Gli aspetti multidisciplinari dell'ansia patologica e le tecniche di gestione
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Gli aspetti multidisciplinari dell'ansia patologica e le tecniche di gestione

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Gli aspetti multidisciplinari dell'ansia patologica e le tecniche di gestione

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L'etimologia della parola ansia è legata al termine latino "angere" che significa "stringere" e comunica molto bene la sensazione di costrizione, minaccia e tensione vissuta da chi soffre di disturbi legati al suo spettro.Occorre precisare che esistono due tipi di ansia quella normale o funzionale e quella patologica o disfunzionale che differiscono per intensità, modalità di comparsa e durata. L'ansia normale è la risposta fisiologica ad un pericolo o ad un stress ed è necessaria per indurre nell'organismo una serie di cambiamenti che forniscono l'energia e la forza per affrontare la situazione. L'ansia patologica è caratterizzata dall'avere una eccessiva intensità e/o dal comparire in risposta ad eventi che normalmente vengono ritenuti non pericolosi, in ogni modo, interferisce negativamente con la prestazione che è richiesta al soggetto in quel frangente. In caso di ansia disfunzionale il vissuto emotivo spiacevole può avere un contenuto relativamente stabile, come nelle fobie, o può essere "fluttuante" nel senso che può, di volta in volta, legarsi a contenuti diversi.

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Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2021
ISBN
9788855265447
CLINICA DEI DISTURBI D’ANSIA
Gli studi indicano che i disturbi d’ansia sono una delle principali cause di disabilità nei paesi industrializzati. Questi disturbi si possono presentare fin dall’età giovanile e possono determinare elevati livelli di sofferenza e compromissione della vita scolastica, lavorativa, affettiva e sociale. Una precoce diagnosi e una buona gestione clinica ne permettono, generalmente, la risoluzione dato che sono rispondenti alle terapie.
DISTURBO D’ANSIA DI SEPARAZIONE
Il disturbo d’ansia di separazione (DAS) è generalmente definito come un fenomeno di tipo infantile. Il disturbo compare per il disagio provato dal bambino nella separazione dalla figura d’attaccamento ed è connesso al normale sviluppo. Un grado non eccessivo d’ansia di separazione si verifica sin dai primi mesi di vita, diventando via via più intenso per poi scomparire con la crescita.
Fino ad un anno di età la paura dell’estraneo, in assenza della madre, è considerata normale, cosi’ come la reazione d’ansia in coincidenza del primo inserimento scolastico. Solo quando l’ansia diventa eccessiva, prolungata ed inizia ad interferire con le attività quotidiane e con il normale sviluppo è possibile parlare di DAS.
Nel DAS la reazione d’ansia eccessiva alla separazione dalla figura genitoriale di riferimento è accompagnata da una sintomatologia che varia a seconda dell’età del bambino.
I bambini più piccoli manifestano inquietudine, si aggrappano e chiedono di farsi prendere in braccio. L’addormentamento esige la stretta vicinanza della madre ed il sonno può essere disturbato da risvegli ansiosi con richiami continui ed intrusioni nel letto dei genitori.
A 5–8 anni i sintomi sono prevalentemente comportamentali e somatici: compaiono paure irrealistiche e somatizzazioni di vario genere.
Negli anni successivi prevale la paura di possibili incidenti/malattie a carico dei genitori ed il rifiuto scolastico.
In adolescenza sono molto frequenti le somatizzazioni ed i comportamenti provocatori per attirare l’attenzione dei genitori.
La prevalenza stimata del DAS è stata calcolata pari al 3–4% di tutti i bambini in età scolare e all’1% di tutti gli adolescenti.
La malattia può persistere anche dopo l’infanzia.
Secondo il DSM 5 per porre diagnosi occorre soddisfare i seguenti criteri:
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Il DAS è probabilmente causato dalla combinazione di vulnerabilità genetiche ed ambientali.
Alcuni autori considerano determinanti fattori come l’immaturità e lo scarso sviluppo, che rendono il bambino dipendente dalla madre e favoriscono la comparsa dell’ansia di separazione. Si ritengono fattori di rischio alcuni aspetti del bambino, come ad esempio, la reattività generale alle emozioni.
Esperienze precoci avverse quali l’indifferenza genitoriale e l’abuso o la perdita precoce della madre predisporrebbero ai disturbi ansiosi soprattutto se circostanze avverse accompagnano la perdita.
Il quadro caratteriale del bambino con ansia da separazione è la condiscendenza verso l’adulto, l’ansia di piacere, il conformismo. I bambini sembrano spesso viziati e oggetto di iperprotezione familiare.
Secondo la teoria psicodinamica, l’ansia da separazione deriva da situazioni traumatiche precoci, intese come situazioni di stimoli frustranti contro cui il bambino non riesce ad opporsi e dai quali viene sopraffatto. Con lo sviluppo dell’io quando il bambino può rappresentarsi la madre come fonte di soddisfazione alle sue necessità affettive oltre che fisiche, la presenza di lei diventa necessaria per evitare situazioni traumatiche. Successivamente il bambino apprende che gli è necessaria non solo la presenza della madre ma anche la sua benevolenza; in questo caso, l’ansia comincia a manifestarsi come paura di perdere il suo affetto.
A partire dalla metà degli anni ‘90 si sono susseguiti diversi studi su pazienti adulti con un quadro clinico dominato dai sintomi dell’ansia da separazione. Secondo Kesslet et al. Il DAS non risulta più essere confinato esclusivamente all’infanzia e all’adolescenza ma, come altri disturbi d’ansia, deve essere considerato una patologia che può avere un esordio a qualunque età.
Da un punto di vista neurobiologico un importante filone di ricerca si è focalizzato sulle correlazioni tra DAS, proteina traslocatrice 18KDa e ossitocina.
La proteina traslocatrice (18K Da) è implicata nella sintesi dei neurosteroidi che possono influenzare le funzioni cognitive e comportamentali associate all’ansia, probabilmente attraverso la modulazione del complesso GABA/BENZODIAZEPINE. L’ossitocina influenza i processi di attaccamento negli animali e probabilmente anche negli uomini.
Il DAS nell’adulto presenta varie comorbidità con altri disturbi psichiatrici:
disturbi dell’umore, disturbo post-traumatico da stress e disturbi di personalità di clauster B e C.
Il counseling psicologico è adatto per il DAS di lieve entità. Per le situazioni più gravi il trattamento dovrebbe consistere in una combinazione di approcci.
La terapia di modifica comportamentale affronta direttamente i sintomi comportamentali del DAS sfruttando il rinforzo positivo.
La terapia cognitiva è utilizzata per aiutare ad imparare ed aumentare la capacità di risolvere problemi e concentrarsi sulle cose positive che stanno accadendo.
Nei casi in cui la psicoterapia da sola non sia sufficiente o se i sintomi sono particolarmente intensi, anche nei bambini, il farmaco è considerato un’opzione valida. Non esistono farmaci approvati specificatamente dall’Amministrazione federale degli alimenti e dei farmaci (FDA) per trattare il DAS. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina sono considerati un trattamento efficace per questo disturbo.
MUTISMO SELETTIVO (MS)
Il mutismo selettivo può essere definito “come una persistente impossibilità di parlare in situazioni sociali specifiche, mentre in altre situazioni parlare risulta possibile”. Per poter parlare di disturbo, l’anomalia deve durare per almeno un mese e non essere limitata al primo mese di scuola.
I bambini affetti da questo disturbo invece di comunicare con una normale verbalizzazione possono comunicare con:
gesti
annuendo o scuotendo il capo
spingendo o tirando l’interlocutore
con emissioni di suoni monosillabici, corti, o monotoni
con una voce alterata.
Può esservi compromissione del funzionamento sociale e scolastico anche grave.
Il mutismo selettivo è generalmente più comune nelle femmine che nei maschi e nei bambini bilingue che temono di non parlare bene entrambe le lingue. Il disturbo genera spesso una situazione di isolamento con un possibile universo relazionale esclusivo.
Il MS può essere considerato come una soluzione per controllare l’ansia generata dalle pressioni e dalle aspettative a cui il bambino è sottoposto.
All’inizio il comportamento di chiusura verbale può essere scambiato per timidezza, alcuni bambini assumono uno sguardo ‘‘assente”, mostrano un volto ‘‘inespressivo” e si comportano come se ignorassero l’altro, mentre in realtà sono così ansiosi e impauriti che non riescono a rispondere.
L’esordio avviene solitamente all’inserimento nella scuola dell’infanzia o nel primo periodo della scolarizzazione, momento in cui le aspettative e la pressione a parlare in situazioni non familiari aumentano. Si definisce un disturbo raro, in realtà la presenza di persone che soffrono è di 7 su 1000.
Il mutismo selettivo ha un esordio precoce; spesso però non diventa evidente e giunge all’osservazione clinica fino al momento in cui inizia la scuola. La selezione degli interlocutori può essere più o meno ampia, da una limitazione, solo in alcuni ambienti, può giungere ad un silenzio che si manifesta anche a casa. Il grado di persistenza del disturbo è variabile, da alcuni mesi a diversi anni.
I criteri proposti dal DSM 5 per la diagnosi sono:
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Studi recenti propongono un’ipotesi multifattorialre per quanto concerne l’eziologia di questo disturbo
TABELLA: Peso che secondo vari studi hanno i fattori costituzionali ereditari ed ambientale nella genesi del MS
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E’ necessaria per la cura del MS una terapia multimodale che coinvolga i diversi ambiti di vita del bambino.
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L’intervento di terapia cognitivo comportamentale è quello più indicato nell’ambito delle psicoterapie e si focalizza primariamente sulla riduzione dei sintomi ansiosi, sull’eliminazione dei rinforzi negativi che mantengono il mutismo, sul miglioramento dell’autostima. E’ importante che tale intervento sia precoce poiché più a lungo il bambino utilizza il mutismo come strategia tanto più diviene difficile modificare il suo comportamento.
Grande importanza ha la collaborazione con la scuola che dovrà stimolare la relazione con i compagni senza forzare il bambino a parlare.
Il MS rientra pienamente nella definizione dei bisogni educativi speciali cioè qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo, dovuta all’interazione dei vari fattori di salute, secondo il modello ICF dell’OMS, e che necessita di educazione speciale individualizzata.
FOBIA SPECIFICA
Si parla di fobia specifica quando, in una persona complessivamente equilibrata dal punto di vista psicologico, una situazione, un fenomeno, un animale o un oggetto ben preciso riescono a generare uno stato d’ansia e un’istintiva reazione di fuga, assolutamente spropositati al contesto. La gravità del disturbo ed il suo impatto sul benessere e la qualità di vita di chi ne soffre dipendono non soltanto dall’intensità della reazione ansiosa, ma anche dall’effettiva probabilità che la persona interessata ha di venire a contatto con l’elemento critico nella vita quotidiana.
Alcune fobie specifiche sono più frequenti nell’infanzia e tendono a scomparire spontaneamente durante la crescita. E’ il caso, per esempio, della paura di uno o più specie animali particolari, del buio, di singole persone o di gruppi di estranei. Altre fobie, invece, tendono ad insorgere in adolescenza o in età adulta: come la paura dell’altezza, della velocità, delle infezioni, del dolore o del salire su un aereo.
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Esistono, infine, fobie specifiche “socialmente accettate” come ad es. la paura del sangue, delle infezioni o degli oggetti taglienti.
Spesso, chi soffre di fobie specifiche presenta fobie nei confronti di più elementi.
Per differenziare le fobie specifiche dalle normali paure, co...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copylettori
  4. Indice
  5. PREMESSA
  6. DEFINIZIONE:
  7. L’ANSIA IN AMBITO CHIRURGICO, MEDICO ED ODONTOIATRICO:
  8. I DISTURBI D’ANSIA: EPIDEMIOLOGIA
  9. I DISTURBI D’ANSIA: EZIOPATOGENESI
  10. I CRITERI E GLI STRUMENTI DIAGNOSTICI:
  11. I PRINCIPI DI TERAPIA:
  12. LA CLINICA DEI DISTURBI D’ANSIA:
  13. L’ANSIA E LA MEDICINA COMPLEMENTARE ALTERNATIVA:
  14. COSTI DIRETTI ED INDIRETTI DEI DISTURBI D’ANSIA
  15. BIBLIOGRAFIA