Mio padre è un prete
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Mio padre è un prete

Storie e segreti tra conventi e sacrestie

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Mio padre è un prete

Storie e segreti tra conventi e sacrestie

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Figli della colpa, concepiti fra parrocchie e conventi. Nascite occulte, frutto di relazioni proibite e perfino di violenze sessuali.È un esercito, sparso per il mondo, formato da "irregolari". Chi sono? Quanti sono? Migliaia o forse decine di migliaia. Centinaia in Italia. Cifre approssimative, raccolte da associazioni impegnate a svelare un fenomeno antico e sommerso, che travolge la regola (contestata) del celibato e i voti di castità, vigenti nella Chiesa Cattolica Romana. Più che le statistiche qui interessano le vite difficili dei protagonisti: figli di preti, per lo più. E di monache che, forzatamente o non, hanno ceduto ai desideri di maschi prepotenti. Persone segnate nel profondo, spesso psicologicamente fragili, inseguite dalla vergogna delle proprie origini. Ma in queste pagine vi sono anche figli che hanno superato il trauma. Combattivi, a testa alta rivendicano verità e diritti. Di più: alcuni di loro si mostrano orgogliosi nell'affermare "mio padre è un sacerdote".

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788849869132

Stupro in canonica, la storia di Erik

Erik abita con la moglie e i due figli bambini in una villetta a schiera nel comune di Lagosanto. Siamo nella bassa pianura ferrarese, territorio agricolo punteggiato da borghi, in prossimità dei lidi del Delta padano. Eleonora e i bimbi sono usciti per una passeggiata, mentre ascolto questa storia, raccontata in ogni dettaglio, dalle parole ferme e precise di Erik Zattoni, nato il 29 giugno del 1981. Storia rocambolesca che, a tratti, pare scaturita dalla fantasia di uno scrittore. Invece è nuda verità. E, purtroppo, le gerarchie ecclesiastiche, fra negazioni, ipocrisie e traccheggi, ne sono uscite molto male. La conversazione avviene attorno al tavolo della luminosa cucina-soggiorno. «Queste sono le carte che racchiudono la mia avventura», dice Erik mostrando una cartella dove sono conservati numerosi documenti: lettere, istanze, sentenze giudiziarie. Già. Ha dovuto ricorrere ai tribunali per dimostrare che suo padre, ostinatamente negazionista fino all’implacabile prova del Dna, è un sacerdote. Deceduto nella Casa di riposo di Cesta (Ferrara) nel gennaio del 2014 all’età di ottantotto anni.
Ma chi è Erik, oggi quarantenne realizzato, con una bella famiglia e un lavoro in un’azienda alimentare? Perché le cronache (tardivamente) si sono occupate di lui? Erik è stato concepito nel corso di una violenza sessuale consumatasi fra le mura di una canonica. Cinzia, sua madre, stava per compiere quattordici anni quando don Pietro Tosi, cinquantaquattro anni, parroco della Chiesa dell’Assunzione di Cornacervina (frazione di Migliarino, in provincia di Ferrara), cominciò a insidiarla. Infine, la violentò, attirandola nel suo studio. Un atto brutale, anticipato da molestie sessuali, nei confronti di una ragazzina appartenente a una famiglia modesta, e numerosa. Una quindicina di persone, fra genitori e figli. Alle quali il sacerdote aveva dato aiuto, collocandole con generosità in una casa costruita in paese non lontano dalla Chiesa. Cinzia, come spesso succede nei piccoli centri, di tanto in tanto si recava in canonica a dare una mano per qualche incombenza. E aiutava il parroco ad accudire i bambini della scuola materna durante i tragitti di andata e ritorno sul pullmino, guidato dallo stesso prete. Insomma, don Pietro e Cinzia, frequentandosi, si conoscevano bene. E la ragazza, pur insidiata dalle “attenzioni” del don, mai avrebbe immaginato che le imbarazzanti avvisaglie sarebbero sfociate nel brutale epilogo. Racconta Erik: «Dopo lo stupro, il parroco passò subito alle minacce. Esplicite. “Stai zitta, questo è il nostro segreto, non parlare con nessuno. Te ne pentiresti. Se apri bocca, tu e i tuoi familiari rischiate di venire cacciati dall’abitazione in cui state”». Un pomeriggio agghiacciante per Cinzia. Che rientra a casa violata nel corpo e con l’angoscia nel cuore. Finge di nulla, va in bagno a lavarsi e da quel giorno starà ben attenta a non far trapelare nulla. A non destare sospetti. Nonostante la paura, il disorientamento, gli incubi notturni che la perseguitano. Aggiunge Erik: «Quando mi fu rivelato, in due tempi diversi – da bambino e poi da adulto – come avvenne il mio concepimento, ebbi modo di sapere altri particolari che ben delineavano la personalità “disturbata” del parroco. Non gli era bastato, infatti, consumare l’atto di violenza verso la minorenne. In lui nessun ravvedimento e presa di coscienza del grave peccato. Continuava, infatti, a manifestare le sue brame assillandola con approcci espliciti: palpeggiamenti e molestie. Fece anche un secondo tentativo di abuso ma Cinzia, ormai sull’avviso, pur soggiogata, riuscì a sottrarsi».
Quando e in quali circostanze è venuto a conoscenza del dramma vissuto da sua madre, scoprendo così le origini paterne? Erik risponde: «Avevo sette o otto anni e un giorno zio Enzo, fratello di Cinzia, mi avvicinò per parlarmi. Eravamo da soli. Con tatto e delicatezza mi mise al corrente di ciò che era successo. Tra l’altro, lo zio, seminarista, sarebbe diventato un’essenziale figura di riferimento. Una persona importante per me e per le mie vicissitudini».
Riprendiamo il filo e andiamo indietro nel tempo. Molto indietro. Fra l’autunno del 1980 e l’inverno dell’81. La giovane di Cornacervina in modo quasi casuale scopre di essere incinta. «Non sa di esserlo quando comincia ad accusare dolori di pancia e malesseri. Si confida con una sorella, che ne parla in famiglia – racconta Erik –. Fatto sta che viene ricoverata nell’ospedale di Codigoro. Qui, dalle visite mediche e dalle analisi emerge la verità sul suo stato. Quarto mese di gravidanza». Uno choc per lei e per i familiari. Sconvolti, annichiliti. Ma bisogna agire, interrogarla, conoscere la verità. Chi è stato? Com’è potuto succedere? Per Cinzia è venuto il momento di rompere la consegna del silenzio. Pressata dalla mamma e da Enzo, fratello maggiore, spiega come sono andate le cose. «È stato don Pietro», dice arrossendo, con un filo di voce. Lì per lì, faticano a crederle. Poi, si convincono. Che fare, allora? Occorre darsi coraggio, presentarsi in canonica e chiedere conto dell’accaduto. Missione complicata ma doverosa. Il parroco, di fronte ai familiari della ragazza, pare cadere dalle nuvole. Imperturbabile, nega fermamente ogni responsabilità. E non si limita a ciò. Dapprima fa cadere generici sospetti sul campanaro della parrocchia, e poi arriva a insinuare che il presunto padre della creatura nel grembo di Cinzia sia il fratello seminarista. Con inqualificabile sfacciataggine, punta il dito nell’ambito familiare e prospetta un rapporto incestuoso. Qui, una considerazione viene spontanea: avendo preso di mira un uomo in odor di sacerdozio, il parroco stupratore sembra riflettersi nell’immagine dell’altro, specchio deformante della sua vita.
Ai parenti di Cinzia non rimane che prendere atto e valutare in che modo procedere ancora. Di fronte a una simile reazione, come riuscire a dimostrare ciò che la ragazza afferma e il sacerdote nega? La parola di lei contro quella di don Pietro. Da qui l’idea di rivolgersi alle autorità ecclesiastiche superiori. In quegli anni, l’arcivescovo di Ferrara (e vescovo di Comacchio) è monsignor Filippo Franceschi. A lui chiede udienza la famiglia Zattoni, pensando di fare cosa giusta. Ma l’incontro sarà infruttuoso. Uditi i fatti, l’alto prelato non chiede, non indaga ulteriormente. Si limita a dire: «Non credo che don Pietro abbia commesso ciò di cui è accusato, permettetemi di non credere. Tuttavia, anche se fosse vero, vi prego di tacere perché sarebbe uno scandalo enorme per tutta la diocesi. Verrebbe messa a dura prova la credibilità dei nostri sacerdoti. Chiedo la vostra pietà non il vostro perdono. Se necessario penserò io a tutto».
«Da questo momento – dice Erik – tocca a zio Enzo (che ha rinunciato alla via del sacerdozio) proporsi come attivo protagonista della storia che ha riguardato mia madre e poi me. In uno degli incontri avuti con don Pietro, si sente rispondere: “Se anche so qualcosa è un segreto, un segreto che mi porterò nella tomba”. E se da un lato è lo zio a guidare le iniziative per sbrogliare la delicata matassa, dall’altro egli stesso è sotto attacco. Il parroco, infatti, senza vergogna, continua ad attribuirgli l’atto di violenza e quindi la gravidanza di sua sorella. Le insinuazioni non cessano, anzi si moltiplicano, diventando autentica diffamazione. Al punto che, qualche tempo dopo la mia nascita, per dissipare la cortina fumogena sparsa dal don, lo zio si sottopone al test del Dna. Che, com’era prevedibile, risulta negativo. Non così si è comportato il mio padre naturale, nonostante le sollecitazioni a mettersi in gioco con la prova scientifica della verità. A quel tempo, infatti, l’esame genetico non poteva essere imposto. Di conseguenza, è stato possibile inchiodarlo alle sue responsabilità soltanto parecchi anni dopo, quando io ero già entrato in scena con l’azione giudiziale verso il sacerdote». (È datata 2006 la sentenza della Corte Costituzionale che sancisce il diritto di citare immediatamente in giudizio il presunto padre naturale per vedersi riconosciuto lo status di figlio, attraverso il ricorso alla prova principe, l’esame sul Dna, N.d.R.).
Erik nasce il 29 giugno del 1981 e, incredibile ma vero, viene battezzato dallo stesso ministro di Dio che ha messo incinta la madre. Nessun colpo di scena. Nessuna ammissione di paternità, neppure davanti alla fonte di acqua benedetta. E c’è di peggio. «Il parroco manterrà la promessa contenuta nelle parole di minaccia indirizzate a Cinzia il giorno dello stupro – confida Erik –. Mi riferisco allo sfratto dalla casa avuta in comodato d’uso dalla parrocchia. Don Pietro non si è fatto scrupolo nell’adire alle vie legali, indifferente allo stato di bisogno della mia famiglia. Risultato? Nella primavera del 1987 gli Zattoni lasciano l’abitazione. Io, con la mamma, seguo i parenti che trovano un tetto altrove». Aggiunge: «Ho saputo, poi, di un avvocato che si era fatto avanti proponendo di trascinare don Pietro in tribunale, ma l’idea allora non andò in porto. Cinzia, stanca e sfiduciata, non ne voleva sapere di cause. La sua preoccupazione era darsi da fare per mantenermi e assicurarmi un dignitoso futuro».
In compenso, durante i primi anni di vita di Erik («era il 1985 o forse il 1986»), in casa Zattoni si fa vivo un altro avvocato, spedito in missione direttamente dal Vaticano nel paesino della bassa ferrarese. Sia chiaro, nessuna punizione in vista per il parroco. Ben diverso, infatti, è il fine dell’emissario ecclesiastico. «In sostanza – afferma Erik – l’ambasciatore della Santa Sede (erano gli anni di Giovanni Paolo II Papa, e del cardinale Joseph Ratzinger Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede) si presentò alla mia famiglia con l’incarico di trovare un tacito accordo. Venne offerto un lavoro a zio Enzo che, disilluso, aveva già abbandonato le aspirazioni sacerdotali; e fu prospettato un non ben identificato aiuto a mia madre. In cambio del silenzio tombale. Il rifiuto degli interessati fu netto. Nessuno era disposto ad accettare compromessi». Erik puntualizza: «Guarda caso, lo sfratto esecutivo dalla casa avvenne in seguito alla fallita missione ecclesiastica».
Nella romanzesca vicenda del figlio del parroco di Cornacervina va anche ricordato l’atteggiamento tenuto dalla popolazione residente nei luoghi dei fatti narrati. È un contesto paesano dove ci si conosce tutti, e tutti sono al corrente di tutto. Lo stupro di Cinzia e la nascita di Erik risalgono agli anni Ottanta del Novecento, epoca in cui, per dire, le leggi libertarie sul divorzio e sull’aborto sono già state approvate. Inoltre, i protagonisti di questa storia non vivono in una landa del profondo Sud bensì in un borgo rurale della “rossa” Emilia Romagna. Non occorre aggiungere altro. Eppure, nessuno ha l’ardire di dare solidarietà alla famiglia Zattoni. Manca il coraggio di andare contro la Chiesa. Si tende a dar credito alla versione di don Pietro, piuttosto che alle parole di una ragazzina rimasta incinta. Tra l’altro, i familiari di Erik, a parte lo zio più combattivo, preferiscono mantenere il riserbo sull’accaduto. La notizia, insomma, circola nella comunità di Cornacervina come chiacchiera di paese. «Credo che il sindaco fosse dalla nostra parte, – dice Erik – ma non vi erano le condizioni per intervenire smuovendo le acque torbide dalla parrocchia». E ricorda: «Fortunatamente, mentre frequentavo la scuola, non ho dovuto vergognarmi delle origini imbarazzanti, come è successo in casi analoghi al mio; né affrontare lo sberleffo dei compagni, in quanto figlio del prete. I miei compagni ignoravano i fatti. Per i loro genitori, che fossero o no al corrente della situazione, io ero il figlio di Cinzia, una ragazza madre da rispettare».
Zio Enzo, come si è detto, è il più attivo sostenitore dei diritti della sorella e del nipote bambino. Si muove in ogni direzione pur di sciogliere il nodo della paternità negata al nipote. Nel 1982, dopo il trasferimento a Padova del vescovo Franceschi, alla guida dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio si insedia monsignor Luigi Maverna. (Per inciso, Maverna, prima di essere nominato vescovo di Ferrara, fu assistente generale dell’Azione Cattolica e segretario della Cei, Conferenza Episcopale Italiana). Enzo Zattoni, confidando nella sensibilità dell’alto prelato, cerca di coinvolgerlo nella questione. «Fra i due intercorre un fitto scambio di lettere – continua Erik –. Nulla da fare anche questa volta. Il monsignore asseconda la difesa di don Pietro, che non si ravvede e insiste nel negare ogni responsabilità. Fisso al suo posto in canonica, sempre al timone della parrocchia della Chiesa dell’Assunzione di Maria Vergine». «Mentre ripercorro il film del mio passato – continua – non posso fare a meno di provare ancora sconcerto e indignazione. Ascolti bene: nonostante tutto, nonostante la mia azione giudiziaria intrapresa da adulto, di cui parlerò, don Pietro Tosi non ha avuto alcuna sanzione. Le pare giusto? È vissuto tranquillamente nella sua canonica fino al 2011. Cioè fino a trent’anni dopo la mia nascita. Infine, ha goduto del privilegio di lasciare la parrocchia da “pensionato”, non ridotto allo stato laicale come sarebbe stato opportuno. Anzi, sacrosanto».
Gli anni passano, Erik studia (prenderà il diploma di perito elettronico), la madre Cinzia, che ha superato in parte lo choc («fino a diciotto anni non sono uscita di casa, mi vergognavo, come se la colpevole fossi io», dirà), lavora duro. Prima nelle campagne della zona, poi in un supermercato e in uno zuccherificio. Alla chiusura della fabbrica, si adatterà facendo lavori stagionali. Oggi la donna ha cinquantacinque anni, abita a Ostellato con il compagno dal quale ha avuto una figlia. Mentre Erik, fino all’indipendenza economica e all’unione con Eleonora, è vissuto con i parenti della grande famiglia Zattoni. E meno male che il dramma delle origini, gli ostacoli e i pregiudizi l’hanno ferito ma non abbattuto. La sua psiche non ha avuto ripercussioni importanti. Forse ciò è dovuto al fatto che Erik si è misurato con la realtà e ha lottato affinché la madre ed egli stesso avessero giustizia. «Volevo dimostrare a ogni costo che quel sacerdote era mio padre – insiste –. Inoltre, ho sperato fino all’ultimo che don Pietro pagasse il suo atto di violenza e il suo peccato con la riduzione allo stato laicale. Insomma, che fosse spretato. Il primo obiettivo, fra molte difficoltà, alla fine è stato raggiunto. Il secondo, no. Purtroppo».
Un passaggio significativo di questa storia riguarda le confidenze della madre al figlio sul drammatico concepimento. Tassello importante per Erik, determinato in ogni modo a dimostrare che suo padre è don Pietro. Si è detto che le prime rivelazioni, da parte dello zio, risalgono all’età infantile. Fattosi adulto, Erik vuole saperne di più. E desidera confrontarsi direttamente con sua madre. Cioè ascoltare dalla viva voce di lei l’episodio del concepimento, e i particolari. Il colloquio chiarificatore fra i due avviene nel 2006. Lui è ormai un giovanotto, abita ancora nella casa di famiglia; mentre Cinzia ha imboccato la nuova strada. Convive con il compagno e guarda avanti. «Intendiamoci, i nostri rapporti erano frequenti, pur stando in luoghi diversi, – ricorda Erik – ma io mi sentivo irrisolto e non mi davo pace. Insomma, non mi rassegnavo all’idea che don Pietro continuasse ...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Sinossi
  3. Indicazione di collana
  4. Frontespizio
  5. Colophon
  6. Prefazione
  7. Introduzione
  8. Figli della colpa, una storia antica. E oggi?
  9. Segreti, bugie, inganni. Viaggio in Italia
  10. Stupro in canonica, la storia di Erik
  11. Francesca, l’ostinata di Dio
  12. “Un parroco per papà? Noi siamo orgogliosi”
  13. Postfazione