le erbacce
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Titolo originale
The Journal
in copertina
George Shiras, Lynx Loon Lake Ontario Canada (1902)
Traduzione di
Francesca Pitotti
Ortica editrice soc. coop., Aprilia
www.orticaeditrice.it
e-book ISBN 978-88-31384-41-4
Prefazione
È il 1837 e Thoreau ha soltanto vent’anni: questo è il momento in cui comincia a tenere un diario. Inizia a farlo, forse, rispondendo ad una provocazione, come si evince dalle primissime righe. Dato il calibro dell’autore c’è sicuramente di più. Il ragazzo è ancora alla ricerca della propria strada, come la sua biografia rivela, e i suoi tentativi di inserirsi nel mondo sono comunque perennemente accompagnati dalla sua passione per la scrittura, utilizzata come strumento per cercare di mettere ordine ad un profondo e complesso, e allo stesso tempo vivace e veloce, intelletto. Scrittura che lo accompagnerà durante tutto l’arco della sua esistenza. Con un’inclinazione così marcata tenere un diario risulta, per Thoreau, una necessità più che un semplice esercizio di stile. Del resto, anche il suo amico e “guida letteraria” Ralph Waldo Emerson gli aveva consigliato di tenere un diario, certamente comprendendo quale fosse il talento del giovane amico. Ma ogni talento, del resto, non basta a se stesso: necessita di esercizio e approfondimento.
Questo volume in particolare raccoglie i suoi scritti relativi alla decade 1837-1847. Sebbene non sia ancora uno scrittore affermato, il giovane getta ora le fondamenta di quella che sarà la sua opera. In queste pagine si percepiscono di già lo stile e la visione del mondo che poi verranno riversati, meglio calibrati e affinati, in Walden e in La Disobbedienza civile.
Come in Walden, anche nel diario traspare prepotentemente l’inclinazione dell’autore verso il primordiale, l’elementare e la bellezza in termini assoluti: il tutto trova massima espressione nella Natura. Natura che viene costantemente scritta con l’iniziale in maiuscolo, ad indicare l’immenso rispetto che suscita in Thoreau. L’autore inizia a mettere nero su bianco il suo essere osservatore attento, niente affatto superficiale, la sua innata voglia di esplorare serenamente, rigettando gli artificiosi affanni che l’allora in divenire “società consumistica” stava imponendo. La tematica è piuttosto attuale, a ricordarci che le idee non hanno tempo. In un mondo in cui l’antropizzazione acritica e asettica è dettata per lo più da mere esigenze di mercato, che paradossalmente contrastano con il millantato “benessere” che sì migliora la vita in superficie ma porta con sé cemento e rifiuti, il “solitario di Concord” ci ricorda quanta bellezza ci sia in un bosco, il potenziale catartico del navigare un fiume, il piacere che comporta il semplice osservare i cambiamenti dovuti all’alternarsi delle stagioni nel medesimo paesaggio. Il significato della realtà è dentro ogni piccolo dettaglio, che diviene spesso occasione per digressioni che possono protrarsi per molte pagine, tuttavia senza mai risultare né banali né ripetitive.
Tutto può essere fonte di stupore, non serve cercare altrove. Ne è un esempio il “rapporto” di Thoreau con le volpi, animali di una grazia innata e ammaliante: non a caso, come in altri suoi scritti, si trovano ampie descrizioni delle movenze di queste creature. come in Una passeggiata d’Inverno, pubblicato sulla rivista The Dial, (vera e propria fucina culturale dell’Ottocento letterario statunitense) in cui Thoreau ci regala splendide descrizioni delle volpi donando loro un’aura quasi degna di un animale magico: è del tutto plausibile ritenere che questi scritti non sarebbero mai esistiti se prima l’autore non avesse fissato le proprie idee tramite le annotazioni sul diario. In questa sede ne possiamo apprezzare la lettura nel capitolo 5, dedicato all’anno 1841.
In questi scritti si riscontra anche una certa assonanza con La Disobbedienza civile: in particolare in alcuni suoi “appunti giovanili” si trova un accenno di pensiero che, sebbene non si possa definire propriamente polemico, può senz’altro ritenersi critico: un esempio si ha nelle riflessioni del giovane in merito all’esistenza di chi, lavorando, vive comunque nella miseria, sognando magari di possedere una bella casa. A tal proposito si può leggere, nel capitolo 7, una riflessione: “Una casa nella media costa forse da mille a millecinquecento dollari, e per guadagnare questa somma ci vorranno dai qui...