Ciascuno a suo modo
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Ciascuno a suo modo

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Ciascuno a suo modo

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Informazioni sul libro

Ciascuno a suo modo (1924) è un famoso dramma di Luigi Pirandello. Fa parte della trilogia del "teatro nel teatro", comprendente anche Sei personaggi in cerca d'autore e Questa sera si recita a soggetto. In questa edizione il testo è stato lasciato - a parte alcuni pochi interventi filologici - rispettosamente intatto nella sua originale stesura "primonovecentesca".

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791220828635

ATTO PRIMO

Siamo nell’antico palazzo della nobile signora Donna Livia Palegari, nell’ora del ricevimento, che sta per finire. Si vedrà in fondo, attraverso tre arcate e due colonne, un ricchissimo salone molto illuminato e con molti invitati, signori e signore. Sul davanti, meno illuminato, vedremo un salotto, piuttosto cupo, tutto damascato, adorno di pregiatissime tele, la maggior parte di soggetto sacro; cosicché ci sembrerà di trovarci nella cappella d’una chiesa, di cui quel salone in fondo, oltre le colonne, sia la navata: cappella sacra d’una chiesa profana. Questo salotto avrà appena una panca e qualche scranna per comodità di chi voglia ammirar le tele alle pareti. Nessun uscio. Ci verranno dal salone alcuni degli invitati, a due, a tre alla volta, per farsi, appartati, qualche confidenza; e, al levarsi della tela, ci troveremo un Vecchio Amico di casa e un Giovine sottile, che discorreranno tra loro.
Il giovine sottile ( con un capino straziato, d’uccello pelato). Ma che ne pensa lei?
Il vecchio ( bello, autorevole, ma anche un po’ malizioso, sospirando). Che ne penso! Pausa. Non saprei. Pausa. Che cosa ne dicono gli altri?
Il giovine sottile. Mah! Chi una cosa e chi un’altra.
Il vecchio. S’intende! Ciascuno ha le sue opinioni.
Il giovine sottile. Ma nessuno, per dir la verità, par che ci s’attenga sicuro, se tutti come lei, prima di manifestarle, vogliono sapere che cosa ne dicono gli altri.
Il vecchio. Io alle mie mi attengo sicurissimo; ma certo la prudenza, non volendo parlare a caso, mi consiglia di conoscere se gli altri sanno qualche cosa che io non so e che potrebbe in parte modificare la mia opinione.
Il giovine sottile. Ma per quello che ne sa?
Il vecchio. Caro amico, non si sa mai tutto!
Il giovine sottile. E allora, le opinioni?
Il vecchio. Oh Dio mio, mi tengo la mia ma - ecco - fino a prova contraria!
Il giovine sottile. No, mi scusi; con l’ammettere che non si sa mai tutto, lei già presuppone che ci siano codeste prove contrarie.
Il vecchio ( lo guarderà un po’, riflettendo, sorriderà e domanderà): E con questo lei vorrebbe concludere che non ho nessuna opinione?
Il giovine sottile. Perché a stare a quello che dice, nessuno potrebbe mai averne!
Il vecchio. E non le sembra già questa un’opinione?
Il giovine sottile. Sì, ma negativa!
Il vecchio. Meglio che niente, eh! meglio che niente, amico mio!
Lo prenderà sotto il braccio e s’avvierà con lui per rientrare nel salone in fondo. Pausa. Nel salone si vedranno alcune signorine offrire il tè e le paste agli invitati. Entreranno guardinghe due Giovani Signore.
La prima ( con foga ansiosa). Mi ridai la vita! Mi ridai la vita! Dimmi! dimmi!
L’altra. Ma non è niente più che una mia impressione, bada!
La prima. Se l’hai avuta, è segno che qualcosa di vero dev’esserci! - Era pallido? Sorrideva triste?
L’altra. Mi parve così.
La prima. Non dovevo lasciarlo partire. Ah, il cuore me lo diceva! Gli tenni la mano fino alla porta. Era già lontano d’un passo fuori della porta e ancora gli tenevo la mano. Ci eravamo baciati, lasciati, ed esse no, le nostre mani non si volevano staccare. Rientrando, caddi, come rotta dal pianto. - Ma dimmi un po’, dimmi: nessuna allusione?
L’altra. Allusione a che?
La prima. No, dico, se - così, parlando in generale - come tante volte si fa…
L’altra. No, non parlava: stava ad ascoltare ciò che si dicevano gli altri.
La prima. Eh, perché lui lo sa! Lo sa quanto male ci facciamo per questo maledetto bisogno di parlare. Finché dentro di noi c’è un’incertezza, si dovrebbe stare con le labbra cucite. Si parla; non sappiamo neanche noi quello che diciamo... Ma era triste? Sorrideva triste? Non ricordi che cosa dicessero gli altri?
L’altra. Ah, non ricordo. Non vorrei, cara, che ti facessi qualche illusione. Sai com’è? Ci s’inganna. Era forse indifferente e mi parve che sorridesse triste. Aspetta, sì: quando uno disse -
La prima. - che disse? -
L’altra. - una frase: aspetta… «Le donne, come i sogni, non sono mai come tu le vorresti».
La prima. Non la disse lui, questa frase?
L’altra. No, no.
La prima. Ah Dio mio! - Intanto, non so se sbaglio o non sbaglio. Io che mi sono vantata d’aver fatto in ogni occasione a mio modo! Sono buona, ma posso diventar cattiva; e allora guaj a lui!
L’altra. Vorrei, cara, che tu non rinunciassi a essere come sei.
La prima. E come sono? Non lo so più! Ti giuro che non lo so più! Tutto mobile, labile, senza peso. Mi volto di qua, di là, rido; m’apparto in un angolo per piangere. Che smania! Che angoscia! E continuamente mi nascondo la faccia, davanti a me stessa, tanto mi vergogno a vedermi cambiare!
Sopravvengono a questo punto altri invitati: due giovanotti annojati, molto eleganti, e Diego Cinci.
Il primo. Disturbiamo?
L’altra. No no: tutt’altro. Venite avanti.
Il secondo. Questa è la cappella delle confessioni.
Diego. Già. Donna Livia dovrebbe tenere qua a disposizione dei suoi invitati un prete e un confessionale.
Il primo. Ma che confessionale! La coscienza! La coscienza!
Diego. Sì, bravo! E che te ne fai?
Il primo. Come? Della coscienza?
Il secondo ( con solennità). «Mea mihi conscientia pluris est quam hominum sermo».
L’altra. Come come? Lei parla in latino?
Il secondo. Cicerone, signora. Me ne ricordo ancora dal liceo.
La prima. E che significa?
Il secondo ( c.s.). «Fo più conto della testimonianza della mia coscienza, che dei discorsi di tutto il mondo».
Il primo. Modestamente ognuno di noi dice: «Ho la mia coscienza e mi basta».
Diego. Se fossimo soli.
Il secondo ( stordito). Che vuol dire, se fossimo soli?
Diego. Che ci basterebbe. Ma allora non ci sarebbe più neanche la coscienza. Purtroppo, cari miei, ci sono io e ci siete voi. Purtroppo!
La prima. Dice purtroppo?
L’altra. Non è gentile!
Diego. Ma perché dobbiamo fare i conti con gli altri, sempre, signore mie!
Il secondo. Ma nient’affatto! Quando ho la mia coscienza!
Diego. E non vuoi capire che la tua coscienza significa appunto «gli altri dentro di te»?
Il primo. I soliti paradossi!
Diego. Ma che paradossi! Al Secondo: Che vuol dire, scusa, che «hai la tua coscienza e ti basta»? Che gli altri possono pensare di te e giudicarti come piace a loro, anche ingiustamente; che tu sei intanto sicuro e confortato di non aver fatto male. Non è così?
Il secondo. Mi pare!
Diego. Bravo! E chi te la dà, se non sono gli altri, codesta sicurezza? Codesto conforto chi te lo dà?
Il secondo. Io stesso! La mia coscienza appunto! Oh bella!
Diego. Perché credi che gli altri, al tuo posto, se fosse loro capitato un caso come il tuo, avrebbero agito come te! Ecco perché, caro mio! E anche perché, fuori dei casi concreti e particolari della vita... sì, ci sono certi principii astratti e generali, su cui possiamo essere tutti d’accordo (costa poco!). Intanto, guarda: se tu ti chiudi sdegnosamente in te stesso e sostieni che «hai la tua coscienza e ti basta», è perché sai che tutti ti condannano e non t’approvano o anche ridono di te; altrimenti non lo diresti. Il fatto è che i principii restano astratti; nessuno riesce a vederli come te nel caso che ti è capitato, né a veder se stesso nell’azione che hai commessa. E allora a che ti basta la tua coscienza, me lo dici? A sentirti solo? No, perdio. La solitudine ti spaventa. E che fai allora? T’immagini tante teste, tutte come la tua: tante teste che sono anzi la tua stessa; le quali, a un dato caso, tirate per un filo, ti dicono sì e no, e no e sì, come vuoi tu. E questo ti conforta e ti fa sicuro. Va’ là, va’ là che è un gioco magnifico, codesto della tua coscienza che ti basta!
La prima. È già tardi, oh. Bisogna andare.
L’altra. Sì sì. Se ne vanno via tutti. A Diego, fingendosi scandalizzata: Ma che discorsi!
Il primo. Andiamo, andiamo via anche noi.
Ritorneranno nel salone per salutare la padrona di casa e andar via. Nel ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. CIASCUNO A SUO MODO
  3. Indice
  4. Intro
  5. CIASCUNO A SUO MODO
  6. ATTO PRIMO
  7. ATTO SECONDO
  8. Ringraziamenti