrico.
Clara aveva un’idea diversa a proposito del ristorante dove cenare e aveva proposto una trattoria, non lontana da casa, dove si mangiava benissimo e non si spendeva molto. Inutile dire che la scelta cadde sulla seconda opzione. In quella sera, durante la cena da Ezio, c’era stato modo di chiarire il mistero delle sue sparizioni periodiche e certo l’interesse di Giorgio per quella studentessa anomala andava aumentando sempre più.
Al termine della cena, in cui entrambi avevano cercato di capire chi avessero davanti, Giorgio aveva annunciato che la serata prevedeva anche un dopo cena in un ritrovo notturno dove si ballava. A quel punto, Clara, che non amava molto i locali notturni, aveva capito che non avrebbe potuto fare un altro cambio di programma e così aveva accolto con f...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. L’inizio dell’avventura
  5. La vita matrimoniale e i rapporti familiari
  6. La vita professionale e la ricerca della casa
  7. L’esperienza americana e il rapporto con il Vaticano
  8. La caduta del muro di Berlino e la visita in Russia
  9. La visibilità aumenta
  10. Il mondo che cambia e l’ingresso in carcere
  11. Entra in scena Di Pietro con la “pista vaticana”
  12. L’Associazione contro la giustizia ingiusta. L’incontro con Tupouto’a
  13. La vita riprende con una nuova sfida
  14. L’epilogo della malattia e la fine
  15. Appendice